PAROLA D’ AUTORE ⇒ T1  Platone | Intorno allo stato primitivo Nel passo del di Platone qui proposto, il sofista ricorre al mito di Prometeo  Protagora per spiegare la centralità della dimensione politica per le comunità umane, che è  quella a cui i sofisti facevano riferimento nella loro opera di insegnamento. 320d-323a, trad. di M. Dorati, in G. Guidorizzi, , Einaudi Scuola, Milano, 1995, pp. 482-484 Protagora La letteratura greca Vi fu un tempo in cui gli dèi esistevano, ma  non esistevano le specie mortali. Quando anche  per queste giunse il tempo predestinato  alla nascita, gli dèi le modellarono dentro la  terra, mescolando terra e fuoco e quanto con  fuoco e terra si amalgama. Quando furono in  procinto di condurle alla luce, ordinarono a  Prometeo e a Epimeteo di regolare e distribuire  1 facoltà in ciascuno, in modo conveniente. Ma Epimeteo pregò Prometeo di poter fare  lui da solo la distribuzione. “Una volta che io  avrò fatto la distribuzione – disse – tu esaminerai”.  […] Tuttavia, Epimeteo, il cui nome vuol dire colui  che pensa dopo, non fu molto accorto: infatti  distribuì tutte le facoltà solo agli animali privi  di ragione, lasciando disadorni gli esseri umani. E mentre si trovava nell’incertezza, venne da  lui Prometeo per esaminare la distribuzione,  2 e vide gli altri animali armoniosamente provvisti  di ogni cosa, l’uomo, invece, nudo, con i  piedi non protetti, privo di copertura, senza  armi. Ed era ormai prossimo il giorno fissato,  in cui l’uomo doveva uscire dalla terra alla luce. In preda al dubbio su quale mezzo di salvezza  potesse trovare per l’uomo, Prometeo rubò la  sapienza tecnica di Efesto e di Atena insieme  con il fuoco – era infatti possibile che senza il  fuoco questa potesse essere acquistata o utilizzata  da qualcuno – e ne fece dono all’uomo. L’uomo ebbe dunque in questo modo la sapienza  relativa al vivere, ma non aveva la sapienza  politica: questa si trovava infatti presso  Zeus, e a Prometeo non era più permesso di  penetrare nell’acropoli, dimora di Zeus ; penetrò  3 invece di nascosto nell’officina comune di  Atena e di Efesto, dove i due esercitavano la  loro tecnica, e, rubata l’arte del fuoco di Efesto  e l’altra, quella di Atena, le consegnò all’uomo. In seguito a questo l’uomo ebbe abbondanza  di risorse per la vita. […] Quando l’uomo divenne partecipe di una sorte  divina, in primo luogo, a causa del suo legame  con la divinità, unico tra gli esseri viventi,  cominciò a credere negli dèi, e si dedicò a innalzare  loro altari e sacre immagini. Successivamente  iniziò ben presto a utilizzare la voce  e ad articolare le parole con tecnica, e inventò  abitazioni, vestiti, calzari, coperte e gli alimenti  che nascono dalla terra. Attrezzati in questo  modo, gli uomini dapprincipio vivevano dispersi,  e non vi erano città; venivano quindi  uccisi dalle belve […] non possedevano ancora  una tecnica politica, della quale la tecnica  della guerra rappresenta una parte. Vollero  allora fare il tentativo di riunirsi e di salvarsi  fondando città. Ma una volta riunitisi continuavano  a commettere ingiustizie reciproche,  dal momento che non possedevano una tecnica  politica, sicché, disperdendosi nuovamente,  riprendevano ad essere uccisi. Zeus, temendo  che la nostra specie andasse completamente  distrutta, inviò allora Hermes per condurre tra  gli uomini il rispetto e la giustizia, perché costituissero  il fondamento dell’ordine della città  e un legame unificante di amicizia. Hermes domandò a Zeus in quale modo dovesse  dare il rispetto e la giustizia agli uomini. Devo forse distribuirle nello stesso modo in cui  sono state