T1 La morte di Saul , atto V, scene III-V Saul  Endecasillabi sciolti. Siamo alle battute finali della tragedia. Mentre l’esercito di Israele combatte contro i Filistei, a Saul appaiono i fantasmi del profeta Samuele e del sacerdote Achimelech, che gli predicono l’imminenza della fine. Il re tenta invano di placarli, finché il generale Abner gli annuncia la sconfitta dei suoi soldati e la morte dei suoi figli maschi. È a questo punto che Saul riacquista per un attimo la lucidità perduta: affidata la figlia Micol ad Abner, affinché la ricongiunga al marito David, rifiuta di fuggire e si dà eroicamente la morte.  METRO Il  come scelta di  suicidio libertà Scena terza Saul, Micol. Ombra adirata, e tremenda, deh! cessa: SAUL lasciami, deh!… Vedi: a’ tuoi piè mi prostro… Ahi! dove fuggo?… – Ove mi ascondo? O fera ombra terribil, plàcati… Ma è sorda 120 ai miei preghi; e m’incalza?… Apriti, o terra, vivo m’inghiotti… Ah! pur che il truce sguardo non mi saetti della orribil ombra… Da chi fuggir? Niun ti persegue. O padre, MICOL me tu non vedi? Me più non conosci? 125 O sommo, o santo sacerdote, or vuoi SAUL ch’io qui mi arresti? O Samuél, già vero padre mio, tu l’imponi? ecco, mi atterro al tuo sovran comando. A questo capo già di tua man tu la corona hai cinta; 130 tu il fregiasti; ogni fregio or tu gli spoglia; calcalo or tu. Ma… la infuocata spada d’Iddio tremenda, che già già mi veggo pender sul ciglio,… o tu che il puoi, la svolgi non da me, no, ma da’ miei figli. I figli, 135 del mio fallir sono innocenti…                                             O stato, MICOL cui non fu il pari mai! – Dal ver disgiunto, padre, è il tuo sguardo: a me ti volgi…                                                              Oh gioja!… SAUL Pace hai sul volto? O fero veglio, alquanto miei preghi accetti? io da’ tuoi piè non sorgo, 140 se tu i miei figli alla crudel vendetta pria non togli. – Che parli?… Oh voce! «T’era David pur figlio; e il perseguisti, e morto pur lo volevi». Oh! che mi apponi?… Arresta… sospendi or, deh!… Davidde ov’è? si cerchi: 145 ei rieda; a posta sua mi uccida, e regni: sol che a’ miei figli usi pietade, ei regni… – Ma, inesorabil stai? Di sangue hai l’occhio; foco il brando e la man; dalle ampie nari torbida fiamma spiri, e in me l’avventi… 150 Già tocco m’ha; già m’arde: ahi! dove fuggo?… Per questa parte io scamperò.                                              Né fia, MICOL ch’io rattener ti possa, né ritrarti al vero? Ah! m’odi: or sei…                                         Ma no; che il passo SAUL di là mi serra un gran fiume di sangue. 155 Oh vista atroce! sovra ambe le rive, di recenti cadaveri gran fasci ammonticati stanno: ah! tutto è morte colà: qui dunque io fuggirò… Che veggo? Chi sete or voi? – D’Achimeléch siam figli. 160 «Achimeléch son io. Muori, Saulle, muori». – Quai grida? Ah! lo ravviso: ei gronda di fresco sangue, e il mio sangue ei si beve. Ma chi da tergo, oh! chi pel crin mi afferra? Tu, Samuél? – Che disse? Che in brev’ora 165 seco tutti saremo? Io solo, io solo teco sarò; ma i figli… – Ove son io? – Tutte spariro ad un istante l’ombre. Che dissi? Ove son io? Che fo? Chi sei? Qual fragor odo? Ah! di battaglia parmi: 170 pur non aggiorna ancor: sì, di battaglia fragore egli è. L’elmo, lo scudo, l’asta, tosto or via, mi si rechi: or tosto l’arme, l’arme del re. Morir vogl’io, ma in campo. Padre, che fai? Ti acqueta… Alla tua figlia… 175 MICOL L’armi vogl’io; che figlia? Or, mi obbedisci. SAUL L’asta, l’elmo, lo scudo; ecco i miei figli. Io non ti lascio, ah! no… MICOL                                                  Squillan più forte SAUL le trombe? Ivi si vada: a me il mio brando basta solo. – Tu, scostati, mi lascia; 180 obbedisci. Là corro: ivi si alberga morte, ch’io cerco. è l’ombra del profeta Samuele, fatto uccidere da Saul. Il protagonista della tragedia è vittima delle sue visioni, frutto di un insanabile senso di colpa per le proprie azioni.  Ombra… tremenda: 117 mi inchino.  mi prostro: 118 dopo aver invocato l’ombra di Samuele, Saul si rivolge improvvisamente a sé stesso, per poi tornare a cercare un dialogo impossibile con lo spirito. fera: crudele.  Ove mi ascondo?: 119 inghiottimi (imperativo).  m’inghiotti: 122 non mi colpisca ( ) lo sguardo torvo ( ) dell’ombra spaventosa (iperbato).  il truce… ombra: 122-123 saetti truce la figlia di Saul, Micol, serba fino alla fine grande affetto per il padre, intuendo il suo dramma e cercando in ogni modo di ricondurlo alla ragione.  Me più non conosci?: 125 il termine va inteso, in senso spirituale, nel significato di “sacerdote”. mi atterro: mi prostro.  padre: 128 lo adornasti (si riferisce al capo citato poco sopra). privalo di ogni ornamento regale; nel verso si coglie un’eco dantesca: «tu ne vestisti / queste misere carni, e tu le spoglia» ( , XXXIII, 62-63).  il fregiasti: 131 tu gli spoglia: Inferno calcalo: 132 “calpestalo” (in questo caso il riferimento è al capo), oppure “mettilo sul tuo capo” (se riferiamo il pronome , ossia alla corona).  