LA GUERRA DI TROIA 1. , il più antico dei poemi omerici, trae il nome da  , altra denominazione della città di  , fulcro della lunga guerra che secondo il mito avrebbe visto scontrarsi Greci e Troiani. Nel II millennio a.C., epoca nella quale si svolsero le vicende cantate da Omero, Troia doveva la sua importanza alla   sulla costa dell’Asia Minore, che le garantiva il controllo dell’ , corrispondente all’odierno stretto dei Dardanelli. L’Iliade Ilio Troia posizione strategica Ellesponto Il mitico   stretto dai Greci sarebbe durato  , dal 1194 al 1184 a.C. Il poema – composto in esametri (il verso tradizionale dell’epica classica) e suddiviso in ventiquattro libri (o canti), per un totale di circa 16 000 versi – in realtà tratta delle vicende che si svolsero in un periodo circoscritto della guerra, precisamente durante i   del conflitto che vanno dalla pestilenza scoppiata nel campo greco ai funerali di Ettore, il più valoroso dei guerrieri troiani. assedio dieci anni cinquantuno giorni del decimo anno GLI ANTEFATTI 2. A portare le armate greche lontano dalla patria, secondo la tradizione, fu un : ricondurre in patria la bellissima , moglie di , re di Sparta, fuggita a Troia insieme a , figlio del re di Troia, Priamo. motivo passionale Elena Menelao Paride Alessandro La colpa di Paride era duplice: oltre ad aver compiuto il rapimento, aveva violato le leggi dell’ospitalità, approfittando della permanenza presso la reggia di Menelao a  Sparta per sedurne la moglie. Il rapimento di Elena L’antefatto, però, risale ancora più indietro nel tempo rispetto al rapimento di Elena, cioè alle : la dea Eris (che in greco significa “discordia”), non invitata al banchetto nuziale a causa del suo carattere litigioso, decise di vendicarsi gettando nel bel mezzo dei festeggiamenti una mela d’oro (il famoso “pomo della discordia”) recante la scritta «Alla dea più bella». nozze di Peleo e Teti La questione aperta suscitò un’aspra contesa soprattutto tra , e , ciascuna convinta di avere diritto al titolo. Evidentemente imbarazzati, gli dèi decisero di rivolgersi a un mortale, , che venne scelto come giudice in quella che si configurava come un’autentica . Atena Era Afrodite Paride gara di bellezza Figlio di Priamo ed Ecuba, Paride era stato abbandonato dai genitori alla nascita, perché la madre aveva sognato di partorire una fiamma che avrebbe incendiato Troia. Benché l’oracolo, interrogato sul significato del sogno, avesse ordinato ai genitori di uccidere il nascituro, portatore di rovina per la città, essi non ne avevano avuto il coraggio e Paride, messo in salvo, era cresciuto come un pastore sul monte Ida. La gara di bellezza Per guadagnarsi il favore del giovane, Atena gli offrì la sapienza, Era il potere, Afrodite l’amore della donna più bella del mondo. La cadde sul dono promesso da , che lo aiutò a rapire Elena facendo in modo che si innamorasse a prima vista di lui e lo seguisse volontariamente a Troia. scelta di Paride Afrodite Le   non tardarono a manifestarsi:   ed  , ferite nel loro orgoglio femminile, giurarono odio ai Troiani, mentre  , insieme al fratello Agamennone e agli altri sovrani greci (Achille, Odisseo, Diomede, Nestore, Aiace…), organizzò una   per riprendere con sé Elena e vendicare l’offesa ricevuta. conseguenze Atena Era Menelao spedizione diretta a Troia La scelta di Paride e le sue conseguenze La flotta greca radunata nel porto di Aulide, tuttavia, non poté partire subito a causa di una persistente bonaccia: l’indovino Calcante ne indicò l’origine nella , adirata con Agamennone per l’uccisione di una cerva a lei sacra. Per placare la dea e ottenerne il perdono, : solo a quel punto i Greci poterono salpare e dirigersi verso l’Asia Minore. rabbia della dea Artemide Agamennone le offrì in sacrificio la figlia Ifigenia Giunti finalmente a Troia, intrapresero un assedio combattendo per nove lunghi anni senza riuscire nell’intento di espugnarla. Il sacrificio di Ifigenia e l’assedio di Troia , copia romana da un originale greco del III secolo a Afrodite accovacciata PASSATO E PRESENTE Il sogno di Schliemann e la scoperta di Troia Le conoscenze archeologiche relative alla città di Troia di cui oggi disponiamo si devono all’intuizione e alla tenacia di una