T2 I manichini ossibuchivori , II, cap. 6 La cognizione del dolore Questo brano della è il finale pirotecnico della scena in cui Gonzalo scende in cucina per mangiare. La modestia e la scarsa luminosità della stanza fanno nascere in lui il ricordo dei tempi in cui la sua era una famiglia benestante, e lo inducono a paragonare la propria misera esistenza a quella dei borghesi arricchiti che lo circondano. Cognizione La di un’umanità caricatura grottesca Sì, sì: erano consideratissimi, i fracs. Signori serî, nei «restaurants» delle stazioni, 1 e da prender sul serio, ordinavano loro con perfetta serietà «un ossobuco con risotto». Ed essi, con cenni premurosi, annuivano. E ciò nel pieno possesso delle 2 rispettive facoltà mentali. Tutti erano presi sul serio: e si avevano in grande considerazione gli uni gli altri. Gli attavolati si sentivano sodali nella eletta situazione 5 3 4 delle poppe, nella usucapzione d’un molleggio adeguato all’importanza del loro 5 deretano, nella dignità del comando. Gli uni si compiacevano della presenza degli 6 altri, desiderata platea. E a nessuno veniva fatto di pensare, sogguardando il vicino, «quanto è fesso!». Dietro l’Hymalaia dei formaggi, dei finocchi, il guardiasala 7 notificava le partenze: «¡Para Corrientes y Reconquista! ¡Sale a las diez el rápido de 10 Paraná! ¡Tercero andén!». 8 […] Tutti, tutti: e più che mai quei signori attavolati. Tutti erano consideratissimi! A nessuno, mai, era mai venuto in mente di sospettare che potessero anche essere dei bischeri, putacaso, dei bambini di tre anni. 9 10 Nemmeno essi stessi, che pure conoscevano a fondo tutto quanto li riguardava, 15 le proprie unghie incarnite, e le verruche, i nèi, i calli, un per uno, le varici, i foruncoli, i baffi solitari: neppure essi, no, no, avrebbero fatto di sé medesimi un simile 11 giudizio. E quella era la vita. Fumavano. Subito dopo la mela. Apprestandosi a scaricare il fascino che da lunga pezza oramai, cioè fin dall’epoca dell’ossobuco, si era andato a mano a 20 12 mano accumulando nella di loro persona – (come l’elettrico nelle macchine a strofinio) – ecco, ecco, tutti eran certi che un loro impreveduto decreto avrebbe lasciato scoccare sicuramente la importantissima scintilla, folgore e sparo di Signoria su adeguato spinterogeno ambientale, di forchette in travaso. Cascate di posate 13 tintinnanti! Di cucchiaini! 25 ristoranti (francese). Si ironizza sul vezzo di rendere esotico, attraverso un vocabolo straniero, un luogo normale come il ristorante di una stazione. restaurants: 1 i camerieri del ristorante, descritti poco prima di questo brano. essi: 2 i clienti seduti a tavola. attavolati: 3 compagni. sodali: 4 gli abiti delle signore facevano sì che il loro seno venisse evidenziato. eletta situazione delle poppe: 5 frase di difficile interpretazione. Probabilmente va intesa come “scelta ( ) di una sedia adeguata, in quanto a comodità ( ), all’importanza del loro sedere ( )”. usucapzione d’un molleggio adeguato all’importanza del loro deretano: 6 usucapzione molleggio deretano iperbole per indicare l’abbondanza e l’opulenza dei piatti. La grafia corretta della catena montuosa asiatica è Himalaya. l’Hymalaia: 7 “Per Corrientes e Reconquista! Parte alle dieci il rapido per Paraná. Terzo binario!”. Si tratta del ristorante di una stazione, e visto che il romanzo è ambientato in Sudamerica quelle citate sono città argentine. «¡Para Corrientes … andén!»: 8 voce toscana per “sciocchi”. bischeri: 9 metti il caso che. putacaso: 10 l’elenco di questi piccoli problemi fisici allude al fatto che le persone si conoscevano perfettamente, in ogni dettaglio. unghie incarnite… baffi solitari: 11 da molto tempo. da lunga pezza: 12 questa scena crea un’analogia tra l’attesa del gesto dell’accensione della sigaretta (atto che viene descritto minuziosamente di seguito) e il meccanismo stesso di quell’accensione. La decisione ( ) del borghese, oggetto di un interesse paragonato a una carica elettrica ( ), diventa la scintilla ( ) che agisce sull’ambiente raffinato del ristorante (a fine pasto, in quanto le posate sono , tra piatto e tavolo) il quale funge da . un loro impreveduto… travaso: 13 impreveduto decreto come l’elettrico nelle macchine a strofinio folgore e sparo in travaso spinterogeno Ed erano appunto in procinto di addivenire a quell’atto imprevisto, e però 14 curiosissimo, ch’era così instantemente evocato dalla tensione delle circostanze. 