T14 Le «urne de’ forti» Terza parte (vv. 151-212) «Le reliquie degli Eroi destano a nobili imprese, e nobilitano le città che le raccolgono (vv. 151-154); esortazione agl’Italiani di venerare i sepolcri de’ loro illustri concittadini; que’ monumenti ispireranno l’emulazione agli studi e l’amor della patria, come le tombe di Maratona nutriano ne’ greci l’abborrimento a’ Barbari (vv. 154-212)». Endecasillabi sciolti. Metro La   delle   dei grandi uomini funzione civile tombe Parafrasi A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta. Io quando il monumento vidi ove posa il corpo di quel grande 155  che temprando lo scettro a’ regnatori gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue; e l’arca di colui che nuovo Olimpo alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide 160  sotto l’etereo padiglion rotarsi più mondi, e il Sole irradïarli immoto, onde all’Anglo che tanta ala vi stese sgombrò primo le vie del firmamento: – Te beata, gridai, per le felici 165  aure pregne di vita, e pe’ lavacri che da’ suoi gioghi a te versa Apennino! Lieta dell’aer tuo veste la Luna di luce limpidissima i tuoi colli per vendemmia festanti, e le convalli 170  popolate di case e d’oliveti mille di fiori al ciel mandano incensi:  Le tombe dei grandi ( ) incitano ( ) gli animi nobili a compiere grandi imprese ( ), o Pindemonte; e rendono bella e sacra la terra che le accoglie ( ) a colui che la visita ( ). Quando vidi la tomba ( ) in cui riposa il corpo di quell’uomo celebre che, fingendo di rafforzare ( ) il potere ai principi ( ), in realtà lo spoglia di ogni nobile parvenza ( ), e svela ai popoli quanto esso grondi di lacrime e sangue; e quando vidi il sepolcro ( ) di colui che a Roma innalzò alla divinità un nuovo tempio degno dell’Olimpo; e quello di colui che vide ruotare sotto la volta celeste ( ) i pianeti ( ), e il Sole illuminarli restando immobile ( ), e con questa teoria ( ) aprì per primo la strada per la comprensione dei moti celesti ( ) all’inglese ( ) che vi spaziò così ampiamente con il suo ingegno ( ): felice te, o Firenze, esclamai, per la tua aria salutare e piena di vita, e per le acque ( ) che dalle sue cime ( ) l’Appennino fa scendere fino a te! La Luna, rallegrata dalla tua aria tersa, ricopre di luce limpidissima le tue colline, festose durante la vendemmia, e le valli circostanti ( ), popolate di case e coperte di uliveti, emettono verso il cielo mille profumi ( ) di fiori: 151-172 l’urne de’ forti accendono egregie cose ricetta al peregrin monumento temprando lo scettro a’ regnatori gli allòr ne sfronda l’arca etereo padiglion mondi immoto onde le vie del firmamento Anglo tanta ala vi stese pe’ lavacri gioghi convalli incensi lo scrittore e politico Niccolò Machiavelli (1469-1527). Sulla scorta di Rousseau, Foscolo propone un’interpretazione del come un testo di ispirazione repubblicana (interpretazione che giungerà sino al critico risorgimentale Francesco De Sanctis), in cui l’autore fiorentino, fingendo di consigliare ai principi come rafforzare il proprio potere, in realtà illustrerebbe ai sudditi il vero volto di esso, spronandoli così a rivoltarsi contro i potenti. quel grande… di che sangue: 155-158 Principe lo scultore, pittore, architetto e poeta Michelangelo Buonarroti (1475-1564); il (una nuova sede adatta alla divinità cristiana, giacché l’Olimpo era quella degli dèi pagani) da lui eretto a Roma è la cupola di San Pietro. colui… a’ Celesti: 159-160 nuovo Olimpo lo scienziato pisano Galileo Galilei (1564-1642), che sostenne la validità scientifica del sistema eliocentrico a partire dalle sue osservazioni con il cannocchiale. chi… immoto: 160-162 allo scienziato inglese Isaac Newton (1642-1727), il quale, partendo dalle scoperte galileiane, sviluppò ulteriormente la conoscenza delle leggi naturali, elaborando la teoria della gravitazione universale. all’Anglo… vi stese: 163 Innocenzo Spinazzi, , XVIII sec. Firenze, Basilica di Santa Croce. Tomba di Machiavelli e tu prima, Firenze, udivi il carme che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco, e tu i cari parenti e l’idïoma 175  désti a quel dolce di Calliope labbro che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma d’un velo candidissimo adornando, rendea nel grembo a Venere Celeste; ma più beata che in un tempio accolte 180  serbi l’itale glorie, uniche forse da che le mal vietate Alpi e l’alterna onnipotenza delle umane sorti armi e sostanze t’invadeano ed are e patria e, tranne la memoria, tutto. 