I grandi temi Il «fanciullino» 1 Pascoli fissa le linee di fondo della sua riflessione sulla poesia nel saggio , apparso a puntate sulla rivista “Il Marzocco” dal gennaio all’aprile del 1897. L’idea centrale è che anche nell’età adulta di ogni individuo sopravviva un fanciullo che osserva il mondo e «vede tutto con meraviglia, tutto come per la prima volta». Di questa parte infantile e irrazionale dell’io il poeta sa ascoltare e trascrivere la voce: alla stregua di un «Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente», egli utilizzerà una , senza la malizia e le prescrizioni sociali che snaturano le strategie comunicative dell’individuo. La verità delle cose e del mondo si rivelerà in tal modo autentica, priva di retorica, finalmente pura e libera da ogni condizionamento culturale. La meraviglia di fronte al mondo Il fanciullino lingua «ingenua» Nel è esposta la di Pascoli: la poesia può esprimere la se osservate con lo del fanciullino che è in ognuno di noi. Fanciullino poetica verità delle cose sguardo puro e stupito La rivendicazione del potere conoscitivo del linguaggio poetico, un aspetto che Pascoli ritiene determinante nella sua vocazione letteraria, si accompagna a una : quest’ultima non sarà più sulla logica razionale del reale, che si limita a distinguere e catalogare, ma . La poesia diventa il luogo della conoscenza istintiva delle cose, della loro riscoperta con uno sguardo pieno di stupore, grazie al quale si può penetrare nella , nella sua più intima e recondita essenza, nel mistero e nell’«abisso della verità». La natura intuitiva della poesia nuova concezione della poesia fondata sull’intuizione e sull’immaginazione profondità della natura L’emozione e la sensibilità percettiva del «fanciullino» possono così rivelare il che risiede anche negli oggetti più umili. La candida contemplazione della realtà ne rivela aspetti di solito considerati di minor rilievo e dunque trascurabili, dei quali vengono invece scoperti i significati nascosti, che si annidano sotto l’apparenza. valore segreto Il , ossia estraneo alla logica, in qualche modo dissonante, (un’idea che Pascoli condivide con i simbolisti francesi) permette così di esplorare territori misteriosi, scoprendo cose che «sfuggono ai nostri sensi» e che non possono essere conosciute a un livello razionale. Per questo la parola poetica non descrive né interpreta la realtà: piuttosto la crea. Dentro il mistero delle cose carattere alogico della poesia Conseguenza di questo è la ricerca di un linguaggio poetico che permetta, grazie a un’ingegnosa e improvvisa illuminazione, di mostrare, con collegamenti spesso solo sottintesi, analogie e relazioni impreviste tra gli oggetti. Secondo Pascoli la poesia è un’attività per lo più metaforica, che recupera le voci della natura e adotta una lingua che è ancora in una , come avviene nell’infan atteggiamento irrazionalistico fase pre-grammaticale zia, quando il linguaggio figurato, i particolari descrittivi, le comparazioni e le similitudini rappresentano la normale espressione della percezione del mondo. I fanciulli sono infatti portati a personificare le cose, a legare le manifestazioni naturali all’intervento di forze soprannaturali, ad attribuire vita e sentimento per esempio alla pioggia, al sole, al vento, a considerare il sogno come un’esperienza reale. Allo stesso modo, il poeta risalirà fino agli albori della propria esistenza, assegnando caratteristiche umane agli animali e alle piante e ripristinando un , in un’ottica straniante rispetto a quella abituale: così, rivestiti i panni del «fanciullino», «parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle […], popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei […], impicciolisce per poter vedere, ingrandisce per poter ammirare». rapporto magico con la realtà Lo stupore del fanciullino di fronte alla realtà e la sua lingua pre-grammaticale devono rispecchiarsi nella poesia, che può creare quanto più è alogica e irrazionale. nuove e folgoranti immagini delle cose Adriano Cecioni, , 1868 ca. Firenze, Galleria d’Arte Moderna. Primi passi >> pagina 341 Inoltre, pur senza ignorare l’implicito insito nella poesia (l’autore parla di «una suprema utilità morale e sociale», mettendo in evidenza la «natura socialista», umana e