T10 I bravi minacciano don Abbondio Cap. 1 È l’inizio del romanzo. Il narratore dapprima descrive lo scenario della vicenda, tratteggiando un pittoresco paesaggio lombardo, incastonato fra le montagne e il lago di Como; poi fa entrare in scena don Abbondio, un parroco di campagna che la sera del 7 novembre 1628, di ritorno da una passeggiata, si trova di fronte due loschi figuri che hanno in serbo per lui una grave minaccia. La di un uomo paura debole Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte 1 di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di 2 3 quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi 4 congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, 5 e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, 5 l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in 10 6 vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la 7 costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, 15 8 9 in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il 10 11 lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; 12 il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, 13 che si prolungano su per la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in 20 14 parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno 15 d’oggi, e che s’incammina a diventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che 16 prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e 17 aveva perciò l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e 25 alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia. Dall’una 18 all’altra di quelle terre, dall’alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, 30 19 sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di 20 cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa 21 nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, 22 e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce 35 a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e 23 variato specchio dell’acqua; di qua lago, chiuso all’estremità o piuttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti, co’ paesetti posti sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, 40 che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra’ monti che l’accompagnano, 24 degradando via via, e perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo stesso 25 da dove contemplate que’ vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, 26 27 distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi 45 ciò che v’era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco 28 innanzi vi si rappresentava sulla costa: e l’ameno, il domestico di quelle falde 29 tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell’altre vedute. 30 31 una delle due diramazioni del lago, quella che si dirige verso sud. Quel ramo… mezzogiorno: 1 le Alpi Orobie a est e i monti della Brianza a ovest. tra due catene… di monti: 2 insenature. seni: 3 pendio tra il monte e la riva. costiera: 4 vicini, confinanti. contigui: 5 parola. voce: 6 di modo che non c’è nessuno che, appena lo vede standogli di fronte, non lo distingua ( ) immediatamente ( ), per questa sua caratteristica particolare ( ) in mezzo a quella lunga e ampia catena montuosa ( ), dagli altri monti che hanno un nome meno famoso e una forma più usuale. talché… di forma più comune: 7 discerna tosto contrassegno giogaia pendice dei monti. costa: 8 poco ripido e graduale. lento e continuo: 9 si frastaglia in collinette e strette valli, in pendii scoscesi e zone pianeggianti. si rompe… ispianate: 10 struttura. ossatura: 11 parte della costa più bassa. lembo estremo: 12 di paesi, di villaggi, di case sparse. di terre, di ville, di casali: 13 sulla. alla: 14 è in piena. ingrossa: 15 s’avvia. s’incammina: 16 roccaforte con guarnigione di soldati. castello: 17 per rendere meno fitti i grappoli, vale a dire per rubare l’uva. per diradar l’uve: 18 tuttora. tuttavia: 19 da dove. donde: 20 prospettive, panorami. prospetti: 21 nuovi in qualche parte. qualcosa nuovi: 22 a seconda dello spazio più o meno ampio inquadrato, e a seconda che questa o quella parte si stagli sullo sfondo o appaia di scorcio, spunti o sparisca del tutto. secondo che… a vicenda: 23 sempre. pur: 24 digradando, scendendo lentamente. degradando: 25 sulle cui pendici passeggiate. di cui passeggiate le falde: 26 vi dispiega in alto e tutt’intorno le sue vette e le sue ripide pareti. vi svolge… balze: 27 orlandosi in profili montuosi ciò che prima era sembrata una sola catena. contornandosi… giogo: 28 l’aspetto piacevole per natura ( ) e per la presenza umana, legata ai campi coltivati ( ). l’ameno, il domestico: 29 l’ameno il domestico attenua. tempera: 30 ancora di più. vie più: 31 Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, 32 sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628, don Abbondio, curato d’una 50 33 delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente 34 il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario, tenendovi 35 36 dentro, per segno, l’indice della mano destra, e, messa poi questa nell’altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un 55 piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte d’un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, 37 si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora. 38 Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a 60 39 una voltata della stradetta, dov’era solito d’alzar sempre gli occhi dal libro, e 40 di guardarsi dinanzi: e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia 41 d’un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l’altra 42 scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che 65 all’anche del passeggiero. I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad 43 angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, 44 serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell’intenzion dell’artista, e agli 45 occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: 70 46 anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche 47 scalcinatura qua e là. Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com’era solito, 48 lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno dirimpetto all’altro, al confluente, 49 per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, 75 con una gamba spenzolata al di fuori, e l’altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era giunto il curato, si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull’omero sinistro, 80 50 terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme 51 ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e 52 a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul 53 petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d’un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata 85 54 a lamine d’ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si 55 56 davano a conoscere per individui della specie de’ bravi. 57 […] pacifico e tranquillo. bel bello: 32 parroco. curato: 33 a questo punto del manoscritto dell’Anonimo, dal quale Manzoni finge i ricavare la materia della storia. a questo luogo: 34 le preghiere stabilite per quel momento della giornata. ufizio: 35 libro delle preghiere. breviario: 36 fenditure. fessi: 37 ritagli di stoffa di colore rosso. pezze di porpora: 38 brano. squarcio: 39 svolta. voltata: 40 a forma. a foggia: 41 conduceva alla casa del curato, alla canonica. menava alla cura: 42 ai fianchi di un viandante che passasse da quelle parti. all’anche del passeggiero: 43 nicchia con immagini sacre. tabernacolo: 44 con una punta. in punta: 45 stavano a rappresentare. volevan dire: 46 grigiastro. bigiognolo: 47 alzando. dirizzando: 48 al bivio. al confluente: 49 sulla spalla. sull’omero: 50 fiocco. nappa: 51 baffi. mustacchi: 52 nel Seicento le armi da fuoco si caricavano con la polvere da sparo, custodita nell’apposito recipiente. un piccol… polvere: 53 l’elsa, la protezione dell’impugnatura. guardia: 54 disposte come a formare le iniziali di un nome. congegnate come in cifra: 55 nitide. forbite: 56 si facevano riconoscere. si davano a conoscere: 57 [Una digressione storica chiarisce come i bravi fossero dei soldatacci al servizio dei nobili, che nella società del tempo godevano di un’impunità pressoché totale, nonostante i provvedimenti presi contro di essi dal governo spagnolo.] Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo 58 evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l’aspettato era lui. Perché, al suo apparire, coloro s’eran guardati in 90 59 viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s’era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio 95 incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a se 60 stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio 61 consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s’avvicinavano, 100 guardandolo fisso. Mise l’indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia 62 all’indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell’occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un’occhiata, al di sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno; un’altra più modesta sulla strada 105 63 dinanzi; nessuno, fuorché i bravi. Che fare? tornare indietro, non era a tempo: 64 darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté, 110 fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini, 65 disse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due piedi. là. ivi: 58 da certi gesti. per certi atti: 59 all’improvviso. a un tratto: 60 la testimonianza. il testimonio: 61 sistemarlo. raccomodarlo: 62 timorosa. modesta: 63 non era il caso. non era a tempo: 64 uomini perbene; naturalmente è ironico. galantuomini: 65 «Signor curato», disse un di que’ due, piantandogli gli occhi in faccia. «Cosa comanda?», rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo. 115 «Lei ha intenzione», proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia, «lei ha intenzione di 66 maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!». «Cioè...», rispose, con voce tremolante, don Abbondio: «cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato 120 non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune». 67 68 «Or bene», gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne di comando, «questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai». 69 «Ma, signori miei», replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di 125 chi vuol persuadere un impaziente, «ma, signori miei, si degnino di mettersi ne’ miei panni. Se la cosa dipendesse da me... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca...». 70 «Orsù», interruppe il bravo, «se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe 71 in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... 130 lei c’intende». «Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli...» «Ma», interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, «ma il matrimonio non si farà, o...», e qui una buona bestemmia, «o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e...», un’altra bestemmia. 135 «Zitto, zitto», riprese il primo oratore: «il signor curato è un uomo che sa il viver 72 del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché 73 abbia giudizio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente». Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d’un temporale 140 74 notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand’inchino, e disse: «Se mi sapessero suggerire...». mascalzonata. ribalderia: 66 banca. banco: 67 della comunità. del comune: 68 non si deve. non s’ha da: 69 nessun vantaggio. nulla in tasca: 70 chiacchiere. ciarle: 71 quello che aveva per primo preso la parola. L’espressione è ironica. il primo oratore: 72 sa come vanno le cose. sa… del mondo: 73 nel culmine. nel forte: 74 «Oh! suggerire a lei che sa di latino!», interruppe ancora il bravo, con un riso 75 tra lo sguaiato e il feroce. «A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo 145 avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm.... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo?» «Il mio rispetto...» «Si spieghi meglio!» 150 «... Disposto... disposto sempre all’ubbidienza». E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato più serio. «Benissimo, e buona notte, messere», disse l’un d’essi, in atto di partir col 76 compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio 155 per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. 77 «Signori...», cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più dargli udienza, presero la strada dond’era lui venuto, e s’allontanarono, cantando 78 una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbondio rimase 79 un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette 160 che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che parevano aggranchiate. 80 conosce il latino, e quindi è una persona istruita. sa di latino: 75 appellativo dato ai parroci nel Seicento. messere: 76 evitarli. iscansarli: 77 ascolto. udienza: 78 dal manoscritto dell’anonimo. non voglio trascrivere: 79 rattrappite. aggranchiate: 80 >> pagina 879 Dentro il TESTO I contenuti tematici Dopo un’iniziale sequenza descrittiva (su cui torneremo a proposito dello stile), il primo a capo segnala l’inizio di una nuova sequenza, di taglio prettamente narrativo. Una delle (r. 49) vede la presenza di un pacifico parroco di campagna, che torna (r. 49) da una passeggiata. Il nome del prete, Abbondio (frequente in quelle zone), suggerisce un’idea di calma e bonarietà: sennonché la precisa indicazione cronologica – è la sera del 7 novembre 1628 – riporta ai tempi cupi della dominazione spagnola. stradicciole bel bello In quella via, e in quella giornata, sta per avviarsi . Ma don Abbondio lo ignora: avanza per la sua strada al tramonto, recitando come di consueto le preghiere. Gli avverbi ( , r. 52; , r. 57) sottolineano la situazione di routine, che si incrina solo quando, alzati gli occhi verso un crocicchio, vede due uomini fermi in attesa, nei pressi di un tabernacolo. La scena è condotta secondo il suo punto di vista: il prete si accorge subito del loro atteggiamento ambiguo e dell’aspetto poco rassicurante. Ben curati nella persona, a partire dai baffi arricciati e dal ciuffo, portano indosso, in bella vista, una serie di armi, a modo loro eleganti: le pistole attaccate al lucido cinturone di cuoio, il corno con la polvere da sparo pendente sul petto come una collana, il coltello che spunta dagli (r. 5), lo spadone dalla splendida guardia, (rr. 85-86). Sono : cioè due uomini appartenenti a una delle tante milizie private messe in piedi dai nobili del Seicento, perfetti rappresentanti di un’epoca caratterizzata dal dilagare della violenza e dal gusto dell’esibizione sfarzosa. la faccenda su cui verte l’intero romanzo tranquillamente oziosamente ampi e gonfi calzoni traforata a lamine d’ottone due bravi A questo preciso ritratto Manzoni aggiunge una digressione storica, che spiega la presenza di questi individui nella società lombarda del XVII secolo, e nel contempo accresce la suspense nel lettore, impaziente di scoprire cosa ci stiano a fare, in una stradicciola di campagna. Quando si ritorna alla narrazione il punto di vista è sempre quello di don Abbondio, che si rende conto di essere atteso. I due si guardano fra loro e gli si fanno incontro. Il parroco si guarda intorno ma non ha vie d’uscita, né persone alle quali chiedere aiuto. È disarmato e solo, come rimarca la triplice anafora di (rr. 104, 105, 106). Decide allora di affrettare il passo, e dissimulare la paura che lo pervade. nessuno La passeggiata di don Abbondio >> pagina 880 (r. 112), dice mentalmente don Abbondio quando si trova di fronte i due bravi. “Ci siamo”, potrebbe ripetere il lettore, che si trova di fronte al momento chiave del romanzo, in cui l’ingiustizia dei tempi si concretizza in