T3 Come si possa rimediare alla tirannide , libro II, cap. 7 Della tirannide Nel capitolo qui proposto, dal secondo libro del trattato, Alfieri analizza i due modi principali con cui un regime tirannico può essere abbattuto: l’uso della forza da parte di un uomo di «forte sentire» e la degenerazione del tiranno stesso, il quale, comportandosi in modo sempre più scellerato, finisce per esasperare gli animi fino alla rottura dell’equilibrio su cui si reggeva il suo potere. L’autore si scaglia anche contro il dispotismo illuminato e la tirannide moderata, sistemi di governo che all’epoca venivano invece esaltati da molti intellettuali illuministi. Per Alfieri, infatti, la tirannide non è meno pericolosa quando è moderata; lo è anzi di più, perché sottrae goccia a goccia il sangue ai sudditi, in forma subdola e corruttrice, invece di abbandonarsi agli eccessi e quindi rendersi palese. La tirannide, insomma, è un male in sé, sotto qualunque aspetto si presenti, perché toglie all’essere umano quello che ha di più prezioso: l’istinto della libertà e l’impulso a compiere azioni generose. e Oppressione libertà La volontà, o la opinione di tutti o dei più, mantiene sola la tirannide: la volontà e l’opinione di tutti o dei più, può sola veramente distruggerla. Ma, se nelle nostre tirannidi l’universale non ha idea d’altro governo, come si può egli arrivare ad infondere in tutti, o nei più, questo nuovo pensiero di libertà? Risponderò, piangendo, 1 2 che mezzo brevemente efficace a produr tale effetto, nessuno ve ne ha; e 5 che ne’ paesi dove la tirannide da molte generazioni ha preso radice, moltissime ve ne vuole prima che la lenta opinion la disvelga. 3 E già mi avveggo, che in grazia di questa fatal verità, mi perdonano i tiranni europei tutto ciò che finora intorno ad essi mi è occorso di ragionare. 4 Ma, per moderare alquanto questa loro non meno stolta che inumanissima gioja, osserverò; 10 che ancorché non vi siano efficaci e pronti rimedj contro la tirannide, ve ne sono molti tuttavia ed uno principalissimo, rapidissimo, ed infallibile, contra i tiranni. 5 Stanno i rimedj contro al tiranno in mano d’ogni qualunque più oscuro privato: 6 ma i più efficaci e brevi e certi rimedj contra la tirannide, stanno (chi ’l 15 7 crederebbe?) in mano dello stesso tiranno: e mi spiego. Un animo feroce e libero, 8 allor quando è privatamente oltraggiato, o quando gli oltraggi fatti all’universale vivissimamente il colpiscono, può da sé solo in un istante e con tutta certezza efficacemente rimediare al tiranno, col ferro: e, se molti di questi animi allignassero 9 nelle tirannidi, ben presto anco la moltitudine stessa cangierebbe il pensiero, 20 1 0 e si verrebbe così a rimediare ad un tempo stesso alla tirannide. Ma, siccome gli animi di una tal tempra sono cosa rarissima, e principalmente in questi scellerati governi; e siccome lo spegnere il solo tiranno null’altro opera per lo più, che 1 1 1 2 accrescere la tirannide; io sono costretto, fremendo, a scrivere qui una durissima 1 3 verità; ed è, che nella crudeltà stessa, nelle continue ingiustizie, nelle rapine, e nelle 25 atroci disonestà del tiranno, sta posto il più breve, il più efficace, il più certo 1 4 rimedio contra la tirannide. Quanto più reo e scellerato è il tiranno, quanto più oltre spinge manifestamente l’abuso dell’abusiva sua illimitata autorità; tanto più lascia egli luogo a sperare, che la moltitudine finalmente si risenta; e che ascolti ed intenda e s’infiammi del vero; e ponga quindi solennemente fine per sempre a un 30 così feroce e sragionevol governo. È da considerarsi, che la moltitudine rarissimamente 1 5 si persuade della possibilità di quel male che ella stessa provato non abbia, e lungamente provato: quindi gli uomini volgari la tirannide non reputano per 1 6 un mostruoso governo, finché uno o più successivi mostri imperanti non ne han fatto loro funesta ed innegabile prova con mostruosi eccessi inauditi. 35 siccome la tirannide si sostiene unicamente sulla volontà o sul favore del popolo, soltanto la volontà e l’avversione di quest’ultimo – o quanto meno della sua maggioranza – possono distruggerla. Ma, come si capisce dalle righe seguenti, la fiducia di Alfieri nel popolo ( ) è solo apparente, dal momento che esso non ha alcuna idea di una forma alternativa di governo. La volontà… libertà?: 1 l’universale inserti lessicali come questo conferiscono al testo il tipico pathos alfieriano, mostrando come la materia sia trattata dall’autore con partecipazione e coinvolgimento personali. piangendo: 2 nei paesi in cui vige da troppo tempo un regime tirannico non c’è più la percezione della sudditanza, e dunque si rende impossibile ogni forma di ribellione. ne’ paesi… la disvelga: 3 e mi accorgo che, in virtù di questa funesta verità appena esposta, i tiranni europei possono perdonare tutti i miei scritti contro la tirannide. E già… ragionare: 4 il rimedio e è l’assassinio del tiranno. Il tono qui si alza e diventa di vera e propria sfida. rimedj… contra i tiranni: 5 rapidissimo infallibile privato cittadino; chiunque può in ogni momento ribellarsi al tiranno, fatto che rende più amara la constatazione che, specie nei paesi dove la tirannide è più solida, nessuno lo fa. privato: 6 sicuri. certi: 7 gli aggettivi delineano la personalità della figura che il poeta chiama altrove uomo di «forte sentire», e che