1. La comunicazione 1.1 IL LINGUAGGIO E LA DIMENSIONE SOCIALE DELLA COMUNICAZIONE Negli ultimi due decenni il ruolo della comunicazione è diventato sempre più importante in molteplici ambiti della vita sociale: dalla politica alla pubblicità, dalla presentazione di se stessi in pubblico a quella nelle reti digitali. Comunicare del resto è un’attività talmente basilare per la società che, probabilmente, essa non avrebbe possibilità di esistere qualora gli individui non fossero costantemente impegnati a scambiarsi idee, simboli e conoscenze. Il linguaggio è il sistema di comunicazione fondamentale all’interno della  società, forse il più importante strumento di comunicazione umana, nonché  mezzo basilare per la maggior parte delle interazioni e delle relazioni sociali.  La trasmissione del linguaggio ha un ruolo centrale nella fase di socializzazione ,  durante la quale si apprende la lingua del proprio gruppo che, fin  da bambini, consente di interagire nel contesto prima familiare e poi scolastico.  Dalle prime fasi della scuola, apprendere a leggere e scrivere è una  delle competenze di base che permettono la trasmissione di qualsiasi altra  conoscenza. Per questa ragione, lettura e scrittura sono considerati requisiti  per fare attivamente parte della società: essere è uno dei  minimi ▶  analfabeti problemi di base da risolvere nei paesi in via di sviluppo. Dal punto di vista della sociologia, il linguaggio è, dunque, un sistema  di suoni e simboli condiviso da una comunità. Tutti noi lo utilizziamo per  interagire con altre persone e per costruire relazioni. Il linguaggio che usiamo,  infatti, non è il risultato di un’azione o di una scelta individuale, ma è  il frutto di un processo storico e collettivo di costruzione di una cultura  . Nel caso della cultura italiana, per esempio, la lingua ha preso  nazionale forma nel corso dei secoli anche grazie a poeti e scrittori come Dante Alighieri,  Pietro Bembo e Alessandro Manzoni; ma è solo con il processo di  unificazione d’Italia, a metà dell’Ottocento, che la lingua italiana è divenuta  ufficialmente la nostra lingua nazionale. Nonostante ciò, è solo con gli anni  Cinquanta e Sessanta del Novecento che la maggior parte della popolazione  italiana ha iniziato ad abbandonare i dialetti regionali come forma linguistica  principale in favore dell’italiano. Fino ad allora, vuoi per ragioni geografiche  (la distribuzione della popolazione italiana in tante piccole comunità  data la conformazione appenninica dell’Italia a “spina di pesce”), vuoi per  ragioni socio-economiche (circa la metà della popolazione era ancora dedita  all’agricoltura e, spesso, frazionata nelle campagne), l’uso della lingua italiana  era limitato alle comunicazioni ufficiali e la maggior parte dei cittadini non  era in grado di leggere e scrivere. : secondo una definizione dell’Unesco una persona che non sa né leggere né scrivere, capendolo, un brano semplice in rapporto con la propria vita quotidiana. analfabeta La base per comunicare ed essere parte integrante e attiva di una società è il sapere leggere e scrivere, abilità che si imparano fin da bambini.  >> pagina 335  Linguaggio e identità collettiva La condivisione della lingua è un aspetto  primario per il funzionamento di una società, perché aiuta a di un popolo e di una nazione. La società italiana, frammentata tra regioni del Nord e del Sud, rimane infatti unita anche  mantenere e rinforzare l’identità collettiva per la operata dall’uso della lingua, che permette, per  funzione di collante esempio, non solo di utilizzare giornali e notiziari di informazione unici per  tutto il paese, ma anche di ereditare e incrementare una letteratura comune  ed esprimersi in un “parlato” comprensibile a tutti. In paesi in cui esistono più lingue, come in Svizzera, è infatti molto più  difficile alimentare o percepire un senso immediato di identità nazionale.  