un episodio preciso. Inizia infatti un dialogo nel quale compare l’ostacolo che mette in moto la vicenda: i bravi gli vietano di celebrare le nozze fra i due promessi sposi, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella ( , r. 124). Il parroco non si ribella, né difende i diritti dei due malcapitati, anzi li accusa di aver fatto (r. 121) senza pensare a nient’altro. Subito dopo precisa di non avere alcun interesse materiale nella questione: (rr. 127-128). Ci siamo questo matrimonio non s’ha da fare, né domani né mai i loro pasticci a me non me ne vien nulla in tasca Affiora così il , in dubbio sul da farsi, come evidenzia la frequenza di frasi lasciate a mezzo e chiuse con i puntini, che troviamo nelle battute dei bravi solo per intimidire: (r. 130). I due sgherri ricorrono piuttosto a frasi esclamative. L’uno apre la bocca per sbraitare bestemmie e minacce, l’altro – sprezzante e sarcastico – porge un saluto per conto dell’ (r. 138). Don Abbondio capisce al volo, e si profonde in un inchino istintivo al mandante, un pericoloso signorotto locale che conosce di fama. Il dialogo, iniziato con un formale (r. 114), si conclude con una professione di “ubbidienza” che lascia soddisfatti i bravi. Le figure sacre del tabernacolo sono testimoni del tradimento di don Abbondio, che invece di restare fedele ai doveri imposti dal suo ruolo si piega alla . Questo parroco, commenta poco oltre il narratore con un’ironica litote, «non era nato con un cuore di leone». carattere vigliacco e volgare di don Abbondio Uomo avvertito… illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone cosa comanda? legge della violenza Il tradimento di un prete pavido Le scelte stilistiche Lo scenario della vicenda, nei primi capitoli dei , è il pittoresco paesaggio dei borghi sul versante orientale del lago di Como, stretti fra l’acqua e le montagne. Dove terminano golfi e insenature, le sponde si stringono e sorge il ponte di Lecco: là punta , che , quasi fosse in volo, o lo esaminasse su una carta geografica dettagliata; poi si distanzia, sino a immaginare un osservatore che da Milano riconosca l’inconfondibile profilo frastagliato del Resegone. Ma subito la prospettiva si riavvicina e mette a fuoco la città di Lecco, precisando che la storia si svolge in tempi lontani, quando la Lombardia era sotto il giogo degli spagnoli, sui quali viene espresso un giudizio fortemente negativo. Promessi sposi lo sguardo del narratore percorre minuziosamente il panorama dall’alto Emerge così il , che sarà cruciale nel romanzo, temperato spesso dall’ironia, come avviene già qui, quando si dice che i soldati (rr. 25-27) e saccheggiavano in autunno le vigne, per (r. 28). Dopodiché il narratore torna alla descrizione dei luoghi, concentrandosi sulle stradine che s’intersecano a mezza collina, offrendo magnifici scorci del lago, con i paesetti che vi si riflettono capovolti. Ogni riga lascia intuire l’ammirato affetto di Manzoni, che in quelle terre trascorse buona parte dell’infanzia. tema dell’ingiustizia insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia La tensione descrittiva >> pagina 881 Verso le COMPETENZE COMPRENDERE 1 Dividi il brano letto in quattro sequenze principali, dando a ciascuna un titolo e indicando di che tipo sono. 2 A quale manoscritto si fa riferimento alla riga 52 ? 3 Da quali segni don Abbondio comprende che i due bravi stavano aspettando proprio lui? 4 Qual è la prima reazione di don Abbondio alla vista dei bravi? ANALIZZARE 5 Individua, nella sequenza descrittiva iniziale, almeno un esempio delle seguenti figure retoriche: a) anafora; b) poliptoto; c) allitterazione. 6 La descrizione iniziale è costruita su numerose antitesi? Quali riesci a individuare? Rispondi facendo opportuni esempi. 7 Quali caratteristiche di don Abbondio emergono dalla sua descrizione? Motiva la tua risposta facendo riferimento al testo. 8 Nel colloquio con don Abbondio, i due bravi fanno grande uso della strategia della reticenza: in quali punti? Che scopo ha questa strategia? INTERPRETARE 9 A proposito del matrimonio ch e non s’ha da fare (r. 124), don Abbondio dice ai br avi: Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune (rr. 120-122). Quale concezione dell’amore e del ruolo del sacerdote emergono da queste parole di don Abbondio? Esponi le tue considerazioni. 10 Dalla descrizione iniziale e dal comportamento dei bravi, quale giudizio emerge sul dominio spagnolo in Italia e sul modo in cui esso gestisce il potere? 11 Quali sono i motivi per cui, secondo te, Manzoni fa così spesso ricorso all’arma dell’ironia? Quali scopi si propone? 12 Per quale motivo, a tuo giudizio, il narratore si esprime con apparente, indulgente bonarietà, quando evidenzia le miserie morali di don Abbondio? Produrre 13 Scrivere per rielaborare. Ricostruisci in circa 15 righe e in forma indiretta il dialogo tra il curato e i bravi. Riscrivi il passo in cui il narratore descrive la dominazione spagnola, ma con aspri toni di denuncia, facendo emergere chiaramente le prevaricazioni e le prepotenze subite dalla popolazione. 14 Scrivere per raccontare. Chi sono, oggi, i “bravi” e perché? Argomenta la tua risposta in un testo di circa 30 righe. 15 Scrivere per argomentare. Francesco Gonin, , illustrazione per la Quarantana. Don Abbondio e i bravi