personalità d’eccezione, quale fu il tedesco   Heinrich Schliemann   (1822-1890). Dopo aver accumulato ingenti ricchezze con il commercio, egli poté dedicarsi alla sua grande passione: l’archeologia. Poliglotta, colto e irascibile: sembra verosimile il ritratto che emerge dalle testimonianze dei contemporanei, divisi tra ammiratori e avversari del ricco mercante, da molti considerato un archeologo dilettante. In mezzo all’incredulità e allo scetticismo della comunità accademica, Schliemann intraprese a partire dal 1870 lo scavo della collina di Hissarlik, dove era convinto di trovare i resti della Troia cantata da Omero. All’inizio vennero alla luce soprattutto utensili e altri oggetti in pietra e terracotta. Nel 1873 il ritrovamento del cosiddetto “ ” sembrò, tuttavia, confermare le sue intuizioni. tesoro di Priamo L’imprecisione, spesso voluta, con cui annotò i dati sui diari dello scavo, purtroppo rende nebulose le circostanze effettive del ritrovamento: oggi si tende a credere che i reperti preziosi siano stati portati alla luce in momenti e luoghi diversi, non in una leggendaria cassa di legno, come si conviene a un tesoro sepolto e come Schliemann era interessato a far credere. Fatte salve molte riserve sulle modalità dell’operazione di scavo, le indagini successive dimostrarono che l’intuizione dell’archeologo tedesco era giusta. L’unico errore consisteva nell’identificazione del  : sulla collina di Hissarlik ne sono stati in seguito riconosciuti nove – dieci, se consideriamo anche quello bizantino studiato in anni più recenti da Manfred Korfmann –, a partire dal 2920 a.C. fino al XIV secolo d.C.; quello nel quale Schliemann indicava la Troia omerica era in realtà più antico del XII secolo a.C., periodo al quale si data la guerra narrata nell’ . livello di insediamento Iliade Il successore di Schliemann nella campagna di scavi, l’archeologo tedesco Wilhelm Dörpfeld (1853-1940), indicò la  , in cui vi è uno spesso strato di cenere e resti carbonizzati, conseguenza di una distruzione violenta e improvvisa, databile attorno al 1200 a.C. Troia omerica nel livello VII A Il “tesoro” rinvenuto da Schliemann, invece, è stato datato con maggior precisione al secondo livello, fiorito in un periodo compreso tra il 2500 e il 2300 a.C. «“Ho scoperto un mondo nuovo per l’archeologia”, affermava Schliemann nel 1873. Era vero. Tre anni dopo scoprì un altro mondo ancora più importante per comprendere l’evoluzione della civiltà europea, quando mise in luce la spettacolare ricchezza e raffinatezza delle tombe a Micene. Per queste ragioni è stato chiamato il padre dell’archeologia mediterranea» (D.A. Traill,  , Roma, Newton Compton 1999). La verità perduta di Troia La moglie di Schliemann, Sophia, con i gioielli del cosiddetto “tesoro di Priamo”, 1874. Pianta dell’area archeologica di Troia. LA TRAMA 3. Il poema inizia , quando la guerra è entrata nel suo decimo anno. Nel campo greco è scoppiata una , il troiano , che ha chiesto invano al comandante dell’esercito greco il riscatto della figlia Criseide, fatta prigioniera ( T1, p. 109). Il re dapprima si rifiuta di restituire la donna; poi, su consiglio dell’indovino Calcante, acconsente a condizione di prendere per sé Briseide, la schiava di Achille ( T2, p. 115). in medias res pestilenza a causa dell’offesa recata da Agamennone a un sacerdote di Apollo Crise ▶ ▶ Ferito nell’orgoglio e adirato con il capo dell’esercito, , consigliato da Atena, rinuncia a Briseide, ma , pur consapevole  Achille decide di ritirarsi dalla guerra di determinare in tal modo enormi perdite tra i suoi compagni. Prega inoltre la madre Teti di vendicarlo e di intercedere presso Zeus affinché questi faccia in modo che gli Achei (nome che nei poemi omerici indica i Greci in generale), in sua assenza, riportino solo sconfitte (libro I). Agamennone così è indotto da un sogno ingannevole inviato da Zeus a sferrare l’attacco finale contro Troia, ma preferisce prima mettere alla prova l’umore dell’esercito comunicando la decisione, fasulla, di tornare in patria. I soldati, stanchi per i lunghi anni di guerra, si precipitano alle navi, ansiosi di abbandonare il conflitto: solo   riesce a trattenerli, mettendo a tacere il goffo soldato Tersite, che aveva