distribuite le tecniche? Queste sono  state suddivise così: uno che possieda l’arte medica  è sufficiente per molti profani, e così anche  gli artigiani. Devo dunque introdurre in questo  modo, tra gli uomini, anche la giustizia e il rispetto,  oppure devo dividerli tra tutti? Tra tutti, rispose Zeus, e tutti ne siano partecipi:  non potrebbero esistere città, se pochi avessero  parte in essi come nelle altre tecniche. E  poni pure una legge in mio nome: sopprimere,  come un male per la città, chi non è in grado di  rendersi partecipe del rispetto e della giustizia. Prometeo ed Epimeteo sono figli di uno dei Titani, Giapeto, figlio a sua volta di Urano (il Cielo) e Gea (la Terra). Prometeo è amico degli uomini e con i suoi doni avvia il loro cammino verso la civiltà.  1. Il suo nome, invece, significa “il previdente”, “colui che pensa prima”.  2. Il mito narra che Prometeo ingannò più volte Zeus e ne fu punito. Una prima volta fece in modo che Zeus scegliesse per sé e gli altri dèi la parte peggiore – ma apparentemente la più succulenta – di un bue che era stato immolato e lasciasse invece quella migliore agli uomini. Per questo inganno Zeus punì sia gli uomini, privandoli del fuoco di cui fino a quel momento avevano goduto, sia Prometeo, legandolo a una colonna e mandando un’aquila a divorargli il fegato. Prometeo venne poi liberato da Eracle. 3. Rispondi Secondo Protagora, per vivere assieme, in società,  1. non bastano le competenze tecniche, ma servono  rispetto e giustizia. Come si misura, secondo  te, la giustizia? Viviamo in una società giusta? Che cosa accade quando l’uomo diviene partecipe  2. di una sorte divina? Come si trasforma il suo  modo di vivere? La pensi anche tu come Protagora, riguardo alla  3. dimensione comunitaria della vita umana, o credi  sia possibile vivere senza prendersi cura delle  relazioni sociali? Esprimi e argomenta la tua opinione.  >> pagina 151  ⇒ T2  Platone | L’arte maieutica Il è un dialogo platonico sul tema della conoscenza. Nel seguente brano  Teeteto Socrate illustra al giovane Teeteto, allievo del matematico Tolomeo di Cirene, la  sua teoria dell’arte maiuetica. , 149 a-151, trad. di M. Valgimigli, intr. e note di A.M. Ioffolo, Laterza, Roma-Bari, 1999, pp. 21-27 Teeteto – Oh, mio piacevole amico! e tu non  Socrate hai sentito dire che io sono figliuolo d’una  molto brava e vigorosa levatrice, di Fenàrete? – Questo sì, l’ho sentito dire. Teeteto – E che io esercito la stessa arte l’hai  Socrate sentito dire? – No, mai! Teeteto – Sappi dunque che è così. Tu però non  Socrate andarlo a dire agli altri. Non lo sanno, caro  amico, che io possiedo quest’arte; e, non sapendolo,  non dicono di me questo, bensì ch’io  sono il più stravagante degli uomini e che non  faccio che seminar dubbi. Anche questo l’avrai  sentito dire, è vero? – Sì. Teeteto – E vuoi che te ne dica la ragione? Socrate – Volentieri. Teeteto – Vedi di intendere bene che cosa è  Socrate questo mestiere della levatrice, e capirai più  facilmente che cosa voglio dire. Tu sai che nessuna  donna, finché sia ella in stato di concepire  e di generare, fa da levatrice alle altre donne;  ma quelle soltanto che generare non possono  più. – Sta bene. Teeteto – La causa di ciò dicono sia stata  Socrate Artèmide , che ebbe in sorte di presiedere ai  1 parti benché vergine. Ella dunque a donne sterili  non concedette di fare da levatrici, essendo  la natura umana troppo debole perché possa  chiunque acquistare un’arte di cui non abbia  avuto esperienza; ma assegnò questo ufficio a  quelle donne che per l’età loro non potevano  più generare, onorando in tal modo la somiglianza  