15 Estraevano, con distratta noncuranza, di tasca, il portasigarette d’argento: poi, dal portasigarette, una sigaretta, piuttosto piena e massiccia, col bocchino di carta d’oro; quella te la picchiettavano leggermente sul portasigarette, richiuso nel frattempo 30 dall’altra mano, con un tatràc; la mettevano ai labbri; e allora, come infastiditi, 16 mentre che una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor fronte, onnubilata di cure altissime, riponevano il trascurabile portasigarette. Passati alla cerimonia dei 17 fiammiferi, ne rinvenivano finalmente, dopo aver cercato in due o tre tasche, una bustina a matrice: ma, apertala, si constatava che n’erano già stati tutti spiccati, 35 18 19 per il che, con dispitto, la bustina veniva immantinenti estromessa dai confini 20 21 dell’Io. E derelitta, ecco giaceva nel piatto, con bucce. Altra, infine, soccorreva, stanata ultimamente dal 123° taschino. Dissigillavano il francobollo-sigillo, ubiqua immagine del Fisco Uno e Trino, fino a denudare in quella pettinetta miracolosa 22 la Urmutter di tutti gli spiritelli con capocchia. Ne spiccavano una unità, strofinavano, 40 23 24 accendevano; spianando a serenità nuova la fronte, già così sopraccaricata di pensiero; (ma pensiero fessissimo, riguardante, per lo più, articoli di bigiutteria 25 in celluloide ). Riponevano la non più necessaria cartina in una qualche altra 26 tasca: quale? oh! se ne scordano all’atto stesso; per aver motivo di rinnovare (in occasione d’una contigua sigaretta) la importantissima e fruttuosa ricerca. 45 Dopo di che, oggetto di stupefatta ammirazione da parte degli «altri tavoli», aspiravano la prima boccata di quel fumo d’eccezione, di Xanthia, o di Turmac; in una 27 voluttà da sibariti in trentaduesimo, che avrebbe fatto pena a un turco stitico. 28 E così rimanevano: il gomito appoggiato sul tavolino, la sigaretta fra medio e indice, emanando voluttuosi ghirigori; mescolati di miasmi, questo si sa, dei 50 bronchi e dei polmoni felici, mentre che lo stomaco era tutto messo in giulebbe, 29 e andava dietro come un disperato ameboide a mantrugiare e a peptonizzare 30 l’ossobuco. La peristalsi veniva via con un andazzo trionfale, da parer canto e 31 trionfo, e presagio lontano di tamburo, la marcia trionfale dell’Aida o il toreador della Carmen. 55 Così rimanevano. A guardare. Chi? Che cosa? Le donne? Ma neanche. Forse rimirare se stessi nello specchio delle pupille altrui. In piena valorizzazione dei loro polsini, e dei loro gemelli da polso. E della loro faccia di manichini ossibuchivori. 32 procedere con. addivenire: 14 con insistenza. instantemente: 15 alle labbra. ai labbri: 16 offuscata da preoccupazioni molto serie. onnubilata di cure altissime: 17 bustina di fiammiferi del tipo piatto, con i fiammiferi che si staccavano da una base di legno. bustina a matrice: 18 staccati dalla base. spiccati: 19 dispetto (dantismo). dispitto: 20 subito, immediatamente. immantinenti: 21 il sigillo del Fisco, presente nei prodotti venduti in tabaccheria, viene comicamente elevato a divinità. Fisco Uno e Trino: 22 la fila di fiammiferi attaccati alla base (la , in tedesco “progenitrice”) del pacchetto ricorda un pettine, definito – sempre ironicamente – miracoloso perché i fiammiferi ( ) sono in grado di prendere fuoco. in quella pettinetta miracolosa… spiritelli con capocchia: 23 Urmutter spiritelli con capocchia staccavano. spiccavano: 24 assai sciocco. fessissimo: 25 bigiotteria di plastica. bigiutteria in celluloide: 26 sono marche di sigarette dell’epoca. Xanthia… Turmac: 27 i