nel trattato corrisponde alla definizione dello scrittore libero. animo feroce e libero: 8 Del principe e delle lettere con la spada, cioè uccidendolo. col ferro: 9 se molti uomini di questo tipo fossero presenti nei regimi tirannici, anche il popolo ne sarebbe influenzato. se molti… il pensiero: 10 gli uomini di un simile carattere ( ) sono un’eccezione, soprattutto nei governi tirannici. gli animi… governi: 11 di una tal tempra uccidere. lo spegnere: 12 il tirannicidio non porterebbe ad altro risultato che all’ascesa al potere di un altro tiranno, peggiore del primo perché ancora più sospettoso, feroce nelle persecuzioni e rigido nella repressione della libertà. null’altro… tirannide: 13 riposto. posto: 14 irragionevole. sragionevol: 15 il popolo teme soltanto i mali di cui ha avuto lunga e diretta esperienza. La critica alla massa è una costante del pensiero di Alfieri, che ha fiducia solo in piccole élite (le stesse che possono comprendere la sua opera) e nel coraggio di individui liberi ed eroici. la moltitudine… provato: 16 Se in verun conto mai un buon cittadino potesse divenire ministro d’un tiranno, 1 7 ed avesse fermato in sé stesso il sublime pensiero di sagrificare la propria vita, e di più anche la propria fama, per sicuramente ed in breve tempo spegnere la tirannide, costui non avrebbe altro migliore né più certo mezzo, che di consigliare in tal modo il tiranno, di secondare e perfino talmente instigare la sua 40 tirannesca natura, che abbandonandosi egli ad ogni più atroce eccesso rendesse ad un tempo del pari la sua persona e la sua autorità odiosissima e insopportabile a tutti. E dico io espressamente queste tre parole; La sua persona, la sua autorità, e ; perché ogni eccesso privato del tiranno non nuocerebbe se non a lui stesso; a tutti ma ogni pubblico eccesso, aggiuntosi ai privati, egualmente a furore movendo 45 l’universale e gl’individui, nuocerebbe ugualmente alla tirannide ed al tiranno; e li potrebbe quindi ad un tempo stesso interamente entrambi distruggere. Questo 1 8 infame ed atrocissimo mezzo (che io primo il conosco per tale) indubitabilmente 1 9 pure sarebbe, come sempre lo è stato, il solo efficace e brevissimo mezzo ad una impresa così importante e difficile. Inorridito ho nel dirlo; ma vie più inorridisco 50 2 0 in pensare quai siano questi governi, ne’ quali se un uomo buono operar pur volesse colla maggior certezza e brevità il sommo bene di tutti, si troverebbe costretto a farsi prima egli stesso scellerato ed infame, ovvero a desistersi dall’altramente ineseguibile impresa. Quindi è, che un tal uomo non si può mai ritrovare; e che questo sopraccennato rapido effetto dell’abuso della tirannide non si può 55 aspettare se non per via di un ministro scellerato davvero. Ma questi, non volendo perdere del proprio altro che la fama (che già per lo più mai non ebbe); e volendo egli assolutamente conservare la usurpata autorità, le prede, e la vita; questi lascierà bensì diventare il tiranno crudele e reo quanto è necessario per fare infelicissimi i sudditi, ma non mai a quell’eccesso che si bisognerebbe per tutti destargli a furore 60 e a vendetta. 2 1 se mai potesse accadere che. Se in verun conto mai: 17 un ipotetico potrebbe farsi ministro del tiranno e spingere il potere autoritario all’eccesso, suscitando così la ribellione del popolo. Paradossalmente, la degenerazione della tirannide è l’unica condizione per il suo abbattimento. un buon cittadino… distruggere: 18 buon cittadino che io stesso considero tale, cioè . che io primo il conosco per tale: 19 infame tanto più, a maggior ragione. vie più: 20 il ragionamento paradossale continua. Un capace di istigare il tiranno alla violenza non esiste: solo un individuo davvero scellerato potrebbe farlo. Ma quest’ultimo non ne ha l’interesse: egli sa che l’eccesso di arbitrio causerebbe la rovina del tiranno e, di conseguenza, anche la sua. se un uomo buono… vendetta: 21 uomo buono Da ciò proviene, che in questo mansuetissimo secolo cotanto si è assottigliata 2 2 l’arte del tiranneggiare, ed ella (come ho dimostrato nel primo libro) si appoggia su tante e così ben velate e varie e saldissime basi, che non eccedendo i tiranni, o rarissimamente eccedendo i modi coll’universale, e non gli eccedendo quasiché 65 mai co’ privati, se non sotto un qualche velo di apparente legalità, la tirannide si è come assicurata in eterno. Or ecco, ch’io già mi sento dintorno gridare: «Ma, essendo queste tirannidi moderate e soffribili, perché con tanto calore ed astio svelarle e perseguirle?». Perché non sempre le più crudeli ingiurie son quelle che offendono più crudelmente; 70 perché si debbono misurare i mali dalla loro grandezza e dai loro effetti, più che dalla lor forza; perché, in somma, colui che ti cava ogni giorno poche oncie di 2 3 sangue ti uccide a lungo andare ugualmente che colui che ad un tratto ti svena, ma ti fa stentare assai più. Tutte le facoltà dell’animo nostro intorpidite; tutti i diritti dell’uomo menomati o ritolti; tutte le magnanime volontà impedite o deviate 75 2 4 dal vero; e mille e mille altre simili continue offese, che troppo lungo e pomposo declamatore parrei, se qui ad una ad una annoverarle volessi; ove la vita vera dell’uomo consista nell’anima e nell’intelletto, il vivere in tal modo tremando, non è egli un continuo morire? E che rileva all’uomo, che nato si