che esse avevano con lei. – Naturale. Teeteto – E non è anche naturale e anzi necessario  Socrate che siano le levatrici a riconoscere meglio  d’ogni altro se una donna è incinta oppure no? – Certamente. Teeteto – E non sono le levatrici che, somministrando  Socrate farmaci e facendo incantesimi, possono  svegliare i dolori o renderli piú miti se  vogliono; e facilitare il parto a quelle che stentano; e anche far abortire, se credono di fare  abortire, quando il feto è ancora immaturo? – È vero. Teeteto – E non hai mai osservato di costoro  Socrate anche questo, che sono abilissime a combinar  matrimoni, esperte come sono a conoscere  quale uomo e quale donna si hanno da congiungere  insieme per generare i figliuoli migliori? – Non sapevo questo. Teeteto – E allora sappi che di questa lor arte  Socrate esse menano più vanto assai che del taglio  2 dell’ombelico. Pensa un poco: credi tu che sia  la medesima arte o siano due arti diverse il  raccogliere con ogni cura i frutti della terra, e  il riconoscere in quale terra qual pianta vada  piantata e qual seme seminato? – La medesima arte, credo. Teeteto – E quanto alla donna, credi tu che  Socrate altra sia l’arte del seminare e altra quella del  raccogliere? – No, non mi pare. Teeteto – Non è infatti. Se non che, a cagione  Socrate di quell’accoppiare, contro legge e contro  3 natura, uomo con donna, a cui si dà nome di  ruffianesimo , le levatrici, che badano alla loro  4 onorabilità, si astengono anche dal combinar  matrimoni onesti, per paura, facendo codesto,  di incorrere appunto in quell’accusa; mentre  soltanto alle levatrici vere e proprie si converrebbe,  io credo, combinar matrimoni come si  deve. – Mi pare. Teeteto – Questo dunque è l’ufficio delle levatrici,  Socrate ed è grande; ma pur minore di quello che  fo io. Difatti alle donne non accade di partorire  ora fantasmi e ora esseri reali, e che ciò sia  difficile a distinguere: ché se codesto accadesse,  grandissimo e bellissimo ufficio sarebbe per  le levatrici distinguere il vero e il non vero; non  ti pare? – Sì, mi pare. Teeteto – Ora, la mia arte di ostetrico, in tutto  Socrate il rimanente rassomiglia a quella delle le vatrici, ma ne differisce in questo, che opera  sugli uomini e non sulle donne, e provvede  alle anime partorienti e non ai corpi. E la più  grande capacità sua è ch’io riesco, per essa, a  discernere sicuramente se fantasma e menzogna  partorisce l’anima del giovane, oppure  se cosa vitale e reale. Poiché questo ho di comune  con le levatrici, che anch’io sono sterile...  di sapienza; e il biasimo che già tanti mi  hanno fatto, che interrogo sì gli altri, ma non  manifesto mai io stesso su nessuna questione  il mio pensiero, ignorante come sono, è verissimo  biasimo. E la ragione è appunto questa,  che il dio mi costringe a fare da ostetrico, ma  mi vietò di generare. Io sono dunque, in me,  tutt’altro che sapiente, né da me è venuta fuori  alcuna sapiente scoperta che sia generazione  del mio animo; quelli invece che amano stare  con me, se pur da principio appariscano, alcuni  di loro, del tutto ignoranti, tutti quanti poi,  seguitando a frequentare la mia compagnia, ne  ricavano, purché il dio glielo permetta, straordinario  profitto: come vedono essi medesimi  e gli altri. Ed è chiaro che da me non hanno  imparato nulla, bensì proprio e solo da se stessi  molte cose e belle hanno trovato e generato; ma d’averli aiutati a generare, questo sì, il merito  spetta al dio e a me. […]. Ora, quelli che si congiungono meco ,  5 anche in questo patiscono le stesse pene delle  donne partorienti: ché hanno le doglie, e giorno  e notte sono pieni