lo a ogni fregio la svolgi: 134 allontanala, rivolgila altrove.  I figli… sono innocenti: 135-136 i figli non hanno responsabilità dei miei errori ( ). Saul continua il suo delirante monologo senza badare alle rassicurazioni che Micol gli ha appena rivolto, e nello stesso tempo chiede che i figli vengano risparmiati dal dolore e dalle possibili conseguenze dei suoi gesti estremi. La scelta lessicale del verbo “fallire” esprime efficacemente i risvolti psicologici del dramma di Saul, le cui vere ragioni sono riposte nella sua mancata accettazione della vecchiaia e della perdita progressiva delle forze vitali del mio fallir o stato d’animo pieno di dolore, incomparabile con qualsiasi altro. Micol compiange la perdita della ragione da parte del padre. O stato… mai: 136-137 lontano dalla realtà; Micol cerca di far notare al padre il carattere delirante delle sue parole. Dal ver disgiunto: 137 terribile vecchio (si rivolge nuovamente all’ombra di Samuele). fero veglio: 139 le mie preghiere. non mi sollevo. miei preghi: 140 non sorgo: se prima non distogli la crudele vendetta di Dio dai miei figli. se… togli: 141-142 il pensiero sconvolto di Saul genera anche voci che lo accusano delle sue azioni passate. «T’era… volevi»: 142-144 di che cosa mi accusi? che mi apponi?: 144 fermati… smetti ora (di accusarmi), ti prego ( )! Arresta… deh!: 144-145 deh egli torni (congiuntivo esortativo). a suo piacere. ei rieda: 146 a posta sua: il vecchio re, un tempo risoluto e deciso, è in balia di intenzioni continuamente mutevoli, specialmente verso David, che ora vuole lontano, ora vicino. La sua ossessione è comunque la salvaguardia dei figli: nonostante non riesca più a controllarsi, egli è consapevole che i suoi gesti possono ripercuotersi su di loro. sol che… regni: 147 la spada e la mano come fuoco. narici. foco il brando e la man: 149 nari: la rivolgi contro di me (la preposizione per “contro” è un calco dal latino). in me l’avventi: 150 in forma contratta per “toccato”. tocco: 151 non accadrà che io ti possa trattenere né ricondurti alla realtà? Né fia… vero?: 152-154 mi impedisce il cammino. il passo… serra: 154-155 ammucchiati. ammonticati: 158 vedo. veggo: 159 riconosco. ravviso: 162 dietro. pel crin: per i capelli. tergo: 164 saremo tutti con lui (cioè moriremo). seco tutti saremo: 166 sparirono. spariro: 168 Che dissi… odo?: 169-170 con il procedere del monologo aumentano le domande senza risposta che il protagonista rivolge a sé stesso. non fa ancora giorno. non aggiorna ancor: 171 subito. tosto: 173 càlmati. Ti acqueta: 175 lasciami. mi lascia: 180 là (nel campo di battaglia) risiede la morte. ivi… morte: 181-182 Giuseppe Salviati della Porta, (particolare), XVI sec. Venezia, Santa Maria della Salute. Saul lancia la freccia contro Davide Scena quarta Saul, Micol, Abner con pochi soldati fuggitivi.                        Oh re infelice!… Or dove, ABNER deh! dove corri? Orribil notte è questa. Ma, perché la battaglia…? SAUL                                               Di repente, ABNER il nemico ci assale: appien sconfitti 185 siam noi…           Sconfitti? E tu, fellon, tu vivi? SAUL Io? Per salvarti vivo. Or or qui forse ABNER Filiste inonda: il fero impeto primo forza è schivare: aggiornerà frattanto. Te più all’erta quassù, fra i pochi miei, 190 trarrò…      Ch’io viva, ove il mio popol cade? SAUL Deh! vieni… Oimè! cresce il fragor: s’inoltra… MICOL Gionata,… e i figli miei,… fuggono anch’essi? SAUL Mi abbandonano?…                         Oh cielo!… I figli tuoi,… ABNER no, non fuggiro… Ahi miseri!… 195                                               T’intendo: SAUL morti or cadono tutti…                                Oimè!… I fratelli?… MICOL Ah! più figli non hai. ABNER                                           – Ch’altro mi avanza?… SAUL Tu sola omai, ma non a me, rimani. – Io da gran tempo in cor già tutto ho fermo: e giunta è l’ora. – Abner, l’estremo è questo 200 de’ miei comandi. Or la mia figlia scorgi in securtà.         No, padre; a te dintorno MICOL mi avvinghierò: contro a donzella il ferro non vibrerà il nemico.                               Oh figlia!… Or, taci: SAUL non far, ch’io pianga. Vinto re non piange. 205 Abner, salvala, va: ma, se pur mai ella cadesse infra nemiche mani, deh! non dir, no, che di Saulle è figlia; tosto di’ lor, ch’ella è di David sposa; rispetteranla. Va; vola… 210                                 S’io nulla ABNER valgo, fia salva, il giuro; ma ad un tempo te pur…      Deh!… padre… Io non ti vo’, non voglio MICOL lasciarti…          Io voglio: e ancora il re son io. SAUL Ma già si appressan l’armi: Abner, deh! vola: teco, anco a forza, s’è mestier, la traggi. 215 Padre!… E per sempre?