185   e tu per prima, o Firenze, hai udito il poe­ma ( ) che alleviò ( ) lo sdegno del ghibellino esule, e sempre tu hai dato gli amati genitori ( ) e la lingua madre ( ) a quel poeta dolce come le labbra della Musa Calliope, il quale dopo aver spiritualizzato, coprendolo con un velo candidissimo, Amore, che in Grecia e a Roma era stato cantato in modo sensuale ( ), lo restituì ( ) al grembo della Venere celeste; ma sei ancor più fortunata, o Firenze, perché conservi le glorie italiane raccolte in una sola chiesa ( ), forse le sole glorie rimaste da quando le Alpi mal difese ( ) e il corso alterno dei destini umani ti privavano ( ) di armi, ricchezze ( ), altari ( ), territorio ( ), e di tutto fuorché della memoria. 173-185 carme allegrò i cari parenti idïoma nudo rendea in un tempio mal vietate t’invadeano sostanze are patria secondo una notizia divulgata da Boccaccio, qui ripresa da Foscolo e poi smentita successivamente, Dante avrebbe scritto a Firenze i primi sette canti dell’ . e tu… udivi: 173 Inferno Dante, in esilio ( ). Alighieri in realtà non era ghibellino (l’appellativo deriva da Boccaccio) ma guelfo di parte bianca, benché si possa parlare genericamente di “ghibellinismo” (ideologia antipapale) per l’avversione dantesca nei confronti della politica temporale dei papi (in particolare di Bonifacio VIII, il pontefice che fu all’origine del suo esilio) e per l’alta considerazione che Dante aveva del potere imperiale. Ghibellin fuggiasco: 174 fuggiasco non i natali, poiché Petrarca (a cui si riferiscono questo e i versi successivi) era nato ad Arezzo da genitori fiorentini. i cari… l’idïoma: 175 il poeta è detto “labbro di Calliope” con una metonimia che ne fa la “bocca della Musa”, suggerendo inoltre che il suo canto è come la voce della Musa stessa. Calliope, nella mitologia greca, era ispiratrice e protettrice della poesia epica, ma in questo caso rappresenta la poesia in generale. Per Foscolo Petrarca ha consegnato, avendolo spiritualizzato e reso puro, l’Amore, che nell’arte classica presentava una forte componente sensuale, al grembo della Venere celeste. Foscolo stesso spiega: «Gli antichi distinguevano due Veneri: l’una terrestre e sensuale, l’altra celeste e spirituale». Alcuni critici hanno colto nel v. 179 un riferimento alla , che chiude il . a quel dolce… a Venere Celeste: 176-179 dolce Canzone alla Vergine Canzoniere nella chiesa fiorentina di Santa Croce; un ha qui il valore intensivo del latino (“uno solo”). in un tempio: 180 unus il pronome si riferisce in senso grammaticale a Firenze, ma – quanto al senso – all’Italia intera. t’invadeano: 184 eccettuato il ricordo del passato di grandezza. tranne la memoria: 185 Che ove speme di gloria agli animosi intelletti rifulga ed all’Italia, quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi venne spesso Vittorio ad ispirarsi. Irato a’ patrii Numi, errava muto 190  ove Arno è più deserto, i campi e il cielo desïoso mirando; e poi che nullo vivente aspetto gli molcea la cura, qui posava l’austero; e avea sul volto il pallor della morte e la speranza. 195   Cosicché se un giorno ( ) una speranza di gloria splenderà per gli animi coraggiosi ( ) e per l’Italia, proprio da queste tombe ( ) trarremo incitamento all’azione ( ). E a queste tombe ( ) venne spesso Vittorio a cercare l’ispirazione. Adirato con i numi tutelari della patria, camminava in silenzio dove il fiume Arno è più solitario, contemplando ansiosamente ( ) i campi e il cielo; e poiché nessun essere vivente riusciva a placare ( ) il suo tormento ( ), quell’uomo austero trovava riposo qui; e aveva sul volto il pallore della morte vicina e la speranza. 