L’opera Il Giorno  Il proemio T4 Il risveglio del giovin signore T5  La vergine cuccia T6 , capolavoro incompiuto di Parini, è un , che descrive, come suggerisce il titolo, la giornata tipo di un «giovin signore»: assumendo le vesti di un servile e fingendo di aderire all’ideologia nobiliare, il poeta impartisce al rampollo di una famiglia aristocratica una serie di istruzioni sul modo migliore e più conveniente alla sua classe sociale di trascorrere le diverse parti della giornata, mettendo in evidenza in realtà il vuoto che la caratterizza. Vita da «giovin signore» Il Giorno poemetto satirico-didascalico in endecasillabi sciolti precettore Attraverso il meccanismo dell’ , in base al quale il poeta usa espressioni di significato opposto a quello che vuole realmente far intendere, l’opera racconta con – che giungono però anche alla e al – salotti, teatri, feste, cene, cacce e ogni genere di attività dei nobili, dediti esclusivamente a un vacuo e sterile godimento dei privilegi acquisiti. antifrasi toni ironici e scherzosi critica aperta duro sarcasmo Tali privilegi appaiono tanto più insensati se messi a confronto con la : anche se privi di cultura, i più semplici sanno esprimere la realtà di un mondo in evoluzione, di cui Parini è un acuto interprete. vita del popolo, sana, laboriosa e volta all’”utile” racconta con la giornata tipo di un giovane aristocratico. Il Giorno ironia e sarcasmo Stesura e struttura La composizione e la pubblicazione   L’opera, cui l’autore dedica gran parte della sua vita senza tuttavia arrivare a terminarla, è composta da circa 4000 endecasillabi sciolti. Le parti edite mentre è in vita sono e . A queste, Parini intendeva inizialmente aggiungere un terzo poemetto, ; in seguito, però, cambia idea, progettando la composizione di un solo poema diviso in quattro parti: , , e . Titolo complessivo dell’opera doveva essere, appunto, . Le parti pubblicate e l’idea complessiva Il Mattino (1763) Il Mezzogiorno (1765) La Sera Il Mattino Il Meriggio Il Vespro La Notte Il Giorno Delle previste dall’autore solo le sono pubblicate in vita. quattro parti prime due  >> pagina 430  Per realizzare il suo progetto, Parini lavora alla revisione delle due sezioni già pubblicate, con l’intenzione di renderle parti di un insieme coerente: riscrive alcune sequenze, interviene sullo stile, aggiunge brani nuovi. cambia titolo, divenendo , e la sua conclusione confluisce nella terza sezione, intitolata . Quest’ultima è la parte meno elaborata ed estesa di tutta l’opera, mentre alla quarta, , Parini si dedicherà con molto impegno fino agli ultimi anni: ne rimangono 673 versi compiuti, numerosissimi appunti preparatori e frammenti incompleti. La complicata stesura Il Mezzogiorno Il Meriggio Il Vespro La Notte Solo due anni dopo la morte del poeta, nel 1801, viene stampato nel suo insieme a cura di un fedele allievo di Parini, , che compie però interventi arbitrari sul testo. Per tutto l’Ottocento e per gran parte del Novecento l’opera viene letta in quell’edizione, destinata a essere completamente rivoluzionata dal lavoro critico di , terminato nel 1969. Il filologo ha distinto innanzitutto le parti a stampa dai testi derivati dai manoscritti, che costituiscono redazioni nuove del e del ; quindi, ha separato i testi non compiuti del e della , dando risalto, nel suo apparato di commenti, all’originalità di quest’ultima sezione, che ora viene apprezzata soprattutto per le sue qualità sperimentali e per la caratteristica di opera in continua evoluzione, in cui si vede come il poeta ha sovvertito fino all’ultimo gli equilibri d’insieme. Le varie edizioni postume Il Giorno Francesco Reina Dante Isella Mattino Meriggio Vespro Notte viene stampato , dopo un lungo lavoro filologico. Il Giorno postumo nella sua interezza La trama   si presenta come la raccolta di una serie di insegnamenti impartiti da un precettore a un nobile allievo, che deve imparare quali siano i giusti comportamenti da adottare nella sua vita mondana. L’ dell’opera consiste nel fatto che tali precetti sono smaccatamente falsi, essendo intesi a lodare i vizi e denigrare