Allo stesso modo, le zone dove vivono ▶  minoranze linguistiche , come l’Alto  Adige in Italia, dove si parla tedesco e in pochi altri casi ladino, costituiscono contesti sociali particolari, nell’ambito dei quali le istituzioni devono affrontare  anche il problema di gestire una comunità attraverso l’uso di due o più  lingue. Gli abitanti dell’Alto Adige possono infatti utilizzare sia la lingua  italiana sia quella tedesca e i documenti ufficiali, come pure i cartelli stradali  e le insegne, sono bilingui. La ragione è storica: la zona di confine dell’Alto  Adige, rimasta sotto il controllo austriaco fino al 1919, è divenuta, poi, parte  del territorio italiano. Dopo l’occupazione tedesca, nel 1948 fu concessa, con  un primo trattato, l’autonomia regionale insieme al Trentino e, nel 1972, fu costituita la Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige con ulteriori larghi  ampliamenti di strumenti politici di autogoverno. : gruppi che parlano una lingua materna diversa da quella della maggioranza delle persone che vivono in un determinato luogo. minoranze linguistiche I dialetti Una forma linguistica particolarmente significativa dal punto di vista sociale è il . Il ruolo dei dialetti cambia da paese a paese e anche in relazione a differenti periodi storici. In Italia, per esempio, l’uso del dialetto è legato in primo luogo alle , poiché ogni regione, a volte ogni città, coltiva una variante linguistica dialettale utilizzata nei contesti meno formali, e secondariamente alla delle persone. Va sottolineato infatti che, per molti secoli, la lingua italiana è stata utilizzata da una minima parte della popolazione, una ristretta élite colta e benestante, che aveva accesso allo studio, a lavori nella burocrazia pubblica o a professioni particolari. Invece, la maggior parte degli italiani, prevalentemente impiegata nell’agricoltura, per molto tempo ha parlato solamente il dialetto della propria zona di origine: si stima che nel 1861, anno dell’unificazione dell’Italia, non più di un italiano su dieci fosse in grado di parlare correttamente la lingua italiana, come documentò, per esempio, l’Inchiesta Jacini (1884), un rapporto proposto dal parlamento italiano in cui vennero descritte in dettaglio le condizioni di arretratezza della popolazione contadina. Solo dopo la Seconda guerra mondiale, con la diffusione della scuola di massa , p. 215 , della televisione e, più in generale, con la dell’Italia e il suo passaggio da paese prevalentemente agricolo a industriale, l’uso dell’italiano si è progressivamente esteso a fasce sempre maggiori della popolazione. Oggigiorno, l’italiano è conosciuto dalla maggior parte della popolazione, sebbene l’uso del dialetto rimanga spesso vivo nelle conversazioni familiari e informali. I dati dell’Istat relativi al 2015 ci mostrano che, sebbene italiano e dialetto convivano nei contesti domestici e familiari, in quasi metà delle case italiane (45,9%) si usa l’italiano come lingua principale, mentre solo nel 14,1% delle famiglie il dialetto rimane la prima lingua di espressione. dialetto origini geografiche collocazione sociale ed economica | ▶  UNITÀ 5 | modernizzazione Persone di 6 anni e più per linguaggio abitualmente usato in famiglia. Anni 1987/88, 1995, 2000, 2006 e 2015 (per 100 persone di 6 anni e più).  >> pagina 336  1.2 LA COMUNICAZIONE COME PASSAGGIO DI INFORMAZIONE Uno  dei modelli teorici più noti per analizzare i processi di comunicazione è stato  formulato negli anni Quaranta del secolo scorso da due matematici americani:  Claude Shannon (1916-2001) e Warren Weaver (1894-1978). Il model descrive i principali elementi coinvolti in un processo  lo Shannon-Weaver comunicativo, che nella versione originale sono sei: la del messaggio; 1 sorgente la del messaggio; 2 trasmissione il ; 3 trasmettitore il ; 4 canale di trasmissione il ; 5 ricevitore il . 