6. L’Impero romano visto dalla periferia 6.1 LA PALESTINA E I ROMANI A partire dal 63 a.C. Roma estese il suo dominio alla Palestina, il territorio in cui vivevano gli ebrei. Inizialmente la politica romana in questa regione oscillò tra  dell’autorità, soluzione che contribuì ad acuire l’ di questa area del Vicino Oriente. Per i primi anni la tendenza dominante fu la . Successivamente Erode Ascalonita (73-4 a.C.), noto anche come , riuscì a portare ordine nel territorio ebraico e nel 37 a.C. ottenne dai romani il titolo di re. Alla sua morte, il territorio venne inizialmente spartito tra i suoi figli, per poi passare sotto il controllo diretto dei romani, che lo incorporarono alla di Siria (6 d.C.), affidandone il controllo a un loro governatore. esercizio diretto e indiretto instabilità frammentazione amministrativa Erode il Grande provincia Dal punto di vista socio-politico, dunque, le strutture dell’impero si sovrapposero, in modo non sempre armonico, alle strutture della . In cima alla c’era ovviamente l’imperatore, che regnava per mezzo di governatori (prima con il titolo di prefetti, poi di procuratori). L’ era divisa: da una parte la , che – come abbiamo appena detto – per alcuni decenni ressero la Palestina in qualità di principi, dall’altra i e l’ . Al loro seguito vi erano soldati, impiegati, esattori e dottori della legge che, insieme ai piccoli proprietari, costituivano una sorta di ed erano legati ai ceti superiori da un legame di lealtà. La era formata da affittuari e lavoratori a giornata, piccoli contadini, pescatori e artigiani. Infine molte persone ingrossavano la massa dei  : mendicanti, malati e banditi. società ebraica piramide sociale élite locale famiglia degli Erodi sommi sacerdoti aristocrazia del tempio di Gerusalemme ceto medio maggioranza della popolazione diseredati La Palestina nel I secolo d.C. 6.2 UNA PROVINCIA RIBELLE Il I secolo  d.C. fu attraversato da grandi tensioni  , alla cui origine vi erano diversi fattori:  sociali le carestie, le epidemie e le catastrofi  naturali, che avevano colpito la Palestina,  come altre regioni dell’impero. Ma due  aspetti erano particolarmente rilevanti. La . È bene precisare che l’agricoltura costituiva  1. concentrazione della terra la principale attività economica degli ebrei e che il loro sistema  tradizionale si fondava sul della terra. L’economia  possesso comunitario imperiale e il miglioramento delle vie di comunicazione apportato dai romani,  tuttavia, avevano reso possibile un decisivo incremento degli scambi  commerciali (i balsami, i cereali, l’olio e il pesce essiccato erano i principali  prodotti di esportazione) e incoraggiavano la crescita di . vaste proprietà I terreni più fertili e i commerci con l’estero erano in mano a grandi signori  per lo più assenteisti. I loro beni, dunque, venivano gestiti da piccoli  amministratori, per i quali si aprirono nuove possibilità di ,  ascesa sociale spesso fondate però sulla corruzione, lo sfruttamento e la violenza. La e il conseguente della popolazione. 2. pressione fiscale indebitamento Occorre sottolineare che le tasse di allora erano molto diverse da quelle che paghiamo oggi: attualmente le tasse sono inserite in un quadro di politica economica e, anche se a volte vengono ritenute inique, servono a garantire dei servizi fondamentali per tutta la popolazione. Nell’Impero romano, invece, le tasse erano , che arricchivano i potenti a danno dei più poveri. Gerd Theissen (teologo tedesco, n. 1943) elenca le principali tasse che doveva pagare il popolo di Israele: l’imposta fondiaria, la tassa , la tassa sulle vendite, quella per l’esercizio della professione, quella del sale, i dazi, le imposte militari e molte altre tasse ancora. Alcune di esse erano considerate particolarmente odiose e illegittime: le tasse fondiarie confliggevano con la , secondo la quale Dio è l’unico legittimo proprietario della  . La tassazione, inoltre, produceva debiti enormi, ai quali venivano applicati da usura: chi non poteva pagare il debito era costretto a rinunciare al proprio