2. I contributi della e del neocomportamentismo Gestalt Nel 1911, negli Stati Uniti, Thorndike aveva pubblicato il testo .  Animal Intelligence Sei anni dopo, nel 1917, Wolfgang Köhler, un importante esponente  della psicologia della , chiamata anche “psicologia della forma”  Gestalt , p. 24 , documentava l’esito di alcuni importanti esperimenti che  | ▶  UNITÀ 1 | avrebbero introdotto elementi di novità nella riflessione sull’apprendimento. 2.1 LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT Come abbiamo visto, la base teorica  della psicologia della , una delle teorie più importanti e innovative  Gestalt degli inizi del Novecento, era l’approccio olistico ai fenomeni psichici,  secondo il famoso assioma «il tutto è diverso dalla somma delle sue parti». Per i gestaltisti, infatti, un come la non  sistema complesso mente umana poteva essere compreso a partire dalle sue capacità più elementari. Al contrario,  erano queste che dipendevano da principi di organizzazione superiore,  che ne condizionavano il funzionamento. A differenza dei comportamentisti,  gli studiosi della erano fermamente convinti che fosse necessario  Gestalt comprendere i e non soltanto i processi psichici legami tra causa ed effetto  . del comportamento Köhler e l’apprendimento per insight Durante la Prima guerra mondiale  Wolfgang Köhler condusse nell’isola di Tenerife una serie di esperimenti  | ▶  L’AUTORE | con alcuni scimpanzé. I test erano molto simili a quello di Thorndike:  l’animale, chiuso in una gabbia, doveva raggiungere del cibo che si trovava  al di fuori della sua portata. In questo caso l’animale non doveva uscire  per sfamarsi: gli si fornivano degli oggetti che potessero fungere da  strumento per portare il cibo vicino alla gabbia e si osservava il  comportamento della scimmia. Sultano, la più intelligente tra le  scimmie coinvolte negli esperimenti, aveva a disposizione due  canne di bambù, di diversa circonferenza. La lunghezza di  ognuna non era sufficiente a raggiungere i frutti posti  dagli esaminatori lontani dalla gabbia. Lo scimpanzé  provò inizialmente a prendere il cibo prima con  un bastone, poi con l’altro, cercando di sporgersi  il più possibile oltre le sbarre. In seguito, fece  quello che Köhler definì un “ ”:  errore positivo cercò di raggiungere il cibo spingendo una canna con l’altra.  Il tentativo ovviamente fallì, ma per la prima volta Sultano  riuscì a stabilire un contatto fra lui e le banane. Dopo una  serie di fallimenti, Sultano abbandonò per alcuni minuti il compito e iniziò  a manipolare distrattamente gli oggetti a sua disposizione: improvvisamente  incastrò le due canne di bambù una dentro l’altra e, avendo così a disposizione  un bastone più lungo, riuscì ad attirare a sé tutti i frutti. Anche in seguito ad alcune azioni di disturbo messe in atto dai ricercatori,  come separare i due bastoni, l’animale riusciva ormai a incastrarli e a  recuperare il cibo lontano dalla sua portata. Köhler osservò inoltre che lo  scimpanzé, una volta terminati i frutti, continuò ad attirare verso di sé alcuni  oggetti poco significativi, suggerendo che la soluzione del rompicapo gli  aveva procurato , al di là della possibilità di sfamarsi. Potremmo  soddisfazione dire, in termini comportamentisti, che l’apprendimento della risposta  corretta sia un rinforzo di per sé. Lo psicologo tedesco utilizzò questo e altri esperimenti simili per dimostrare  che l’apprendimento non è il frutto casuale di tentativi ed errori di risoluzione  di un compito (come riteneva invece Thorndike): essi possono costituire un  , che però trova poi soluzione nel momento in primo approccio al problema cui il soggetto riesce a individuare una . Lo studioso,  nuova visione produttiva infatti, notò come in una prima fase gli animali compivano una serie di prove  ed errori per raggiungere le banane, ma poi, , giungevano  improvvisamente alla soluzione grazie a un che lui stesso denominò ,  processo di pensiero insight che in italiano può essere tradotto con “intuizione”, “illuminazione”. Dal momento che la scimmia non vede più le due canne di bambù come  oggetti inutili, ma come strumenti efficaci per raggiungere il cibo, non c’è più  necessità di ulteriori tentativi per fissare l’apprendimento di quella risposta:  essa, infatti, ha avuto accesso a una grazie a questa intuizione nuova rappresentazione  nella quale gli elementi che la compongono  della situazione assumono un . nuovo valore L’esperimento sullo scimpanzé Sultano fu una dimostrazione, secondo i  gestaltisti, che la capacità di risolvere un problema non dipende esclusivamente  dall’intelligenza dell’individuo o della sua specie di appartenenza,  purché il soggetto possieda tutti gli elementi a disposizione per riorganizzarne  la rappresentazione. ⇒ |  T3 L’intelligenza delle scimmie antropoidi p. 223 Dopo aver osservato e manipolato le canne di bambù a disposizione lo scimpanzé Sultano intuisce improvvisamente che può incastrarli per ottenere un bastone più lungo.   