sente al pensare e 2 5 all’operare altamente, di conservare tremante la vita del corpo, gli averi, e l’altre 80 sue cose (e queste né anco sicure) per poi perdere, senza speranza di riacquistarli giammai, tutti, assolutamente tutti, i più nobili e veri pregi dell’anima? è diminuita. si è assottigliata: 22 unità di misura qui utilizzata in senso figurato per indicare una piccola quantità. oncie: 23 diminuiti o sottratti. menomati o ritolti: 24 importa. rileva: 25 >> pagina 493 Dentro il TESTO I contenuti tematici La riflessione politica di Alfieri è radicale quanto utopica: egli ; non ragiona sulle possibili vie che la politica potrebbe perseguire per costruire un sistema di governo nuovo né, tanto meno, è animato da uno spirito di riforma che possa correggere e migliorare lo stato presente delle cose. disprezza il dispotismo con tutto sé stesso, ma non approda alla proposta di un sistema politico alternativo Una visione aristocratica e utopica Alfieri è infuocato da un’idea distruttiva, vagheggiata però in termini piuttosto astratti. Per abbattere la tirannide non si può fare affidamento sull’ (r. 3), cioè sul popolo, sulla moltitudine, sempre dipinta come cieca, sorda e destinata a subire in eterno l’oppressione del potere; la speranza è semmai riposta nelle mani di pochi individui dotati di un (r. 16), capaci di eliminare fisicamente il tiranno. Ma si tratta di una soluzione illusoria: un nuovo tiranno, reso ancor più crudele dalla paura di perdere il potere e la vita, sostituirebbe il primo. universale animo feroce e libero La vera soluzione sta allora nell’azione degli stessi tiranni che, divenendo irragionevoli e sfrenati nel loro esercizio del potere, possono portare il popolo all’esasperazione e alla rivolta. Per argomentare questi passaggi del suo pensiero, Alfieri presenta delle situazioni ipotetiche e paradossali: solo un (r. 36) che si facesse ministro di un tiranno potrebbe spingere costui all’eccesso; ma una tale figura di (r. 51) non esiste, perché (rr. 52-53); d’altra parte, un (r. 56) non spingerebbe il tiranno alla rovina, sapendo che la fine del despota sarebbe anche la sua. Questi paradossi sono funzionali al rigore dell’argomentazione, e mostrano come i punti di riferimento dell’analisi politica alfieriana siano il razionalismo classico e la spregiudicatezza di Machiavelli, mentre la sua sfiducia verso il popolo è indice di un pessimismo che ha le proprie radici culturali nel pensiero reazionario. Il risultato di questa concezione è l’individuazione della più grande minaccia nel dispotismo illuminato e nella tirannide moderata, ossia in quei governi, allora diffusi in Europa, che mascherano e attenuano le forme esteriori dell’autorità, assicurandosi, proprio in virtù di questa mancanza di gesti estremi, una lunga durata. buon cittadino uomo buono si troverebbe costretto a farsi prima egli stesso scellerato ed infame ministro scellerato davvero Un pensiero paradossale? >> pagina 494 Le scelte stilistiche La scrittura trattatistica di Alfieri è , finalizzata com’è a persuadere e a scaldare l’animo dei lettori. In questo passo, come in altri brani della stessa opera, essa si sviluppa con un , accompagnata da un uso insistito del polisindeto* ( , rr. 1-2) che conferisce al testo un . Il procedere del discorso è quello tipico delle dimostrazioni: il ritmo rallenta quando l’autore vuole puntualizzare meglio le sue tesi; si trovano allora anche delucidazioni e domande retoriche, con un frequente uso dei due punti. Il è ; qualche difficoltà nella lettura può invece essere generata dall’alto numero di inversioni* e dalla preferenza per un ( , r. 5). Quest’ultima caratteristica formale risponde da un lato alla ricerca di uno stile oratorio alto, che ha i suoi modelli nella prosa latina, dall’altro alla tendenza alla concisione e alla concentrazione espressiva tipica anche delle tragedie. carica di tensione tono incalzante La volontà, o la opinione di tutti o dei più, mantiene sola la tirannide: la volontà e l’opinione di tutti o dei più, può sola veramente distruggerla ritmo sostenuto lessico di facile comprensione ordine sintattico non lineare mezzo brevemente efficace a produr tale effetto, nessuno ve ne ha Una scrittura sostenuta In alcuni passaggi è particolarmente evidente il dell’autore: per esempio quando afferma che (rr. 8-9), cioè che rinunciano a perseguitarlo, avendo egli dimostrato la saldezza del loro potere; oppure quando dichiara di dire (rr. 4-5) la verità che ha compreso. Il tono neutro di un’esposizione che vuole presentarsi come oggettiva è dunque abilmente variato da componenti maggiormente espressive per ottenere l’adesione psicologica dei lettori. coinvolgimento emotivo mi perdonano i tiranni europei tutto ciò che finora intorno ad essi mi è occorso di ragionare piangendo Il coinvolgimento emotivo Verso le COMPETENZE Comprendere In che modo, secondo Alfieri, può essere abbattuto un regime tirannico? 1 Perché l’autore preferisce una tirannide estrema e violenta a una moderata? 2 Fai la parafrasi delle rr. 14-16. 3 (particolare), copia romana di un bronzo greco, II sec. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. I tirannicidi >> pagina 495 Analizzare Trova nel testo alcuni esempi di sintassi non lineare (anastrofi, iperbati, asimmetrie). 4 Evidenzia altri passaggi (oltre a quelli segnalati nell’analisi) in cui emerga il coinvolgimento emotivo dello scrittore. 