186-195 Che ove animosi intelletti quindi auspici marmi desïoso gli molcea cura Vittorio Alfieri. L’uso del nome proprio per riferirsi al poeta piemontese sta a indicare il sentimento di affinità quasi fraterna che Foscolo sente nei suoi confronti. Vittorio: 189 Alfieri visse a Firenze i suoi ultimi anni, dal 1792 al 1803 (quando morì). il pallor della morte: 195 Con questi grandi abita eterno: e l’ossa fremono amor di patria. Ah sì! da quella religïosa pace un Nume parla: e nutria contro a’ Persi in Maratona ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi, 200  la virtù greca e l’ira. Il navigante che veleggiò quel mar sotto l’Eubea, vedea per l’ampia oscurità scintille balenar d’elmi e di cozzanti brandi, fumar le pire igneo vapor, corrusche 205  d’armi ferree vedea larve guerriere cercar la pugna; e all’orror de’ notturni silenzi si spandea lungo ne’ campi di falangi un tumulto e un suon di tube  e un incalzar di cavalli accorrenti 210 scalpitanti su gli elmi a’ moribondi, e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.  Insieme a questi grandi, egli dimora per l’eternità, e i suoi resti ( ) esprimono ancora, fremendo, l’amore per la patria. Ah, sì! da quella sacra pace si sente provenire una voce divina ( ): la stessa che animò ( ) il valore ( ) e la forza guerriera ( ) dei greci contro i persiani a Maratona, dove Atene consacrò monumenti funebri ai suoi coraggiosi eroi ( ) caduti combattendo. Il navigante che si sia trovato ad attraversare quel mare, costeggiando l’isola di Eubea, vedeva attraverso l’ampia oscurità uno scintillio ( ) di elmi e di spade che si scontravano ( ), i roghi funebri ( ) emanare fuoco e vapori, vedeva fantasmi di guerrieri ( ) scintillanti ( ) di armi di ferro cercare la battaglia ( ); e nello spaventoso silenzio della notte si diffondeva nei campi un prolungato tumulto di schiere combattenti e un suono di trombe ( ) e un incalzare di cavalli che accorrevano ( ), calpestando gli elmi dei feriti a morte, e pianto, e canti di vittoria, e il canto di morte delle Parche. 196-212 l’ossa un Nume nutria la virtù l’ira a’ suoi prodi scintille balenar cozzanti brandi le pire larve guerriere corrusche pugna tube accorrenti Alfieri fu sepolto in Santa Croce, dove la sua amante, la contessa d’Albany, gli fece erigere un monumento, commissionandolo ad Antonio Canova; eterno è aggettivo con valore avverbiale. abita eterno: 196 nella frase il verbo “fremere” è costruito transitivamente (alla latina). L’immagine patriottica di Alfieri tratteggiata in questi versi resterà valida per tutto il Risorgimento. l’ossa… patria: 196-197 in questo caso l’amore per la patria. un Nume: 198 qui, nel 490 a.C., i Greci fermarono l’invasione dell’esercito persiano di re Dario. Sul luogo della battaglia essi eressero in seguito un tumulo in memoria dei caduti. Per Foscolo quella battaglia assurge a simbolo della lotta eroica della patria contro l’oppressione straniera. Maratona: 199 il navigante che solcava il mare presso l’isola di Eubea (oggi Negroponte), di fronte a Maratona. Foscolo scrive in proposito: «L’isola d’Eubea siede rimpetto alla spiaggia dove sbarcò Dario». Il navigante… sotto l’Eubea: 201-202 il verbo introduce la visione fantasmatica di due eserciti in lotta, quello greco vittorioso e quello persiano sconfitto. È stato Foscolo stesso a rivelare che l’idea di tale visione notturna della battaglia di Maratona gli fu suggerita dal geografo greco Pausania (II sec. d.C.), il quale nella sua opera riporta una leggenda secondo la quale «nel campo di Maratona è la sepoltura degli ateniesi morti in battaglia: e tutte le notti vi s’intende un nitrir di cavalli e veggonsi fantasmi di combattenti». vedea: 203 Periegesi della Grecia i roghi su cui venivano bruciati i cadaveri durante i riti funebri. le pire: 205 quello dei feriti e degli sconfitti. delle Parche il canto: il canto delle tre dee del destino, le Parche della tradizione mitologica ellenica (Cloto, Lachesi e Atropo), le quali – scrive Foscolo – «cantando vaticinavano le sorti degli uomini