appezzamento di terra o veniva perfino ridotto in schiavitù. La pressione fiscale, l’indebitamento e la concentrazione della terra, perciò, si alimentavano a vicenda. tributi forzati ▶  pro capite teologia ebraica  della terra ▶  terra promessa tassi di interesse L’associazione “indebitamento-ingiustizia” affondava le sue radici nelle  . Un testo fondamentale in questo senso è il libro della Bibbia  Sacre Scritture intitolato , nel quale si racconta che Dio, per mezzo di Mosè,  Levitico stabilì che ogni cinquant’anni Israele dovesse celebrare un . anno giubilare Quest’anno speciale era caratterizzato da tre grandi eventi: la liberazione  , la e la alle  degli schiavi cancellazione dei debiti restituzione della terra famiglie che l’avevano perduta. Anche Gesù, un ebreo del I secolo, dovette essere particolarmente sensibile  alla piaga dell’indebitamento. Lo dimostra la petizione del Padre Nostro  «rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», che  descrive la remissione dei debiti come un’espressione della .  misericordia divina Per Gesù, quindi, il Padre “cancella i debiti”. Il sentimento di ingiustizia era condiviso anche da altri gruppi dissidenti, che  si erano diffusi già a partire dal II secolo a.C., e soprattutto dal movimento di resistenza  (cui appartenevano gli zeloti e altri gruppi). Per molti decenni,  armata esso perseguì l’obiettivo di una grande sollevazione contro i romani, facendo leva  sulla che proveniva dalla fede nell’unico Dio. legittimazione ideologica Su questo terreno crebbe il risentimento che portò allo scoppio della prima  (66-70 d.C., con episodi fino al 73), della seconda (115-117 d.C.) e della  terza guerra giudaica (132-135). Questi sanguinari eventi bellici furono tragici  per il popolo di Israele. Tra i fatti più sconvolgenti bisogna menzionare  la (70 d.C.), del quale fino a oggi  distruzione del tempio di Gerusalemme rimane solo il , e la degli ebrei sopravvissuti. Muro del pianto deportazione :  pro capite individuale,  letteralmente  “per ogni testa”. :  terra promessa per gli ebrei è  la Palestina,  promessa da Dio  ad Abramo nel  patto di alleanza. per immagini Il saccheggio del tempio di Gerusalemme Il rilievo scultoreo celebra la vittoria  romana su Gerusalemme e il  saccheggio del suo tempio, durante  la prima guerra giudaica (66-70  d.C.). Nel cuore della raffigurazione,  la Menorah – il candelabro a  sette bracci, che racchiude una  ricca simbologia religiosa – sancisce  il riconoscimento, da parte dei  romani, della centralità della fede nella cultura ebraica. Rilievo dell’Arco di Tito, I secolo d.C., Roma.  >> pagina 205  6.3 LA PEDAGOGIA EBRAICA DELLA TERRA Nel libro della si racconta  Genesi che Dio creò l’uomo e la donna traendoli dalla terra e infondendo in loro la vita con il suo soffio. Affidò loro il giardino dell’ , luogo di abbondanza e intimità, perché lo coltivassero e lo custodissero. Ma questa condizione di perfezione venne infranta dalla loro disobbedienza. L’ ne fu la conseguenza e configurò,  Eden esilio secondo Donatella Di Cesare (filosofa, n. 1956), un rapporto  con la terra che non è basato sull’ ma  appartenenza su una di fondo. Ricordare il giardino perduto,  estraneità infatti, significa riconoscere che, anche se si vive sulla terra,  è un altro il luogo della . La concezione di un rapporto  pienezza con la terra non incentrato sulla proprietà è presente  anche nell’ , il libro della Bibbia che contiene la narrazione  Esodo mitica della nascita di Israele come nazione e che la  descrive come liberazione dall’Egitto, paese in cui gli ebrei  vivevano in schiavitù. L’ingresso di Israele nella storia si  compie dunque attraverso l’uscita dall’Egitto e l’attraversamento  del deserto, in direzione della terra promessa, la terra  di Canaan, che più tardi si sarebbe chiamata Palestina. L’ingresso di Israele nella storia è dunque un’uscita, la sua fondazione  Questo singolare inizio genera ripercussioni importanti,  è un attraversamento. sia sulla percezione che il popolo di Israele ha di se stesso sia sulla  