5 interpretare A quale secolo si riferisce l’espressione (r. 62)? E perché viene definito ? 6 mansuetissimo secolo mansuetissimo Produrre 7 Scrivere per esporre. Tra i casi più recenti di tirannie rovesciate si possono annoverare gli eventi delle cosiddette “primavere arabe” del 2010 e 2011. Svolgi una ricerca sull’argomento e illustra il fenomeno, evidenziandone gli aspetti positivi ma anche le conseguenze negative, in un testo espositivo-argomentativo di circa 30 righe. Dibattito in classe Nel passo che hai letto, Alfieri giustifica l’uso della forza e della violenza quando lo scopo è l’abbattimento di un tiranno: sei d’accordo con lui o ritieni che bisognerebbe tentare prima altre strade? Discutine con i compagni 8 Il rifiuto del proprio tempo 3 Dopo la conversione letteraria, la cifra esistenziale di Alfieri è la solitudine. L’ in cui il poeta si chiude appare come una rispetto alla massa e al proprio tempo; la stessa scelta del genere tragico – di cui in Italia si deplorava a quel tempo la decadenza ma a cui nessuno aveva trovato il coraggio di accostarsi per recuperarne il prestigio – è una scelta programmatica di originalità e indipendenza, che rimarca l’eccezionalità dell’artista, incline a esprimersi con modalità personali e a cimentarsi in generi poco frequentati. Uno scrittore appartato isolamento rivendicazione di unicità L’attività letteraria di Alfieri si svolge in , nel rifiuto di condizionamenti e mode. solitudine Questo sdegnoso isolamento deve però essere interpretato anche alla luce dei cambiamenti sociali in atto all’epoca. La ribellione di Alfieri nasce infatti, come si legge nell’ della , dalla cappa soffocante rappresentata dalla provincia piemontese in cui egli è nato, circondato da un’aristocrazia incapace di rinnovarsi in un momento di profonde trasformazioni sociali, nell’ambito delle quali la borghesia va assumendo un ruolo sempre più preponderante sul piano economico e politico. Una ribellione integrale incipit Vita Dall’altra parte, che attraversano il secolo dei Lumi. Il suo rapporto con il pensiero illuministico emerge bene dai suoi trattati: esso rappresenta inizialmente una fonte di ispirazione, ma gli elementi razionali vengono presto superati da aspetti emotivi, esistenziali e psicologici che nulla hanno a che spartire con lo spirito empirico dei . Alfieri non riesce a farsi interprete delle spinte riformistiche philosophes Assetato di alte imprese e dotato di superba e indomita volontà, Alfieri supera il razionalismo settecentesco per dedicarsi invece a una , che pone al centro sentimenti, movimenti dell’animo, aspirazioni, desideri e frustrazioni dell’individuo. Se la sua ideologia politica si rivela antiquata, indecisa com’è tra ribellismo utopistico e posizioni conservatrici, gli costituiscono un elemento di novità della sua opera, dando voce alle tendenze preromantiche che si stanno imponendo alla fine del Settecento, e di cui il poeta avverte per primo, in Italia, la forza. Si spiega così la predilezione, nelle tragedie e nelle , per l’individualismo e gli slanci titanici, che esaltano i gesti eclatanti dei protagonisti o dell’io poetico. Una letteratura dell’io letteratura soggettiva aspetti esistenziali e psicologici Rime Questo nuovo spazio assegnato al mondo interiore dei personaggi ha reso Alfieri un vero e proprio . Non è un caso che proprio dai Romantici egli sarà amato, se non addirittura idolatrato, in un processo di mitizzazione che contribuirà a cristallizzare l’immagine del poeta come eroe ribelle. precursore della sensibilità romantica La sua capacità di anticipa la sensibilità romantica. introspezione psicologica >> pagina 496 L’originalità di Alfieri non si riduce comunque all’anticipazione di alcune importanti istanze romantiche. Nelle tragedie, ma anche nei trattati e nelle , sono molti i momenti in cui la brama di libertà diventa , frustrato però da leggi e vincoli che non consentono la realizzazione individuale. Sotto questo aspetto, la letteratura alfieriana intende riflettere una profonda e : in essa si trovano espresse, sia pur trasfigurate da un ego debordante, le che legano l’essere umano alle proprie incertezze, facendolo sprofondare nella e in un destabilizzante . Verso una letteratura psicologica Rime desiderio di affermazione di sé impotenza incapacità di vivere problematiche psicologiche malinconia senso di vuoto e di solitudine Il di Alfieri è intriso di , senso di impotenza e di . titanismo malinconia solitudine T4 Sublime specchio di veraci detti , 167 Rime Sonetto. In questo sonetto del 1786 il poeta delinea un proprio autoritratto, in cui alla descrizione dell’aspetto fisico segue quella del carattere e della psicologia. Metro di un uomo ricco di Descrizione contrasti Asset ID: 158 ( ) let-altvoc-sublime-specchio-di-ver50.mp3 Audiolettura Sublime specchio di veraci detti, mostrami in corpo e in anima qual sono: capelli, or radi in fronte, e rossi pretti; lunga statura, e capo a terra prono; 4 sottil persona in su due stinchi schietti; bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono; giusto naso, bel labro, e denti eletti; pallido in volto, più che un re sul trono: 8 or duro, acerbo, ora pieghevol, mite; irato sempre, e non maligno mai; la mente e il cor meco in perpetua lite: 11 per lo più mesto, e talor lieto assai, or stimandomi Achille, ed or Tersite: uom, se’ tu grande, o vil? Muori, e il saprai. 