3. Fare ricerca sociale: le tecniche di raccolta dei dati 3.1 COME RACCOGLIERE I DATI Una volta stabilito il disegno della ricerca,  si tratta di passare all’azione, quindi di dedicarsi alla raccolta di dati  utili a testare le ipotesi formulate o comunque a gettare luce sul  empirici fenomeno indagato. La ricerca sociale dispone di svariate tecniche di raccolta  dati, la cui scelta dipende ancora una volta e in buona parte dall’orientamento  metodologico (quantitativo o qualitativo) del ricercatore. In ogni  caso, come già accennato a proposito del disegno della ricerca, è importante  che le tecniche di raccolta dati risultino appropriate rispetto alla domanda  di ricerca iniziale. Inoltre, nel senso che, se utilizziamo dei  ogni tecnica produce il suo dato questionari o dei dati statistici già disponibili, raccoglieremo principalmente  numeri; se conduciamo delle interviste, registreremo una serie di discorsi; se  ci dedichiamo all’osservazione diretta, collezioneremo soprattutto appunti e  documenti tratti dal campo di studio. Ovviamente, una tecnica non esclude l’altra e anzi nella sociologia contemporanea,  come abbiamo già detto, si è diffuso l’uso dei cosiddetti mixed  (“metodi misti” o “metodi qualiquantitativi”), basati proprio sull’idea  methods che sia utile cercare di studiare i fenomeni con un orientamento quanto più possibile multidimensionale. Le tecniche di raccolta dati di cui si serve la ricerca  sociale non vanno quindi pensate come in conflitto o in competizione  tra loro, bensì come un per interrogare empiricamente  di strategie continuum la realtà e i fenomeni oggetto di studio.   Approfondimento – Chito Guala, L’uso dei test nella ricerca sociale 3.2 I DOCUMENTI La sociologia, fin dalle sue origini, ha fatto ricorso  all’analisi di documenti, intendendo, con questa parola, materiali anche molto  diversi tra loro, che comunque si possono raggruppare in : due categorie i materiali prodotti per i più svariati motivi (lettere, diari, articoli di giornale,  testimonianze scritte, materiale proveniente da archivi storici) e che  il ricercatore ritiene utili ai fini della ricerca, come nel caso dell’indagine  di Thomas e Znaniecki sugli immigrati polacchi   , p. 148 . In questo  | ▶  UNITÀ 4 | caso si parla di ; analisi documentale i documenti e le informazioni generate da ricerche altrui o da agenzie istituzionali,  che il ricercatore riutilizza per le sue finalità. Sono i cosiddetti  , come nel caso dello studio sul suicidio di Durkheim  dati di secondo livello , p. 86 . In questo caso si parla di . | ▶  UNITÀ 3 | analisi secondaria dei dati Tanto per l’analisi documentale, quanto per quella dei dati di secondo livello,  non c’è molto da dire sulle tecniche di raccolta dati, perché questi documenti  esistono già e il sociologo si limita a raccoglierli. Il vero problema,  quando è presente molto materiale disponibile, è la sua , che si traduce  selezione nel decidere se procedere con la tecnica della , esaminando  saturazione tutto il materiale disponibile finché le informazioni che si ottengono non  diventano ripetitive, o effettuare qualche tipo di , lavorando  campionamento quindi solo su una parte dei documenti. Il fatto che i documenti preesistano, peraltro, non significa che siano immediatamente  accessibili al ricercatore. Infatti, i documenti conservati in archivi,  fondazioni, associazioni e altri enti pubblici o privati non sempre sono  subito disponibili per la consultazione, anzi facilmente ci si troverà di fronte  a complicazioni burocratiche e sarà necessario motivare la propria richiesta.  >> pagina 251  Il reperimento dei dati di secondo livello In Italia, un riferimento importante  per quanto riguarda l’analisi secondaria dei dati è costituito dall’ Istituto  ( ), che si occupa dei decennali censimenti  Nazionale di Statistica Istat della popolazione e che conduce su base annuale indagini campionarie su  una pluralità di aspetti (consumi, lavoro, salute, sicurezza, tempo libero ecc.),  nonché numerose indagini economiche (contabilità nazionale, prezzi, commercio  estero, istituzioni, imprese, occupazione ecc.). L’Istat rende periodicamente pubblici i risultati delle rilevazioni compiute,  insieme ai “ ” che le accompagnano, utili a comprendere e utilizzare  ⇒  metadati correttamente le informazioni, come la numerosità del , le proce campione dure per la definizione degli indici, le classificazioni adottate o il glossario  dei termini tecnici utilizzati. Le informazioni sono reperibili gratuitamente  sul sito web dell’Istat sotto forma di pubblicazioni, banche dati e file di dati. A livello europeo, un archivio dati spesso preso a riferimento dai sociologi è quello dell’ . Si tratta di un’iniziativa condotta a partire dal Eurobarometro 1973 nei paesi appartenenti alla Comunità europea e volta a rilevare opinioni  . I temi indagati riguardano  e atteggiamenti a livello politico e sociale l’immigrazione, la condizione delle donne, l’integrazione europea, l’orientamento  politico, la fiducia nei confronti dello Stato, i valori di riferimento,  la soddisfazione percepita in relazione alla propria vita quotidiana e così via.  La ricerca coinvolge un campione rappresentativo di circa 1000 persone per  ogni paese, di età superiore ai 15 anni, intervistate presso il loro domicilio. Per quanto ogni campione nazionale possa essere studiato singolarmente,  come caso a sé stante, i dati raccolti si prestano soprattutto a essere comparati  a livello internazionale, così da analizzare come e quanto varino i diversi  atteggiamenti a livello europeo. Di rilevazione in rilevazione, il campione di  soggetti coinvolti cambia, ma molte domande vengono ripetute periodicamente  e ciò rende possibile utilizzare i dati raccolti anche per osservare come  si modifichino nel tempo gli atteggiamenti. Altra importante banca dati di riferimento a livello europeo è l’ Ufficio  ( ), che raccoglie, elabora e mette  Statistico dell’Unione europea Eurostat gratuitamente a disposizione attraverso il suo sito Internet diversi tipi di dati  riguardanti gli Stati membri dell’Unione europea. radici delle parole dal greco (“oltre”, “attraverso”, “per mezzo”) e dal latino (“informazione”), il termine richiama l’idea di dati utilizzati per descrivere e classificare altri dati; per esempio, il catalogo di una biblioteca che riporta sulle schede i dati riassuntivi dei libri e la loro collocazione per poterli reperire. I metadati, dunque, individuano, astraggono e selezionano alcune caratteristiche informative complesse al fine di rendere più semplice, funzionale e condivisibile la ricerca dei dati stessi. metadati: metà datum Ufficio censimenti dell’Istat, Roma, 1961.  >> pagina 252  I documenti di origine massmediatica Documenti altrettanto importanti,  ma del tutto diversi, sono quelli prodotti dai , per avere accesso  mass media ai quali non è più neanche necessario recarsi in biblioteca o in videoteca: infatti,  sono sempre più frequentemente disponibili in Internet, liberamente o  a pagamento, annate intere di quotidiani, periodici o trasmissioni televisive.  Altri documenti o audiovisivi, utili e di facile accesso, si trovano, inoltre, su  siti quali Vimeo, YouTube, nonché sui social network. Questo materiale empirico proveniente dai media riveste una duplice valenza:  può costituire l’oggetto stesso della ricerca (per esempio, una ricerca  sulle rappresentazioni mediatiche di un certo fenomeno sociale), ma può anche  essere considerato utile fonte di informazione, alternativa o aggiuntiva,  su fenomeni o eventi che sono il vero oggetto di studio. Per esempio, se stiamo  conducendo una ricerca sulla moda intervistando esperti del settore, l’analisi  dei siti web può essere una fonte infinita di informazioni per realizzare  le interviste in modo più avveduto. In pratica, questi documenti assumono il  ruolo di testimonianze significative circa il fenomeno al centro dello studio. Una precisazione è però necessaria: data la quantità di materiali anche  falsi, contraffatti e/o inesatti che circola sul web, sarà sempre necessario verificare  accuratamente la e del documento stesso; se  veridicità della fonte quando entriamo in un archivio storico o in una biblioteca possiamo dare  per scontata l’autenticità del materiale che stiamo consultando, navigare in  Internet richiede una prudenza decisamente maggiore. Sempre grazie alle possibilità che offrono le tecnologie contemporanee,  anche in sociologia si è ormai diffuso l’uso dei cosiddetti , ovvero  big data dati che, per via del loro volume, della velocità di elaborazione e della loro  varietà, danno vita a delle banche dati in passato inconcepibili. ⇒ |  T3 Big data e metodi digitali p. 279  >> pagina 253  esperienze   attive Le notizie nei quotidiani  Prendete a riferimento tre quotidiani nazionali  e uno locale. Quali notizie sono riportate in prima pagina? A  quali notizie viene dato più spazio? Quali sono le parole più ricorrenti in  riferimento alle diverse notizie? 3.3 SONDAGGI E SURVEY Una delle tecniche di rilevazione dei dati più  utilizzata nella ricerca sociale, utile ogniqualvolta si vogliano conoscere le  opinioni di una data popolazione o gruppo sociale in merito a un certo argomento,  consiste nell’ un numero  intervistare in forma strutturata e diretta esteso di persone, che devono essere rappresentative della popolazione di  riferimento, se non coincidere con la popolazione vera e propria. È questo il  caso dei , che si occupano di raccogliere informazioni numeriche  censimenti sulla popolazione residente, sulle abitazioni e sugli edifici. Intervistare in forma diretta un numero esteso di persone può avere due  : scopi uno scopo esplorativo , quando ci interessa raccogliere informazioni a proposito  di una data popolazione o accertare la consistenza di un fenomeno,  come nelle indagini di mercato o degli elettorali. In questi casi  exit poll parleremo di ; sondaggi uno scopo esplicativo , quando, oltre a raccogliere informazioni e sondare  un fenomeno, siamo interessati alle sue origini, alle relazioni causali a  esso connesse e alle sue interrelazioni con altri fenomeni. In questi casi in  sociologia si usa l’espressione inglese , traducibile in italiano con  survey “ ”, in quanto solitamente questo tipo di indagine  inchiesta campionaria viene condotto su un campione rappresentativo della popolazione. Che si tratti di un sondaggio o di una , il survey campionamento della  e la saranno  popolazione di riferimento predisposizione dei questionari i due passaggi essenziali per essere certi che i risultati dell’analisi non siano  viziati da errori di impostazione. Tutti i sondaggi hanno sempre un margine d’errore. Ci sono però fonti di errore di carattere più sistematico che possono  derivare per esempio dalla formulazione delle domande, dalla modalità di  raccolta dei dati e/o dall’individuazione degli intervistati.  >> pagina 254  3.4 IL QUESTIONARIO Il questionario è lo strumento prediletto dalla  ricerca sociale di stampo quantitativo. È una modalità di raccogliere informazioni  interrogando direttamente i soggetti in merito alle loro opinioni  o atteggiamenti. Tanto le domande quanto le risposte sono standardizzate,  così da garantire la comparabilità delle risposte e la possibilità di utilizzare  gli strumenti della statistica in sede di analisi. Non a caso, i questionari si  basano solitamente su , le cui risposte, cioè, sono   domande chiuse dicotomiche (sì/no; uomo/donna; occupato/disoccupato) o sono comunque state  , come nell’esempio a seguire. predeterminate dal ricercatore COME RAGGIUNGE IL SUO LUOGO DI LAVORO? A piedi ☐ In autobus ☐ In treno ☐ In macchina ☐ In bicicletta ☐ Altro (specificare) ☐ In sociologia è inoltre molto diffuso l’uso della cosiddetta   Scala di Likert (dal nome del suo ideatore, Rensis Likert, nel 1932), utile a misurare il livello  di . favore o sfavore ESPRIMA QUANTO SI TROVA D’ACCORDO CON LA SEGUENTE AFFERMAZIONE:  “IN ALCUNI CASI, RUBARE PUÒ ESSERE GIUSTIFICABILE” = per niente; = poco; = abbastanza; = molto; = moltissimo 1 2 3 4 5 La scala non deve necessariamente andare da 1 a 5: a seconda di ciò che  interessa conoscere, l’ampiezza della scala può ovviamente essere ridotta o  estesa, per esempio da 1 a 3 (poco/abbastanza/molto), oppure da 1 a 10 (in  questo caso la gradazione viene espressa solo in cifre, senza locuzioni verbali). In un questionario si possono inserire anche , che non  domande aperte presentano una gamma di risposte predefinite e che permettono quindi  all’intervistato di esprimersi con le parole che ritiene più opportune. Questa  tipologia di domande suscita le risposte più varie (pensate a una domanda  come: “Che cosa è importante nell’amicizia?”), e quindi risulta complicata da  codificare a posteriori; per questo motivo se ne fa un uso limitato all’interno  dei questionari. Al tempo stesso, sono le uniche domande che danno al  ricercatore la possibilità di scoprire cose alle quali non avrebbe mai pensato. I questionari sono sempre anonimi e possono essere somministrati attraverso  interviste faccia a faccia, interviste telefoniche o essere inviati per posta  al domicilio dei soggetti selezionati. In quest’ultimo caso, il questionario  sarà “auto-somministrato”, poiché non ci sarà un intervistatore a leggere le  domande e a segnare le risposte.  >> pagina 255  Il linguaggio del questionario Sia che il questionario venga compilato da  un intervistatore sia che venga auto-somministrato, il modo in cui sono formulate  le domande risulterà essenziale. Ciò significa innanzitutto che il linguaggio utilizzato dovrà essere agli intervistati: per esempio, se contiamo di intervistare degli adolescenti, non potremo utilizzare  comprensibile e adeguato lo stesso linguaggio che useremmo con degli anziani. Inoltre, dovrà  mantenersi quanto più possibile , evitando quindi termini o espressioni  neutro troppo connotate da un punto di vista culturale, morale o politico. : nel 1933, negli Stati Uniti, in uno dei primi sondaggi condotti in  ESEMPIO proposito, alla domanda: “Lei pensa che gli Stati Uniti dovrebbero permettere  discorsi pubblici contro la democrazia?”, il 75% degli intervistati rispondeva  “No”. Tuttavia, se la domanda veniva formulata nei termini di: “Lei pensa  che gli Stati Uniti dovrebbero proibire discorsi pubblici contro la democrazia?”, i “Sì” raggiungevano solo il 54%. Il significato di “proibire” è equivalente a quello di “non permettere”, ma è evidente che il senso del verbo “proibire”  risulta molto più categorico rispetto al più blando “non permettere”. Per quanto non esista un modello astratto per la formulazione delle domande  di un questionario, oltre alla semplicità e alla neutralità del linguaggio,  è possibile dare alcuni . suggerimenti generali Formulare le domande in modo chiaro e conciso . Se la domanda è troppo  lunga o è espressa in forma troppo articolata, il rischio è che l’intervistato  ne colga il senso solo parzialmente. Evitare domande tendenziose . Può accadere che, senza accorgersene, il  ricercatore costruisca la domanda in modo tale per cui questa “suggerisca”  la risposta. Per esempio, una domanda quale “Lei è d’accordo circa il fat to che la pena di morte andrebbe abolita, vero?” riduce la probabilità che  l’intervistato si esprima sentendosi libero da condizionamenti. Oppure una  domanda come “Nel suo tempo libero lei si limita a guardare la televisione  o fa anche altro?” lascia intendere che guardare la televisione sia limitativo  e dunque sia preferibile fare anche altro. Evitare domande con risposte non univoche . Ipotizziamo una domanda  quale: “Non si possono accogliere tutti i migranti in quanto portano via il  lavoro agli italiani e tra di loro possono esserci dei terroristi: lei è d’accordo  o contrario?”. Può essere che chi si dichiara d’accordo condivida sia il  fatto che “i migranti portano via il lavoro agli italiani” sia che “tra di loro  possono esserci dei terroristi”, oppure che condivida solo una delle due  affermazioni. Lo stesso vale per chi dovesse dichiararsi in disaccordo. Evitare domande astratte o imbarazzanti . Ipotizziamo di voler indagare  l’atteggiamento di una data popolazione nei confronti degli immigrati:  “Secondo lei gli immigrati vanno trattati come noi?” è una domanda molto  generale, la cui risposta ci dirà quindi poco circa il concreto atteggiamento  dell’intervistato. Al contrario, chiedere “Sarebbe disposto ad affittare la  casa a degli immigrati?” permette di avere riscontri più concreti. Diverso  è il caso delle domande che toccano questioni delicate, quali i comportamenti  sessuali o il consumo di sostanze stupefacenti, che molto spesso  inducono le persone a mentire. In riferimento a quest’ultimo punto, ma più in generale alla dinamica che  facilmente può venirsi a creare nel corso di una qualunque intervista, è importante  ricordare il ruolo giocato dalla . Con questa  desiderabilità sociale espressione si intende la valutazione condivisa di un particolare atteggiamento  o comportamento all’interno di una determinata cultura. Per esempio, domandare  a qualcuno se ritiene giusto picchiare  i bambini è pressoché inutile, in quanto la nostra  cultura condanna la violenza e in particolare  quella sui minori, per cui pochissime persone,  anche se protette dall’anonimato, saranno  disposte a dichiarare la loro reale opinione. Se  la domanda riguarda un atteggiamento o un  comportamento fortemente connotato socialmente,  vi è dunque il rischio concreto che gli  intervistati risponderanno come pensano “si  debba” o sia “giusto” rispondere Il questionario è uno strumento di indagine usato soprattutto per le ricerche sociologiche di tipo quantitativo perché permette di raccogliere in breve tempo una grande quantità di dati sulle abitudini e le opinioni delle persone.  >> pagina 256  La conduzione di un questionario Un’ultima  questione ha a che fare con l’ordine e la successione  . In un questionario ben  delle domande fatto, le domande non sono poste in ordine casuale,  ma seguono uno , che fa sì che l’in sviluppo logico tervista appaia quasi come una conversazione, senza bruschi salti d’argomento,  e tenga conto della dinamica del rapporto fra intervistatore e intervistato. L’intervista si basa su un : l’intervistatore conosce il  rapporto asimmetrico questionario, i fini della ricerca e conduce il discorso ponendo le domande,  mentre l’intervistato scopre le domande una per volta, teme di dare risposte  “sbagliate”, non è detto sia a conoscenza delle finalità della ricerca e può  darsi sia la prima volta che si trova a rispondere a un questionario. Ciò per  dire che è importante che l’intervistato si senta a suo agio e non assuma un  atteggiamento diffidente o “difensivo”. La prima parte del questionario ha quindi solitamente l’obiettivo di distendere  attraverso una serie di domande non particolarmente  il clima dell’intervista invadenti. Per motivi analoghi, è meglio porre le domande più  delicate a metà o alla fine del questionario, quando l’intervistato ha preso un  minimo di confidenza con la dinamica dell’intervista. La successione delle domande segue spesso la cosiddetta ,  tecnica a imbuto che prevede di formulare prima domande generali, seguite poi da domande  sempre più specifiche. Non è secondario tenere conto anche della e dell’ dell’intervistato. Il questionario non deve essere eccessivamente lungo, nel stanchezza interesse senso che il tempo della sua compilazione non dovrebbe superare i 45 minuti.  Vi sono infatti ricerche che documentano come l’interesse e l’attenzione  dell’intervistato tendano progressivamente ad affievolirsi, col rischio che le  ultime risposte possano essere viziate dal desiderio di concludere l’intervista.  Riportiamo in breve i suggerimenti per una corretta somministrazione di  un questionario. SUGGERIMENTI PRATICI PER LA SOMMINISTRAZIONE  DI UN QUESTIONARIO Il questionario è uno strumento standardizzato, basato sul principio per cui è  fondamentale che tutti gli intervistati siano sottoposti allo stesso tipo di stimolo  (ossia di domanda), se vogliamo delle risposte che siano poi comparabili. È quindi  fondamentale che l’intervistatore: illustri la ricerca in forma breve e sempre uguale, senza lunghe spiegazioni; non si distacchi mai dalla sequenza di domande previste; non lasci che altre persone, diverse dall’intervistato, intervengano nell’intervista  o, peggio, rispondano al suo posto; non lasci trasparire le proprie opinioni o idee, mostrando accordo o disaccordo  con quanto detto dall’intervistato; non cambi l’ordine delle domande e non improvvisi; spieghi il significato di una domanda nel caso in cui non risulti chiara all’intervistato,  stando però attento a non dare proprie interpretazioni. Esempio di tecnica a imbuto.   