PAROLA D’ AUTORE ⇒ T1  Steven Pinker | Il linguaggio come istinto Nel brano che segue Steven Pinker, scienziato cognitivo canadese e professore di  Psicologia presso l’università di Harvard, definisce il linguaggio un “istinto” tipico  della specie umana che non ha bisogno di venire assimilato dall’esterno o  appreso, ma che si sviluppa spontaneamente nel bambino. (1994), Mondadori, Milano 1997, pp. 10-11 L’istinto del linguaggio. Come la mente crea il linguaggio Il linguaggio non è un artefatto culturale che  impariamo così come impariamo a leggere  l’ora o a capire come funziona il governo federale.  Il linguaggio è invece un pezzo a sé del  corredo biologico del nostro cervello. Il linguaggio  è una abilità complessa e specializzata,  che si sviluppa spontaneamente nel bambino  senza sforzo conscio o istruzione formale, che  viene usato senza la coscienza della sua struttura  logica, che è qualitativamente lo stesso  in ogni individuo e che è distinto da capacità  più generali come l’elaborare informazioni  o il comportarsi in modo intelligente. Ecco  perché alcuni studiosi di cognitivismo hanno  definito il linguaggio come una facoltà psicologica,  un organo mentale, un sistema neuronale  e un modulo computazionale. Ma io  preferisco usare il termine «istinto», anche se  un po’ antiquato. Suggerisce l’idea che l’uomo  sa parlare più o meno nello stesso senso in cui  il ragno sa tessere la sua tela. La ragnatela non  è stata inventata da uno sconosciuto aracnide  geniale e non dipende dall’educazione ricevuta  o da un’attitudine all’architettura e alla  costruzione. In realtà il ragno tesse ragnatele  perché ha un cervello da ragno, che gli fornisce  la spinta a tessere e la competenza per  farlo. […] Il linguaggio non è un’invenzione culturale  più di quanto lo sia la posizione eretta. Non  è una manifestazione di una capacità generale  di usare i simboli: un bambino di tre anni,  come vedremo, è un genio grammaticale, ma  non è affatto competente nelle arti visive,  nell’iconografia religiosa, nei segnali del traffico  e negli altri tipici ingredienti del curriculum  semiotico. Anche se il linguaggio è una  capacità meravigliosa, propria solo dell’ Homo  tra le specie viventi, questo non giustifica  sapiens che lo studio degli esseri umani debba  essere separato dalla biologia, perché una capacità  meravigliosa propria solo di una specie  non è una cosa unica nell’universo. […] La complessità del linguaggio, dal punto di vista  scientifico, è parte di quello che ci spetta  di diritto dalla nascita; non è qualcosa che i  genitori insegnano ai figli o qualcosa che deve  essere assimilato a scuola […]. L’implicita  conoscenza della grammatica che un bambino  possiede in età prescolare è più sofisticata  del più denso manuale di stilistica o del più  aggiornato linguaggio di programmazione  per computer, e questo vale per tutti gli esseri  umani, anche i famigerati campioni sportivi  che storpiano la sintassi. Rispondi Per quale motivo l’autore utilizza il termine  1. “istinto” per descrivere il linguaggio? Perché la conoscenza della grammatica di una  2. bambino in età prescolare è definita “implicita”?  >> pagina 129  ⇒ T2  La Scuola di Palo Alto | La pragmatica della comunicazione Il seguente brano, tratto dalla degli studiosi della  Pragmatica della comunicazione Scuola di Palo Alto, introduce il tema della pragmatica della comunicazione a partire  da due esempi molto particolari che mostrano come sia quasi sempre il contesto  a determinare il senso dell’atto comunicativo e a permetterci di comprenderlo. (1967), Astrolabio Ubaldini, Roma 1971, pp. 13-16 La pragmatica della comunicazione umana Si considerino le seguenti situazioni: In una zona del Canada del Nord il numero  delle volpi aumenta e diminuisce con una periodicità  degna di attenzione. La popolazione  raggiunge la punta massima in un ciclo di  quattro anni, poi declina fino quasi all’estinzione,  e infine ricomincia a risalire. Se il biologo  si limitasse ad osservare le volpi, questi  cicli resterebbero inspiegabili, perché non c’è  nulla che spieghi tali cambiamenti né nella  natura della volpe né in quella di tutta la specie. Tuttavia una volta che ci siamo resi conto  che le volpi cacciano esclusivamente i conigli  selvatici