14 si riferisce al sonetto stesso, nobile riflesso della verità che il poeta si appresta a dichiarare con la descrizione di sé. parole sincere. Sublime specchio: 1 veraci detti: nei miei tratti fisici e nei miei aspetti caratteriali. in corpo e in anima: 2 di un rosso schietto. rossi pretti: 3 capo chino, la posizione che assume chi medita e studia. capo a terra prono: 4 magra. dritti. sottil: 5 schietti: qui significa “sano”. buono: 6 ben fatti. eletti: 7 paragonandosi a un re sul trono (proprio lui che per tutta la vita ha combattuto con la penna i tiranni) Alfieri esprime in modo efficace la propria propensione alla superbia. Il è perché al potere si accompagna inevitabilmente la paura di perderlo (per attentati, congiure ecc.). un re sul trono: 8 re sul trono pallido ora di modi bruschi e aspri, ora dolci e arrendevoli. or duro… mite: 9 di indole malvagia. maligno: 10 ragione e sentimento, in Alfieri, sono sempre in conflitto tra loro. la mente… lite: 11 il poeta adotta la figura retorica dell’antonomasia: i personaggi omerici di Achille e Tersite sono gli emblemi, rispettivamente, del coraggio e della viltà. Achille… Tersite: 13 >> pagina 497 Dentro il TESTO I contenuti tematici In questo celebre sonetto, l’esaltazione della propria personalità esemplare si traduce nella convenzionale costruzione di un autoritratto ideale. Il componimento inaugura il fortunato genere della , in cui si cimenteranno – per non fare che gli esempi più illustri – Ugo Foscolo e Alessandro Manzoni, l’inglese George Byron e il francese François-René de Chateaubriand, indicando proprio questa lirica come modello. descrizione di sé Un modello fortunato Il testo è divisibile in due parti. Nelle quartine* compare un lungo elenco di qualità fisiche che descrivono l’autore: Alfieri ha capelli rossi ormai diradati, è alto, tiene il capo abbassato in segno di meditazione o forse perché chino sui libri, è magro, di carnagione chiara, ha occhi azzurri e, nel complesso, ha un aspetto che definisce sano. Il pallore del volto, paragonato a quello di un re sul trono, prepara la seconda parte, in cui si analizza il carattere. La costruzione della frase si basa qui (si vedano i vv. 9-10) sull’accostamento di aggettivi appartenenti allo stesso campo semantico ma di significato opposto. Il poeta delinea così la propria indole soggetta a repentini cambi di umore (proprio come quella degli eroi delle sue tragedie): a tratti brusco e a tratti mite, sempre adirato ma mai malvagio e, soprattutto, con una parte razionale e una emotiva ( e , v. 11) in perenne contrasto. L’umore oscilla dalla tristezza alla gioia, dall’autoesaltazione (quando si sente un Achille indomito e trionfante) al disprezzo di sé (quando si paragona invece al vile Tersite, che nell’ sobilla la massa contro i re ma finisce per essere ridicolizzato dall’esercito greco: un’identificazione, questa, che forse assillava l’autore, abituato a inveire contro monarchi e tiranni). mente cor Iliade Dalle qualità fisiche a quelle morali François-Xavier Fabre, , 1793. Firenze, Galleria degli Uffizi. Ritratto di Vittorio Alfieri Alla luce di questa descrizione Alfieri propone, in chiusura, una sentenza che va oltre l’ambito autobiografico: egli sostiene che il giudizio definitivo sul carattere di un individuo si possa stabilire soltanto al momento della morte. L’affermazione di carattere generale trasporta così l’autorappresentazione di sé in una dimensione più ampia e assoluta. La conclusione universale Le scelte stilistiche La è resa dalla presenza di molte figure retoriche. Dopo l’apostrofe* del primo verso, segue un’enumerazione* che occupa le due quartine e forma una compatta sequenza descrittiva, conclusa dall’efficace metafora* del (v. 8), un richiamo diretto al tema della tirannide ricorrente in tutta l’opera alfieriana. Nelle terzine* domina invece l’antitesi* degli aggettivi ( e contro e , v. 9; opposto a , v. 10; contro , v. 12, e così via), rimarcata dall’antonomasia* di e (v. 13). solennità del testo re sul trono duro acerbo pieghevol mite irato non maligno mesto lieto Achille Tersite La solennità retorica >> pagina 498 Verso le COMPETENZE COMPRENDERE Fai la parafrasi del sonetto. 1 Quale tipo di carattere emerge dalla lirica? 2 Quali colori prevalgono nella descrizione dell’aspetto fisico? 3 ANALIZZARE Ricava lo schema delle rime. 4 A quali campi semantici fa riferimento il lessico utilizzato? 5 In (v. 6) c’è una figura retorica. Quale? 6 bianca pelle, occhi azzurri Chiasmo. a . b Climax Metafora. c Iperbato. d INTERPRETARE C’è corrispondenza tra la descrizione fisica e quella caratteriale? Motiva la tua risposta. 7 Produrre Osserva a p. 497 il celebre ritratto di François- Xavier Fabre di Vittorio Alfieri. Rispetto al ritratto “a parole” fornito dal sonetto, quali somiglianze e differenze noti? Per quali motivi, secondo te? Scrivi al riguardo un testo espositivo-argomentativo di circa 20 righe. 8 Scrivere per argomentare. Sull’esempio della poesia, scrivi un tuo autoritratto di circa 15 righe in cui vi sia spazio sia per la descrizione fisica sia per quella del carattere e della psicologia. 