VERSO LA PROFESSIONE     Esperto in ricerche di mercato Nel campo del marketing si fa largo uso di ricerche  orientate ad analizzare le motivazioni e  i comportamenti dei consumatori. I risultati di  tali studi rivestono notevole interesse per quelle  aziende che devono prendere decisioni circa quali  prodotti o servizi proporre, come pubblicizzarli e  come distribuirli. Rispetto a una ricerca sociologica, una ricerca di  mercato ha un ambito di analisi più ristretto, essendo  esplicitamente orientata all’individuazione  solo di alcune informazioni relative al comportamento  dei consumatori e alla rilevazione di specifici  aspetti del mercato di riferimento. Peraltro,  la diffusione dei social network e dei big data for nisce oggi incredibili masse di dati a proposito del  comportamento degli utenti, rendendo possibili,  specie in Internet, anche forme di personalizzazione  della messaggistica pubblicitaria. Soprattutto i sociologi esperti di analisi quantitativa,  abituati a maneggiare ingenti quantità di  dati grazie a raffinate tecniche di analisi statistica,  trovano in questo settore rilevanti opportunità  di occupazione. Cerca informazioni più dettagliate su che cosa sia e come sia possibile condurre una ricerca di mercato. Consulta inoltre su Wikipedia la pagina dedicata alla “analisi del sentiment”.  >> pagina 258  3.5 L’INTERVISTA L’intervista rappresenta una delle tecniche di ricerca  più diffuse in sociologia, al punto che si stima che addirittura il 90% delle  si avvalga di informazioni raccolte mediante interviste. ricerche sociali L’intervista è uno tra due o più persone, nel quale un intervistatore  scambio verbale cerca, ponendo domande più o meno rigidamente prefissate, di  raccogliere informazioni su comportamenti, opinioni e atteggiamenti di uno  o più soggetti (gli intervistati) su un particolare argomento. Esistono svariate tipologie di intervista, che solitamente si distinguono per  il loro grado di “ ” – si parla infatti di intervista ,  strutturazione strutturata e – e che possono a loro volta differen semi-strutturata non strutturata ziarsi sulla base delle modalità secondo  le quali vengono effettuate: faccia a  , , . faccia telefonica di gruppo Il livello di strutturazione di un’intervista  corrisponde ai che  gradi di libertà l’intervista concede a intervistatore e intervistato,  ossia a quanto intervistatore e  intervistato debbano conformarsi a una  preesistente traccia di domande/risposte  o quanto possano invece interagire  spontaneamente. L’intervista nella ricerca sociale si discosta da quella in campo giornalistico e risponde a determinati gradi di “strutturazione”.  >> pagina 259  L’intervista strutturata L’intervista  strutturata è quella che tipicamente accompagna  la somministrazione di un questionario. In tal caso, l’interazione  tra intervistatore e intervistato è interamente mediata da un set prestabilito  , da cui non è possibile discostarsi.  di domande chiuse e possibili risposte L’intervistatore non può alterare l’ordine delle domande, né privilegiarne alcune  a discapito di altre, così come l’intervistato non può spiegare il perché  delle sue risposte o dilungarsi sugli argomenti che preferisce. Possono però anche esserci interviste strutturate basate su ,  domande aperte dove quindi l’ordine delle domande è fisso, ma all’interno delle quali l’intervistato  è , senza dover scegliere tra  libero di rispondere con le sue parole diverse risposte già formulate. Questa tipologia di intervista viene solitamente impiegata quando non si  conosce a sufficienza il fenomeno oggetto della ricerca, per cui non sarebbe  possibile elaborare un questionario a domande chiuse, oppure quando  ci si rende conto che si ha di fronte una tale pluralità di situazioni, o un  tale intreccio di diverse dimensioni, che le risposte risultano difficilmente  prevedibili e riassumibili in poche parole. Per esempio, se siamo interessati  a comprendere che cosa facciano i giovani nel tempo libero, probabilmente  sarà più utile formulare una serie di domande aperte, come: “Che cosa fai  solitamente quando non vai a scuola?”; “Che cosa fai quando ti incontri con  gli amici?”; “Come trascorri il tuo tempo libero?”. L’intervista semi-strutturata L’intervista semi-strutturata si basa su una  e  traccia d’intervista contenente una serie di temi fissati in precedenza che costituiscono ciò che principalmente al ricercatore interessa indagare. Talvolta la traccia include anche alcune domande che, per via della loro rilevanza  ai fini della ricerca, l’intervistatore decide di voler porre nello stesso  modo a tutti gli intervistati. L’intervistatore ha una nel condurre l’intervista: notevole autonomia può formulare le domande nel modo che ritiene più adatto; può variare l’ordine delle domande a seconda di come si sviluppa l’intervista; può lasciare all’intervistato la libertà di approfondire i temi che preferisce  o di “andare fuori traccia” e sviluppare anche temi ulteriori rispetto a quelli  previsti. È fondamentale in questo genere di intervista che, a differenza dell’intervista  strutturata, l’intervistatore abbia la capacità di instaurare una conversazione  , chiedendo per esempio chiarimenti circa quanto  con l’intervistato detto, oppure invitandolo a fare esempi concreti, tratti dalla sua esperienza,  oppure, ancora, esprimendo interesse per quanto da lui raccontato e incoraggiandolo  a continuare il discorso. È anche importante che l’intervistatore si sforzi di avvicinarsi al linguaggio  . Ciò può essere fatto sia avendo un minimo di conoscenza  dell’intervistato del (se si  background culturale o professionale degli intervistati intervistano dei medici, sarà utile avere conoscenza del vocabolario medico,  così come se si intervistano dei giocatori d’azzardo sarà utile sapere qualcosa  del gioco d’azzardo), sia cercando, nel corso dell’intervista stessa, di adeguare  . Ovviamente, questa  il proprio linguaggio a quello dell’intervistato vicinanza tra linguaggio dell’intervistatore e dell’intervistato non sempre è possibile né plausibile, dato che l’intervistatore è quasi sempre uno studioso  e non un amico o collega dell’intervistato. : immaginiamo di voler studiare il lavoro che svolge un impiegato in  ESEMPIO una ipotetica organizzazione. Attraverso le domande potremo svolgere una  sorta di “visita guidata” all’interno di una sua tipica giornata di lavoro, che il  ricercatore, con una certa abilità, potrà portare a livelli di dettaglio sempre  più raffinati. Se, per esempio, l’intervistato indica come fattore tipico di una  sua giornata lavorativa il rispondere al telefono, la successiva domanda potrà  essere: “Che cosa succede solitamente durante una telefonata?”