sibariti erano gli abitanti dell’antica città greca di Sibari, nell’attuale Calabria, famosi per amare il lusso, lo sfarzo e i costumi licenziosi. Il termine viene usato per antifrasi, alludendo a un piacere misero. è infatti una locuzione tipografica che indica un libro dalle dimensioni ridotte. sibariti in trentaduesimo: 28 In trentaduesimo in sollucchero, rallegrato. in giulebbe: 29 lo stomaco viene paragonato, nell’atto di digerire il cibo ingerito, a un’ameba, il cui movimento si attua attraverso un cambiamento della sua forma. Il processo di digestione viene richiamato mediante il termine toscano (stropicciare con le mani) e il tecnicismo (trasformare le proteine in peptoni, catene di amminoacidi). ameboide a mantrugiare e a peptonizzare: 30 mantrugiare peptonizzare altro riferimento alla digestione, in particolare alla contrazione involontaria dei muscoli dell’apparato digerente che permettono il transito del cibo nell’intestino e quindi la defecazione (il richiamato subito dopo). peristalsi: 31 presagio lontano di tamburo creazione linguistica gaddiana che significa “mangiatori di ossobuco”. ossibuchivori: 32 >> pagina 538 Analisi ATTIVA I contenuti tematici La descrizione dei borghesi milanesi, iniziata nel romanzo qualche pagina prima, prosegue in questa scena al ristorante della stazione. Tutti sembrano consapevoli di interpretare una parte (si parla di , r. 8), ma Gadda ne rappresenta la seriosità ( , r. 4), la piena e orgogliosa ( , r. 12), senza il minimo distacco ironico né da parte dei camerieri ( , rr. 13-14), né da parte dei signori in frac ( , rr. 17-18). Ne emerge il ritratto pungente di una borghesia soddisfatta e piena di sé, nel godimento di uno dei suoi riti collettivi, celebrato in un luogo (il ristorante) che fa da sfondo all’ostentazione di . desiderata platea Tutti erano presi sul serio aderenza al proprio ruolo Tutti erano consideratissimi A nessuno, mai, era mai venuto in mente di sospettare che potessero anche essere dei bischeri neppure essi, no, no, avrebbero fatto di sé medesimi un simile giudizio ricchezza, strumento e simbolo di una precisa identità sociale Suddividi il testo in sequenze e assegna un titolo a ciascuna di esse. 1 Elenca le diverse azioni compiute dai personaggi. 2 Le fasi di un rito Lo scrittore ironizza pesantemente su questo complesso di codici e comportamenti, che si traduce in , sempre uguali a sé stesse: l’ordinazione dell’ (rr. 2-3); l’accensione di una sigaretta, descritta così minuziosamente da ridicolizzarne enfaticamente la vuota ritualità; l’atto del fumare a cui si accompagnano le prime fasi della digestione; lo sguardo intorno alla sala per rispecchiarsi negli altri simili, ingessati nella locuzione finale . movenze e ossessioni ripetitive ossobuco con risotto manichini ossibuchivori Alla parla di una . A che cosa si riferisce l’espressione? Quale tra le seguenti figure retoriche viene utilizzata? 3 r. 45 si importantissima e fruttuosa ricerca Metafora. a Antifrasi. b Anafora. c Iperbole. d Quale figura retorica riconosci nell’espressione al è il suo significato? 4 manichini ossibuchivori (r. 58)? Qu Un’ironia sferzante All’ Gadda alterna momenti di , al fine di schernire ulteriormente le sue vittime. Egli non perde infatti occasione per sottolineare il contrasto tra l’inappuntabile esteriorità dei borghesi e la loro interiorità rozza e scurrile. Alla (r. 2) di camerieri e clienti (r. 5) vengono subito associati seni ( , r. 6) e sedere ( , r. 7). La fronte viene in un primo tempo descritta come (rr. 32-33), delle quali la (r. 32) sarebbe manifestazione, ma poco oltre l’autore rivela impietosamente la loro vera natura, quella di un (rr. 42-43). La nell’aspirare la prima boccata di fumo è irrigidita in una posa affettata, tanto da far (r. 48), espressione che introduce l’elemento scatologico. Qualche riga dopo, infatti, si accenna alla digestione (la “peptonizzazione” dell’ossobuco), e il momento della peristalsi è descritto dal punto di vista sonoro, come la