6 destinatario Secondo questo modello, nel corso della comunicazione, i messaggi percorrono  un tragitto lineare che parte da una , una persona che, per  sorgente esempio, fa una telefonata e che parla attraverso un telefono, il .  trasmettitore Questo trasforma la voce in un segnale, il , che arriva  canale di trasmissione a un altro telefono, il , che consegna il messaggio alla persona  ricevitore con cui stiamo conversando, il . destinatario Una delle osservazioni ulteriori di Shannon e Weawer è che il canale di  trasmissione utilizzato può essere influenzato da forme di , che possono  rumore disturbare o limitare la qualità della comunicazione, fino a compromettere  la comprensione del messaggio. Nel caso di una telefonata, il rumore può essere costituto dalle interferenze della linea, mentre, nelle conversazioni dirette tra due individui, può essere rappresentato da quello che succede nel contesto in cui avviene la conversazione: il traffico in strada, la presenza di tante persone che parlano e così via. Il modello Shannon-Weaver è stato ampiamente adottato in molti campi  delle scienze sociali, perché semplice e chiaro, ma, allo stesso tempo, è  stato oggetto di , perché considerato e  molte critiche troppo schematico a rendere conto delle interazioni sociali, in particolare perché  inappropriato non tiene in considerazione il in cui avviene la comunicazione. In  contesto effetti, il modello si adatta abbastanza bene alla descrizione di una telefonata,  ma non di forme di comunicazione più complesse, come per esempio le  conversazioni che avvengono in tutti quei contesti in cui non è facile isolare  il mezzo di comunicazione impiegato. In ogni caso, pur nella sua semplicità, questo schema ci aiuta a isolare gli elementi  , ossia a capire che comunicare  essenziali e rilevanti di una comunicazione implica non solo due persone che si scambiano un messaggio, ma anche un  sistema di trasmissione (il telefono o la lingua parlata) necessario per mettere  in relazione chi comunica e che influenza ciò che viene effettivamente detto. Il modello Shannon Weaver. – Sociologia & Linguistica FINESTRE INTERDISCIPLINARI LA SOCIOLINGUISTICA La sociolinguistica è una branca della linguistica  che si occupa dello studio degli aspetti  sociali del linguaggio. In particolare, studia il  ruolo del linguaggio nel costruire e mantenere  i ruoli sociali all’interno della società e  delle sue variazioni in rapporto alla collocazione  sociale dei parlanti. Dal punto di vista  del metodo, la sociolinguistica unisce l’attenzione  nei confronti del linguaggio, tipica degli  studi letterari, con le tecniche che caratterizzano  la sociologia, ovvero l’osservazione  diretta, le registrazioni delle conversazioni e  le interviste qualitative. Uno degli interessi dei sociolinguisti è cercare  di isolare quelle caratteristiche linguistiche  che sono utilizzate in situazioni sociali particolari  o che sono tipiche di specifici ruoli o  interazioni. Infatti, la scelta dei suoni, degli  elementi grammaticali e dei vocaboli può essere  influenzata non solo da fattori quali età,  sesso, istruzione, occupazione, ma anche dalla  posizione rivestita all’interno della struttura  sociale. Per esempio, ci sono delle espressioni  linguistiche che sono adatte per rivolgersi  a una persona della propria età, ma che non  sono invece adeguate per fare una domanda  a una persona anziana (pensiamo all’uso del  “lei” e del “tu”). Insomma, il presupposto fondamentale  della sociolinguistica riguarda il  fatto che il linguaggio verbale, oltre a essere  una delle capacità innate degli esseri umani,  dipende strettamente dalle relazioni sociali e  dai ruoli che gli individui hanno nella società. La sociolinguistica è una disciplina relativamente  recente, poiché si è strutturata a partire  dagli anni Sessanta del Novecento, soprattutto  grazie al lavoro dello  studioso americano William  Labov (n. 1927), che ne è considerato  il fondatore. Egli, infatti,  si è occupato per primo di  esaminare le relazioni fra modi  differenti di usare il linguaggio  e variabili sociali, come le classi  sociali dei parlanti, la loro età o  il sesso. La sociolinguistica studia i fenomeni linguistici in rapporto con le diverse situazioni sociali.  >> pagina 339  1.3 LA COMUNICAZIONE COME CONTENUTO E COME RELAZIONE Se il modello di comunicazione Shannon-Weaver è utile per offrire una visione  schematica del processo di comunicazione, dal punto di vista sociologico  è necessario tenere presente che comunicare non è solo trasmettere  un contenuto o un messaggio nella maniera più efficace: la comunicazione è in primo luogo una . In altre parole, se si vuole comprendere il ruolo della comunicazione all’interno della società, dobbiamo essere consapevoli che comunicare non si limita a realizzare un passaggio  forma di relazione sociale di informazioni o contenuti, ma contribuisce anche alla costruzione di  con gli altri. Infatti, mentre discipline come la linguistica si  un’interazione occupano della comunicazione rivolgendo l’attenzione soprattutto ai codici  e alle forme utilizzate per comunicare, come gli elementi della lingua e le  sue strutture morfologiche e sintattiche, la sociologia è interessata in primo  luogo a capire come la comunicazione tra individui sia lo strumento  principale attraverso il quale si sviluppano le interazioni e le relazioni sociali  e, più in generale, in che modo prende forma ciò che definiamo società  | ▶  APPROFONDIAMO | . È importante tenere sempre presente che ogni forma di comunicazione è  composta da almeno , intrecciati tra loro: due differenti livelli un livello di contenuto , ovvero una dimensione che riguarda soprattutto il  contenuto del messaggio che stiamo comunicando; un In questo caso un contenuto viene utilizzato per un obiettivo prevalentemente  livello di relazione , ossia una dimensione che riguarda il tipo di relazione  che stiamo costruendo con la persona con cui stiamo comunicando. ESEMPIO : pensiamo a una situazione in cui due compagni di scuola hanno  litigato furiosamente e non si parlano più da alcuni giorni. Dopo un po’ di  tempo uno dei due va dall’altro per chiedergli se vuole partecipare a una  partita di calcio. Come è facile comprendere, ciò che è più importante in  questo scambio comunicativo non è tanto la partecipazione a una partita  di calcio, il contenuto della comunicazione, quanto l’ ,  aspetto relazionale che consiste nella richiesta implicita di interrompere il litigio e fare pace. relazionale. Infatti, se l’amico accetta di partecipare, ciò vorrà dire  che egli, a sua volta, esprime la volontà di ricominciare a comportarsi come  due amici e di mettere fine al litigio. Un altro esempio molto comune riguarda i casi in cui qualcuno si rivolge  a noi in maniera scortese o irrispettosa: in questi frangenti per definire il  tipo di relazione che intercorre è fondamentale il ,  modo in cui si comunica mentre il contenuto passa in secondo piano. Ci rendiamo conto, dunque,  come la comunicazione sia spesso più una questione di relazioni sociali che  di contenuti che vengono trasmessi.   LA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE approfondiamo Una recente prospettiva per lo studio della comunicazione  Oggi convivono nel territorio italiano tante culture e lingue diverse, quante sono le comunità di migranti che si sono stabilite nel corso del tempo nel nostro paese. Di fronte a ciò, soprattutto a partire dagli anni Novanta, anche in Italia si è affermata la necessità di sviluppare la comunicazione in prospettiva interculturale, tenendo conto cioè della necessità di comprendere in che modo le diverse provenienze religiose ed etniche possano influenzare lo scambio e l’interazione tra genti diverse. In altre parole, gli studi di comunicazione interculturale cercano di capire come individui e gruppi di paesi e