le virtù, con un . Sotto la finzione pedagogica si procede, di fatto, all’accurata , osservato nel corso di una giornata tipica della sua oziosa esistenza. In tal modo Parini può mettere in evidenza il carattere frivolo e vano delle occupazioni proprie di una . La finzione narrativa Il Giorno ironia ribaltamento in chiave comico-grottesca del genere didascalico descrizione della vita quotidiana di un aristocratico classe nobiliare inutile e parassitaria Attraverso lo di un precettore che impartisce insegnamenti a un «giovin signore» Parini la classe aristocratica. stratagemma mette in ridicolo si assiste al , che è andato a letto tardi, dopo feste, bevute e balli, e apre gli occhi solo quando il sole è già alto e il resto del mondo è al lavoro ormai da ore. Egli divide pigramente la sua attenzione fra i cibi esotici della prima colazione e le futili chiacchiere dei maestri di canto, di ballo e di lingua francese. Prima della toeletta compie i suoi doveri di , mandando un valletto a chiedere notizie sulla salute della dama alla quale fa da cavalier servente. Dopo una digressione del poeta sull’origine del cicisbeismo, nella forma di una che narra la storia di Amore e Imene, ritroviamo il protagonista che, acconciato dal parrucchiere, parte in carrozza per una corsa a tutta velocità lungo le , dove le ruote del suo convoglio minacciano pericolosamente i passanti. Nel Il Mattino Mattino risveglio del giovin signore ▶  cicisbeo favola mitologica strade cittadine si apre con il tardo risveglio del protagonista ed elenca poi le che compie nelle ore successive. Il Mattino inutili azioni La parola  Detto anche “cavalier servente”, è una figura caratteristica del XVIII secolo, che ha il compito di stare al fianco di una dama per farle compagnia e per servirla in tutto ciò che le può occorrere durante la giornata. In un’epoca in cui i matrimoni si contraevano per lo più per ragioni di interesse economico o di casata, il cicisbeismo costituiva una sorta di legittimazione dell’adulterio, al punto che talvolta il contratto matrimoniale prevedeva l’esistenza di uno o più cicisbei. La pratica è oggetto di satira anche in due commedie di Goldoni e Alfieri, intitolate rispettivamente   (1749) e   (1800 ca). Cicisbeo Il cavaliere e la dama Il divorzio  >> pagina 431 Nel l’ comincia a farsi , e i personaggi che attorniano il protagonista si moltiplicano. La scena si svolge alla e le conversazioni si intrecciano intorno a vari argomenti: l’arte, il commercio, l’industria e le scienze, in modo molto fatuo e con una diffusa ostentazione di modi di pensare moderni e spregiudicati. I commensali mostrano verso il cibo un ricercato disdegno: privi di appetito, cercano solo di soddisfare il piacere, con un gusto raffinato e artificioso. Il Mezzogiorno Mezzogiorno ambiente più vario e ricco tavola della dama Come nel , la vicenda narrata si interrompe per far spazio a una digressione, la , in cui viene confermata – sempre in chiave antifrastica, cioè affermando il contrario di quanto si vuole dichiarare – l’inferiorità del volgo. Il poeta raggiunge qui il culmine dell’ironia, facendo derivare le differenze fra aristocratici e plebei da una maggiore attitudine dei primi a percepire le sensazioni del piacere: poiché per il giovin signore l’appagamento dei sensi è scopo e norma di vita, Parini pone sarcasticamente l’origine della nobiltà non già in capacità reali quali «arte, forza, fortuna», bensì appunto nel “dono” di saper apprezzare il piacere. Mattino favola del Piacere Fra i commensali c’è anche un vegetariano, che odia la violenza perpetrata ai danni degli animali. La dama lo ascolta pensando con commozione alla sua « », la cagnetta che morse il piede di un servo e fu da questi colpita con un calcio; il servo fu subito licenziato e i suoi familiari ridotti in miseria (  T4, p. 444). vergine cuccia ▶ Il pranzo intanto è finito, e i convitati si ritirano dalla tavola per non sentire gli odori degli avanzi, che, per loro insopportabili, sono invece assai graditi ai mendicanti che aspettano di riceverli fuori dal portone del palazzo. Dopo il caffè, subentra il