… MICOL repentinamente, d’improvviso. Di repente: 184 traditore. fellon: 186 i Filistei stanno forse per riversarsi qui. Or… inonda: 187-188 è necessario. forza è: 189 più in alto. più all’erta: 190 quando il mio popolo viene sconfitto. ove… cade: 191 mi resta. mi avanza: 197 deciso. fermo: 199 questo è l’ultimo ( ) dei miei ordini. l’estremo… comandi: 200-201 estremo porta al sicuro. scorgi in securtà: 201-202 il nemico non sferrerà colpi di spada contro una giovane donna. contro a donzella… il nemico: 203-204 la rispetteranno. rispetteranla: 210 sarà. fia: 211 portala con te, anche con la forza, se necessario. teco… la traggi: 215 Scena quinta                                                      Oh figli miei… – Fui padre. – SAUL Eccoti solo, o re; non un ti resta dei tanti amici, o servi tuoi. – Sei paga, d’inesorabil Dio terribil ira? – Ma, tu mi resti, o brando: all’ultim’uopo, 220  fido ministro, or vieni. – Ecco già gli urli dell’insolente vincitor: sul ciglio già lor fiaccole ardenti balenarmi veggo, e le spade a mille… – Empia Filiste, me troverai, ma almen da re, qui…* morto. – 225  * Nell’atto ch’ei cade trafitto su la propria spada, soprarrivano in folla i Filistei vittoriosi con fiaccole incendiarie e brandi insanguinati. Mentre corrono con alte grida verso Saul, cade il sipario. sei soddisfatta ( ), ira terribile di un dio inflessibile ( )? Sei paga… ira?: 218-219 paga inesorabil per la mia ultima necessità ( ); Saul allude al suicidio. all’ultim’uopo: 220 uopo fedele aiutante. fido ministro: 221 della collina. sul ciglio: 222  >> pagina 481  Dentro il TESTO I contenuti tematici Nelle tre scene qui proposte domina l’ impeto visionario e delirante di Saul , che nella sua follia mescola i dati della realtà e la coscienza ancora lucida dei propri atti con le deformazioni del delirio, che prendono la forma di fantasmi e voci. Prima Saul riconosce di essere un re sconfitto, poi vorrebbe nuovamente riconquistare il prestigio perduto, gettandosi un’ultima volta in battaglia. Questa alternanza di sentimenti arriva al punto di rottura alla notizia della morte dei figli: sopraggiunge allora una solitudine immensa e totale, senza più alcuno scampo per il protagonista, al quale non rimane che rivolgere parole estreme a sé stesso ( Eccoti solo, o re , v. 217), a Dio ( Sei paga, / d’inesorabil Dio terribil ira? , vv. 218-219), alla propria spada ( Ma, tu mi resti, o brando , v. 220) e ai nemici ( Empia Filiste , v. 224). Il suicidio si prospetta in tal modo come una liberazione, che ribadisce la grandezza dell’eroe: rifiutando di fuggire e di salvarsi, egli recupera la dignità regale dinanzi a sé stesso, all’umanità e a Dio. Un’atmosfera visionaria Il crescendo della follia di Saul è sapientemente gestito da Alfieri. Il protagonista vive sin dall’inizio della tragedia un forte contrasto di sentimenti, che aumenta fino a creare una tensione interna e sfocia nei primi segni di squilibrio; ma è solo nella parte finale che le passioni si trasformano in delirio. Lo stato di fragilità psichica non impedisce a Saul di ribellarsi alla propria sorte: nell’ultimo atto egli assume un atteggiamento eroico, che appare come un disperato tentativo di sottrarsi a un’angoscia opprimente. Tuttavia, egli rimane di fatto una vittima, uscendo tragicamente sconfitto dallo scontro con il destino. Dal dissidio interiore al delirio Le scelte stilistiche Nelle scene riportate domina incontrastata la figura di Saul, prossimo alla morte. A mano a mano che ci si avvicina alla conclusione, la lingua solenne del re , che prima si articolava in periodi ampi e complessi, si frantuma in frasi continuamente interrotte . Nelle battute finali aumentano le ripetizioni ( Or dove, / deh! dove corri? , vv. 182-183; E tu, fellon, tu vivi? , v. 186), le invocazioni e le personificazioni*, che servono all’autore per riepilogare gli eventi cruciali e per rappresentare con efficacia i fantasmi che assillano la mente del protagonista. Una scrittura sempre più frammentata Il lessico è solenne e il tono vibrante e teso : a dare risalto all’eloquenza del protagonista contribuiscono le numerose inversioni* e i chiasmi*, con un uso frequente dell’asindeto* per dare ritmo alle battute e al mutamento degli stati d’animo. Nel discorso di Saul, sempre più frammentato e disarticolato, prevalgono sostantivi e verbi isolati, quasi a rappresentare il disperato tentativo di dare forma a un’angoscia destinata però a restare inesprimibile. Lessico solenne e tono vibrante Verso le COMPETENZE Comprendere Nel suo delirio, Saul ha tre diverse visioni: quali? 1 2 Distingui con diversi colori: i dialoghi di Saul con persone reali; i dialoghi con le immagini della propria mente; i monologhi. Analizzare Individua nel brano esempi di inversioni sintattiche. A quale scopo sono state introdotte? 3 Nei discorsi di Saul sono più frequenti i sostantivi, gli aggettivi o i verbi? perché, secondo te? 4 Trova alcuni e spiega quali concetti evidenziano. 5 enjambement  >> pagina 482  Interpretare Da queste scene emerge un rapporto profondo tra il padre Saul e la figlia Micol: descrivilo sinteticamente. 6 Perché il suicidio appare a Saul l’unica soluzione? Che cosa crede di poter salvare uccidendosi? 