culture diverse possano percepire il mondo che li circonda, non riducendo il problema comunicativo all’utilizzo di una lingua differente di più facile o difficile traduzione, ma concentrando l’attenzione sugli attributi sociali, sui modelli di pensiero e sulle culture dei diversi gruppi in gioco. è quella che riguarda la comunicazione  interculturale, ovvero lo studio dei processi comunicativi  che avvengono tra culture e gruppi sociali  diversi. Negli ultimi anni questa forma di comunicazione  ha assunto sempre più importanza,  grazie soprattutto ai processi di globalizzazione  e alle migrazioni. Come abbiamo già avuto modo  di osservare, se la società italiana è stata per lo  più unificata dall’uso della medesima lingua nazionale,  che ha soppiantato progressivamente i  dialetti locali, le più recenti migrazioni ne hanno  modificato il panorama sociale, culturale e linguistico.  >> pagina 340  1.4 LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE Un ambito particolarmente rilevante per comprendere il ruolo della comunicazione nelle relazioni sociali è costituito dalle . forme di comunicazione interpersonale La comunicazione interpersonale è infatti caratterizzata non solo dal fatto  di avvenire tra due o più persone, e non, per esempio, tra un individuo e un’istituzione  o il servizio clienti di un’azienda, ma anche di essere a , per  due vie cui, quando una delle due persone dice qualcosa, l’altra reagisce e risponde,  dando luogo così a una interazione comunicativa. Anche per questa ragione, la comunicazione interpersonale è basata fondamentalmente  su una . In altre parole, per la buona  cooperazione reciproca riuscita di un processo comunicativo che avviene tra due o più individui, essi  devono collaborare in modo coordinato e cioè: a vicenda; non devono parlare interrompendosi devono , senza cambiare argomento a  rispondere in modo pertinente metà della conversazione; devono utilizzare un a sottolineare che sono lieti di partecipare  tono adeguato alla conversazione, invece che esserne annoiati e non mostrare  interesse. Ogni buona comunicazione interpersonale presuppone uno scambio interattivo tra i suoi protagonisti e una loro cooperazione: essi seguono alcune “regole” per comunicare in modo piacevole, come non parlarsi sopra o non sbadigliare davanti l’interlocutore.  >> pagina 341  Le forme di comunicazione verbale e non verbale Esistono differenti modi  di sviluppare un processo di comunicazione interpersonale. Il più semplice e  comune consiste nella attraverso l’uso del linguaggio,  comunicazione verbale ossia di un . codice condiviso Un differente livello di scambio riguarda le forme di comunicazione non  che avviene attraverso gesti, espressioni facciali, posizioni del corpo,  verbale intonazioni della voce e una serie di altri piccoli e grandi segnali che  mandiamo, spesso inconsapevolmente, al nostro ascoltatore. Sappiamo bene,  infatti, quanto sia diverso parlare con qualcuno guardandolo negli occhi e  sorridendo oppure con lo sguardo rivolto a terra e imbronciati. Ma siamo  anche consapevoli di quanto la gestualità che accompagna il livello verbale  possa essere in grado di esprimere meglio i significati delle parole, rafforzandoli  o rivelando un’intenzione diametralmente opposta. Per comprendere la complessità delle forme di linguaggio non verbale possiamo  suddividerle in tre sistemi: prossemico, cinesico e vocale. Il Nel primo caso stiamo costruendo una Peraltro, tale situazione, che caratterizza interazioni più formali – con l’insegnante,  sistema prossemico riguarda in primo luogo la postura assunta mentre  parliamo e la rispetto all’interlocutore. Il significato della  distanza spaziale conversazione è diverso, infatti, se parliamo con qualcuno avvicinandoci  al suo orecchio, se siamo a pochi centimetri o ad alcuni metri di distanza.  