filantropica, dell’arte), Pascoli sottolinea l’autonomia dell’atto poetico e la sua natura spontanea e disinteressata. L’unico obiettivo che la poesia riconosce a sé stessa è quello di esprimersi con purezza, rifiutando di essere applicata a finalità prefissate e a interessi politici strumentali o contingenti. La natura disinteressata della poesia messaggio sociale Pascoli sostiene l’autonomia e lo della poesia. spirito disinteressato Si tratta, come ha scritto il critico e saggista Giacomo Debenedetti, di una rivoluzione per molti aspetti «inconsapevole»: il poeta ha cioè, sul piano teorico, una coscienza limitata del significato storico della propria sperimentazione. D’altra parte, nello stile di Pascoli, accanto alle molte novità formali sopravvivono, come vedremo, istanze consolidate, quali la conservazione della rima e il rispetto delle forme metriche: un’ambivalenza che fa di lui un « » (la formula è di Gianfranco Contini). Tuttavia la rottura con i canoni del classicismo (che annovera maestri influenti contemporanei a Pascoli, come Giosuè Carducci) è ormai compiuta: da essa muoveranno le esperienze poetiche più innovative del Novecento italiano. Una «rivoluzione inconsapevole» rivoluzionario nella tradizione Lo stile di Pascoli è il frutto di una , che dà luogo a innovazioni lessicali e formali che segneranno un punto di non ritorno nella poesia italiana. incessante sperimentazione T1 L’eterno fanciullo che è in noi , I; III; XI Il fanciullino Estrapoliamo alcuni passi significativi dal più importante saggio di poetica pascoliano. L’autore esprime qui la propria concezione della poesia, che corrisponde a una sorta di stato infantile permanente, grazie al quale è ancora possibile, anche quando si è adulti, guardare al mondo con ingenuità e meraviglia. La dello sguardo del poeta purezza I. È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano 1 2 che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra 3 4 età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli 5 6 che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono 7 piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi 5 8 9 cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo 10 11 la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di 12 campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare 10 la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso 13 14 risuona. E anche, egli, l’invisibile fanciullo, si pèrita vicino al giovane più che accanto 15 all’uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il 16 giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recente. Ma l’uomo 15 riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e 17 grave; e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d’un usignuolo 18 che gorgheggi presso un ruscello che mormora. […] a causa del timore della morte. brividi: 1 si tratta di uno degli interlocutori di Socrate nel dialogo di Platone. Nel momento in cui il filosofo sta per bere la cicuta che lo ucciderà, Cebes non riesce a trattenere lo sgomento. E si scusa con il maestro affermando che le lacrime non sono le sue, ma del fanciullo che ha dentro di sé. Cebes Tebano: 2 Fedone anche. ancora: 3 gioie. tripudi: 4 ancora infantile. tuttavia tenera: 5 quello reale e quello interiore. due fanciulli: 6 scherzano. ruzzano: 7 il verbo, associato solitamente al verso emesso dal cane, vuole suggerire il carattere istintivo, quasi animalesco dell’infanzia. guaire: 8 poi. quindi: 9 trattiene negli occhi la bellezza originaria del suo stupore. vi tiene… maraviglia: 10 rendiamo più roca. arrugginiamo: 11 tintinnante. tinnulo: 12 intenti a litigare e sostenere in tutti i modi le ragioni del successo personale. occupati… vita: 13 da dove. d’onde: 14 sta in soggezione. si pèrita: 15 poiché vede il giovane più diverso da lui dell’anziano. ché… questi: 16 libero dagli affanni quotidiani. riposato: 17 serio. grave: 18 III. Ma è veramente in tutti il fanciullo musico? […] In alcuni non pare che egli sia; alcuni non credono che sia in loro; e forse è apparenza e credenza falsa. Forse gli 20 uomini aspettano da lui chi sa quali mirabili dimostrazioni e operazioni; e perché non le vedono, o in altri o in sé, giudicano che egli non ci sia. Ma i segni della sua presenza e gli atti della sua vita sono semplici