TEMI nel TEMPO Padri e figli in conflitto Nella letteratura occidentale il personaggio del padre ha spesso rappresentato una figura antagonistica rispetto al figlio, che sente questo rapporto con il genitore come soffocante e inibente. Da lui e dai suoi condizionamenti è dunque necessario liberarsi: ucciderlo metaforicamente significa poter crescere. Il rigore di un padre nel Decameron La durezza dell’atteggiamento di un padre può determinare nei figli reazioni anche estreme. Ghismunda – protagonista di una novella del di , la prima della IV giornata, quella dedicata agli amori dall’esito infelice – è giudicata dal genitore Tancredi colpevole di aver infranto il codice familiare patriarcale. Lei, rimasta vedova, ancora piacente, si è innamorata di Guiscardo e lui ricambia questo sentimento. Quando il padre li scopre, fa uccidere il giovane, perché non è di rango sufficientemente elevato rispetto a quello principesco di lei. Ghismunda, fiera d’animo e disperata per la morte dell’amato, sceglierà la strada del suicidio. Decameron Boccaccio 1353 Due lettere a padri difficili Talora l’annientamento della volontà dei figli da parte dei genitori equivale, se non a una morte fisica, a una sorta di morte interiore. Ne è esempio il giovane , per il quale il padre Monaldo aveva previsto il ruolo di “prete di casa”, poiché i diritti di primogenitura erano passati a Carlo, più sano e robusto. Giacomo, però, si accorge che i progetti paterni sono in contrasto con i suoi sogni di gloria. Così, appena raggiunta la maggiore età, nel 1819 il giovane poeta progetta la fuga da Recanati, scrivendo a Monaldo una lettera di congedo in cui dichiara, drammaticamente, la propria condizione di figlio soffocato dai vincoli familiari. Giacomo Leopardi Esattamente cent’anni più tardi, un’accesa contrapposizione al proprio genitore viene espressa da Franz Kafka (1883-1924) nella (1919). I rapporti tra il robusto padre commerciante e il fragile figlio scrittore non erano dei più semplici: «Come padre», scrive, «tu eri troppo forte per me». Lo scrittore compie una lucidissima analisi della relazione con la figura paterna, forse per trovare uno spiraglio di comunicazione, anche se non consegnerà mai al destinatario la sua lettera, scritta cinque anni prima di morire. Lettera al padre 1819 La cultura come strumento di autonomia Arrivando al Novecento, nel 1975 fa molto scalpore la pubblicazione di , romanzo autobiografico del sardo Gavino Ledda (n. 1938), che racconta le vessazioni subite da parte del genitore, un pastore che non accettava, per suo figlio, l’idea di una vita diversa dalla propria. Analfabeta fino all’età di vent’anni, il protagonista si ribella all’autorità paterna, intraprendendo la via del riscatto personale attraverso l’istruzione, fino a diventare docente universitario. Padre padrone Analoghe, seppure collocate in un ambiente sociale e culturale diverso, sono le vicende raccontate da (n. 1974) in (2013): anche in questi casi l’emancipazione da un controllo genitoriale oppressivo e soffocante passa attraverso l’accesso alla cultura, sinonimo di libertà. Ignazio Tarantino Sto bene, è solo la fine del mondo oggi