fase iniziale ( , r. 54) di un processo che porterà poi a una rumorosa defecazione ( , rr. 54-55). Il finale è un attacco alla vacuità dell’apparenza: i , privi di anima e di spessore, sono infatti intenti a valorizzare non le proprie qualità interiori, ma i e i (r. 58). ironia pura comicità perfetta serietà attavolati poppe deretano onnubilata di cure altissime ruga orizzontale pensiero fessissimo, riguardante, per lo più, articoli di bigiutteria in celluloide voluttà pena a un turco stitico presagio lontano di tamburo la marcia trionfale dell’Aida o il toreador della Carmen manichini polsini gemelli da polso Riporta le iperboli che vengono usate in questo brano. Qual è il loro scopo? 5 L’attacco comico >> pagina 539 Le scelte stilistiche Lo stile di questo brano, con le a commentare alcuni passaggi ( , r. 1; , r. 17; , r. 22), ci ricorda continuamente che stiamo assistendo a una sorta di monologo interiore di Gonzalo. Questi, irato e rancoroso, non può fare a meno di indignarsi all’ennesima visione della madre in cucina, immagine di umiltà e miseria a cui si contrappongono lo sfarzo e la superbia dei borghesi arricchiti. frequenti interiezioni Sì, sì: erano consideratissimi neppure essi, no, no ecco, ecco, tutti eran certi Tutto il brano gioca sulla dicotomia essere/avere, valida in ogni epoca storica, anche in quella odierna. Qual è il tuo punto di vista su questo tema? Scrivi un testo argomentativo di circa 20 righe. 6 Scrivere per argomentare. Il monologo interiore La descrizione è impostata sui tipici elementi gaddiani dell’espressionismo linguistico: dialettismi ( , r. 51; , r. 52), termini o interi periodi in lingua straniera (francese, spagnolo e tedesco), tecnicismi ( , r. 24; , r. 52), vocaboli rari ( , r. 26; , r. 27; , r. 48), onomatopee ( , r. 31), gli immancabili neologismi ( , rr. 5 e 12; , r. 6; , r. 8). Questa esuberanza linguistica stride efficacemente con la seriosità della scena rappresentata, in modo che le frasi usate per riportare il contegno altezzoso dei personaggi ( , r. 7; , rr. 32-33; , rr. 56-57) risultano inevitabilmente comiche. giulebbe mantrugiare spinterogeno peptonizzare addivenire instantemente sibariti tatràc attavolati usucapzione ossibuchivori 5 nella dignità del comando una sottil ruga orizzontale si delineava sulla lor fronte, onnubilata di cure altissime rimirare se stessi nello specchio delle pupille altrui Gadda utilizza in questo estratto numerose invenzioni linguistiche. Elencane qualcuna spiegando la sua funzione espressiva. 7 La ricchezza linguistica Lo stile espressionistico 3 Quando ci si accosta a Gadda per la prima volta, ciò che colpisce è una certa difficoltà di lettura, sostanzialmente a causa di due fattori di ordine stilistico. , la della frase , con soggetto, predicato e complemento collocati in posizioni diverse da quelle consuete, e con la frequente presenza di incisi, digressioni, commenti. , la scrittura offre un’impressionante varietà di elementi linguistici: di diverse discipline (ingegneria, filosofia, matematica, medicina ecc.), e vocaboli presi dai diversi repertori letterari del passato, inserti in , citazioni latine e greche, e . Il linguistico pastiche Dal punto di vista sintattico costruzione è spesso stravolta Dal punto di vista lessicale tecnicismi arcaismi lingua straniera lemmi dialettali neologismi L’espressionismo della scrittura di Gadda nasce dallo del normale ordine e dall’impiego dei più . stravolgimento sintattico diversi registri linguistici La lingua di Gadda mescola aulico e comico, alternando momenti lirici a espressioni sconce e oscene: per tale contaminazione essa si inserisce all’interno della , che annovera autori come Folengo e Rabelais, e in quella più ampia linea espressionistica che si fa risalire fino a Dante. Attraverso questo filtro linguistico Gadda intende rappresentare la realtà in modo deformato, osservandola da e spesso contraddittori, perché la complessità del mondo si può rendere solo con pari complessità di stili e