9 Scrivere per descrivere. T5 La fuga da Parigi , cap. 22 Continuazione della quarta epoca Nell’ultima epoca della Alfieri appare un uomo diverso da quello delle parti precedenti. Nel racconto della sua fuga da una Parigi agitata dai rivoluzionari si può notare come il carattere dello scrittore sia diventato ancor più sdegnoso, essendosi egli attestato su posizioni fortemente reazionarie che lo spingono a una furiosa invettiva contro la Rivoluzione del 1789. Vita Il per il trionfo della disgusto plebe Fuga di Parigi, donde per le Fiandre e tutta la Germania tornati in Italia ci fissiamo in Firenze. Impiegati, o perduti circa due mesi in cercare, ed ammobiliare una nuova casa, nel principio del ’92 ci tornammo ad abitare; ed era bellissima e comodissima. Si 1 sperava ogni giorno, che verrebbe quello di un qualche sistema di cose soffribile; 2 ma più spesso ancora si disperava che omai sorgesse un tal giorno. In questo stato 5 di titubazione, la mia donna ed io (come anche tutti, quanti n’erano allora in 3 4 Parigi ed in Francia, o ci aveano che fare pe’ loro interessi), andavamo strascinando il tempo. Io fin da due anni e più innanzi, avea fatto venir di Roma tutti i miei 5 libri lasciativi nell’83, e da allora in poi li avea anche molto accresciuti sì in Parigi, 6 che in quest’ultimo viaggio di Inghilterra, e d’Olanda. Onde per questa parte poco 10 mi mancava ad avere ampiamente tutti i libri, che mi potessero esser utili o necessarj nella ristretta mia sfera letteraria. Onde tra i libri, e la cara compagna, nessuna consolazione domestica mi mancava; solamente mancavaci la speranza viva, e la verisimiglianza che ciò potesse durare. Questo pensiero mi sturbava da ogni occupazione, 7 e mi tiravo innanzi per traduttore nel Virgilio e Terenzio, non potendo far 15 8 altro. Frattanto, né in quest’ultimo, né all’anteriore mio soggiorno in Parigi io non 9 volli mai né trattare, né conoscere pur di vista nessuno di quei tanti facitori di falsa libertà, per cui mi sentiva la più invincibile ripugnanza, e ne aveva il più alto disprezzo. 10 Quindi anche sino a questo punto, in cui scrivo da più di quattordici anni che dura questa tragica farsa, io mi posso gloriare di esser vergine di lingua di orecchi, 20 11 e d’occhi perfino, non avendo mai né visto, né udito, né parlato con qualunque di codesti schiavi dominanti francesi, né con nessuno dei loro schiavi serventi. andammo (fiorentinismo). tornammo: 1 Alfieri spera nell’arrivo di momenti di quiete e di stabilità sociale dopo lo scoppio della Rivoluzione. Si sperava… soffribile: 2 titubanza, incertezza. titubazione: 3 l’amata contessa d’Albany. la mia donna: 4 passavamo il tempo senza prendere alcuna decisione, senza fare progetti. andavamo strascinando il tempo: 5 sia. sì: 6 distoglieva. sturbava: 7 passavo il tempo traducendo Virgilio e Terenzio. tiravo innanzi per traduttore… Terenzio: 8 nel precedente. all’anteriore: 9 si riferisce ai rivoluzionari. facitori di falsa libertà: 10 la Rivoluzione francese. tragica farsa: 11 Nel marzo di quell’anno ricevei lettere di mia madre, che furon l’ultime: ella vi esprimeva con caldo e cristiano affetto molta sollecitudine di vedermi, diceva, «in 12 paese, dove sono tanti torbidi; dove non è più libero l’esercizio della cattolica 25 13 14 religione, e dove tutti tremano sempre, ed aspettano continui disordini e disgrazie». Pur troppo bene diceva, e presto si avverò; ma quando mi ravviai verso l’Italia, la degnissima e veneranda matrona non esisteva più. Passò di questa vita il dì 23 aprile 1792, in età di anni settanta compiuti. Erasi frattanto rotta la guerra coll’imperatore, che poi divenne generale e fune- 30 15 sta. Venuto il giugno, in cui si tentò già di abbattere intieramente il nome del Re, 16 che altro più non rimaneva; la congiura di quel giorno 20 giugno essendo andata 17 fallita, le cose strascinarono ancora malamente sino al famoso dieci d’agosto, in cui 18 la cosa scoppiò come ognuno sa. Accaduto quest’avvenimento, io non indugiai più neppure un giorno, e il mio 35 primo ed unico pensiero essendo di togliere da ogni pericolo la mia donna, già dal dì 12 feci in fretta in fretta tutti i preparativi per la nostra partenza. Rimaneva la somma difficoltà dell’ottenere passaporti per uscir di Parigi, e del regno. Tanto c’industriammo in quei due o tre giorni, che il dì 15, o 16, già gli avevamo ottenuti 19 come forestieri, prima dai Ministri di Venezia io, e di Danimarca la Signora, 40 che erano quasi che i soli Ministri esteri rimasti presso quel simulacro di Re. 20 Poi con molto più stento si ottenne dalla sezione nostra comunitativa detta 21 du degli altri passaporti, uno per ciascheduno individuo, sì per noi due, Montblanc che ogni servitore, e cameriera, con la pittura di ciascuno, di statura, pelo, età, 22 23 sesso, e che so io. Muniti così di tutte queste schiavesche patenti, avevamo fissato 45 24 la partenza nostra pel lunedì 20 agosto; ma un giusto presentimento, trovandoci allestiti, mi fece anticipare, e si partì il dì 18, sabato, nel dopo pranzo. Appena 25 giunti alla , che era la nostra uscita la più prossima per pigliar Barrière Blanche la via di San Dionigi per , dove ci avviavamo per uscire al più presto di Calais 26 quell’infelice paese; vi ritrovammo tre o quattro soli soldati di guardie nazionali, 50 con un uffiziale, che visti i nostri passaporti, si disponeva ad aprirci il cancello di quell’immensa prigione, e lasciarci ire a buon viaggio. Ma v’era accanto alla 27 28 Barriera una bettolaccia, di dove sbucarono fuori