di inquietudine assai più  delle donne. E la mia arte ha il potere appunto  di suscitare e al tempo stesso di calmare i loro  dolori. Così è dunque di costoro. Ce n’è poi altri,  o Teeteto, che non mi sembrano gravidi; e  allora codesti, conoscendo che di me non hanno  bisogno, mi do premura di collocarli altrove;  e, diciamo pure, con l’aiuto di dio , riesco  6 assai facilmente a trovare con chi possano congiungersi  e trovar giovamento. E così molti ne  maritai a Pròdico , e molti ad altri sapienti e  7 divini uomini. Ebbene, mio eccellente amico,  tutta questa storia io l’ho tirata in lungo proprio  per questo, perché ho il sospetto che tu, e  lo pensi tu stesso, sia gravido e abbia le doglie  del parto. E dunque affidati a me, che sono figliolo  di levatrice e ostetrico io stesso; e a quel  che ti domando vedi di rispondere nel miglior  modo che sai. Che se poi, esaminando le tue  risposte, io trovi che alcuna di esse è fantasma e  non verità, e te la strappo di dosso e te la butto  via, tu non sdegnarti meco come fanno per i  lor figliuoli le donne di primo parto. Già molti,  amico mio, hanno verso di me questo malanimo,  tanto che sono pronti addirittura a mordermi  se io cerco strappar loro di dosso qualche  scempiaggine ; e non pensano che per benevolenza  8 io faccio codesto, lontani come sono dal  sapere che nessun dio è malevolo ad uomini; né in verità per malevolenza io faccio mai cosa  simile, ma solo perché accettare il falso non mi  reputo lecito, né oscurare la verità. Dea greca della caccia, della vegetazione e  1. della fecondità, ha una particolare relazione  con la vita femminile, in particolare con la  verginità e la pudicizia. Si vantano, si gloriano. 2. A causa di. 3. Espressione dispregiativa con cui si indica  4. l’attività di chi, dietro compenso o per interesse  personale, facilita rapporti amorosi altrui. A me. 5. Il dio a cui Socrate si rivolge e a cui ispira  6. la sua condotta è Apollo. Prodico di Ceo (V-IV secolo a.C.), sofista  7. contemporaneo di Socrate. È evidente  da questo passo l’atteggiamento ironico di  Socrate nei suoi confronti e nei confronti  della sofistica in generale. Sciocchezza, stupidaggine. 8. Rispondi Quali sono le doti di una levatrice, secondo Socrate? 1. A che cosa allude Socrate quando si definisce sterile? 2. In che senso Socrate compara la sua arte a quella  3. di una ostetrica?  >> pagina 154  ⇒ T3  Senofonte | Amministrare la casa: la donna ape Nell’ viene riportato un dialogo intercorso tra il ricco proprietario  Economico terriero Iscomaco e la moglie. Quando la donna chiede al marito che cosa possa  fare per accrescere insieme a lui i beni della casa, Iscomaco così risponde. , VII, 10-41, intr., trad. e note di F. Roscalia, Rizzoli, Milano, 1991, pp. 125-136 Economico “Io penso che non sono cose di poco conto , a meno che l’ape che è a capo nell’alveare non sovrintenda a lavori di poco conto. Mi sembra che gli dèi, o moglie, dopo una lunga riflessione hanno formato questa coppia che si chiama femmina e maschio perché fosse più utile possibile a se stessa in vista della vita in comune. 