Wolfgang Köhler l’autore Wolfgang Köhler nasce nel 1887 a Reval, in Estonia. Studia filosofia e psicologia all'università di Tubinga e Bonn, per poi trasferirsi a Berlino, dove ottiene il dottorato di ricerca e collabora con Max Wertheimer. Dal 1913 al 1920 si trasferisce a Tenerife per studiare il comportamento dei primati (in particolare scimpanzé) nella Stazione per la ricerca sugli antropoidi. Grazie a queste osservazioni elabora il concetto di e approfondisce lo studio della risoluzione dei problemi da parte del soggetto, al centro delle indagini della psicologia della . Insight Gestalt Al suo ritorno a Berlino diventa direttore dell'Istituto di psicologia sperimentale e professore di Psicologia fino a quando, nel 1934, è costretto a fuggire dalla Germania dopo aver contestato le leggi razziali del nazismo. Si trasferisce negli Usa, dove diviene presidente dell'American Psychological Association. Muore nel 1967 a Enfield, nel New Hampshire. nasce a Reval, Estonia 1887 studia a Tenerife il comportamento dei primati 1913 direttore dell'Istituto di psicologia sperimentale di Berlino 1920 si trasferisce negli Usa 1934 muore a Enfield 1967  >> pagina 206  Wertheimer e l’apprendimento intelligente Grazie ai risultati di questi  e altri esperimenti, nel 1945 uscì postumo il saggio dello studioso Max  Wertheimer , p. 167 intitolato , intendendo  | ▶  L’AUTORE | Il pensiero produttivo con ciò la capacità della mente umana di utilizzare il pensiero in maniera  non puramente meccanica. Il suo scopo era diffondere nel mondo dell’istruzione  il concetto di , per introdurre nuove metodologie  apprendimento intelligente che non fossero l’esercizio mnemonico o la ripetizione meccanica  di nozioni e procedure di calcolo e per insegnare agli studenti a utilizzare in  modo flessibile le proprie rappresentazioni mentali di una situazione, anziché  offrire modelli già pronti da imparare. Un aspetto importante era la : egli doveva introdurre  trasparenza del docente un argomento mostrandone tutte le sfaccettature, rendendo noti anche i trucchi  e gli espedienti utilizzati dagli esperti in materia. Il ruolo del docente era quindi  ben diverso da quello della teoria dell’apprendimento comportamentista. Secondo Skinner, l’insegnante doveva essere chiaro soprattutto nell’ utilizzo  dati in base al tipo di risposta dello studente e nel  di rinforzi positivi suddividere il compito di apprendimento in passaggi utili al conseguimento  dell’obiettivo. In quest’ottica si poteva impostare una strategia corretta che  potesse successivamente essere ripetuta indipendentemente dalla presenza  fisica di un docente. Wertheimer, invece, proponeva di interagire molto con lo studente, di mostrargli  più rappresentazioni possibili di ogni argomento e di considerarlo  sempre in grado di produrre . soluzioni creative e complesse I punti fondamentali della Gestalt La prospettiva della , prendendo  Gestalt in considerazione fenomeni diversi da quelli esaminati dal comportamentismo,  fornisce pertanto spiegazioni alternative dei meccanismi di apprendimento. I punti fondamentali di questa teoria sono: la : la mente umana è complessa  totalità è diversa dalla somma delle sue parti e il suo funzionamento non può essere compreso analizzando separatamente  i processi psichici più elementari; l’ non è un processo meccanico di acquisizione della risposta  apprendimento corretta che segue una serie di tentativi errati, ma piuttosto la ricerca  . Tale ricerca termina quando è stata  attiva della soluzione a un problema trovata una nuova rappresentazione più efficace per raggiungere l’obiettivo  finale, cioè quando c’è stato un , un’intuizione che ha improvvisamente  insight cambiato il peso dato ad alcuni elementi del problema mostrandone  una nuova funzione; l’ è molto più quando colui che apprende è trattato  insegnamento efficace come un individuo in grado di fornire risposte molto complesse se messo  nelle condizioni adeguate per farlo. È dunque compito di chi insegna presentare  la situazione di apprendimento come un problema che mobiliti gli  sforzi a , dopo aver fornito le informazioni  individuare soluzioni possibili e le strategie necessarie.  >> pagina 207  2.2 IL NEOCOMPORTAMENTISMO Tra gli anni Trenta e Cinquanta si  diffuse negli Stati Uniti la corrente di pensiero chiamata ,  neocomportamentismo di cui Edward Chace (1886-1959) fu uno dei principali  Tolman esponenti. Egli comprese che il era insufficiente per spiegare l’apprendimento  riflesso condizionato e che il modello comportamentista stimolo-risposta-   rinforzo non forniva spiegazioni esaustive dei processi di apprendimento. Secondo  Tolman, infatti, vi sono che influenzano il comportamento: altre due variabili la , definita a partire dai bisogni primari, come la fame, o da  motivazione spinte istintive, come la fuga di fronte al pericolo. È indispensabile perché  il soggetto apprenda e fornisca una risposta ottimale al compito; la , aspetto osservabile del comportamento dell’animale che  cognizione tenta diverse strategie per risolvere un problema. I vari tentativi finalizzati  al raggiungimento di un obiettivo non sono semplicemente degli errori,  ma sono esperienze che contribuiscono a produrre una nuova visione del  e che ne facilitano la risoluzione. problema Tolman era convinto che l’ consistesse proprio nella apprendimento riorganizzazione  per il raggiungimento di  degli stimoli di una data situazione un determinato scopo. L’apprendimento latente Questi concetti innovativi furono introdotti grazie  a fondamentali. due esperimenti Nel primo esperimento avevano come obiettivo  tre diversi gruppi di topi l’ . A ognuno dei tre gruppi venne fornito un uscita da un labirinto differente  : il primo gruppo quando giungeva alla meta non  programma di rinforzo trovava mai del cibo e perciò non riceveva alcun rinforzo; i topi del secondo  gruppo ogni volta che arrivavano al traguardo trovavano del cibo (rinforzo);  il terzo gruppo veniva rinforzato, però solo a partire dall’undicesimo giorno della prova. I topi del primo gruppo non migliorarono molto la loro prestazione ripetendo  le prove: il compito mancava di una reale motivazione per l’animale. Il secondo gruppo mostrò un rapido apprendimento, in accordo con tutte  le ricerche comportamentiste classiche. Il risultato più sorprendente, però, fu quello del terzo gruppo, che aveva ricevuto rinforzi solo a partire dall’undicesimo giorno: prima di ottenere la ricompensa i risultati erano simili a quelli del primo gruppo, mentre dopo il rinforzo tutti i topi del terzo gruppo raggiunsero prestazioni simili a quelli del secondo gruppo, che erano stati costantemente rinforzati. Grazie ai risultati di tale esperimento Tolman elaborò il concetto di . Secondo lo studioso, tutti i topi apprendevano la struttura del labirinto con la semplice attività di , ma ciò che aumentava la probabilità di fornire la risposta attesa dallo sperimentatore, cioè individuare la via d’uscita, era la presenza di una .  apprendimento  latente esplorazione spontanea meta appetibile come il cibo Quando l’obiettivo era il cibo e non un anonimo punto del labirinto, anche i topi che sembravano non aver appreso i percorsi del labirinto riuscivano a orientarsi rapidamente. Questo vuol dire che essi avevano appreso, ma non producevano la risposta corretta poiché non motivati a farlo: ciò dimostrava che l’equivalenza stabilita dai primi comportamentisti prestazione e raggiungimento  dell’obiettivo = apprendimento era errata, poiché essi sono in realtà fenomeni collegati ma distinti. La prestazione, infatti, non è sempre un indice attendibile della bontà dell’apprendimento, che può avvenire anche senza rinforzo. La ricompensa è un ottimo incoraggiamento per produrre la risposta che lo sperimentatore si aspetta dalle sue cavie, ma in questo modo stimola solo la prestazione e non l’apprendimento, che avviene in ogni caso. Esiste quindi un , che rimane cioè nascosto e inespresso fino a quando il soggetto non è motivato a produrre la prestazione a esso collegata. apprendimento latente Molto spesso le persone si dichiarano incapaci di affrontare un compito,  come per esempio cucinare un piatto di pasta. In realtà esse non sono veramente  incapaci di farlo quanto piuttosto non hanno una reale motivazione a  svolgere questo compito (forse c’è qualcun altro che lo fa per loro). Se tuttavia  mettessimo tali individui in una situazione sperimentale senza via d’uscita,  affamati e con la pasta cruda di fronte a loro, potete star certi che troverebbero  senz’altro il modo di cucinarla avendo trovato la giusta motivazione. Grafico che riproduce i tentativi di uscita del labirinto da parte dei tre gruppi di topi e da cui risulta evidente l’apprendimento da parte dei gruppi che hanno ricevuto il rinforzo.  >> pagina 209  L’apprendimento intenzionale Il secondo esperimento di Tolman prevedeva  che un gruppo di topi fosse addestrato a percorrere un labirinto fino a  un traguardo, raggiungibile con . Uno di questi era più  tre differenti percorsi breve e, dopo alcune sessioni di addestramento, era proprio questo a essere  seguito dalla maggior parte dei roditori per raggiungere il cibo (nell’immagine,  il percorso 1). Dopo alcune prove, gli sperimentatori bloccavano  le vie di accesso a questo percorso: i topi si mostrarono comunque in grado  di raggiungere la meta sfruttando gli altri due percorsi che avevano precedentemente  imparato, e trovavano comunque la soluzione anche quando  veniva bloccato il secondo percorso utile. Questo dimostrava che le cavie  non avevano semplicemente appreso una serie di risposte condizionate in  rigida sequenza per raggiungere un rinforzo, ma erano invece in grado di  . Ciò significa che essi  cambiare flessibilmente il proprio comportamento utilizzavano una , cioè una ▶  mappa cognitiva rappresentazione mentale del  , appresa durante le prove e ben più vasta del singolo  problema da affrontare percorso ricompensato con il cibo. Quando il topo trovava il percorso abituale  sbarrato, riusciva a trovare immediatamente una nuova strada tramite  un . Questo fa sì che la soluzione possa essere raggiunta scegliendo fra  insight le alternative al momento più vantaggiose, anche quando non sono state mai  applicate e ricompensate da un rinforzo positivo. Come abbiamo visto, gli esperimenti di Tolman erano molto simili a  quelli di altri studiosi comportamentisti, e si basavano sulla registrazione  precisa dei dati fisiologici dell’animale e dei tempi di esecuzione delle  prove. Egli, però, integrando la teoria dell’apprendimento con concetti  della teoria della come l’ , iniziava a elaborare un Gestalt insight modello di  che per i comportamentisti era stata  funzionamento della mente umana considerata inaccessibile alla verifica sperimentale. Tolman giunse infatti  alla conclusione che esiste un , legato alla  apprendimento intenzionale consapevolezza di una meta da raggiungere. Esso differisce sia dall’apprendimento  di riflessi condizionati di Pavlov e Watson, sia dall’apprendimento  di risposte operanti di Thorndike e Skinner, poiché Tolman pone  l’attenzione sull’ , aprendo così la strada a  attività psichica del soggetto molti studi successivi. : rappresentazione mentale di un ambiente fisico o di un compito da risolvere, tramite la quale il soggetto è in grado di ipotizzare possibili azioni e soluzioni. mappa cognitiva I topi, addestrati a compiere tutti e tre i percorsi, utilizzavano il percorso più breve fino a quando non veniva bloccato e riuscivano a trovare subito una strada alternativa. per lo studio Che cos'è l' ? 1. insight Che cosa intende Tolman con apprendimento latente? 2. Perché l'esistenza dell'apprendimento latente mette in crisi il modello comportamentista operante di Skinner? 3.     Per discutere INSIEME Vi sarà certamente capitato di effettuare, dopo il suono ripetuto delle campanelle, una prova di evacuazione. Come mai si fanno queste esercitazioni? Lo scopo è piuttosto chiaro, ciascuno studente deve avere nella mente una mappa cognitiva che lo aiuti a organizzare tutti i suoi spostamenti nel caso in cui un evento improvviso turbasse la quotidianità scolastica. Se ogni alunno possiede una mappa di questo genere è presumibile che l'incendio o un altro evento traumatico produca danni limitati; al contrario senza mappa tutti correrebbero all'impazzata e in modo disordinato per salvarsi ostacolandosi l'uno con l'altro. Grazie alla prova di evacuazione gli studenti hanno la possibilità di appropriarsi di un apprendimento latente sotto forma di mappa cognitiva, da utilizzare nel momento del bisogno. Provate a ricostruire una mappa con indicato il percorso corretto per evacuare la scuola qualora fosse necessario.