7 Produrre   A partire dagli anni Cinquanta del Novecento la Rai ha prodotto e trasmesso sceneggiati tratti da importanti opere letterarie: è anche il caso di  , di cui nel 1959 venne realizzata, per la regia di Claudio Fino, una versione televisiva con gli attori Salvo Randone (Saul), Gianmaria Volonté (David) e Valentina Fortunato (Micol). Recupera sul web le scene finali corrispondenti al brano, guardale e immagina di essere un critico televisivo: prepara una recensione di circa 20 righe delle scene viste. 8 Scrivere per argomentare. Saul T2 La confessione di Mirra atto V, scena II Mirra, Siamo nel punto più drammatico della tragedia: Pereo viene rifiutato dalla sua promessa sposa, Mirra, nel giorno del matrimonio, e per il dolore si uccide; il padre di Mirra, Ciniro, obbliga la figlia a confessare il travaglio interiore che le si legge in volto, e che lei vive con un atroce senso di colpa. Dopo una vana lotta con sé stessa, Mirra si tradisce, facendo intendere al padre l’amore incestuoso che prova verso di lui. A quel punto si getta sulla spada di Ciniro, per liberarsi definitivamente da un dolore a lungo nascosto in un cupo silenzio. Metro  Endecasillabi sciolti. La della rivelazione colpa Ciniro, Mirra. – Mirra, che nulla tu il mio onor curassi, CINIRO creduto io mai, no, non l’avrei; convinto me n’hai (pur troppo!) in questo dì fatale a tutti noi: ma, che ai comandi espressi, 40     e replicati del tuo padre, or tarda all’obbedir tu sii, più nuovo ancora questo a me giunge.                           … Del mio viver sei MIRRA signor, tu solo… Io de’ miei gravi,… e tanti falli… la pena… a te chiedeva;… io stessa,… 45     or dianzi,… qui… – Presente era la madre;… deh! perché allor… non mi uccidevi?… per niente. nulla: 37 in questo giorno doloroso per tutti noi (il promesso sposo di Mirra, da lei rifiutato, si è tolto la vita). in questo dì… noi: 39-40 ordini dati e ripetuti. lenta, renitente. comandi espressi, e replicati: 40-41 tarda: sia. sii: 42 inizia un lungo dialogo basato sulla figura retorica della reticenza, resa stilisticamente con un uso insistito dei puntini di sospensione. Mirra esita fino all’ultimo a confessare l’oggetto del suo amore, in un crescendo di tensione che doveva essere ancora meglio avvertito sulla scena. Del mio viver… uccidevi?: 43-47                                                          È tempo, CINIRO tempo ormai, sì, di cangiar modi, o Mirra. Disperate parole indarno muovi; e disperati, e in un tremanti, sguardi 50     al suolo affissi indarno. Assai ben chiara in mezzo al dolor tuo traluce l’onta; rea ti senti tu stessa. Il tuo più grave fallo, è il tacer col padre tuo: lo sdegno quindi appien tu merti; e che in me cessi 55     l’immenso amor, che all’unica mia figlia io già portai. – Ma che? tu piangi? e tremi? e inorridisci?… e taci? – A te fia dunque l’ira del padre insopportabil pena? Ah!… peggior… d’ogni morte… 60     MIRRA                                                          Odimi. – Al mondo CINIRO favola hai fatto i genitori tuoi, quanto te stessa, coll’infausto fine che alle da te volute nozze hai posto. Già l’oltraggio tuo crudo i giorni ha tronchi del misero Peréo… 65                            Che ascolto? Oh cielo! MIRRA Peréo, sì, muore; e tu lo uccidi. Uscito CINIRO del nostro aspetto appena, alle sue stanze solo, e sepolto in un muto dolore, ei si ritrae: null’uomo osa seguirlo. Io, (lasso me!) tardo pur troppo io giungo… 70     dal proprio acciaro trafitto, ei giacea entro un mare di sangue: a me gli sguardi pregni di pianto e di morte inalzava;… e, fra i singulti estremi, dal suo labro usciva ancor di Mirra il nome. – Ingrata… 75     Deh! più non dirmi… Io sola, io degna sono, MIRRA di morte… E ancor respiro?…                                           Il duolo orrendo CINIRO dell’infelice padre di Peréo, io che son padre ed infelice, io solo sentir lo posso; io ’l so, quanto esser debba 80     lo sdegno in lui, l’odio, il desio di farne aspra su noi giusta vendetta. – Io quindi, non dal terror dell’armi sue, ma mosso dalla pietà del giovinetto estinto, voglio, qual de’ padre ingannato e offeso, 85     da te sapere (e ad ogni costo io ’l voglio) la cagion vera di sì orribil danno. – Mirra, invan me l’ascondi: ah! ti tradisce ogni tuo menom’atto. – Il parlar rotto; lo impallidire, e l’arrossire; il muto 90     sospirar grave; il consumarsi a lento fuoco il tuo corpo; e il sogguardar tremante; e il confonderti incerta; e il vergognarti, che mai da te non si scompagna:… ah! tutto, sì tutto in te mel dice, e invan tu il nieghi;… 95     son figlie in te le furie tue… d’amore. pronunci invano. indarno muovi: 49 al tempo stesso. in un: 50 rivolgi. affissi: 51 traspare l’offesa. Mirra è da tempo causa di dolore sia per il promesso sposo sia per i genitori, impotenti di fronte alla sua misteriosa sofferenza. traluce l’onta: 52 colpevole. rea: 53 meriti. merti: 55 hai reso ridicoli. favola hai fatto: 61 con la fine sciagurata; nell’italiano letterario il termine “fine” era usato anche al maschile. coll’infausto fine: 62 Ciniro rivela solo ora la morte di Pereo a Mirra, sperando così di ottenere un’immediata confessione