rumoroso (un gioco da tavola per due giocatori, praticato su una tavola di legno su cui si può giocare anche a ), inventato da Mercurio per permettere i segreti colloqui tra gli amanti ed eludere la gelosia dei mariti, ma divenuto poi un puro e disinteressato passatempo di società. Qui ha termine il , che nell’edizione a stampa del 1765 continuava con la descrizione del tramonto e della passeggiata in carrozza, confluita poi nella terza parte del poemetto, . gioco del tric-trac backgammon Mezzogiorno Il Vespro Nel il protagonista si intrattiene in con i suoi commensali e con i compagni di gioco da tavolo. Mezzogiorno conversazioni inutili e affettate Nel , che si apre con la bellissima , assistiamo alla , attraverso la città, del giovin signore e della sua dama, che vanno a far visita – per dovere o curiosità – agli amici e alle amiche. Si trova qui la , affollata di gente, e della , interessante mostra dei tipi umani più diversi: dal bellimbusto al nuovo nobile, dalle vecchie madri, che conducono a passeggio le figlie da marito, alle nobildonne di più antica aristocrazia. Nel turbinio fragoroso delle carrozze, il poeta sofferma lo sguardo sul suo eroe, dipingendolo intento a passeggiare solitario o a discorrere con una nuova dama, mentre la sua compagna inganna l’attesa circondata dalle premure di altri damerini. e Il Vespro La Notte Vespro scena dell’imbrunire corsa in carrozza descrizione della principale strada cittadina sfilata dei cocchi Nell’ultima parte, , l’oscurità incalza, e il poeta coglie l’occasione per comporre un pezzo di grande maestria stilistica e di gusto apparentemente preromantico. A questo “tenebroso” esordio subentra poi la , della folla di personaggi che lo frequenta, delle conversazioni. Infine, a notte alta, fanno la loro apparizione le , mentre, a coronamento di una così intensa giornata, circolano tra gli ospiti i gelati ristoratori. La Notte descrizione del salotto notturno carte da gioco Nel una corsa in carrozza del «giovin signore» offre all’autore il pretesto per ridicolizzare figure di nobili e nobildonne a passeggio. Anche La Notte è popolata di frivoli aristocratici. L’autore sembra infine abbandonare il per una . Vespro sarcasmo mesta rassegnazione Rispetto alle prime due parti, nel e nella il quadro si allarga ulteriormente, e il ritratto della vita dell’aristocrazia (fatta di visite, amori, litigi, divertimenti, ricevimenti, giochi di società) si fa più completo. Il è più : le delusioni di una vita, l’età, la consapevolezza della resistenza al cambiamento pervadono questi versi; solo episodicamente ritroviamo la forza polemica del giovane Parini, cui subentra un . Il poeta sembra muoversi ora verso una più profonda contemplazione dei sentimenti, al punto da apparire desideroso di smorzare la satira, ormai lontano dalle idee radicali che lo avevano affascinato senza mai conquistarlo del tutto. Dalla polemica al distacco Vespro Notte tono pensoso e sommesso senso di rassegnazione o distacco  >> pagina 432 I due personaggi principali   Dalla lettura complessiva dell’opera, emerge un’immagine del giovin signore indefinita e sfocata, perché più che «una creatura viva» egli appare come «un’ipotesi polemica» (Bonora), vale a dire una figura astratta, che serve all’autore per sviluppare la propria critica sociale e morale. Il protagonista ed è : è una sorta di (un’invenzione settecentesca in voga nei ceti benestanti), una creatura artificiale e meccanica, una marionetta senz’anima, sentimenti ed emozioni, dedito com’è a un’esistenza puramente materiale ed esteriore. La figura del protagonista… non ha spessore psicologico privo di una vita interiore automa Il giovin signore è una , un pretesto per la critica sociale e morale che l’ nei panni del sarcasticamente muove ai costumi aristocratici. figura piatta autore precettore Rivolgendosi al protagonista, il poeta indossa i panni del precettore, fingendo di assumere il punto di vista aristocratico e di svolgere con serietà il proprio impegno didascalico, ma svelando in realtà, grazie al , la natura frivola e vacua del giovin signore e del suo ambiente