1 […] Gli uomini, se vogliono avere qualche  cosa da introdurre al chiuso, hanno bisogno di  chi svolge le attività a cielo aperto. […] Poiché  questi due tipi di occupazioni, quelle che si  svolgono dentro e quelle che si svolgono fuori,  hanno bisogno di lavoro e di impegno, il dio  dispose subito, come mi sembra, la natura della  donna per i lavori e le incombenze di dentro,  quella dell’uomo per i lavori e le incombenze  di fuori. […] Sapendo che alla donna ordinò,  in base alle sue disposizioni naturali, di allevare  i neonati, le assegnò anche un amore per  i piccoli maggiore che al maschio. Poiché alla  donna ordinò pure di custodire i beni introdotti,  il dio, sapendo che per custodire non  è male che l’anima sia paurosa, assegnò alla  donna anche una parte di paura maggiore che  all’uomo. […] Visto che bisogna che tutti e  due diano e ricevano, dispensò in egual misura  a entrambi la memoria e l’impegno, in modo  che non saresti in grado di distinguere quale  dei due sessi, il maschile o il femminile, ne sia  più fornito. […] Visto che entrambi per natura  non sono volti alle stesse cose, essi hanno  ancora più bisogno l’uno dell’altro, e la coppia  è di fatto a se stessa più utile perché dove uno  non ci arriva, può l’altro. […] Tu dovrai rimanere  dentro casa e fare uscire tutti i servi che  hanno il lavoro fuori, sovrintendere invece su  quelli che hanno da lavorare dentro. Devi ricevere  quanto viene introdotto, distribuire quello  che si deve spendere, prevedere quello che si  deve avanzare, stando attenta che la spesa fissata  per un anno non si esaurisca nel giro di  un mese. E quando ti si introduce della lana, ti  devi impegnare perché abbiano i vestiti quelli  che ne hanno bisogno. Devi pure impegnarti  perché il grano essiccato resti commestibile. […] ti devi impegnare perché vengano curati  tutti quei servi che si ammalino. […] Ci  sono poi altre occupazioni che ti sono proprie,  o moglie, e piacevoli: quando, prendendo una  che non conosce l’arte del tessere, tu la renda  esperta ed essa ti venga a valere il doppio; quando prendendo presso di te una che non  conosce il mestiere della dispensiera e della  servitrice tu la renda esperta, fidata, capace di  servire e ti venga a valere molto; quando ti sia  possibile far del bene alle persone sagge e utili  alla tua casa e ti sia possibile punire chi invece  si mostri malvagio. Ma la cosa più piacevole di  tutte è se ti mostri migliore di me, mi renda tuo  servitore e non debba tu temere, con il passare  degli anni, di essere meno onorata nella casa.” Non sono cose di poca importanza capire come si organizza e si amministra una casa, il rapporto coniugale e il ruolo assegnato al maschio  1. e alla femmina rispetto alla gestione dell’ . oikos Nel 1972 a Los Angeles una vecchia casa abbandonata viene trasformata in uno spazio artistico per la libera espressione della creatività delle donne coinvolte, coordinate da Judy Chicago e Miriam Schapiro, due artiste femministe. Ogni ambiente della casa è riorganizzato e ripensato da un punto di vista femminista. Rispondi Come e in base a che cosa vengono disposte le diverse  1. occupazioni fra uomo e donna? In base a quali elementi la relazione coniugale  2. rappresentata in questo brano si può definire una  relazione basata su principi pedagogici? Quale visione del matrimonio emerge nel brano?  3. Su quali valori si fonda la coppia?  >> pagina 155  ⇒ T4  Isocrate | I principi della scuola di Isocrate In questa orazione Isocrate difende la sua scuola e ne espone i principi. Il quadro  dell’apologia è fittizio: si immagina che Lisimaco accusi Isocrate di corrompere la  gioventù e di arricchirsi vendendo la propria arte retorica. , 186-191, in G. Guidorizzi, cit., pp. 834-835 Antidosis […] vi esporrò il programma che presento a  chi vuole diventare mio allievo. Gli dico che  deve eccellere nell’eloquenza, nell’azione o  negli altri campi, in primo luogo deve avere  buone disposizioni naturali per l’attività che  ha scelto; poi che deve essere istruito e ricevere  le cognizioni relative a quella singola attività;  in terzo luogo che deve familiarizzarsi  ed esercitarsi al loro uso e alla