e umili. Egli è quello, dunque, che ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli 25 alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di 19 dei. Egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire quel particolare puerile che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva. Egli è quello che 20 nella gioia pazza pronunzia, senza pensarci, la parola grave che ci frena. Egli rende 30 tollerabile la felicità e la sventura, temperandole d’amaro e di dolce, e facendone 21 due cose ugualmente soavi al ricordo. Egli fa umano l’amore, perché accarezza esso come sorella (oh! Il bisbiglio dei due fanciulli tra un bramire di belve), accarezza e consola la bambina che è nella donna. Egli nell’interno dell’uomo serio sta 22 ad ascoltare, ammirando, le fiabe e le leggende, e in quello dell’uomo pacifico fa 35 echeggiare stridule fanfare di trombette e di pive, e in un cantuccio dell’anima di 23 chi più non crede, vapora d’incenso l’altarino che il bimbo ha ancora conservato 24 da allora. Egli ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri, ché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce. 40 25 E ciarla intanto, senza chetarsi mai; e, senza lui, non solo non vedremmo tante cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo nemmeno pensarle e ridirle, perché egli è l’Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Egli scopre 26 nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose. Egli adatta il nome della 27 cosa più grande alla più piccola, e al contrario. E a ciò lo spinge meglio stupore 45 che ignoranza, e curiosità meglio che loquacità: impicciolisce per poter vedere, 28 29 ingrandisce per poter ammirare. Né il suo linguaggio è imperfetto come di chi non dica la cosa se non a mezzo, ma prodigo anzi, come di chi due pensieri dia per una parola. E a ogni modo dà un segno, un suono, un colore, a cui riconoscere 30 sempre ciò che vide una volta. […] 50 Pascoli allude al mito di Orfeo, il poeta e musico che ammaliava le persone e la natura. quello che parla… stelle: 19 dalla disperazione. ci salva: 20 mitigando la gioia della felicità e il dolore della sventura. temperandole… dolce: 21 il poeta oppone alla genuina semplicità dell’amore infantile ( ) la natura selvaggia e disturbante dell’amore adulto, identificato nel (ossia nei versi delle bestie feroci). Egli… donna: 22 Il bisbiglio dei due fanciulli bramire di belve cornamuse. pive: 23 cosparge di vapori. vapora: 24 tipo di roccia. selce: 25 come Adamo ha dato nome per la prima volta alle cose che ha visto e percepito, così la poesia, attraverso il linguaggio, scopre il mondo in forme sempre nuove. l’Adamo… sente: 26 impensate, originali. ingegnose: 27 il poeta, secondo Pascoli, considera l’ingenuità di chi è capace di stupirsi una risorsa rispetto all’indifferenza di chi non è interessato alle cose (restandone ignorante). meglio stupore che ignoranza: 28 piuttosto. meglio: 29 il suo modo di esprimersi non è limitato come quello di chi descrive le cose a metà, ma al contrario è generoso, come quello di chi esprime due pensieri con una sola parola. Né il suo linguaggio… parola: 30 XI. […] Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, 31 sia con pace del Maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, 32 con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l’oro che altri gli porga. A 33 costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il 55 modo col quale agli altri trasmette l’uno e l’altra. Egli, anzi, quando li trasmette, pur essendo in cospetto d’un pubblico, parla piuttosto tra sé, che a quello. Del pubblico, non pare che si accorga. Parla forte (ma non tanto!) più per udir meglio esso, che per farsi intendere da altrui. […] politico che cerca di ottenere il consenso popolare con lusinghe e promesse. demagogo: 31 Pascoli si riferisce a Carducci, il quale identifica il poeta nel «grande artiere» che tempra al fuoco della sua arte le glorie civili del popolo («Il poeta è un grande artiere, / che al mestiere / fece i muscoli d’acciaio», , in , vv. 19-21). Maestro… vomeri: 32 Congedo Rime nuove che lavori decorando con la tecnica del niello (riempiendo cioè i solchi di un’incisione con una miscela liquida di rame, argento e piombo). nielli: 33 >> pagina 343 Dentro il TESTO I