. Se, invece,  l’intervistato usa espressioni come “E poi ieri il capo mi ha reso la giornata  impossibile”, potremo chiedere un esempio di ciò che intende per “giornata  impossibile” e che cosa concretamente sia accaduto. Sarà sempre utile porre domande che riportino l’interlocutore alla sua  , per esempio: “Quali sono le cose che più influiscono  esperienza personale sull’andamento della sua giornata lavorativa?”. Tuttavia, il rischio che l’intera conversazione risulti viziata proprio dal  tipo di rapporto che potrebbe crearsi tra intervistato e intervistatore (troppo  complice o eccessivamente distaccato) richiede a chi conduce un’intervista  semi-strutturata il possesso di competenze in termini di comunicazione e  , nonché la   gestione dei rapporti interpersonali conoscenza diretta dell’argomento che si deve discutere.  >> pagina 260  L’intervista non strutturata Le competenze, le conoscenze e l’esperienza  diventano essenziali per il sociologo se l’intervista non è strutturata. Nell’intervista  non strutturata (talvolta indicata anche come “intervista in profon dità” o “intervista discorsiva”), il ricercatore introduce alcuni ,  temi di discussione lasciando agli intervistati la . Si può  massima libertà nello svilupparli quindi intuire come le interviste non strutturate possano avere una durata  molto variabile, toccare uno o più argomenti, essere ricche di particolari soggettivi  o prive di dettagli caratterizzanti. I sociologi Howard Schwartz (n. 1945) e Jerry Jacobs (n. 1955), autori di  uno dei primi manuali di metodologia qualitativa, così si esprimono a proposito  dell’intervista non strutturata: «Il successo di una impresa come questa  si basa in ultima analisi sulle capacità e sulla sensibilità dell’intervistatore, che deve formulare le domande “giuste”, al momento “giusto”, trattenersi  dal fare domande quando non è il caso e in generale comportarsi come un  ascoltatore non minaccioso, comprensivo ed empatico». Un ultimo consiglio riguardo alle domande da porre durante un’intervista  non strutturata ci viene da Howard Becker, il quale raccomanda di chiedere  il “ ”, non il “perché”. Domandare “perché?” porta infatti le persone a rispondere  come in termini di cause e ad assumere una posizione difensiva; domandare “come?” induce invece a riflettere sugli eventi e invita a fornire maggiori  dettagli. Becker osservò infatti come la domanda “Perché fumi marijuana?”  portasse a risposte decisamente diverse e meno ricche di particolari di quelle  ottenute chiedendo “Come hai iniziato a fumare marijuana?”.  >> pagina 261  La registrazione dell’intervista Semi-strutturata o non strutturata che sia,  è consigliabile cercare di registrare l’audio se non anche il video dell’intervista,  per due motivi: sapendo che la conversazione verrà registrata, il ricercatore ha modo di  con l’intervistato, senza, per esempio, dover  concentrarsi sull’interazione abbassare gli occhi di continuo per prendere appunti; è importante poter risalire alle , nonché verificare se  esatte parole usate siano state pronunciate di getto o intervallate da momenti di esitazione. Per il ricercatore è quindi centrale dell’intervista. Registrare  conservare traccia l’audio sarebbe la cosa più semplice, ma non è detto che i soggetti siano  d’accordo: bisogna essere preparati al fatto che alcune persone, per i più svariati  motivi, non acconsentano a essere registrate. Di conseguenza, è importante rispettare  questa scelta : bisognerà armarsi  senza cercare di forzare la loro volontà di concentrazione e velocità di scrittura, prendere degli appunti accurati  e, non appena terminata l’intervista, ricostruirla per iscritto in forma dettagliata. In ogni caso, sarà importante che l’intervistatore rassicuri i soggetti intervistati  a proposito del loro , del fatto che l’intervista verrà ascoltata  anonimato solo dal ricercatore medesimo, che rimarrà in suo possesso e che non verrà  fatta ascoltare a nessun altro senza l’autorizzazione del diretto interessato. Una volta registrata l’intervista, si presenterà il problema della sua .  trascrizione Trascrivere l’intervista è, infatti, un’attività lunga, noiosa e spesso  snervante, ma andrebbe fatta al più presto. Non è detto che l’audio sia di  buona qualità, né che discorsi che sembravano del tutto logici appaiano altrettanto  facilmente ricostruibili a distanza di tempo e senza avere la possibilità  di chiedere ulteriori spiegazioni. Riassumiamo nella tabella che segue i suggerimenti pratici per condurre  un’intervista semi-strutturata o non strutturata. SUGGERIMENTI PRATICI PER CONDURRE UN’INTERVISTA  SEMI-STRUTTURATA O NON STRUTTURATA Munirsi di un dispositivo di registrazione audio e di un quaderno degli appunti. Presentarsi all’intervistato e spiegare il perché della ricerca e dell’intervista, sottolineando  come i dati raccolti siano anonimi e tutelati dalla legge sulla privacy. Proporre garbatamente di registrare la conversazione. Nel caso in cui l’intervistato  non acconsenta, prendere appunti dettagliati. Iniziare con domande a largo raggio, così da familiarizzare gradualmente con  il contesto, il linguaggio e la vita quotidiana del soggetto intervistato. Prestare  attenzione alle espressioni gergali e metaforiche usate dell’intervistato e sfruttarle  quali occasioni per porre ulteriori domande e concentrare la conversazione  su temi via via sempre più specifici. Chiedere spiegazioni senza paura di mostrarsi “ignoranti” laddove non si capisca  qualcosa. Cercare di stabilire un rapporto empatico con il soggetto nel corso dell’intervista. La postura del corpo è il contatto visivo sono elementi determinanti nel  mettere a proprio agio una persona mentre parla (specie se con uno sconosciuto,  quale è l’intervistatore). Pause e silenzi vanno assecondati, prestando attenzione  però nel mantenere la conversazione fluida e la partecipazione dell’intervistato  attiva. Trascrivere al più presto l’intervista. Nel caso in cui l’interlocutore non abbia  acconsentito alla registrazione, non appena terminata l’intervista, ricostruirla  per iscritto nei dettagli.  >> pagina 262  3.6 IL FOCUS GROUP Nel 1941, Robert King Merton , p. 130 fu  | ▶  UNITÀ 4 | invitato dal collega ad assisterlo in una  Paul Felix Lazarsfeld | ▶  L’AUTORE | ricerca finalizzata a verificare l’efficacia di alcuni programmi radio sponsorizzati  dal governo. La sessione prevedeva che venti persone venissero riunite  nello studio di una stazione radio per ascoltare un programma registrato e  che esprimessero il proprio parere attraverso due pulsanti posizionati sulle  sedie: uno verde, per le sensazioni positive evocate dal programma, e uno  rosso per quelle negative. Al termine di questa fase gli ascoltatori vennero intervistati da Merton sui motivi delle loro scelte. Nacque così, in quell’occasione, la tecnica del focus group: un’ intervista  (solitamente, da un minimo di cinque a  collettiva a un gruppo di persone un massimo di dodici) riunite in uno e stimolate a discutere  spazio comune e confrontarsi circa una proposti dal ricercatore. serie di argomenti Ciò che caratterizza questa tecnica è quindi: il gruppo e l’ interazione tra i soggetti come principali fonti d’informazione; la focalizzazione della discussione su uno specifico argomento ; la presenza di un intervistatore con un ruolo attivo. A questo proposito, è  bene specificare come la riuscita di un focus group dipenda in buona parte  proprio dall’abilità del ricercatore di favorire la discussione fra tutti i partecipanti,  mantenendo una posizione di neutralità ed evitando di esprimere  le proprie opinioni e valutazioni. Non a caso, in riferimento ai focus group,  il ruolo del ricercatore viene spesso descritto come quello di un “ ”  moderatore o “ ”. facilitatore Il gruppo dei partecipanti a un focus group ha caratteristiche particolari sia  per la sia per le che si propone: è infatti un composizione finalità gruppo  dai ricercatori con lo scopo di costruito ad hoc studiare un determinato  . fenomeno Indipendentemente dalla numerosità, solitamente si cerca di creare gruppi di  persone che abbiano in qualche modo in discussione,  familiarità con l’argomento nonché , come la professione, l’età o un certo tipo  qualcosa in comune di orientamento politico. Questo “qualcosa” dipende molto dall’obiettivo della  ricerca. Per esempio, se siamo interessati a rilevare le opinioni dei “giovani”, dovremo  rivolgerci a persone appartenenti a una determinata fascia d’età. Peraltro,  è anche importante prestare attenzione a non creare gruppi eccessivamente  disomogenei dal punto di vista del livello culturale e/o dello status sociale.  >> pagina 263    Paul Felix Lazarsfeld l’autore Paul Felix Lazarsfeld (1901-1976), nato a  Vienna e poi emigrato negli Stati Uniti negli  anni Trenta, è uno dei principali sociologi  neopositivisti del Novecento. Secondo  Lazarsfeld, qualunque oggetto di studio sociologico  (compresi gli individui) va definito  sulla base di attributi e proprietà ed espresso  in termini di variabili. Tutti i fenomeni  sociali possono così essere rilevati, misurati,  correlati, confrontati e le teorie convalidate  o falsificate. Nel corso della sua carriera si dedica alla  creazione di istituti di ricerca dedicati alla  ricerca empirica, all’elaborazione e al perfezionamento  di tecniche di raccolta e analisi  dei dati, e allo studio delle conseguenze  socio-psicologiche della disoccupazione di  lunga durata, dei mass media e della comunicazione  in pubblico. In particolare,  Lazarsfeld si concentra sui cosiddetti opinion  , cioè quegli individui che, per  leader prestigio o notorietà, hanno la capacità di  influenzare il pensiero e il comportamento  degli altri. Questo gli permette di elaborare  la teoria del flusso di comunicazione a due  fasi: nella prima fase, gli usano  opinion leader i mezzi di comunicazione di massa per ottenere  informazioni; nella seconda, essi filtrano  queste informazioni attraverso le loro  opinioni e le comunicano alla popolazione. Lo svolgimento del focus group Il ricercatore sollecita la discussione tra i  partecipanti, cercando di far emergere le diverse interpretazioni, reazioni e  atteggiamenti. È quindi importante che i partecipanti non si conoscano. Da  questo punto di vista, un focus group è tanto più riuscito quanto più ampia  è l’ . Si deve infatti tenere presente che ciò che  interazione tra i partecipanti interessa non sono le singole opinioni espresse, ma il processo attraverso il  quale, a partire da alcune posizioni individuali, il gruppo discute e dà forma  a delle . La fonte dei dati è costituita dalla discussione  opinioni collettive che si anima all’interno del gruppo, non da ciò che dicono i singoli individui  che lo compongono. Essendo l’attenzione direzionata verso l’interazione tra i partecipanti, è  necessario dare alle persone il tempo necessario per confrontarsi e discutere,  per cui solitamente i focus group hanno una durata che va da un minimo di  . un’ora a un massimo di tre Sempre per via di questa attenzione nei confronti delle dinamiche che si sviluppano  all’interno del gruppo, è comune che nei focus group, oltre al ricercatore- moderatore, sia presente anche un altro ricercatore, nel ruolo di .  osservatore Egli ha il compito di annotare le dinamiche e le informazioni principali che  emergono dall’interazione tra i componenti del gruppo, senza interagire con il  gruppo e con il moderatore. Il suo compito è quello di prendere appunti circa  dei partecipanti, così da tenere traccia di dettagli  le azioni verbali e non verbali che potrebbe essere altrimenti difficile recuperare in un secondo momento. Forse ancora più che in altre situazioni di ricerca, è fondamentale la   motivazione dei soggetti a partecipare. La partecipazione dei soggetti deve essere  volontaria e pari attenzione va data al ,  luogo di svolgimento dell’incontro che deve essere adeguato rispetto alla numerosità del gruppo e tale da offrire  la possibilità a tutti i partecipanti di potersi guardare e sentire a vicenda. Il testo guida del moderatore è formato da alcune , non  domande chiave più di una decina, che il moderatore utilizza con ampia flessibilità. La tecnica  utilizzata è solitamente quella delle domande “a imbuto”: si parte da  questioni generali per arrivare a domande sempre più strutturate. Solitamente, si distinguono : cinque tipologie di domande domande di apertura , che permettono ai partecipanti di iniziare a esprimersi  e di riconoscersi come gruppo; domande di introduzione , che introducono l’oggetto della discussione; domande di transizione , che portano verso il principale argomento che si  vuole sviscerare; domande chiave , che rappresentano il cuore del tema trattato; domande finali , che portano alla chiusura dell’incontro e che cercano di  “tirare le somme” della discussione. Salutati i partecipanti, il moderatore e l’osservatore si confrontano subito  circa le impressioni raccolte. È anche questa una fase importante perché  consente di riflettere sugli aspetti positivi e negativi del focus group appena  realizzato, così da non ripetere gli stessi errori nei focus group futuri. Qui di seguito riportiamo i suggerimenti pratici per dare inizio a un focus  group. SUGGERIMENTI