loro pratica; per  questa via si diventa perfetti e molto superiori  agli altri in tutti i campi. In questo processo gli  uni e gli altri, i maestri e i discepoli, hanno un  compito particolare: gli uni di apportare nello  studio le doti naturali necessarie, gli altri di  saper istruire allievi così ben dotati; e un compito  comune: l’esercitazione pratica, perché gli  uni devono dirigere con cura gli allievi, gli altri  devono attenersi rigorosamente ai precetti. Questi sono gli avvertimenti che do per tutte  le discipline; ma se qualcuno, prescindendo dal  resto, mi domandasse quale di questi requisiti  ha la massima importanza per l’educazione  oratoria, risponderei che l’elemento impareggiabile  e di gran lunga superiore a tutti è la  disposizione naturale: chi ha uno spirito capace  di inventare, di apprendere, di studiare  e di ricordare, e una voce e una chiarezza di  direzione tali da persuadere l’uditorio non solo  con le parole ma con il loro armonico accordo  e inoltre quell’ardire, che non è segno di  imprudenza ma che, accompagnandosi alla  misura, dispone lo spirito a non avere minore  fiducia nel parlare davanti a tutti i cittadini che  meditando tra sé, chi non sa che un uomo di  tal genere, pur avendo ricevuto una educazione  non accurata, ma superficiale e comune a  tutti, diventerebbe un oratore come non so se  ve ne siano altri nell’Ellade ? D’altronde, e lo  1 sappiamo bene, anche coloro che hanno qualità  naturali inferiori a quelle dei precedenti, ma  eccellono negli esercizi di applicazione pratica,  riescono non solo a migliorare se stessi ma anche a superare chi, ben dotato naturalmente, si  è troppo trascurato. Quindi ognuno di questi due requisiti può  rendere abile a parlare e ad agire, e tutte e due  riuniti nella stessa persona possono farne un  oratore impareggiabile. È il territorio abitato da popoli di stirpe greca, o ellenica, dunque la Grecia. 1. Rispondi Quali sono i requisiti fondamentali per accedere al  1. sapere, secondo Isocrate? In che relazione stanno le qualità naturali e l’esercizio? 2. Quale importanza rivestono le disposizioni naturali  3. nel programma educativo di Isocrate?  >> pagina 156  ⇒ T5  Aristotele | Per il bene della comunità La presenza di una virtù al femminile è una necessità politico-sociale legata al  mantenimento del bene della comunità, il cui stato di salute dipende da quello delle  sue parti. , I, 13, 1260b 10-20, trad. di R. Laurenti, Laterza, Roma-Bari, 2002, p. 28 Politica Intorno a tali problemi ecco il nostro punto di  vista: riguardo poi al marito e alla moglie, ai figli  e al padre, alla virtù di ciascuno di essi e alle  loro reciproche relazioni, quale è giusta, quale  non è giusta, in che modo bisogna cercare il  bene e fuggire il male, è necessario esaminarlo  nei discorsi sulle forme di costituzione. Poiché,  siccome ogni famiglia è parte dello Stato e le  persone di cui si parla sono parte della famiglia  e siccome si deve considerare l’eccellenza della  parte in rapporto all’eccellenza del tutto, bisogna  educare figli e mogli tenendo d’occhio la  forma di costituzione, se è vero che ha importanza  per la perfezione dello stato che i ragaz zi e le donne siano moralmente perfetti. E, in  realtà, deve avere importanza perché le donne  sono la metà degli esseri liberi e dai ragazzi  vengono su quelli che parteciperanno alla vita  politica. Rispondi Che ruolo gioca l’educazione dei fanciulli e delle  1. donne nella vita della ? pólis Per Aristotele che cosa ha importanza per la perfezione  2. dello Stato? Perché, secondo Aristotele, bisogna educare «tenendo  3. d’occhio la forma di costituzione»?