ad un tratto una trentina forse 29 di manigoldi della plebe, scamisciati, ubriachi, e furiosi. Costoro, viste due carrozze che tante n’avevamo, molto cariche di bauli, e imperiali, ed una comitiva 55 30 di due donne di servizio, e tre uomini, gridarono che tutti i ricchi se ne voleano fuggir di Parigi, e portar via tutti i loro tesori, e lasciarli essi nella miseria e nei guai. Quindi ad altercare quelle poche e tristi guardie con quei molti e tristi birbi, 31 32 esse per farci uscire, questi per ritenerci. Ed io balzai di carrozza fra quelle 33 turbe, munito di tutti quei sette passaporti, ad altercare, e gridare, e schiamazzar 60 34 più di loro; mezzo col quale sempre si vien a capo dei Francesi. Ad uno ad uno si leggevano, e facevano leggere da chi di quelli legger sapeva, le descrizioni delle nostre rispettive figure. Io pieno di stizza e furore, non conoscendo in quel punto, 35 o per passione sprezzando l’immenso pericolo, che ci soprastava, fino a tre volte ripresi in mano il mio passaporto, e replicai ad alta voce: «Vedete, sentite; Alfieri 65 è il mio nome; Italiano e non Francese; grande, magro, sbiancato; capelli rossi, son io quello, guardatemi; ho il passaporto; l’abbiamo avuto in regola da chi lo può dare; e vogliamo passare, e passeremo per Dio». Durò più di mezz’ora questa piazzata, mostrai buon contegno, e quello ci salvò. Si era frattanto ammassata più gente intorno alle due carrozze, e molti gridavano: «Diamogli il fuoco a codesti 70 legni». Altri: «Pigliamoli a sassate». Altri: «Questi fuggono; son dei nobili e ricchi, portiamoli indietro al Palazzo della Città, che se ne faccia giustizia». Ma insomma 36 il debole ajuto delle quattro guardie nazionali, che tanto qualcosa diceano per noi, ed il mio molto schiamazzare, e con voce di banditore replicare e mostrare i passaporti, e più di tutto la mezz’ora e più di tempo, in cui quei scimiotigri si 75 37 stancarono di contrastare, rallentò l’insistenza loro; e le guardie accennatomi di 38 salire in carrozza, dove avea lasciato la Signora, si può credere in quale stato, io rientratovi, rimontati i postiglioni a cavallo si aprì il cancello, e di corsa si uscì, 39 accompagnati da fischiate, insulti e maledizioni di codesta genia. E buon per noi che non prevalse di essere ricondotti al Palazzo di Città, che arrivando così due 80 40 carrozze in pompa stracariche, con la taccia di fuggitivi, in mezzo a quella plebaccia 41 si rischiava molto; e saliti poi innanzi ai birbi della Municipalità, si era certi di non poter più partire, d’andare anzi prigioni, dove se ci trovavano nelle carceri 42 il dì 2 settembre, cioè quindici giorni dopo, ci era fatta la festa insieme con tanti 43 altri galantuomini che crudelmente vi furono trucidati. Sfuggiti di un tale inferno, 85 in due giorni e mezzo arrivammo a , mostrando forse quaranta e più volte Calais i nostri passaporti; ed abbiamo saputo poi che noi eramo stati i primi forestieri usciti di Parigi, e del regno dopo la catastrofe del 10 agosto. […] inquietudine per il fatto di sapermi. sollecitudine di vedermi: 12 in un paese (la Francia). in paese: 13 sommosse, tumulti. torbidi: 14 Erasi frattanto… coll’imperatore: 15 era intanto cominciata la guerra con l’imperatore (il 20 aprile 1792 la Francia aveva dichiarato guerra all’imperatore Francesco II d’Austria). il re di Francia Luigi XVI non era stato ancora ghigliottinato, ma era stato esautorato di tutti i poteri; i rivoluzionari volevano deporlo e istituire la repubblica. abbattere… Re: 16 il 20 giugno 1792 i girondini (esponenti di uno dei gruppi politici radicali formatisi nel corso della Rivoluzione) invasero la reggia delle Tuileries. 20 giugno: 17 in questa data avvenne l’insurrezione popolare che portò all’arresto del re. dieci d’agosto: 18 ci adoperammo. c’industriammo: 19 in quanto re ormai solo di nome, non di fatto (il termine indica qui la “parvenza”, la “rappresentazione esteriore”). simulacro di Re: 20 simulacro la sezione del comune parigino in possesso dei loro documenti. sezione nostra comunitativa: 21 descrizione della fisionomia. pittura: 22 capelli. pelo: 23 i certificati ( ) sono “schiaveschi” perché esprimono la condizione di schiavitù dei cittadini, nelle mani della burocrazia. schiavesche patenti: 24 patenti pronti per la partenza. allestiti: 25 porto della Francia settentrionale. Calais: 26 così è designata Parigi in quanto le uscite dalla città sono tutte presidiate e bloccate. immensa prigione: 27 andare in pace. ire a buon viaggio: 28 bettola, taverna dove si può anche alloggiare per la notte. bettolaccia: 29 sono le parti situate sopra il tetto delle carrozze, costruite in modo da potervi sistemare i bagagli. imperiali: 30 (cominciarono) a litigare. ad altercare: 31 malvagi furfanti. tristi birbi: 32 trattenerci. ritenerci: 33 gruppi di persone agitate. turbe: 34 non valutando in quel momento. non conoscendo in quel punto: 35 l’Hôtel de Ville, sede del municipio parigino. Palazzo della Città: 36 espressione originale per sottolineare la bestialità dei rapitori. scimiotigri: 37 creare impedimenti. contrastare: 38 conducenti. postiglioni: 39 non prevalse la volontà di coloro che volevano riportarci indietro. non prevalse di essere ricondotti: 40 il sospetto, l’accusa. la taccia: 41 prigionieri. prigioni: 42 ci avrebbero fatto la festa (cioè ci avrebbero uccisi). ci era fatta la festa: 