contenuti tematici La maggior parte degli uomini, corrotti dall’esperienza e resi inautentici dalle convenzioni sociali, smarrisce la dimensione infantile, che permetteva loro, da bambini, di provare intense emozioni e porsi in un’affascinante e misteriosa relazione nei confronti delle cose e della natura. Recuperare questo atteggiamento spontaneo è un’impresa ardua, poiché è possibile grazie a un processo che non coinvolge la ragione e la cultura, ma tocca le zone più recondite della nostra coscienza, quei sentimenti nascosti, al di fuori del tempo e della Storia, che ereditiamo al momento stesso della nascita. guardare al mondo con meraviglia Un invito agli uomini: recuperare l’infanzia Il poeta ha il privilegio di egli possiede i sentimenti di un fanciullo, grazie ai quali riesce a tradurre le sue visioni in parole immediate, senza il filtro del pensiero, ma solo attraverso la propria vista primigenia, che gli consente di cogliere lo splendore dell’essere e (r. 44) tra le cose (le di Baudelaire, p. 320). Nel sottolineare questo aspetto è evidente la negazione pascoliana del Positivismo: la poesia autentica rifiuta la lettura materialistica del reale per offrirne una più spontanea e ingenua. restare bambino, attingendo alla voce della propria interiorità: le somiglianze e le relazioni più ingegnose correspondances ▶ infatti (rr. 26-27): dunque , identificandosi in una sorta di uomo primitivo felice e innocente; in questo aspetto è lecito cogliere l’influenza del filosofo Giambattista Vico (1668-1744), secondo il quale l’umanità animalesca e primitiva era per natura felice e incline alla fantasia. Il suo scopo – ma è uno scopo, per così dire, istintivo e non programmatico – è pertanto quello di rendere le cose nella loro essenza più segreta, strappandole alla finzione e all’abitudine, e così recuperarne la freschezza e il sapore originario. Il poeta popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei ha una visione prescientifica e prelogica della realtà Il fanciullo primitivo >> pagina 344 In tal modo, scoprendo i particolari reconditi della realtà, il poeta può comunicare agli uomini questa capacità che essi hanno perduto, ridestando in loro il «fanciullino» sommerso dalla civiltà. La poesia è utile, pur inconsapevolmente La polemica con Carducci è scoperta: alla visione del letterato come (r. 66) per difendere e divulgare un ideale magniloquente di poesia impegnata, civile e patriottica, Pascoli contrappone l’immagine dell’ , che riacquista il senso primitivo delle cose, semplificandole e rifiutando ogni ambizione oratoria per dare un nome a particolari a prima vista umili, trascurati dalla sensibilità comune. artiere che foggi spada e scudi e vomeri artista puro La figura ideale dell’artista puro Verso le COMPETENZE Comprendere Qual è la funzione della poesia a giudizio di Pascoli? 1 Per quali ragioni gli uomini spesso non avvertono dentro di sé la presenza del «fanciullino»? 2 Analizzare Sottolinea nel testo i diminutivi e i vezzeggiativi e spiega la ragione della loro frequenza. 3 Da un punto di vista formale, il terzo capitolo espone i concetti secondo uno schema a elenco. Una figura retorica, in particolare, dà al brano l’aspetto di un manifesto, in cui vengono indicati i caratteri tipici del «fanciullino». Qual è? 4 Interpretare Come si può spiegare l’accostamento del poeta-fanciullo a Orfeo? 5 Produrre Alcuni critici hanno messo in relazione la poetica del «fanciullino» con quella di Giacomo Leopardi (autore, del resto, assai amato da Pascoli), secondo il quale gli antichi potevano godere rispetto ai moderni di un rapporto più diretto e privilegiato con la natura e con la poesia. Approfondisci la questione in un testo di circa 30 righe. 6 Scrivere per confrontare. Anche Pascoli, sia pure in forme assai diverse rispetto a Carducci, non rinuncia ad attribuire alla poesia una funzione civile. Dove ritrovi questo aspetto tra gli enunciati teorici del ? In che modo esso viene qui declinato? Sviluppa il tema in un testo espositivo di circa 20 righe. 7 Scrivere per esporre. Fanciullino Dibattito in classe L’idea che i bambini abbiano la capacità di percepire in modo più immediato e intenso ciò che ci circonda è piuttosto diffusa, anche ai giorni nostri: che cosa ne pensi? Discutine con i compagni. 8