PRATICI PER DARE AVVIO A UN FOCUS GROUP Il momento di inizio di un focus group è particolarmente importante, in quanto  costituisce il momento in cui il ricercatore illustra il motivo dell’incontro e i contorni  della discussione. È quindi fondamentale prestare attenzione a ciò che si  dice, in quanto questo avrà delle ripercussioni sull’andamento dell’intero focus  group. Ogni focus group necessita di un intervento di apertura pensato ad hoc per  i partecipanti e la specifica situazione, ma un classico modo di aprire un focus  group può essere per esempio il seguente: «Buona sera, benvenuti al nostro incontro. Grazie per essere venuti. Il mio nome  è … e rappresento … . Desideriamo sapere la vostra opinione sui viaggi in aereo. Vi abbiamo scelto perché svolgete una professione che vi porta spesso a utilizzare  l’aereo, perciò potete darci informazioni preziose. Non esistono risposte giuste o  sbagliate, vogliamo solo conoscere il vostro punto di vista e le vostre esperienze. Prima di cominciare, vorrei darvi alcuni suggerimenti per rendere la conversazione  la più proficua possibile. Cercate di parlare uno alla volta. Registreremo, se lo  concedete, la conversazione per non dimenticare nulla di quello che si dirà oggi.  Verrà garantito l’anonimato. Il mio ruolo è quello di porvi le domande e ascoltare  le vostre risposte». V.L. Zammuner, , il Mulino, Bologna 2000, p. 211 Tecniche dell’intervista e del questionario Il focus group è un’intervista di gruppo in cui il ricercatore (o moderatore) stimola i partecipanti a confrontarsi su determinati argomenti, per eplorare in modo approfondito un certo fenomeno sociale.  >> pagina 265  3.7 L’OSSERVAZIONE ETNOGRAFICA O PARTECIPANTE In sociologia,  l’osservazione può avere carattere etnografico o sperimentale. L’ (detta anche “ ”) ha  osservazione etnografica osservazione partecipante una lunga storia in sociologia, in quanto rappresenta ancora oggi la tecnica  di ricerca principale per chi raccoglie e condivide un dati qualitativi paradigma  . fenomenologico L’ , che ha sempre avuto scarso successo in  osservazione sperimentale ambito sociologico, ha come principio di base quello di riprodurre in un  , così da poter  ambiente artificiale quanto solitamente accade in natura verificare un’ipotesi o rintracciare alcuni meccanismi di causa-effetto.  Tuttavia, per gli scienziati sociali non è così facile: le situazioni sociali  includono una quantità tale di fattori da risultare irriproducibili. Inoltre,  dal punto di vista di un sociologo, l’idea di studiare le interazioni sociali  in laboratorio risulta un po’ strana: il “laboratorio” della sociologia è la  . Perché simulare l’interazione sociale quando è possibile  società stessa studiarla “dal vivo”, in concrete situazioni di vita quotidiana? Certo, studiarla  in laboratorio permetterebbe di replicare e “testare” la stessa situazione  più volte e magari di dimostrare una serie di regolarità. Ma in  termini sociologici tali regolarità dimostrerebbero più che altro come si  comportano le persone se esposte a determinati stimoli in un contesto di  laboratorio, quindi in un contesto per definizione diverso da quello della  loro vita quotidiana. Del tutto diverso è il caso dell’osservazione etnografica. Questa trova le sue  origini, all’inizio del Novecento, nell’antropologia e nell’ osservazione di  . Caratteristica  popolazioni e culture lontane e diverse da quelle occidentali peculiare dell’etnografia è l’osservazione delle persone nel loro “ambiente  naturale” e la condivisione da parte del ricercatore di questo stesso ambiente  e delle pratiche sociali che lo caratterizzano. La , in particolare, rappresenta  cultura l’ , come del resto enfatizzato dallo  ambito di analisi privilegiato stesso termine “ ”. etnografia Questa tecnica di osservazione, conosciuta come “ ”,  osservazione partecipante è però divenuta qualcosa di più della modalità di indagine tipica  dell’antropologia, conquistando una posizione di crescente rilievo all’interno  delle tecniche di ricerca delle scienze sociali a partire dalla Scuola di Chicago  fino all’interazionismo simbolico. Non a caso, l’osservazione etnografica  è stata adottata in relazione a questioni diversissime: dallo studio delle  subculture giovanili e delle culture professionali, ai processi di consumo e  di partecipazione politica, sino alle dinamiche migratorie o di innovazione  tecnologica. Indipendentemente dal contesto e dalle modalità di applicazione, a rimanere  invariato è però il che anima l’osservazione partecipante.  tipo di “sguardo” Questo si può riassumere nella capacità di svelare come ciò che in un  determinato contesto o situazione viene considerato “normale” o “banale” sia  sorretto da un’intricata trama di routine, rituali, credenze e pratiche socialmente  costruite, condivise e riprodotte. per immagini Il metodo dell’osservazione partecipante Si è soliti far risalire all’antropologo polacco poi naturalizzato britannico (1884-1942) la prima definizione di etnografia, il cui obiettivo consiste «[nell’] afferrare il punto di vista dell’indigeno, il suo rapporto con la vita, [per] rendersi conto della sua visione del suo mondo». Malinowski trascorse tre anni presso una tribù di un’isola della Malesia, osservandone la vita sociale, mangiando il cibo locale, partecipando a riti  Bronislaw Malinowski e cerimonie. Questo tipo di osservazione, in  cui il ricercatore si mescola ai soggetti osservati e ne adotta le abitudini di  vita, è stato codificato dalla ricerca antropologica, ma anche in sociologia  troviamo studiosi che hanno scelto un simile metodo di indagine. È il caso,  per esempio, del già citato Howard Becker e del suo studio sui jazzisti e, più  in generale, di tutti quei sociologi che si rifanno all’approccio dell’interazionismo  simbolico. Malinowski insieme alla tribù locale durante il suo studio etnografico.  >> pagina 267  Come si fa osservazione etnografica Un’attività di osservazione etnografica  implica una ,  prolungata presenza sul campo da parte del ricercatore solitamente almeno un anno. Potrà sembrare un tempo enorme, ma si tenga  conto del fatto che questo è in realtà il tempo minimo richiesto da qualunque  processo di ricerca. Nel corso della ricerca, il sociologo cerca il più possibile di immergersi  nella realtà studiata, osservando e condividendo per quanto possibile la quotidianità  della vita sociale. Il ricercatore si focalizzerà in particolare su alcuni  elementi: l’ ambiente in cui hanno luogo le azioni/interazioni . Descrivere l’ambiente  in cui si sviluppano le azioni/interazioni studiate vuol dire prestare  attenzione tanto all’architettura degli spazi, quanto al tipo di “clima” e alle  sensazioni che tali spazi comunicano. Solitamente il modo in cui gli spazi  sono dislocati, arredati e curati riflette una serie di dinamiche sociali e  manda dei segnali all’esterno. Non a caso, il modo in cui un ristorante si  presenta si riflette spesso sul tipo di clientela, anche solo per via del fatto  che gli arredi e l’atmosfera che si respira forniscono già delle indicazioni  circa il tipo di spesa a cui si andrà incontro; la struttura delle azioni/interazioni . Così come si sono descritte le strutture  fisiche, si descrive la dell’ambiente osservato. Qualunque  struttura sociale contesto, dalle gang di quartiere, alle squadre sportive, sino ai movimenti  sociali e alle grandi aziende, prevede infatti un sistema di ruoli e  gerarchie; le pratiche e i rituali delle azioni/interazioni , con cui entriamo nel vivo  delle relazioni. Si tratta infatti di descrivere i modi e le forme in cui i partecipanti  al contesto interagiscono quotidianamente gli uni con gli altri,  il cosiddetto “ ”, ciò che agli occhi dei soggetti  comportamento ordinario coinvolti appare semplicemente come il modo “normale” di fare le cose; il linguaggio e il gergo in uso . Nell’osservare le persone interagire, il ricercatore  verrà a contatto con tutte le e le espressioni verbali pratiche  tipiche del contesto osservato. Al pari delle azioni per così  comunicative dire “fisiche”, o non verbali, le azioni verbali contribuiscono a esprimere  e riprodurre le logiche sottese ai processi di azione/interazione e sono  quindi di estremo interesse per il ricercatore. Ogni comunità o gruppo  di persone costruisce infatti la sua anche attraverso il  specifica identità . Gli appassionati di videogiochi e di giochi di ruolo utilizzano  linguaggio solitamente un linguaggio che suona incomprensibile a chi non ha dimestichezza  con questo mondo; così come il linguaggio dei medici risulta  spesso criptico per i pazienti, e quello degli adolescenti rimane talvolta  misterioso per gli adulti. Di tutte queste osservazioni e discorsi, il ricercatore conserverà traccia attraverso  quelli che in sociologia si definiscono . Per  appunti o note di campo quanto infatti nella sociologia contemporanea si faccia sempre più uso anche  di forme di registrazione audio-video, gli appunti di campo rimangono in  qualche modo un altro degli aspetti che caratterizzano il metodo etnografico.  Gli appunti di campo obbligano gli etnografi a mettere continuamente  alla prova la , in quanto è possibile descrivere  puntualità delle loro osservazioni in dettaglio solo ciò che si è accuratamente osservato. Infine, le note di  campo permettono di tenere traccia dei e delle :  propri dubbi proprie intuizioni sono cioè quanto di più personale e soggettivo i ricercatori producano  nel corso della ricerca. L’osservazione etnografica trova così la sua peculiarità proprio e anche nella  , che, lungi dall’essere invisibile, è invece presente tanto nel contesto di osservazione, interagendo con i soggetti osservati,  soggettività del ricercatore quanto nelle e nel . Solo  descrizioni etnografiche testo finale della ricerca offrendo dettagli su come ha lavorato e su come ha costruito i propri dati,  nonché sui dubbi e le incertezze che ha incontrato, il ricercatore ha modo  di lasciare ai lettori l’ultima parola sulla bontà o meno del lavoro condotto  e quindi di valutare sino a che punto siano attendibili e plausibili i risultati  dell’osservazione. Riportiamo di seguito i suggerimenti pratici per condurre un’osservazione  etnografica. SUGGERIMENTI PRATICI PER CONDURRE UN’OSSERVAZIONE  ETNOGRAFICA Munirsi di un quaderno degli appunti ed eventualmente di un dispositivo per la  registrazione audio e video. Scrivere tutto, specie nelle fasi iniziali, anche ciò che appare ovvio e scontato. Se possibile, prendere appunti durante l’osservazione; in caso contrario scrivere  i propri appunti appena terminata l’osservazione. Ma non fare troppo affidamento  sulla memoria: dettagli e particolari tendono a essere dimenticati  nell’arco delle prime quarantotto ore. Chiedersi, ogni volta che si descrive un episodio, una scena, un evento, se la  descrizione è sufficientemente comprensibile per chi non vi abbia assistito. Ciò  significa adottare un linguaggio concreto, identificare i diversi partecipanti  alla situazione che si descrive, prestare attenzione alla successione temporale  degli eventi e ai passaggi che collegano una situazione all’altra: una descrizione  frettolosa risulta spesso incomprensibile. Ascoltare, costruire un dialogo e cercare di farsi ispirare dalle persone che si  incontrano sul campo. Laddove non si capisca qualcosa, chiedere spiegazioni,  anche a rischio di risultare incompetenti. Prestare attenzione ai diversi elementi che costruiscono la scena. Per esempio:  come si presenta la struttura fisica del contesto di osservazione? Quali sono le  regole e i ruoli condivisi dalle persone che partecipano al contesto? Quali sono  le pratiche di azione/interazione che caratterizzano il contesto di osservazione?  Quali sono il linguaggio e il gergo in uso? Attraverso quali tempi e luoghi si  snoda la vita quotidiana?   Michael Moore, BOWLING FOR COLUMBINE, 2002 INVITO ALLA VISIONE     è un film documentario del 2002 diretto da  Bowling for Columbine Michael Moore. Premio Oscar come miglior documentario nel 2003, il  film si ispira alle stragi avvenute nelle scuole americane, in particolare  a quanto avvenuto nel 1999 alla Columbine High School di Littleton  (negli Stati Uniti), quando due ragazzi entrarono nella loro scuola armati  di fucile e uccisero dodici studenti e un insegnante, per poi suicidarsi.  Come in un’inchiesta sociologica, Moore raccoglie vari tipi di  dati (statistiche, interviste, documenti storici) al fine di mostrare come  l’atto estremo compiuto dai due ragazzi fosse il risultato non solo  dell’estrema facilità con cui è possibile procurarsi un’arma negli Stati  Uniti, ma anche dell’individualismo, delle forti disuguaglianze sociali,  dell’uso che i media fanno talvolta della notizia e, dunque, dell’instaurarsi di un clima di crescente diffidenza reciproca fra le persone. per lo studio Quali sono le principali tecniche di raccolta dati di cui si serve la ricerca sociale? Quali di queste sono più  1. direttamente collegate a una metodologia quantitativa e quali a una qualitativa? Quali differenze ci sono tra un’intervista strutturata e una non strutturata? 2. Quali differenze ci sono tra osservazione sperimentale e osservazione etnografica? 3.     Per discutere INSIEME Le tecniche di raccolta dei dati empirici possono essere molto diverse  tra loro: ognuna ha infatti una sua logica specifica e richiede al ricercatore abilità diverse. Secondo voi, è possibile e/o auspicabile che nel corso di una ricerca diverse tecniche vengano  mischiate? A quali fini? Con quali rischi? Discutetene in classe.