condizione degli stranieri presenti al suo interno. La , che costituisce la  ▶  Torah fonte principale del diritto ebraico, riserva infatti una particolare attenzione  allo straniero e prescrive i comportamenti da tenere nei suoi confronti. Nel  libro della Bibbia chiamato si legge: Deuteronomio Quando mieterai il campo e avrai dimenticato un covone, non tornerai indietro a raccoglierlo, rimarrà per lo straniero, l’orfano e la vedova, affinché ti benedica il Signore tuo Dio in ogni tua azione. Quando scuoterai il tuo ulivo, non tornare indietro a raccogliere le olive rimaste sull’albero, esse saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non tornare a racimolare il rimanente, sarà per lo straniero, l’orfano e la vedova. Ricorderai che fosti schiavo in terra d’Egitto e per ciò io ti comando di fare questo. La è associata a quella di altre persone, l’orfano  condizione dello straniero e la vedova. A tutti loro bisogna garantire accoglienza, cura e protezione, in  considerazione della loro situazione di e spesso di . vulnerabilità indigenza Dunque il rispetto per lo straniero non è solo una disposizione d’animo, ma è molto concreto e si estende al campo lavorativo. Il , infatti, comanda di pagare il salariato prima che finisca la giornata, mettendo sullo stesso piano il fratello e lo straniero. In altre parole, la memoria dell’esperienza vissuta in Egitto è all’origine della condanna di ogni sopruso e oppressione verso gli stranieri. E, viceversa, lo straniero ricorda all’ebreo, che l’ha  Deuteronomio dimenticato, il suo passato di straniero; gli ricorda che è venuto da altrove  e che per questo non può considerarsi del tutto del luogo. La stessa parola  ebraica per “straniero”, , appare paradossale perché, come sottolinea Di  gher Cesare, ha la stessa radice etimologica del verbo “abitare”, . La filosofa  ghur quindi traduce come “ ”, mettendo insieme due termini  gher straniero residente che sembrano escludersi a vicenda. La radice comune invece suggerisce  che così come l’abitante è pur sempre uno straniero, allo stesso modo lo  straniero è pur sempre un abitante. Più precisamente, secondo la studiosa, il  testimonia la possibilità di un “abitare altro”, che non poggia sul ,  gher possesso sull’ o sull’illusione di un affermazione di un’identità forte radicamento  . definitivo ed escludente L’emblema di questo “abitare altro” è la , protagonista del libro  ▶  moabita Rut che da lei prende il nome. Alle fondamenta di questo testo c’è una visione  pedagogica che considera Dio l’ della terra, e la unico proprietario terra  , proprio in quanto tale, non appropriabile. Come recita il ,  promessa Levitico «La terra non sarà alienata irrevocabilmente, perché è a me la terra, perché  voi non siete che stranieri e residenti temporanei presso di me».   Video – Gli ebrei e la diaspora :  Torah in ebraico  “istruzione”,  “insegnamento”,  “legge”, indica  l’insegnamento  trasmesso dai  genitori, dai  saggi o da Dio  stesso attraverso  i suoi profeti. È  contenuto nei  primi cinque libri  dei testi sacri  dell’ebraismo,  che nella  Bibbia cristiana  prendono il nome  di Pentateuco. :  moabita appartenente  all’antica antica  popolazione  dei moabiti.  Di religione  politeista, erano  stanziati lungo  le rive orientali  del Mar Morto,  sull’altopiano di  Moab. ⇒ |  T7 p. 215 La storia di Rut Marc Chagall (1887-1985), , illustrazione della Bibbia. Il passaggio del Mar Rosso cittadini responsabili Il sionismo e lo Stato d’Israele La corrente ideologica  e politica conosciuta  come “sionismo” è  sorta alla fine del XIX  secolo e si è costituita  ufficialmente con il  congresso di Basilea  del 1896. Il progetto da  cui prendeva le mosse  era la creazione di uno  Stato israeliano, in cui  potessero rifugiarsi gli  ebrei dispersi nel mondo  e vittime dell’antisemitismo.  