sociale. Mentre i nobili di un tempo (gli «inclit’avi») erano operosi e magnanimi, quelli contemporanei (gli «Augusti del suo secolo») risultano inutili nella loro oziosa inoperosità e nelle loro superficiali occupazioni. Così, adattando il proprio compito pedagogico alla realtà di un universo ridotto a etichetta e a involontaria caricatura di sé stesso, il falso precettore che illustra al giovane nobile le incombenze della vita mondana e le regole di comportamento adeguate al suo rango. … e quella del precettore carattere ironico del travestimento si tramuta da “maestro di vita” in “maestro di cerimonie” I temi era stato concepito in origine come un’ , in cui la celebrazione dell’eroe doveva giungere fino alla narrazione della sua morte, dei suoi funerali e addirittura della sua discesa agli inferi. Parini si rende però presto conto che quella in cui vive non è più un’epoca da epopee, sia pure satiriche: la nobiltà di sangue, che era stata per secoli il soggetto del genere epico, appare irrimediabilmente decaduta. Nella concreta situazione storica della seconda metà del Settecento, il poeta – che per Parini deve sempre porsi come obiettivo etico la ricerca della verità – non può che constatarne il declino e la lampante mediocrità. L’anti-epopea della decadenza aristocratica Il Giorno epopea in chiave ironica  mette in scena   e mediocre, che vive nell’ozio e nel tedio. Il Giorno un’aristocrazia decadente Le futili occupazioni dei nobili moderni vengono dunque presentate ironicamente. Sotto la finzione pedagogica, emerge la totale e insulsa insignificanza dell’aristocratico, che vive la sua , inutili e oziose. Esistenze futili giornata identica a tutte le altre La è il tema che , fino a diventare il centro della sezione conclusiva, . Invano i protagonisti cercano di riempire le loro giornate dedicandosi a frivoli passatempi o alle ritualità della vita mondana, che il poeta chiama, sarcasticamente, «fatiche illustri» e «gloriosi affanni»; immersi in una società afflitta da «noiosa ipocondria», il giovin signore e la sua dama si sono scelti reciprocamente proprio per tentare di scacciare la monotonia della loro esistenza. Tuttavia, abbandonata a sé stessa, la «coppia beata» scopre di non avere idee da scambiare o sentimenti da condividere. La noia e l’ozio noia percorre l’intero poema La Notte  >> pagina 433  A riempire questo mondo vuoto c’è un accumulo di , descritti da Parini con un’ironia che rivela la condanna di tutto ciò che risulta inutile per vivere (e che è negato ai più): i nobili hanno troppo, il popolo poco o niente. Sui «leggiadri arnesi» che rendono comoda e confortevole l’esistenza dell’aristocrazia, il poeta versa dosi di veleno satirico, descrivendoli con perifrasi ricercate (per cui, per esempio, la brocca dell’acqua diventa il «cristallino rostro»). Gli oggetti superflui oggetti lussuosi ma superflui Anche gli oggetti di cui i nobili si circondano rivelano la loro  . lussuosa inutilità Circondato dallo splendore sfarzoso degli abiti e degli arredi, il , «che », vegeta in un mondo a parte, opposto ai ritmi della natura, ai cicli delle stagioni e all’alternanza del giorno e della notte: dorme quando l’umanità laboriosa è in attività e veglia durante la notte, che concede il riposo ai contadini e ai lavoratori stanchi. L’elogio della vita a contatto con la natura nobile da tutti servito a nullo serve A questo proposito si è notato come nel vi siano molte descrizioni del lavoro dei campi, mentre gli altri mestieri hanno molto meno spazio, a eccezione di quelli appartenenti alla sfera della servitù. La celebrazione dell’ equivale per Parini all’ , coerentemente con la visione dei filosofi fisiocratici, alle cui idee, come abbiamo visto, egli era vicino. Si trova così, nel , una vera e propria , che si manifesta non soltanto nelle descrizioni del mattino, del tramonto, del crepuscolo e della notte, ma in tanti altri passi in cui al chiuso stagnante dei palazzi patrizi l’autore contrappone – come già nell’ode (  T2, p. 415) – la freschezza salutare, in senso fisico e morale, della campagna. Giorno agricoltura elogio di una