nascenti e morenti». pianto: 212  >> pagina 636 Dentro il TESTO I contenuti tematici La terza parte del carme riprende il dialogo diretto con Ippolito Pindemonte e introduce esempi di “tombe dei grandi”. Machiavelli, Michelangelo, Galileo (ma il poeta non li chiama per nome: si limita a evocarli attraverso le opere del loro ingegno) sono gli uomini gloriosi dei quali Foscolo ha visitato i sepolcri. Ciascuno di essi rappresenta un aspetto della cultura italiana: la critica politica (Machiavelli), l’arte figurativa (Michelangelo), la scienza (Galileo). I monumenti dei grandi protagonisti della Storia incitano chi li visita a compiere imprese (v. 151): la frase di tono epigrafico (vv. 151-152) che apre questa sezione ha una forte valenza enfatica, sottolineata dall’ *, dal chiasmo* ( / ), ma soprattutto dal poliptoto* / , che intende evidenziare la funzione morale del sepolcro che si attiva soltanto in presenza di animi valorosi. egregie enjambement forte animo  urne de’ forti forte forti La   concezione foscoliana della Storia   rivela dunque il suo   carattere aristocratico : sono pochi uomini illustri, non le masse anonime, a determinare il corso degli eventi. L’ideale antitirannico e libertario può essere incarnato esclusivamente da individui eccezionali: Machiavelli (presentato, con un’evidente distorsione interpretativa, come un difensore della libertà che svela implicitamente la violenza del potere); Dante, emblema dell’impegno civile; infine Alfieri, inquieta e solitaria figura che freme di amor di patria (v. 197), vero   alter ego , sdegnato e malinconico, dell’autore. Sia Dante sia Petrarca (anch’egli ricordato), pur non essendo sepolti a Firenze (Dante fu tumulato a Ravenna, Petrarca ad Arquà), vengono inclusi nell’ideale pantheon italiano che dalla città toscana estende la propria fama al resto della nazione. Il valore storico della tomba Proprio perché ospita i resti di questi eroi esemplari Firenze integra le proprie bellezze naturali (le , v. 166; i / , vv. 166-167; la , v. 169) con i valori morali trasmessi dalle sepolture di , il in cui sono riunite l’ (v. 181). L’invito alle (v. 151) insito nella chiesa fiorentina è sempre valido allo stato latente, anche nel degrado che opprime l’Italia. Se verrà un giorno della riscossa sarà qui che si trarranno gli auspici per l’azione, realizzando quell’appello a cui gli italiani del presente sono sordi. aure pregne di vita lavacri che da’ suoi gioghi a te versa Apennino luce limpidissima Santa Croce tempio itale glorie egregie cose Lo sguardo che Foscolo fissa sull’Italia contemporanea è sempre quello di Jacopo Ortis: anche il protagonista del romanzo aveva visitato la basilica fiorentina («Dianzi io adorava le sepolture del Galileo, del Machiavelli e di Michelangelo; contemplandole io tremava preso da un sacro brivido», lettera da Firenze del 27 agosto); anche lui aveva espresso il desiderio di incontrare il vecchio Alfieri, all’epoca ancora in vita. Ora, parlando in prima persona senza il filtro romanzesco, il poeta continua a deprecare il vuoto di ideali, l’assenza di un’effettiva prospettiva di cambiamento: in quella chiesa tuttavia che può ancora compensare, attraverso la (v. 185), la perdita di identità dell’Italia sul piano militare, economico, culturale e politico ( […] / , vv. 184-185). sopravvive una grandezza memoria armi e sostanze ed are e patria La memoria come fonte di riscatto  >> pagina 637  Malgrado tutto la fiducia nella rinascita delle virtù non viene meno: con una rapida transizione ottenuta attraverso il più semplice dei nessi coordinanti ( , v. 199), Foscolo collega Santa Croce a un altro esempio a essa parallelo, il monumento funebre eretto in ricordo dei caduti di Maratona. I due luoghi svolgono infatti una funzione analoga: anche in Grecia, come nel pantheon italiano, (v. 198), in memoria non solo della battaglia contro i persiani invasori, ma anche della perenne lotta per la libertà e contro l’oppressione. Le tombe dei (v. 200) caduti e la complessa “visione” che si sviluppa nei versi successivi rinnovano