I fondatori  presero in considerazione  diversi luoghi ma il  più noto tra loro, Theodor  Herzl (1860-1904), dopo aver pensato all’Argentina,  individuò la Palestina come sede dello  Stato di Israele. La frase “Una terra senza popolo  per un popolo senza terra” è stata spesso utilizzata  come slogan del sionismo, sebbene non si debba  al sionismo la sua prima formulazione. Lo slogan  si presta a interpretazioni diverse, a seconda che  si attribuisca alla parola “popolo” il significato  generico di “persone” oppure quello più specifico  di “nazione”. A ogni modo, queste sfumature  sono accomunate dal mancato riconoscimento degli  abitanti arabi della Palestina, che fino alla fine  dell’Ottocento vivevano pacificamente con gli ebrei  stanziati sullo stesso territorio. L’affermazione del  sionismo è associata ad alcune date significative. Nel 1917, con la Dichiarazione Balfour, il governo  Con l’appoggio dell’Inghilterra, che in seguito al  britannico si esprime a favore della costituzione  di un “focolare nazionale per il popolo  ebraico” in Palestina, purché non vengano lesi  i diritti delle comunità non ebraiche residenti. crollo dell’Impero ottomano si è affermata come  potenza coloniale della regione, il sionismo si  rafforza, si incrementa l’immigrazione e l’organizzazione  degli ebrei sul territorio. Nel 1947 l’Onu, a cui nel frattempo l’Inghilterra  ha demandato la gestione della regione, approva  un piano di spartizione della Palestina, la  Risoluzione 181, da cui hanno origine gli scontri  tra ebrei e palestinesi che hanno scatenato  la guerra del 1948. Questo conflitto ha avuto,  tra le sue tragiche conseguenze, l’espulsione di  oltre 750000 palestinesi dal neonato Stato di  Israele. Nel 1967, con la Guerra dei sei giorni, Israele si  trasforma effettivamente in una forza occupante,  estendendo i suoi confini e promuovendo nelle  nuove terre il radicamento della popolazione e  della cultura ebraiche. Oggi la popolazione palestinese vive in Cisgiordania,  isolata dal muro di separazione costruito  da Israele a partire dal 2002, e nella Striscia di  Gaza, una delle aree a più alta densità abitativa  del mondo. I confini del territorio palestinese e del territorio israeliano del 1947 a oggi. SONO COMPETENTE  Intervista a un personaggio Nel suo Sfida al patriarcato. Lettura femminista  , la missionaria e biblista Tea  del Libro di Rut Frigerio ipotizza che Il libro di Rut | ▶  T1 Il libro  , p. 215 sia stato scritto da una donna, dotata  di Rut | di saggezza e senso dell’umorismo, e immagina di  intervistare Rut. L’espediente dell’intervista scelto da Tea Frigerio si  rivela molto utile per analizzare e comprendere un  testo scritto in un periodo storico e una cultura distanti  dalle proprie. Permette, infatti, di collocarlo  nel suo contesto, illuminando aspetti della realtà sociale,  valori, consuetudini che per i destinatari contemporanei  dell’opera dovevano essere ovvi, ma per  lettori di altre epoche possono risultare oscuri o addirittura  possono produrre interpretazioni sbagliate. Cimentati anche tu nell’uso di questo strumento. Individua  un personaggio di un libro che hai letto e ti è  piaciuto e prova a intervistarlo. Prima redigi le domande  e in seguito elabora le risposte a partire dagli  indizi che il libro offre. In questo modo potrai cogliere  molti particolari e approfondire informazioni che  sfuggono a una lettura più superficiale.  >> pagina 208  esperienze   attive I migranti Scegli un articolo (da Internet o da un giornale) sul tema delle migrazioni. Sottolinea le frasi e  le espressioni associate ai migranti. Quindi fai una riflessione: quale immagine degli stranieri viene trasmessa? Quali comportamenti vengono incoraggiati nei loro riguardi? Quali sono le differenze rispetto al comportamento  prescritto dai testi sacri dell’ebraismo? per lo studio Quali sono i principali problemi sociali che emergono nella terra di Palestina durante il I secolo d.C.? 1. Quale personaggio biblico incarna la condizione di straniero-residente espressa dalla pedagogia ebraica  2. della terra?     Per discutere INSIEME “Ebreo”, “giudeo”, “israelita”, “israeliano”, “sionista”, “semita”  sono sinonimi o hanno significato diversi? Fai una ricerca e poi discutine in classe con i tuoi compagni.