vita regolata dai ritmi naturali Giorno poesia della natura La salubrità dell’aria ▶ In contrapposizione con l’esistenza insulsa dell’aristocrazia Parini esalta la modulata sui ritmi della natura. vita contadina Le forme Le fonti   Già prima di Parini, la futile esistenza dei giovani nobili era stata oggetto di pungenti satire, in Italia e all’estero. La coltissima scrittura pariniana ha in effetti , alcuni ancor oggi celebri, altri dimenticati. Per esempio, il poeta impara a comporre i suoi tipi umani dalla grande dei (1688), del moralista francese Jean de La Bruyère (1645-1696). In questo senso, era mal fondato il risentimento del principe Alberico di Belgioioso, che si riconobbe nel bellimbusto pariniano, e minacciò il poeta di spiacevoli conseguenze nel caso avesse osato pubblicare il poemetto. Il modello illustre di La Bruyère molti precedenti satira sociale Caratteri La di Parini ha precedenti in testi italiani seisettecenteschi e in particolare nei del moralista francese La Bruyère. satira sociale Caratteri Sul , un antecedente diretto del è il poema latino (1672) del gesuita e professore di retorica Giovanni Lorenzo Lucchesini (1638-1716), che inizia proprio con la descrizione di un giovane signore infastidito dal servitore che vorrebbe svegliarlo. Antecedenti diretti e lontani influssi piano tematico Mattino Contro le occupazioni mattutine di un giovane scellerato Altre fonti possono essere individuate nella produzione letteraria settecentesca, ricca di descrizioni, in stile rococò, del mondo galante, e nelle caricature del «damerino affettato» composte dallo scrittore veneziano Carlo Gozzi (1720-1806). Sul , un vago influsso virgiliano è riscontrabile nel modello del poe­ma didascalico (quali erano le ). Parimenti nota a Parini è però anche la tradizione del poema eroicomico: egli amava particolarmente il capolavoro del genere, (1622) di Alessandro Tassoni (1565-1635). piano stilistico Georgiche La secchia rapita Thomas Gibson, , 1710. Collezione privata. Ritratto di gentiluomo  >> pagina 434  Lo stile   Per conseguire il suo intento satirico, Parini ricorre a una , da cui deriva la ricchezza espressiva dell’opera. Si trovano in primo luogo l’ e l’ , che, permettendo di affermare il contrario di quanto in realtà si intende esprimere, consentono al poeta di esaltare la vita onesta e i valori semplici attraverso la lente deformata della mentalità nobiliare. Ma nel testo compare anche una forma di ironia più aspra, pungente ed esasperata: è il , che lascia intravedere più chiaramente il pensiero dell’autore, sopraffatto dall’ e dall’ di fronte a costumi sociali che disapprova. I toni: ironia, sarcasmo, deprecazione, lirismo pluralità di toni antifrasi ironia sarcasmo amarezza indignazione Più rara, ma comunque presente, è la , vale a dire l’espressione diretta di aperta critica nei confronti dei personaggi e dei loro comportamenti: in questo caso il giudizio di condanna morale è esplicito e non mediato da particolari filtri retorici. deprecazione In certi casi, infine, l’ironia e la satira lasciano il posto a un’intima . In questi passi, in cui la sua natura di poeta idealmente legato al popolo ha il sopravvento, Parini, deponendo la maschera del pedagogo, afferma il suo vero pensiero. ispirazione lirica La fondamentale intorno a cui ruota la satira sociale di Parini è l’ . figura retorica antifrasi La dell’opera è : l’eccellenza dello stile pariniano è stata paragonata a quella di Virgilio, tanto che Leopardi definirà Parini «Virgilio della moderna Italia». Il , che all’interno di un appare a prima vista uniforme, è però ravvivato dal contrasto con i . Concretezza moderna e raffinatezza classicheggiante tessitura formale estremamente raffinata tono aulico periodare ampio e latineggiante termini concreti della vita quotidiana Componenti alte e basse si alternano unendo (con i neologismi propri della scienza e della tecnica del tempo), in un continuo alternarsi di scelte espressive che rendono il dettato particolarmente dinamico, tanto da fare di Parini un profondo innovatore della lingua poetica italiana. echi classici e