sollevato pesanti critiche ad Agamennone e alla sua condotta (libro II). Odisseo La pestilenza e il conflitto tra Achille e Agamennone Un lungo passaggio del libro II è dedicato al cosiddetto , vale a dire un vero e proprio inventario dei contingenti dell’esercito greco, dei quali vengono elencati i comandanti e la provenienza. “catalogo delle navi” L’attenzione del narratore torna alle vicende belliche con la descrizione della , che si protrae dal libro III al libro VII. prima battaglia tra Greci e Troiani Il “catalogo delle navi” e la prima battaglia Nel libro III si svolge il duello tra e : chi vincerà avrà Elena e la guerra terminerà. La donna accorre sulle mura di Troia e indica ai vecchi troiani i principali eroi greci. Iniziato lo scontro, Paride sembra avere la peggio, ma un in suo favore ; la guerra così torna a infuriare (libro IV). Paride Menelao intervento di Afrodite interrompe il duello Dopo la descrizione della , cioè del momento in cui l’eroe dà prova del suo valore (libro V), il libro VI presenta pagine di grande umanità: l’incontro dello stesso con l’avversario troiano , autentica parentesi di pace e dignità nella successione furibonda degli scontri ( T3, p. 121), e il commovente saluto che rivolge alla moglie e al figlioletto Astianatte ( T4, p. 129). aristía del greco Diomede Diomede Glauco ▶ Ettore Andromaca ▶  è pronto a sfidare un nemico di pari valore: tra i candidati, la sorte designa   e i due combattono fino al tramonto, quando la contesa termina con uno   (libro VII). Ettore Aiace scambio di doni Duelli tra eroi e parentesi di pace Dopo una breve tregua, nel libro VIII è narrata la , con l’arrivo dei Troiani a ridosso del muro eretto dagli Achei a difesa delle navi. Scende la notte: i fuochi accesi dai Troiani sulla piana paiono altrettante stelle del cielo ( T5, p. 137). ripresa della battaglia ▶  La successiva (libro IX) per convincerlo a tornare a combattere segna una nuova interruzione delle ostilità; nonostante gli sforzi profusi da Odisseo, Aiace e Fenice ( T6, p. 141), tuttavia, sulle sue posizioni. ambasceria inviata da Agamennone ad Achille ▶ Achille rimane irremovibile Giunta la notte, mentre tutti dormono, e sono mandati in esplorazione per raccogliere informazioni e uccidono molti guerrieri troiani, tra i quali Dolone, incaricato da Ettore di spiare i loro movimenti (libro X). Nel libro XI Omero descrive le imprese valorose compiute da , protagonista di una , e da altri eroi greci. Anche i Troiani si distinguono per coraggio: oltrepassa il muro costruito dagli Achei e costringe i nemici alla fuga (libro XII). Odisseo Diomede Agamennone aristìa Ettore (libro XIII). Un inganno teso da a Zeus permette a di intervenire a favore dei Greci, al punto che Aiace riesce a colpire con un sasso Ettore, che si sottrae alla morte solo per il provvidenziale  La battaglia si sposta così verso le navi Era Poseidone intervento dei compagni (libro XIV). Il   contrattacco dei Troiani   è così incisivo che essi si accingono a incendiare le navi greche (libro XV). Imprese valorose di Greci e Troiani Giulio Romano e bottega, , 1538-1539. Scena di battaglia Una svolta della guerra è determinata dall’ (libro XVI): sceso in battaglia con le armi dell’amico Achille per incutere timore ai Troiani, è ( T7, p. 146). Straziante è la descrizione del dolore per la morte dell’amico, che con la nuova armatura fabbricata per lui dal dio (libri XVII-XVIII). Riconciliatosi con Agamennone, Achille riceve dal cavallo Xanto un’insolita predizione della morte vicina (libro XIX). uccisione di Patroclo trafitto da Ettore ▶ spinge Achille a tornare a combattere Efesto Mentre gli eserciti si preparano alla battaglia, , chi per i Troiani, chi per gli Achei (libro XX). Zeus concede agli dèi di prendere parte alla guerra La morte di Patroclo e il ritorno di Achille Uno scontro feroce si svolge lungo le rive dello , e il dio del fiume si ribella alla furia omicida di , che ha reso rosse di sangue le sue acque facendo strage dei nemici. Scamandro Achille insegue i Troiani fin sotto le mura della città, e Priamo fa aprire le porte per far entrare i fuggitivi (libro XXI). Solo , per volere del Fato, resta fuori dalle mura: qui si svolge il tra i due eroi (libro XXII). Accecato