registri. Egli stesso, parlando in terza persona, scrive che la sua scrittura è la riproduzione del ridondante disordine della realtà: «Barocco è il mondo, e il Gadda ne ha percepito e ritratto la baroccaggine». Una lingua barocca per una realtà barocca tradizione maccheronica punti di vista molteplici Il linguistico di Gadda riflette la sua visione della inestricabile. pastiche realtà come garbuglio La forma più efficace per esprimere il caos e la molteplicità del reale è – agli occhi dello scrittore lombardo – quella dell’elenco. Egli procede infatti per accumulazione, . Questo impulso alla catalogazione può talvolta risultare eccessivo e forzato, ma Gadda non intende rinunciare mai all’obiettivo di cogliere “enciclopedicamente” la totalità degli aspetti, convinto che la comprensione delle cose possa avvenire solo all’interno di una sintesi ideale di tutto il sapere. La sua scrittura tende in tal modo a procedere dall’enumerazione all’onnicomprensività o, per usare i termini del critico Gian Carlo Roscioni, dal (enumerare i singoli elementi uno per uno) all’ (abbracciare tutte le cose con lo sguardo): la smania di registrare e inventariare i segni, anche minimi, del mondo significa impossessarsene linguisticamente, accatastando tutte le possibili forme nelle quali esso si manifesta. In questo contesto, assume un significato profondo , a tutto ciò che a una prima lettura appare come secondario e poco rilevante. Enumerazione e onnicomprensività giustapponendo nomi, aggettivi, verbi singula enumerare omnia circumspicere la propensione ai dettagli, alle digressioni, alle note Al contrario, l’attenzione ossessiva per il particolare significa per Gadda cercare di , di contatti, di somiglianze, nella convinzione che un qualsiasi fatto non sia conoscibile nella sua interezza se non dopo averlo scomposto negli elementi che lo costituiscono e averlo messo in rapporto con altri fatti, altri contesti, altre realtà. sbrogliare un groviglio di relazioni L’ossessione di Gadda per l’ di elementi e dettagli, risponde al desiderio di scomponendola in . accumulo comprendere una realtà caotica elementi semplici >> pagina 540 T3 L’incendio di via Keplero Accoppiamenti giudiziosi Uscito per la prima volta nel 1940 sulla rivista “Il Tesoretto”, ma scritto tra il 1930 e il 1935, questo racconto – di cui riportiamo una parte – offre il primo esempio, dal punto di vista cronologico, della straordinaria creatività linguistica gaddiana. La di un evento descrizione espressionistica Se ne raccontavano di cotte e di crude sul fuoco del numero 14. Ma la verità è che neppur Sua Eccellenza Filippo Tommaso Marinetti avrebbe potuto simultanare quel 1 che accadde, in tre minuti, dentro la ululante topaia, come subito invece gli riuscì fatto al fuoco: che ne disprigionò fuori a un tratto tutte le donne che ci abitavano seminude nel ferragosto e la lor prole globale, fuor dal tanfo e dallo spavento repentino 5 2 della casa, poi diversi maschi, poi alcune signore povere e al dir d’ognuno alquanto malandate in gamba, che apparvero ossute e bianche e spettinate, in sottane bianche 3 di pizzo, anzi che nere e composte come al solito verso la chiesa, poi alcuni signori un po’ rattoppati pure loro, poi Anacarsi Rotunno, il poeta italo-americano, poi la domestica del garibaldino agonizzante del quinto piano, poi l’Achille con la bambina 10 e il pappagallo, poi il Balossi in mutande con in braccio la Carpioni, anzi mi sbaglio, la Maldifassi, che pareva che il diavolo fosse dietro a spennarla, da tanto che la strillava anche lei. Poi, finalmente, fra persistenti urla, angosce, lacrime, bambini, gridi e strazianti richiami e atterraggi di fortuna e fagotti di roba buttati a salvazione 4 giù dalle finestre, quando già si sentivano arrivare i pompieri a tutta carriera e due 15 5 autocarri si vuotavano già d’un tre dozzine di guardie municipali in tenuta bianca, ed era in arrivo anche l’autolettiga della Croce Verde, allora, infine, dalle due finestre a destra del terzo, e