riferimenti al mondo moderno La scrittura è raffinata e fluida. L’ è sostenuto dall’uso dell’endecasillabo sciolto. andamento classicheggiante La del poeta si esprime anche, a livello metrico, nella scelta dell’ , che gli offre la possibilità di disporre senza vincoli la ricca materia narrativa. Quello di Parini è infatti un endecasillabo sciolto estremamente vario, tanto che Giosuè Carducci dirà che il poeta lombardo «seppe fargli prendere tutte quasi le pose dell’esametro, seppe farlo nella tenuità sua limitata allungare, allargare, snodare, fargli simulare il passo del gran verso antico». L’endecasillabo sciolto libertà espressiva endecasillabo sciolto Al sono state mosse anche alcune critiche. La , per esempio, genera secondo alcuni una di fondo. In effetti , con il protratto esame delle minute occupazioni del giovin signore, può riuscire a tratti monocorde; Parini stesso mostra di esserne cosciente, come testimoniano le parti successive, in cui l’impianto del poemetto didascalico evolve verso la forma del poemetto satirico ed eroicomico, in una specie di commedia la cui scena si allarga sempre più. Nel , alla figura del giovin signore si aggiungono quelle della dama, del «dabben marito», dei parassiti; nel il marito scompare, e il cavaliere e la sua dama assumono quasi un ruolo di guida del poeta fra altre figure e scene del bel mondo; nella , infine, il giovin signore si confonde nella conversazione generale: qui, presentandoci un’inquietante schiera di individui squallidi e mediocri, l’arte di Parini raggiunge senza dubbio le sue vette espressive. Due critiche immotivate: monotonia… Giorno minuziosità delle descrizioni monotonia Il Mattino Mezzogiorno Vespro Notte Al capolavoro di Parini è stata mossa la critica di eccessiva e di minuziosità delle descrizioni. uniformità  >> pagina 435 L’altra critica mossa al poema riguarda una sostanziale mancanza di unità dei tanti motivi presenti nell’opera. In realtà, la pluralità delle situazioni è unificata dall’austera e insieme amabile , sempre vigile e presente. Attraverso l’ironia, egli ci rivela i suoi ideali – l’uguaglianza, la famiglia, la religione, l’amore per l’arte classica – che costituiscono il quadro unificante della sua scrittura. … e mancanza di unità personalità del poeta È stata criticata anche la fra le sequenze narrative. mancanza di legame I testi Temi e motivi dei brani antologizzati T4 Il proemio , vv. 1-32 Il Mattino introduzione dell’argomento e del protagonista • il ruolo del precettore • l’enfasi ironica dello stile • T5 , vv. 33-143 Il risveglio del giovin signore Il Mattino  il confronto fra il mattino del giovin signore e quello delle classi lavoratrici  il doppio uso della mitologia: in chiave ironica e in chiave nobilitante  il contrasto fra vita artefatta e vita naturale • • • T6 La vergine cuccia , vv. 503-556 Il Mezzogiorno la falsa sensibilità del vegetariano e della dama • il tenore tragicomico della vicenda • l’ironia e il sarcasmo come armi di denuncia contro la crudeltà dell’aristocrazia •   Testi plus: ( ) Cipria e bellezza Il Mattino   Testi plus: ( ) Notti antiche e notti moderne La Notte   Analisi del testo interattiva:  ( ) Ardirò ancor tra i desinari illustri Il Mezzogiorno Un’aristocratica colazione Il veneziano Pietro Longhi (1701-1785) è il massimo cronista della vita privata dell’alta società del tempo. Nelle sue tele, solitamente di piccole dimensioni, egli raffigura, senza alcun intento politico o celebrativo, aristocratici che si muovono nelle loro ricche dimore, intenti alle occupazioni e agli svaghi più vari: lezioni di danza, concerti, o, come in questo caso, eleganti colazioni. I dipinti di Longhi ebbero un notevole successo tra l’aristocrazia veneziana, e il pittore continuò a lungo a replicare le stesse formule compositive e le medesime scelte stilistiche. Nella  , una dama, ancora a letto, riceve la colazione, una cioccolata in tazza, bevanda molto apprezzata nelle corti italiane sia per i banchetti sia per il risveglio di nobili e dame. Cioccolata del mattino Pietro Longhi, , 1775. Venezia, Ca’ Rezzonico. La cioccolata del mattino