dalla sete di vendetta, Achille non si limita a uccidere l’avversario, ma infierisce sul suo corpo esanime, che lega al carro e trascina per la pianura di fronte a Troia ( T8, p. 148). Achille Ettore duello finale ▶ Solo allora Achille onora la memoria dell’amico Patroclo con lo svolgimento dei (libro XXIII). La ( T9, p. 163) e la celebrazione dei suoi solenni funerali dopo una tregua di undici giorni sono gli ultimi fatti narrati nel poema (libro XXIV). giochi funebri restituzione del corpo di Ettore al padre Priamo ▶ La furia vendicatrice di Achille e la morte di Ettore Testimonial d'eccezione I personaggi del mito appartengono all’immaginario collettivo al punto da diventare perfino i  testimonial  di prodotti commerciali. Qui vediamo Elena di Troia rappresentata in una figurina pubblicitaria tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. I TEMI 4. Nel proemio il poeta indica un tema preciso del suo canto, cioè l’ . Essa, in effetti, , tanto che alcuni libri sono dedicati al tentativo degli altri eroi greci di far desistere Achille dalla sua rabbia (e dal conseguente rifiuto di combattere) e altri libri alla cessazione dell’ira stessa. ira di Achille percorre tutta l’ Iliade A questo proposito, già gli (i commenti annotati a margine del testo omerico negli antichi manoscritti) riportano varie domande curiose, tra le quali: «Perché [Omero] inizia con una parola così deprimente come “ira”?», «Perché descrive solo le fasi finali della guerra e non anche le fasi anteriori?», «Perché chiamare il poema , anziché , per analogia con l’ ?». In effetti, in considerazione della centralità dell’ira nell’opera, anche un titolo come avrebbe avuto le sue ragioni, ma in tal caso il poema avrebbe dovuto trattare anche della mitica morte dell’eroe, causata da una freccia scagliata da Paride e guidata da Apollo al tallone, suo punto debole. L’ , invece, si conclude con i solenni funerali di Ettore e il lamento funebre delle donne di Troia. scoli Iliade Achilleide Odissea Achilleide Iliade L’ira di Achille Connesso al tema dell’ira è quello dell’ , valore fondante di una società che è stata definita dagli antropologi “ ” ( ), in contrapposizione alla nostra, basata sul senso di colpa ( ). Gli eroi sono chiamati a  onore civiltà di vergogna shame culture guilt culture compiere imprese valorose per conquistare l’onore (in greco   timé ) e la considerazione della comunità, ma anche una   fama duratura   (in greco   kleos ) dopo la morte. L’impressione è che gli eroi sentano sempre concentrati su di sé gli occhi dei loro cari viventi, degli antenati e dei loro discendenti, che ne canteranno le gesta, mentre ignorano il travaglio della coscienza tipico della nostra civiltà. La massima vergogna per un eroe omerico consiste, perciò, nella perdita della pubblica stima, nella fama di codardo e di vigliacco. L’onore e la fama dopo la morte  >> pagina 103 Infatti, sebbene siano impegnati in una guerra sanguinosa, , achei e troiani, . Gli eroi greci e troiani sono giovani, belli e valorosi in battaglia, secondo la concezione antica della (dal greco , letteralmente “bello e buono”), che prevedeva il connubio tra la bellezza fisica e quella dell’animo. tutti i personaggi dell’ Iliade condividono gli stessi valori kalokagathía kal ó s kai agath ó s Eccezione alla norma è il vile Tersite, che rappresenta l’ , descritto da Omero con un’insolita dovizia di particolari fisici: ha le gambe storte, è zoppo, calvo e con la testa di forma irregolare. antieroe L’eroe e la  kalokagathía La , invece, , affidata soprattutto alle figure femminili e agli anziani. È il pensiero del padre anziano Peleo, per esempio, a far commuovere Achille durante l’incontro con Priamo (libro XXIV). Anche Ettore dimostra sentimenti profondi per la moglie Andromaca e il figlioletto Astianatte (libro VI), ma la sfera dei doveri continua a rimanere prevalente, perché prima della famiglia l’eroe deve battersi per la difesa della patria. dimensione degli affetti sembra secondaria Gli affetti familiari Un altro tema è il , comuni a Greci e Troiani, che si comportano non diversamente dagli uomini. L’ , infatti, rappresenta il mondo divino secondo una : gli dèi sono una sorta di “uomini potenziati”, di cui riproducono