poco dopo del quarto, il fuoco non poté a meno di liberare anche le sue proprie spaventose faville, tanto attese!, e lingue, a tratti subitanei, serpigne e 6 7 rosse, celerissime nel manifestarsi e svanire, con tortiglioni neri di fumo, questo però 20 pecioso e crasso come d’un arrosto infernale, e libidinoso solo di morularsi a globi 8 9 10 e riglobi o intrefolarsi come un pitone nero su di se stesso, uscito dal profondo e 11 dal sottoterra tra sinistri barbagli; e farfalloni ardenti, così parvero, forse carta o più 12 probabilmente stoffa o pegamoide bruciata, che andarono a svolazzare per tutto il 13 cielo insudiciato da quel fumo, nel nuovo terrore delle scarmigliate, alcune a piè 25 14 nudi nella polvere della strada incompiuta, altre in ciabatte senza badare alla piscia e alle polpette di cavallo, fra gli stridi e i pianti dei loro mille nati. Sentivano già la 15 testa, e i capegli, vanamente ondulati, 16 avvampare in un’orrida, vivente face. 17 neologismo che allude al concetto di “simultaneità”, caro ai canoni estetici e formali dell’arte letteraria e pittorica dei Futuristi, di cui viene chiamato in causa il fondatore, Filippo Tommaso Marinetti, che ha il titolo di Eccellenza, in quanto da poco nominato da Mussolini Accademico d’Italia (1929). simultanare: 1 l’insieme numeroso dei figli. prole globale: 2 nelle gambe. in gamba: 3 per salvarli. a salvazione: 4 a gran velocità. a tutta carriera: 5 improvvisi. subitanei: 6 simili a serpi. serpigne: 7 termini rari e letterari che rimandano alla pece e alla densità del fumo. pecioso e crasso: 8 desideroso. libidinoso: 9 moltiplicarsi. Come spiega lo stesso Gadda in un racconto del , “morulazione” è termine tecnico della biogenesi che sta a indicare «il processo de’ consecutivi sdoppiamenti d’una cellula fecondata […]. I nùvoli d’incenso o di fumo vengono a morularsi in quanto un globo ne dà due, i due ne dàn quattro, ecc. ecc.» (Imagine di Calvi). morularsi: 10 Castello di Udine avvolgersi. intrefolarsi: 11 bagliori che incutono timore e paura. sinistri barbagli: 12 prodotto simile al cuoio. pegamoide: 13 l’aggettivo sostantivato designa le donne, ritratte non di rado da Gadda in riferimento ai loro capelli. scarmigliate: 14 escrementi. polpette: 15 il capriccio dell’acconciatura è vanificato dalle fiamme. vanamente ondulati: 16 termine aulico per “torcia”, “fiaccola”. face: 17 Urlarono le sirene dalle ciminiere o dagli stabilimenti vicini verso il cielo torrefatto: 18 e la trama criptosimbolica delle cose elettriche perfezionò gli appelli disperati 30 dell’angoscia. Dalle stazioni lontane, spalancatesi, le batterie delle autopompe 19 20 fuoruscirono in corsa, impulsi pronti e celeri a sovvenire a ogni sùbito male delle fiamme, nel mentre l’ultimo pompiere del quinto drappello, spiccato un salto, gli 21 riuscì d’abbrancare con la sinistra l’ultimo ferro del reggiscala dell’autoscala di coda già in voltata fuori dal portone, e viceversa con la destra si finiva ancora d’abbottonare 35 la bottoniera della giacca di servizio. La sonnolenza impomatata dei guidatori d’automobili che falciano via con il 22 parafango i ginocchi de’ claudicanti vecchi alle svolte e, svaccati dentro macchina, 23 ma saette pazze di fuori, stracciano via i cantoni ai più garibaldofrusti marciapiedi 24 25 della metropoli, ecco sonerie elettriche premonitrici li bloccarono improvvisamente 40 ai cantoni, poi, subito, l’avvento delle trasvolanti sirene. Inchiodati i tram, i cavalli trattenuti al morso dal cavallaro, disceso di serpa: i cavalli col carro 26 contro il culo, l’occhio, all’angolo, imbiancato da un ignoto motivo di terrore. […] «L’incendio», dissero poi tutti, «è una delle cose più terribili che sia». Ed è vero: fra la generosità e la perplessità de’ pompieri d’oro: fra cataratte d’acqua potabile sopra 45 27 28 le ottomane pisciose e verdi, ma stavolta minacciate da un ben brutto rosso, e, 29 sopra i cifoni e i credenzoni, custodi magari d’un mezz’etto di gorgonzola sudato, 30 31 ma leccati