e che questi conigli non hanno quasi  nessun altro nemico naturale, tale rapporto  tra le due specie ci dà una spiegazione soddisfacente  per un fenomeno che altrimenti  sarebbe misterioso. Si potrà allora osservare  che il ciclo dei conigli è identico ma opposto,  cioè che essi aumentano di numero quando  diminuiscono le volpi e viceversa: infatti,  quanto più numerose sono le volpi tanto più  numerosi sono i conigli che esse uccidono,  finché il cibo diventa assai scarso. Allora diminuiscono  di numero e danno ai conigli sopravvissuti  la possibilità di moltiplicarsi e di  crescere con rinnovato vigore nell’assenza di  fatto del loro nemico, le volpi. Tutti questi  nuovi conigli creano una situazione favorevole  per le volpi che possono sopravvivere e  riprodursi, ecc. Un uomo è colto da un improvviso malore e viene prontamente trasportato in ospedale. Il medico che lo visita riscontra stato di incoscienza, pressione del sangue estremamente bassa e in genere il quadro clinico di una intossicazione acuta da alcool o stupefacenti. Ma le analisi non rilevano nessuna traccia di tali sostanze. La condizione del paziente resta inspiegabile finché non riprende conoscenza e spiega di essere un ingegnere minerario, di aver lavorato per due anni in una miniera di rame sulle Ande a quasi 4000 metri di altezza e di esserne appena ritornato. Ora è chiaro che la condizione del paziente non è una malattia ma il problema di adattamento di un organismo clinicamente sano a un drastico cambiamento di ambiente. Nel giardino di una casa di campagna un vecchio  signore con tanto di barba striscia accoccolato  per il prato tracciando degli otto mentre  continua a guardarsi indietro e a fare ininterrottamente  qua-qua. È la descrizione che l’etologo  Konrad Lorenz ci dà del proprio comportamento  durante uno dei suoi memorabili  esperimenti con gli anatroccoli (nella fattispecie,  si era sostituito alla loro madre). L’erba alta nascondeva gli anatroccoli e quello  che vedevano i turisti era del tutto inspiegabile,  un comportamento veramente folle. Questi esempi apparentemente così slegati  hanno invece un denominatore comune: un  fenomeno resta inspiegabile finché il campo  di osservazione non è abbastanza ampio da  includere il contesto in cui il fenomeno si verifica. Se l’osservatore non si rende conto del  viluppo di relazioni tra un evento e la matrice  in cui esso si verifica, tra un organismo e il suo  ambiente, o è posto di fronte a qualcosa di misterioso  oppure è indotto ad attribuire al suo  oggetto di studio certe proprietà che l’oggetto  può non avere. […] Chi studia il comportamento umano passa  allora dall’analisi deduttiva della mente all’analisi  delle manifestazioni osservabili nella  relazione, il veicolo di tali manifestazioni è la  comunicazione. A nostro parere, lo studio della comunicazione  umana si può dividere in tre settori: quello della  sintassi, quello della semantica e quello della  pragmatica. Se si applica il primo di questi tre  settori alla struttura della comunicazione esso  copre tutto quel gruppo di problemi relativi  alla trasmissione dell’informazione. Va da  sé che questo primo settore è di competenza  esclusiva del teorico dell’informazione. L’interesse  primario della semantica è il significato,  lo scambio effettivo di informazioni presuppone  una convenzione semantica. C’è da aggiungere  infine che la comunicazione influenza il  comportamento ed è questo l’aspetto che noi  definiamo pragmatico. Vogliamo precisare che non limitiamo il nostro  interesse all’effetto della comunicazione sul ricevitore  ma ci occupiamo anche dell’effetto che  la reazione del ricevitore ha sul trasmettitore  poiché riteniamo che i due effetti siano inscindibili.  Questo modo di accostarsi ai fenomeni  del comportamento umano si basa sulle manifestazioni  che si possono osservare in ogni  relazione nel senso più esteso del termine. Konrad Lorenz. Rispondi Quale elemento risulta di fondamentale importanza  1. per comprendere i due esempi citati? Quali sono, secondo gli autori, i tre ambiti di studio  2. della comunicazione e di che cosa si devono  occupare? Perché la pragmatica della comunicazione si occupa  3. dell’effetto della comunicazione non solo sul  destinatario ma anche sul trasmettitore?