del nome dell’amato; in realtà, la notizia è per Mirra un ulteriore motivo per essere divorata dal senso di colpa e nascondere fino all’ultimo l’amore per il padre. troncati, fatti finire. Già… Peréo…: 64-65 tronchi: Ciniro colpevolizza esplicitamente Mirra; in seguito cambierà strategia, assumendo un atteggiamento di compassionevole complicità. Il presente storico ha qui una funzione enfatica: l’intento è quello di scolpire con particolare evidenza drammatica gli ultimi atti di Pereo, come se stessero avvenendo davanti al lettore/spettatore. Perèo… uccidi: 66 allontanatosi dalla nostra vista. Uscito… aspetto: 66-67 nessuno. null’uomo: 69 tardi, in ritardo. tardo: 70 acciaio, a indicare per metonimia la spada. acciaro: 71 gli ultimi singhiozzi. i singulti estremi: 74 dolore. duolo: 77 riferito a (iperbato). aspra: 82 vendetta come deve. qual de’: 85 minima azione. menom’atto: 89 disgiunge, allontana; il padre descrive in modo preciso la condizione della figlia, cogliendo acutamente le manifestazioni fisiche della sua passione dolorosa: il pallore, la stanchezza fisica, lo stato confusionale. scompagna: 94 le tue ossessioni nascono dall’amore. son figlie… d’amore: 96 Io?… d’amor?… Deh! nol credere… T’inganni. MIRRA Più il nieghi tu, più ne son io convinto. CINIRO E certo in un son io (pur troppo!) omai, ch’esser non puote altro che oscura fiamma, 100  quella cui tanto ascondi.                                 Oimè!… che pensi?… MIRRA Non vuoi col brando uccidermi;… e coi detti… mi uccidi intanto…                       E dirmi pur non l’osi, CINIRO che amor non senti? E dirmelo, e giurarlo anco ardiresti, io ti terria spergiura. – 105  Ma, chi mai degno è del tuo cor, se averlo non potea pur l’incomparabil, vero, caldo amator, Peréo? – Ma, il turbamento cotanto è in te;… tale il tremor; sì fera la vergogna; e in terribile vicenda, 110   ti si scolpiscon sì forte sul volto; che indarno il labro negheria…                                              Vuoi dunque… MIRRA farmi… al tuo aspetto… morir… di vergogna?… E tu sei padre?                E avvelenar tu i giorni, CINIRO troncarli vuoi, di un genitor che t’ama 115   più che se stesso, con l’inutil, crudo, ostinato silenzio? – Ancor son padre: scaccia il timor; qual ch’ella sia tua fiamma, (pur ch’io potessi vederti felice!) capace io son d’ogni inaudito sforzo 120   per te, se la mi sveli. Ho visto, e veggo tuttor, (misera figlia!) il generoso contrasto orribil, che ti strazia il core infra l’amore, e il dover tuo. Già troppo festi, immolando al tuo dover te stessa: 125  ma, più di te possente, Amor nol volle. La passïon puossi escusare; ha forza più assai di noi; ma il non svelarla al padre, che tel comanda, e ten scongiura, indegna d’ogni scusa ti rende. 130  e per di più ( ) sono convinto ormai, purtroppo, che quella che tu nascondi tanto non può essere altro che una passione segreta ( ). E certo… ascondi: 99-101 in un oscura fiamma con la spada. coi detti: con le parole. col brando: 102 considererei. terria: 105 innamorato pieno di passione. Ciniro, per tutto il dialogo, si mostra attaccatissimo a questo giovane ingiustamente morto per il misterioso rifiuto della figlia. caldo amator: 108 crudele. fera: 109 la bocca (per sineddoche), la parola negherebbe. il labro negheria: 112 al tuo cospetto, davanti a te. al tuo aspetto: 113 è uno dei conflitti tipici della tragedia classica: da una parte le passioni individuali, dall’altra la legge, il dovere, la volontà degli dèi; in Mirra il conflitto è aggravato dalla natura inconfessabile della sua passione. il generoso…dover tuo: 122-124 hai già fatto troppo, sacrificando te stessa al tuo senso del dovere. Già troppo… te stessa: 124-125 si può giustificare. puossi escusare: 127                             – O Morte, Morte, MIRRA cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda sempre sarai?…                  Deh! figlia, acqueta alquanto, CINIRO l’animo acqueta: se non vuoi sdegnato contra te più vedermi, io già nol sono più quasi omai; purché tu a me favelli. 135  Parlami deh! come a fratello. Anch’io conobbi amor per prova: il nome…                                                     Oh cielo!… MIRRA Amo, sì; poiché a dirtelo mi sforzi; io disperatamente amo, ed indarno. Ma, qual ne sia l’oggetto, né tu mai, 140  né persona il saprà: lo ignora ei stesso… ed a me quasi io ’l niego.                                   