relazione intima col nostro interlocutore  e ciò capita, infatti, solo con individui con cui abbiamo un rapporto  molto confidenziale: un familiare, un amico o comunque una persona  cui siamo legati affettivamente. Diversamente accade quando incontriamo  per strada una persona che conosciamo poco o non conosciamo del tutto:  in questo caso, in genere, restiamo piuttosto lontani, rimarcando così, fisicamente,  anche la che ci separa dall’interlocutore.  distanza relazionale un vigile urbano o un negoziante – richiede un tono di voce più  rispetto a quello utilizzato in una relazione confidenziale, e una  elevato . più chiara scansione delle parole Il Ci sono, poi, tipi di movimenti che esprimono sistema cinesico riguarda tutte le forme di movimento del nostro corpo  che esprimono qualcosa al nostro interlocutore. A volte tali movimenti  e rivelano qualcosa di cui non siamo pienamente  non sono intenzionali consapevoli, altre volte sono e all’interno di una  intenzionali codificati specifica cultura: se ne ha un esempio quando esprimiamo esplicitamente  un “no” oscillando un dito orizzontalmente o quando, riferendoci verbalmente  alle dimensioni di un oggetto, ne mimiamo con le mani la grandezza.  stati d’animo ed emozioni :  ciò accade quando, per esempio, la tensione che deriva dal parlare  in pubblico spinge qualcuno a grattarsi ripetutamente la testa, toccarsi i  capelli o muovere in modo ossessivo una penna. Nelle forme espressive di  tipo cinetico, la è quella più rivelatrice: si può sorridere,  mimica facciale comunicando all’interlocutore la nostra disposizione positiva nei suoi confronti,  oppure aggrottare le sopracciglia, esprimendo rabbia o diffidenza. Il sistema vocale riguarda le forme dell’espressione verbale, e cioè il tono  , la con cui parliamo, il della conversazione, così  della voce velocità ritmo come la presenza di o . Quando siamo arrabbiati con qualcuno  risate sbadigli tendiamo, infatti, a parlare in modo più veloce e concitato; quando  vogliamo dire qualcosa di affettuoso assumiamo un tono sommesso e un  livello sonoro basso; quando siamo allegri tendiamo ad alzare il volume  della voce, inframezzando la nostra conversazione con delle risate. Insomma,  con la nostra voce non esprimiamo solo contenuti linguistici, ma siamo  costantemente inclini a modulare le nostre espressioni rispetto al tipo di  relazione, di contesto e di stato d’animo che accompagna la comunicazione. per immagini La gestualità italiana secondo Bruno Munari (1907-1998) è stato un eclettico artista e designer, che si è dedicato anche alla  Bruno Munari realizzazione di giochi e alla didattica creativa. Nel , pubblicato  Supplemento al dizionario italiano nel 1963, egli propone un catalogo dei gesti più espressivi tipici  degli italiani: mimiche facciali, segni con le mani, atteggiamenti del  corpo, senza escludere i gesti più volgari. È nota, infatti, a livello internazionale,  la caratteristica degli italiani di “parlare con i gesti”,  sottolineando in tale modo come anche la gestualità e i movimenti del  corpo costituiscano una particolare e diversa “lingua” legata a una  determinata società. Riportiamo l’immagine di uno dei gesti più comuni, intitolato da Munari  “Che vuoi?” e descritto nella seguente maniera: «Le estremità  delle cinque dita si riuniscono rapidamente e formano un cono con il  vertice in alto. La mano può restare ferma o essere scossa più o meno  velocemente, secondo che la domanda è fatta con gentilezza o con impazienza.  Molto usato a Napoli». Il gesto italiano che sostituisce la domanda verbale: “Che vuoi?”.  >> pagina 343  1.5 LA TEORIA DELL’AGIRE COMUNICATIVO Una delle più importanti  teorie sociologiche che mettono in relazione società e comunicazione è la teoria  , elaborata negli anni Settanta del secolo scorso dal  dell’agire comunicativo filosofo e sociologo tedesco . Habermas è stato  Jürgen Habermas | ▶  L’AUTORE | uno degli ultimi esponenti della Scuola di Francoforte , p. 137 , corrente  | ▶  UNITÀ 4 | di pensiero che egli comunque criticò per l’eccessivo pessimismo rispetto  alla possibilità delle persone di agire in modo cooperativo e consensuale. La teoria di Habermas distingue fra: azioni strumentali , che hanno come fine il raggiungimento di un determinato  obiettivo, come costruire un ponte, aggiustare un motore, scavare  un pozzo e così via; azioni comunicative , che hanno come fine fondamentale quello di stabilire  una relazione e trovare un accordo e un’intesa con gli altri membri della  società. Per Habermas, dunque, la comunicazione è una delle due componenti  principali della vita sociale e dell’agire delle persone. Secondo il suo punto  di vista, il modo in cui le persone interagiscono tra loro è legato più a una  dimensione comunicativa e alla ricerca di un accordo che a una dimensione  di tipo strumentale e strategico, finalizzata a ottenere un profitto o a raggiungere  un obiettivo. : quando in una classe si devono formare due gruppi per svolgere un  ESEMPIO certo compito, la scelta degli studenti che ne faranno parte non è fatta solo in  base alla loro capacità di raggiungere nel migliore dei modi un determinato  obiettivo, ma anche in base a legami di amicizia, simpatie e in generale alla  voglia di fare qualcosa insieme. Per Habermas, dunque, una delle caratteristiche della vita sociale è che  essa è finalizzata alla e all’ più che al raggiungimento  comprensione accordo reciproci degli obiettivi di interesse personale.   Jürgen Habermas l’autore Jürgen Habermas (n. 1929) è il più importante filosofo tedesco della secondo metà del XX secolo, nonché sociologo e influente stu dioso  politico. Egli si forma con gli studiosi  della Scuola di Francoforte e diventa allievo  dei fondatori della Teoria critica, come Max  Horkheimer, Theodor Adorno e Herbert  Marcuse. Nel 1954 a Bonn ottiene il dottorato di ricerca in filosofia, con una tesi su  Friedrich Schelling. Successivamente, lavora  come assistente di Theodor Adorno all’Istituto  di ricerca sociale di Francoforte e nel  1964 succede a Max Horkheimer come professore di filosofia e sociologia. Dopo dieci  anni, come direttore del Max Planck Institute  di Starnberg, torna a Francoforte, dove  si ritira nel 1994. Le sue opere più note riguardano il rapporto  tra società e comunicazione. Nello studio  Storia e critica dell’opinione pubblica  (1962) analizza la trasformazione della sfera  pubblica dal punto di vista dei mutamenti  dello Stato e dei media (come la stampa o  la radio), sottolineando come, nelle società moderne, il confine tra sfera pubblica e  privata tenda sempre più ad assottigliarsi e  l’opinione pubblica perda in misura crescente  il suo valore democratico a causa dell’influenza dei mezzi di comunicazione. Invece,  nel complesso lavoro Teoria dell’agire comunicativo (1981), pubblicato in due densi  volumi, pone le basi teoriche per distinguere  la comunicazione come forma di manipolazione  dalla comunicazione come strumento  per costruire una società più democratica,  capace di risolvere i conflitti e le divergenze. Questo lavoro sulla comunicazione ha influenzato profondamente molte discipline, tra cui il diritto, la filosofia, le scienze politiche, oltre naturalmente alla sociologia. per lo studio In che senso l’uso di una lingua comune contribuisce a costruire relazioni e identità? 1. Come funziona il modello di comunicazione di Shannon e Weaver? E quali sono le maggiori critiche che  2. possiamo rivolgergli? Quali sono le dimensioni della comunicazione non verbale? 3.     Per discutere INSIEME Prova a fare l’esempio di una situazione comunicativa da te vissuta  recentemente a scuola in cui la dimensione della relazione è preponderante rispetto a quella del  contenuto. Discutine in classe con i tuoi compagni, provando a mettere in evidenza quali sono gli  aspetti relazionali in gioco nell’interazione che hai descritto.