il concetto dell’importanza della memoria e preparano l’epilogo del carme con il racconto del mito (presente nella quarta e ultima parte del testo), che proietterà su un orizzonte astorico il significato immortale della tomba. L’ultima parola della sezione, il (v. 212) delle Parche, introduce a sua volta la celebrazione finale del valore della poesia. e nutria contro a’ Persi… un Nume parla prodi canto Da Firenze a Maratona La Basilica di Santa Croce, Firenze. Le scelte stilistiche La sequenza si apre nel segno della , con evidenti concessioni alla declamazione oratoria: abbondano nei primi versi inversioni, iperbati*, vocativi enfatici ( , v. 152; , v. 165; […] , v. 173) e il lessico è segnatamente aulico ( , v. 159; , v. 160; , v. 161; , v. 166; , v. 168). solennità o Pindemonte Te beata e tu Firenze arca Celesti etereo padiglion lavacri aer Un   solenne incipit  >> pagina 638  Le soluzioni stilistiche non sono però monocordi: in questa terza sezione del carme si riscontra infatti un , in cui si alternano frasi lapidarie di carattere sentenzioso (i primi due versi), momenti lirici più distesi (come quello dedicato alla descrizione delle bellezze di Firenze), passaggi di intonazione epica (come avviene nella visione della battaglia di Maratona). A unire le varie parti, ritornano le transizioni, che repentinamente spostano il piano del discorso poetico da un argomento all’altro, talvolta anche con qualche forzatura, come accade per esempio ai vv. 197-199, in cui dalla celebrazione delle tombe di Santa Croce si passa al ricordo dei sepolcri di Maratona: la locuzione affermativa cuce tra loro il presente (Santa Croce) e il passato (la Grecia antica). ampio ventaglio di variazioni di tono Ah sì La varietà dei registri La visione della battaglia di Maratona, che riecheggia nella memoria e negli occhi del (v. 201) che solca il mare Egeo, avviene mediante la fusione di immagini epiche e suggestioni preromantiche, come quella che induce il poeta a rinnovare l’eco notturna dello scontro, rivissuto tra vane parvenze e fantasmi impalpabili, e a insistere su scelte lessicali fortemente evocative ( , v. 206; / , vv. 207-208; , v. 211). Anche il ritmo dei versi accentua la , che si fa incalzante grazie al polisindeto*, alle allitterazioni* delle consonanti e ai vv. 210-212 ( […] ) e all’insistenza nell’uso di vocali dal suono cupo come la ( , v. 205; , v. 207; , v. 207; , v. 208; , v. 209; , v. 209). La sezione si chiude invece con un verso di tenore ritmico opposto ( , v. 212), reso solenne dall’anastrofe* e scandito dalle cesure e dal polisindeto* ( […] […] ) che stavolta crea, mediante l’enumerazione*, un effetto di lentezza. navigante larve guerriere orror de’ notturni silenzi moribondi tensione emotiva nt nd cavalli accorre nt i / scalpita nt i su gli elmi a’ moribo nd i, / e pia nt o e delle Parche il ca nt o u corr u sche p u gna nott u rni l u ngo t u m u lto t u be e pianto, ed inni, e delle Parche il canto e ed e Il  della battaglia pathos  Verso le COMPETENZE Comprendere Quali sono le imprese compiute dai (v. 152) che riposano a Santa Croce? 1 forti  Nomi dei grandi Imprese compiute       Celebrando Firenze, Foscolo la chiama (v. 165) in particolare per via di due grandi letterati: chi sono e quale rapporto li lega alla città? 2 beata In quali versi si allude alla situazione presente dell’Italia? Quale funzione possono avere le tombe in Santa Croce per modificarla e a quale condizioni? 3 Analizzare Trova nel testo i riferimenti che il poeta fa a sé stesso. In che modo la sua figura biografica entra nello sviluppo argomentativo del carme? 4 Al v. 172 ( ) troviamo due figure retoriche. Individuale tra queste. 5 mille di fiori al ciel mandano incensi  Iperbole. a  Iperbato. b  Poliptoto. c  Figura etimologica. d Interpretare In che senso Alfieri può essere considerato una “controfigura” dell’autore? 6 Quale nesso collega la chiesa di Santa Croce, a Firenze, e il luogo in cui si è svolta la battaglia di Maratona? 7 COMPETENZE LINGUISTICHE Individua nel testo e spiega almeno 5 latinismi. 8