Ed io saperlo CINIRO e deggio, e voglio. Né a te stessa cruda esser tu puoi, che a un tempo assai nol sii più ai genitori che ti adoran sola. 145  Deh! parla; deh! – Già, di crucciato padre, vedi ch’io torno e supplice e piangente: morir non puoi, senza pur trarci in tomba. – Qual ch’ei sia colui ch’ami, io ’l vo’ far tuo. Stolto orgoglio di re strappar non puote 150  il vero amor di padre dal mio petto. Il tuo amor, la tua destra, il regno mio, cangiar ben ponno ogni persona umìle in alta e grande: e, ancor che umìl, son certo, che indegno al tutto esser non può l’uom ch’ami. 155  Te ne scongiuro, parla: io ti vo’ salva, ad ogni costo mio. parli. favelli: 135 ho conosciuto l’amore per esperienza diretta. conobbi… per prova: 137 mi costringi. mi sforzi: 138 lo nego. ’l niego: 142 il polisindeto rende l’imperiosa solennità dell’affermazione paterna. Ed io… voglio: 142-143 non puoi essere crudele ( ) con te stessa senza esserlo anche con i genitori, che amano te sola. Né a te… sola: 143-145 cruda da padre severo. di crucciato padre: 146 non puoi morire senza trascinare con te anche noi. morir… in tomba: 148 lo voglio. ’l vo’: 149 la tua mano, il fatto di sposare te. la tua destra: 152 possono certamente trasformare. cangiar ben ponno: 153 anche se di umile condizione. ancor che umìl: 154                         Salva?… Che pensi?… MIRRA Questo stesso tuo dir mia morte affretta… Lascia, deh! lascia, per pietà, ch’io tosto da te… per sempre… il piè… ritragga… 160                                                            O figlia CINIRO unica amata; oh! che di’ tu? Deh! vieni fra le paterne braccia. – Oh cielo! in atto di forsennata or mi respingi? Il padre dunque abborrisci? e di sì vile fiamma ardi, che temi… 165                   Ah! non è vile;… è iniqua MIRRA la mia fiamma; né mai…                                  Che parli? iniqua, CINIRO ove primiero il genitor tuo stesso non la condanna, ella non fia: la svela. Raccapricciar d’orror vedresti il padre, MIRRA se la sapesse… Ciniro… 170                                 Che ascolto? CINIRO Che dico?… ahi lassa!… non so quel ch’io dica… MIRRA Non provo amor… Non creder, no… Deh! lascia, te ne scongiuro per l’ultima volta, lasciami il piè ritrarre.                             Ingrata: omai CINIRO col disperarmi co’ tuoi modi, e farti 175  del mio dolore gioco, omai per sempre perduto hai tu l’amor del padre.                                                Oh dura, MIRRA fera orribil minaccia!… Or, nel mio estremo sospir, che già si appressa,… alle tante altre furie mie l’odio crudo aggiungerassi 180  del genitor?… Da te morire io lungi?… Oh madre mia felice!… almen concesso a lei sarà… di morire… al tuo fianco… Che vuoi tu dirmi?… Oh! qual terribil lampo, CINIRO da questi accenti!… Empia, tu forse?… 185  me ne vada via. il piè… ritragga: 160 folle. forsennata: 163 disprezzi. abborrisci: 164 Mirra si appressa a confessare: ammette che il suo amore non è , cioè di poco valore o indegno, ma “iniquo”, ossia ingiusto, contrario alle leggi di natura. Ah!… fiamma: 165-166 vile non sarà iniquo l’amore ( , cioè la del v. 166) che nutri, se tuo padre stesso non lo condanna per primo ( ). iniqua… non fia: 166-168 ella fiamma primiero facendomi disperare con il tuo atteggiamento. col disperarmi… modi: 175 ai miei tanti tormenti si aggiungerà ( ) il crudele odio di mio padre? alle tante… del genitor?: 179-181 aggiungerassi quale terribile barlume da queste parole, che rivelano a Ciniro la verità misteriosa di Mirra. qual terribil lampo… accenti: 184-185                                                                     Oh cielo! MIRRA che dissi io mai?… Me misera!… Ove sono? Ove mi ascondo?… Ove morir? – Ma il brando tuo mi varrà…*                Figlia… Oh! che festi? il ferro… CINIRO Ecco,… or… tel rendo… Almen la destra io ratta MIRRA ebbi al par che la lingua. 190                                   … Io… di spavento,… CINIRO e d’orror pieno, e d’ira,… e di pietade, immobil resto.                 Oh Ciniro!… Mi vedi… MIRRA presso al morire… Io vendicarti… seppi,… e punir me… Tu stesso, a viva forza, l’orrido arcano… dal cor… mi strappasti… 195  Ma, poiché sol colla mia vita… egli esce… dal labro mio,… men rea… mi moro…                                                          Oh giorno! CINIRO Oh delitto!… Oh dolore! – A chi il mio pianto?… Deh! più non pianger;… ch’io nol merto… Ah! sfuggi MIRRA mia vista infame;… e a Cecri… ognor… nascondi… 200  Padre infelice!… E ad ingojarmi il suolo CINIRO non si spalanca?… Alla morente iniqua donna appressarmi io non ardisco;… eppure, abbandonar la svenata mia figlia non posso… 205  * Rapidissimamente avventatasi al brando del padre, se ne trafigge. mi servirà (a procurarmi la morte). mi varrà: 188 la mia mano è stata pronta, veloce. la destra io ratta ebbi: 189-190 la mescolanza di spavento, orrore, ira e pietà rende efficacemente lo sbigottimento e la sorpresa di questo padre affettuoso e commiserevole nei confronti dell’animo sconvolto della protagonista. Io… immobil resto: 190-192 l’orribile segreto. l’orrido arcano: 195 ma poiché tale segreto ( ) è uscito dalla mia bocca soltanto insieme alla vita (cioè simultaneamente all’atto di uccidermi), io muoio meno colpevole ( ). Ma… mi moro: 196-197 egli men rea moglie di Ciniro, madre di Mirra. Cecri: 200 suicida. svenata: 204 L’attrice Adelaide Ristori nel ruolo di Mirra in un’illustrazione per “The Illustrated London News” del 7 giugno 1856. Collezione privata.  >> pagina 488  Dentro il TESTO I contenuti tematici Quest’opera della maturità – appartenente al gruppo delle ultime tragedie alfieriane – presenta un dramma diverso dagli altri: privo di contenuti politici, è intessuto su un’azione pressoché inesistente e concentrato in dialoghi appassionati che definiscono la complessa psicologia della protagonista. Non assistiamo dunque a un conflitto di potere, ma a un , che Mirra prova inutilmente a soffocare dietro un muro di silenzio. La donna non ha nulla di eroico: il suo dolore sembra piuttosto testimoniare la che Alfieri ha della vita umana, che non risparmia un’anima delicata e innocente dal travaglio di una misteriosa colpa che la consuma. dramma dell’anima concezione pessimistica La fanciulla, del resto, è cosciente dell’abnormità del suo sentimento incestuoso, moralmente inaccettabile perché in conflitto con le radici stesse della convivenza civile, contraddicendo la legge naturale del sangue su cui si basano i rapporti familiari e sociali. Eppure Mirra non è in grado di reprimere il proprio amore e di cancellare il lato oscuro e terribile di sé che lo ispira: la condanna sta nella sua stessa complessa personalità e in una condizione esistenziale che fa convivere nel suo animo la razionalità e l’inconscio, la luce e il buio, un lato del carattere solare e un altro tenebroso. Una creatura in lotta con sé stessa Anche il padre Ciniro è una figura complessa e articolata , che oscilla tra riprovazione e comprensione, tra severità e compassione, e che è al tempo stesso, per Mirra, oggetto del desiderio e nemico da respingere. L’ambiguità e il dramma della contraddizione sconvolgono tutti gli equilibri, rendendo le persone irresolute e incapaci di agire: Mirra ora si abbandona al dolore, ora rimprovera il padre di non comprenderla, ora rifiuta il suo sposo, ora lo piange sinceramente. Solo quando il padre comprende la realtà, la tensione si libera in un grido di dolore. La violenza del dolore La progressione che porta alla confessione di Mirra può essere letta come una sorta di climax *. Ciniro prima è sdegnato per il rifiuto della figlia e parla da genitore autoritario, nell’ottica dell’onore regale e familiare. Poi, per indurla a dichiarare le cause del suo comportamento, fa leva sui sensi di colpa della figlia, rivelandole il suicidio di Pereo: siamo qui di fronte al punto di vista della pietà e della giustizia. Infine assume l’aspetto del padre amorevole, dotato di una sensibilità acuta nel cogliere i segni dell’amore (sensibilità che, come prevede la concezione stilnovistica, egli possiede avendo conosciuto l’amore per prova , cioè in prima persona). È, quest’ultima, la prospettiva degli affetti e della passione amorosa, ed è proprio su questo terreno che Mirra, quando Ciniro minaccia di negarle il suo amore, capitola, tradendo il proprio segreto. Il  climax  della confessione Le scelte stilistiche In queste scene finali svolge , che formano nuclei compatti e si articolano su più versi tramite un uso frequente dell’ *. L’indecisione che attanaglia l’animo di è resa invece con un e una , che indicano la difficoltà a confessare. Le battute della ragazza sono brevi e continuamente interrotte: l’assedio inquisitore delle domande paterne la induce a un balbettio di difficile comprensione, composto quasi esclusivamente da interiezioni e da pause sempre più lunghe. Si tratta di un vero e proprio “ ” reso anche da altri strumenti retorici, come le negazioni, le elusioni e le ambiguità ( / , vv. 43-44). Ciniro discorsi ampi enjambement Mirra verso spezzato sequenza fitta di punti di sospensione linguaggio della reticenza Del mio viver sei signor, tu solo… Due diverse modalità espressive  >> pagina 489  Verso le COMPETENZE Comprendere Descrivi la figura paterna di Ciniro nel suo rapporto con la figlia Mirra, così come emerge da questi versi. 1 Fai la parafrasi dei vv. 150-155. 2 Analizzare Quale figura retorica è presente nell’espressione / ( )? 3 dell’ infelice padre di Peréo, io che son padre ed infelice, io solo vv. 78-79 I puntini di sospensione lasciano quasi sempre intuire alcune parole sottintese (soggetti, verbi, complementi oggetti): rintraccia almeno cinque esempi e spiega a che cosa di volta in volta si allude. 4 Evidenzia alcuni esempi di espressioni ambivalenti da cui la passione di Mirra traspare anche senza essere affermata esplicitamente. 5 Interpretare Confronta il personaggio di Saul con quello di Mirra, mettendo in evidenza analogie e differenze. 6 A che cosa si riferiscono i versi / / / (vv. 77-80)? 7 Il duolo orrendo dell’infelice padre di Peréo, io che son padre ed infelice, io solo sentir lo posso Competenze linguistiche  Individua nel testo i termini afferenti al campo semantico della colpa e della vergogna. 