al massimo grado vizi e virtù. Anch’essi partecipano alla guerra, intervenendo spesso in aiuto di qualche eroe. Vi è tutta rapporto problematico con gli dèi Iliade concezione antropomorfica via una forza cui non possono sfuggire, il Fato , i cui piani sono imperscrutabili e immutabili. Rappresentato sotto forma di una triade femminile, le Moire (Cloto, Lachesi e Atropo: le Parche per i Romani), esso determina sin dalla nascita anche il destino degli essere umani. Gli dèi e il Fato I sette principali eroi della guerra troiana. Da destra: Menelao, Paride, Diomede, Ulisse, Nestore, Achille e Agamennone. Tavola della fine del XIX secolo.  >> pagina 104 Pur secondario rispetto alla dura realtà della guerra, è presente nell’ il : sia i Greci sia i Troiani evidenziano in guerra gli stessi rapporti vigenti all’interno della propria società. Iliade motivo politico , per esempio, . I cittadini troiani si riuniscono in , come accade tra i guerrieri greci, per discutere problemi di interesse collettivo: nell’assemblea tutti hanno diritto di parola, come dimostra l’episodio di Tersite, il più brutto tra gli eroi greci giunti a Troia, che insolentisce Agamennone e viene brutalmente messo a tacere da Odisseo. Al di sopra dell’assemblea sono il e la figura del ( ), che amministra la giustizia, guida l’esercito e presiede le funzioni religiose, ma non ha ancora i poteri assoluti di un monarca. Agamennone, per esempio, capo dell’armata greca, non esercita un potere coercitivo nei confronti degli altri sovrani partecipanti: il suo ruolo è piuttosto quello di un (“primo tra pari”). Il mondo delle istituzioni non differisce sostanzialmente tra i due schieramenti assemblea consiglio degli anziani re basiléus primus inter pares Le istituzioni MITO E CIVILTà La donna nell’antica Grecia Gli studiosi oggi sono concordi nel sostenere che, nel mondo greco, la donna aveva una   posizione   decisamente   subalterna   rispetto all’uomo. A giustificarla era, del resto, la scarsa considerazione di cui godeva il sesso femminile in termini fisici e intellettivi: debole, incapace di sentimenti durevoli, votata solo alla riproduzione, la donna sembrava esaurire la sua funzione all’interno delle mura domestiche. La diffidenza verso mogli (e amanti…) induceva a un atteggiamento di  , che percorre l’intera storia greca, da Omero fino alla fine del mondo antico. sostanziale misoginia Secondo il mito, la creazione della prima donna, Pandora, aveva determinato la fine della felicità per gli uomini. Il pericolo maggiore veniva, infatti, dalla sua bellezza, che implicava anche la capacità di seduzione: dobbiamo a un poeta greco ignoto il verso «la donna bella vince ferro e fuoco» ( ). Anacreontiche Demostene, noto oratore vissuto nel IV secolo a.C., afferma che l’uomo ateniese poteva avere tre donne: la moglie per garantirsi una discendenza, la concubina per la cura del corpo, l’etera per il piacere. L’etera (termine che in greco vuol dire “compagna”), tuttavia, era una cortigiana che offriva una relazione gratificante anche sotto il profilo intellettuale in quelle occasioni dalle quali erano escluse le mogli, come i banchetti o la conversazione tra amici. In età classica, per esempio, destò scandalo l’unione del politico ateniese Pericle con l’etera Aspasia, peraltro straniera. La principale discriminazione a danno delle donne era costituita dalla loro totale  : era vero cittadino, infatti, solo chi era in grado di difendere la città con le armi, e nel mondo antico era impensabile un esercito con una componente femminile. esclusione da qualsiasi forma di partecipazione politica Tra i più spietati critici del sesso femminile erano anche i filosofi: secondo Aristotele, «il maschio è più adatto al comando della femmina, tolte alcune eccezioni contro natura» ( I, 5, 1254 b, trad. di R. Laurenti, Laterza, Roma-Bari 1972). Politica  Ciò non significa che l’antichità greca non abbia avuto grandi donne, destinate a una fama duratura al pari degli uomini: la poetessa Saffo, per esempio, nata sull’isola di Lesbo intorno al 612 a.C., è l’eccezione che conferma come l’assenza delle donne tra i grandi intellettuali non fosse dovuta a una presunta incapacità, bensì alla loro esclusione dalla cultura e dal potere.