Il secondo Novecento e gli anni Duemila La cultura 1 Organizzazione della cultura e impegno politico Nell immediato dopoguerra, la divisione del mondo in due blocchi antitetici, inclini ciascuno a dipingere l altro come il male assoluto, induce molti intellettuali al pieno coinvolgimento in una vera e permanente guerra culturale. Si può anzi dire che, accanto alla contrapposizione tra le due superpotenze, esista, almeno fino agli inizi degli anni Sessanta, anche una guerra fredda degli intellettuali . Intellettuali e ideologia Nel secondo dopoguerra si consolida l idea che gli intellettuali hanno il dovere morale di essere militanti, ossia di prendere e sostenere posizioni politiche. Il dovere intellettuale della militanza: il caso di Sartre Nell ottobre 1945, sul primo numero della sua rivista Les temps modernes , l influente letterato francese JeanPaul Sartre (1905-1980) ammonisce gli uomini di cultura a rifiutare la «tentazione dell irresponsabilità : l impegno politico (engagement) non deve più essere considerato un diritto, ma un dovere; prendere posizione, rinunciando a ogni sterile neutralismo, significa assolvere a una funzione civile, in un epoca storica di emancipazione, di lotta per la libertà e di progresso. Le parole o i silenzi degli scrittori, secondo Sartre, possono determinare il corso degli eventi: «Ritengo Flaubert e Goncourt responsabili della repressione che seguì alla Comune, perché essi non hanno scritto una riga per impedirla . Il dogmatismo ideologico degli intellettuali Un approccio di questo tipo conduce anche a semplificazioni e a settarismi: lo stesso Sartre, in un dramma del 1956 dal titolo Nekrassov, definisce «mascalzoni l insieme dei militanti del fronte opposto, senza distinguere le diverse posizioni intellettuali che pure sono presenti nell ambito della cultura e della politica liberali. Un analoga mentalità pervade anche ampi settori dell opinione pubblica occidentale: negli Stati Uniti degli anni Cinquanta il cosiddetto maccartismo (dal nome del senatore repubblicano Joseph Raymond McCarthy, 1909-1957) porta a identificare come pericolosi sovversivi funzionari pubblici, scienziati, artisti, intellettuali e uomini di spettacolo, giudicati con metodi arbitrari e processi farsa colpevoli di essere comunisti e di minare i fondamenti della società americana. Marxismo e cultura in Italia In Italia, gli intellettuali più impegnati nella battaglia politica sono vicini al Partito comunista. Il Pci impone la sua egemonia culturale su tutte le diverse tendenze dell antifascismo. 320 Il panorama culturale italiano e l egemonia comunista In Italia, in misura ancora maggiore che in Francia, le voci culturalmente più impegnate nella lotta politica sono attratte nell orbita del Partito comunista. Le ragioni di questa egemonia sono diverse. In primo luogo va considerato il diffuso desiderio di rinnovare le basi della cultura e della società italiane dopo il fallimento del liberalismo, rivelatosi inadeguato a far fronte all involuzione reazionaria dei primi decenni del Novecento. Importante è anche l influenza della propaganda sovietica, che riesce a trasmettere ideali di giustizia, di modernità e di progresso. Sul fronte politico opposto, infine, si registra un certo disinteresse nel mobilitare gli intellettuali: grande eco acquistano anzi i malcelati attestati di disprezzo che alcuni settori del potere democristiano riservano al ceto culturale (definito nel 1949 «culturame dal ministro degli Interni e futuro presidente del Consiglio Mario Scelba). La forza attrattiva del Pci Il Partito comunista riesce invece ad assorbire quasi tutte le diverse tendenze culturali dell antifascismo, anche quelle non esplicitamente di ascendenza marxista (si pensi alle posizioni ispirate al liberalismo di Gobetti e al socialismo liberale dei fratelli Rosselli), e a coinvolgere molti scrittori e intellettuali approdati al comunismo dopo