43 >> pagina 501 Analisi ATTIVA I contenuti tematici Il capitolo descrive la fuga rocambolesca e drammatica di Alfieri da Parigi, insieme all’amata contessa d’Albany. Lo scrittore mostra tutto il suo , che reputa, con un ossimoro, (r. 22), indicando con l’espressione una condizione di subalternità plebea da cui essi non si potranno liberare mai, nemmeno prendendo le leve del potere. Da questi (rr. 17-18) Alfieri dichiara di essersi tenuto sempre alla larga, rifugiandosi nelle consolazioni dell’amore e dello studio. (r. 63), egli intende abbandonare la , che non rappresenta più ai suoi occhi una fucina di libertà, ma una . disprezzo per i rivoluzionari francesi schiavi dominanti facitori di falsa libertà Pieno di stizza e furore Francia terra di violenza, teatro di un regime politico fondato sul terrore La condanna alfieriana degli eventi che hanno scosso la Francia dopo il 1789 mostra come lo che aveva animato la riflessione politica (e il temperamento) dello scrittore fin dalla giovinezza non si rivolga soltanto contro i regimi monarchici e assolutisti, ma anche verso forme di governo democratiche e radicali che, ai suoi occhi, costituiscono una nuova forma di oppressione. Ma il cambiamento di giudizio sulla Rivoluzione francese deriva anche da un mutamento della sua visione del mondo, che lo porta su . spirito antitirannico posizioni sempre più reazionarie Quali sono i motivi per cui Alfieri fugge da Parigi? 1 Individua tutti i termini dispregiativi che Alfieri usa riferendosi ai francesi rivoluzionari e alla Francia. 2 In fuga dalla Rivoluzione La descrizione di sé che Alfieri grida ai rapitori, sfidandoli a viso aperto, ricorda il ritratto che, in forma poetica, compare nel sonetto ( T4, p. 496), e che costituisce il filo rosso della narrazione autobiografica. In realtà, la personalità e il carattere dello scrittore si sono evoluti rispetto ai tempi descritti nelle prime due parti dell’opera: egli non è più un uomo in perenne fuga verso paesaggi estremi; non più l’amante insoddisfatto che passa da una donna all’altra, ma un uomo ormai appagato dai suoi affetti e dalle consolazioni domestiche (rr. 12-13). Sublime specchio di veraci detti ▶ Eppure, nonostante la presenza della contessa d’Albany rassereni l’animo indomito di Alfieri, la continua ad accompagnarlo, anche nell’ultima epoca della . Ad acuire tale stato d’animo si aggiungono qui le difficoltà legate alle circostanze: l’incertezza, l’impossibilità di partire, l’attesa dei passaporti, lo sdegno per la piega presa dagli eventi rivoluzionari. percezione della noia e di un’inquietudine di fondo Vita Individua le espressioni che Alfieri usa per indicare gli eventi che seguiranno alla sua fuga: quale immagine della Rivoluzione ne emerge? 3 Quali sono le reazioni di Alfieri nel momento in cui la sua carrozza viene fermata? Ti sembrano coerenti con la sua personalità? 4 Un uomo che cambia rimanendo fedele a sé stesso Le scelte stilistiche Sul piano stilistico il brano presenta un originale impasto di eroismo avventuroso e abbassamento ironico. Il racconto, pur drammatico, non è infatti privo di momenti quasi comici: tale è per esempio l’atteggiamento dello scrittore durante la discussione con i (rr. 58-59) che lo vorrebbero derubare, quando egli si vede costretto a (r. 74), immagine più ridicola che drammatica. Lo stesso piglio retorico che egli usa con i banditi ( […] , rr. 65-68) contrasta con il contesto tutt’altro che solenne in cui viene adottato. Ironico – o meglio sarcastico – è anche il commento secondo cui (rr. 60-61) è il (r. 61). birbi schiamazzare, e con voce di banditore replicare «Vedete, sentite; Alfieri è il mio nome; Italiano e non Francese; vogliamo passare, e passeremo per Dio» altercare, e gridare, e schiamazzar più di loro mezzo col quale sempre si vien a capo dei Francesi Con che tono vengono descritte le pratiche burocratiche necessarie al rilascio dei passaporti? 5 Eroismo e ironia >> pagina 502 A creare vivacità e turbamento contribuiscono lo stile vibrante, le battute brevi, le esclamazioni ( , r. 68), il ricorso a parole dall’accentuata espressività ( , r. 69; , r. 74, e così via) e il procedimento sintattico di coordinazione per asindeto, che conferisce alle scene un ritmo concitato. per Dio piazzata schiamazzare A partire da quale punto del testo il ritmo narrativo subisce una forte accelerazione? perché? 6 Individua altri esempi di linguaggio fortemente espressivo. 7 Ritmo ed espressività I grandi temi di Vittorio Alfieri 1 La visione tragica l’affinità di temperamento tra Alfieri e gli eroi tragici • la semplificazione delle trame, funzionale alla concentrazione espressiva e all’analisi psicologica dei personaggi • i conflitti esterni (libertà/tirannide) e quelli interiori dei protagonisti • 2 La tensione antitirannica il rifiuto di ogni costrizione morale e politica • la tirannide come figura astratta e come metafora dei limiti imposti alla libertà individuale • l’esaltazione dell’uomo libero e dello scrittore eroe, che soli possono opporsi alla tirannide • 3 Il rifiuto del proprio tempo la sdegnosa solitudine di Alfieri • a sostanziale estraneità allo spirito riformistico settecentesco • una letteratura dell’io che anticipa elementi d ella sensibilità preromantica e romantica • la modernità di Alfieri: malessere esistenziale e incapacità di vivere del personaggio eroe •