8 La tensione antitirannica 2 I personaggi delle tragedie e la vita stessa di Alfieri sono attraversati, come si è visto, da un , che si rivolge ora contro figure concrete, ora contro forze oscure avvertite come un limite per l’autonomia dell’individuo. Il bisogno di libertà da qualsiasi vincolo e condizionamento si esprime nel , morale e politica. Lo scrittore non mette in dubbio la legittimità del principio di autorità, ma è insofferente, per indole, ai confini che esso impone. Ai suoi occhi, in questo senso, tutte le forme di governo – siano esse monarchiche, oligarchiche o democratiche – minacciano di ingabbiare la personalità degli esseri umani e di inibirne desideri e impulsi. La condanna delle monarchie assolute perenne istinto di ribellione rifiuto di ogni costrizione Le tirannidi contro cui si scaglia la polemica alfieriana sono soprattutto le , alla cui condanna egli unisce quella verso la letteratura servile prodotta dai letterati che gravitavano attorno alle corti. Tuttavia, in una prospettiva più ampia, che trascende il proprio tempo, Alfieri attribuisce il nome di a : tirannide è per Alfieri ogni sistema organizzato che annulla la libertà del singolo, generando paura e terrore. monarchie assolute del Settecento tirannide qualsiasi regime che imponga la propria forza con l’arbitrio, soffocando le virtù dei temperamenti individuali Alfieri si scaglia , in quanto opprimono la libertà individuale. contro tutte le forme della tirannide La lotta del poeta contro questa forma di autoritarismo non può però definirsi davvero una battaglia politica. Il pensiero illuminista su cui egli si è formato non lo porta a elaborare una coerente visione ideologica: come ha scritto Elio Gioanola, «nessuna opera è forse meno politica di quella dell’Alfieri, nel senso che ci si muove sempre tra idee assolute, contrapposizioni radicali, scelte eroiche, indipendentemente da qualsiasi riferimento alla realtà concreta e da qualsiasi articolazione teorica». La tirannide come metafora Il di cui parla Alfieri si delinea come una , come l’incarnazione di un potere sospettoso e crudele, corrotto e corruttore, non limitato da alcuna legge esterna alla sua volontà. In altri termini, l’autore non conduce un’ razionale o storica della tirannide, ma una descrizione , mettendo sotto accusa, con impeto libertario, la figura astratta del tiranno ed esaltando, al contrario, il coraggio della ribellione e lo spirito di libertà del singolo, senza alcuna proposta di azione collettiva. tiranno figura della fantasia poetica analisi cupa e terribile dell’oppressione Il è la del potere opprimente. tiranno rappresentazione poetica  >> pagina 490  Per sconfiggere la tirannide, infatti, Alfieri non fa affidamento sul popolo, che considera un «turpissimo armento» (cioè una mandria spregevole), né sulle pratiche riformatrici elaborate nel secolo dei Lumi. Egli riserva invece la propria dotati di «forte sentire»: personalità che si elevano sul volgo e che, grazie al loro coraggioso antagonismo, scelgono l’ipotesi del o del piuttosto che tollerare di vivere in schiavitù. Una visione aristocratica ammirazione a pochi individui eccezionali tirannicidio suicidio La  , la cui idea di virtù è modellata su Plutarco e sui classici latini, cioè sul culto degli eroi e delle personalità straodinarie. Il disprezzo della tirannide e del popolo, in Alfieri, sono due facce di una stessa medaglia: l’idea del popolo come entità organizzata, portatrice di diritti e di una volontà legittima, è una parte della riflessione politica illuminista che gli rimane sostanzialmente estranea. Il suo   e la sua titanica (   , p. 532) opposizione al proprio tempo lo avvicinano semmai alla sensibilità romantica, che si affermerà di lì a qualche decennio (e che vedrà in Alfieri un proprio precursore). posizione ideologica alfieriana è quella di un aristocratico d’ ancien régime individualismo esasperato ▶ titanismo Il disprezzo che Alfieri nutre sia per la tirannide sia per il popolo esaspera il suo fino a fargli assumere atteggiamenti titanici. individualismo elitario Ambrogio Lorenzetti, (particolare del volto del Cattivo Governo), 1338-1340. Siena, Palazzo Pubblico, Sala della Pace. Allegoria ed effetti del Mal Governo  In questa irriducibile lotta per mantenere l’integrità morale in un universo degradato e liberticida, lo scrittore stesso è un eroe tragico. Nel trattato    : l’artista libero nell’animo, sganciato da qualsiasi vincolo con il potere e dotato di «una sete insaziabile di bel fare e di gloria». Alfieri procede anche a una rigida distinzione degli scrittori, dividendoli tra servi del potere e ribelli al potere: nel primo gruppo si trova per esempio Virgilio (colpevole di essere sceso a patti con la politica ufficiale), nel secondo Dante e naturalmente lo stesso Alfieri. Lo scrittore eroe Del principe e delle lettere il nemico del tiranno è lo scrittore eroe Si afferma in tal modo un’immagine di scrittore sempre controcorrente, che  , e sceglie invece di diffondere un messaggio ideale e assoluto, che spesso gli provoca l’incomprensione dei contemporanei e lo condanna – ma nell’ottica di Alfieri è un privilegio – a un’ascetica e sdegnosa solitudine. Si tratta di una concezione ispirata allo stesso   che ritroviamo nei personaggi delle sue tragedie. rifiuta l’ideale illuministico del letterato riformatore e collaboratore del potere individualismo eroico e antisociale L  per eccellenza è l’artista. ’eroe individualista e antisociale