già dalla fiamma come il capriolo dal pitone: con zampilli, spilli liquidi, dai serpi inturgiditi e fradici dei tubi di canapa, e lunghe, lancinanti zagaglie dagli 32 33 idranti d’ottone, che finiscono in bianche zazzere e nube nel cielo dell’agosto 50 34 torrido: e isolatori di porcellana semiusti 35 cader giù a pezzi a frantumarsi del tutto contro il marciapiede patatràf!: e fili di telefoni bruciati che svolavano via nella sera dalle lor mensole fatte roventi, con penisole nere e volanti di cartone e mongolfiere di tappezzeria carbonizzata, e giù, tra i piedi degli uomini, e dietro le scale mobili, anse e rigiri e impennate di tubi che sprizzano zampilli parabolici da tutte le parti 55 nella mota della strada, vetri in briciole in un pantano d’acque e di melma, pitali 36 37 di ferro smaltato ripieni di carote buttati giù di finestra, ancora adesso!, contro gli stivaloni dei salvatori, i gambali dei genieri, dei carabinieri, degli ingegneri comandanti 38 dei pompieri: e il protervo e indefesso cicciàc, 39 e cicìc e ciciàc, delle ciabatte 60 femminine a raccoglier pezzi di pettine, o schegge di specchio, e immagini benedette di San Vincenzo de’ Liguori dentro lo sguazzo di quella catastrofica lavanderia. 40 41 così denso di fumo da sembrare abbrustolito. torrefatto: 18 probabile ironica perifrasi tecnica per indicare il telefono, in grado di comunicare in modo più efficace la richiesta d’aiuto ai vigili del fuoco. trama… angoscia: 19 le squadre. le batterie: 20 intervenire a ogni danno improvviso ( ) provocato dal fuoco. sovvenire… fiamme: 21 sùbito imbrillantinata; in Gadda ricorre spesso la descrizione dei capelli maschili acconciati con la brillantina. impomatata: 22 nelle curve. Le macchine vanno così veloci che nell’affrontare le curve rischiano di investire i passanti. alle svolte: 23 gli automobilisti sono seduti in modo scomposto e rilassato nelle auto, ma corrono come fulmini. svaccati dentro macchina, ma saette pazze di fuori: 24 rompono gli angoli (dei marciapiedi). Deriva dal milanese , epiteto che viene riferito ad «autisti trasandati o maldestri» ( ). I marciapiedi sono così vecchi ( ) che sembrano risalire ai tempi di Garibaldi. stracciano via i cantoni ai più garibaldofrusti: 25 strasciacantón L’Adalgisa frusti il sedile della carrozza dove si siede il cocchiere. serpa: 26 l’oro allude sia al colore dell’elmetto, sia all’espressione “avere un cuore d’oro”. pompieri d’oro: 27 cascate. cataratte: 28 tipo di divano. si riferisce al fatto che grondano acqua in seguito all’intervento dei pompieri e è il loro colore originale. ottomane pisciose e verdi: 29 Pisciose verdi italianizzazione del milanese , “comodino”, “tavolino da notte”. cifoni: 30 cifòn il formaggio a temperatura ambiente o al calore genera delle bollicine d’acqua sulla superficie, come se “sudasse”. gorgonzola sudato: 31 i tubi assomigliano a serpenti resi duri e rigidi ( ) dall’acqua che vi passa attraverso. serpi inturgiditi: 32 inturgiditi armi simili a corte lance. La metafora suggerisce il paragone tra il getto d’acqua e il colpo delle lance. zagaglie: 33 capigliature disordinate. zazzere: 34 materiale per l’isolamento elettrico, fatto di porcellana, e che l’incendio ha in parte bruciato. isolatori di porcellana semi-usti: 35 fango. mota: 36 vasi da notte. pitali: 37 soldati appartenenti al corpo del genio militare. genieri: 38 superbo e instancabile. protervo e indefesso: 39 si tratta di un incrocio tra due diversi santi: san Vincenzo de’ Paoli (1581-1660) e sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787). San Vincenzo de’ Liguori: 40 il diluvio provocato dall’intervento dei vigili del fuoco. catastrofica lavanderia: 41 >> pagina 542 Dentro il TESTO I contenuti tematici L’ cala il lettore in una sorta di aura mitica: (r. 1). Subito dopo il richiamo ironico alle tecniche futuriste, incapaci di descrivere il fulmineo precipitare degli eventi, si entra direttamente e bruscamente nell’azione. Lo sconvolgimento provocato dall’improvviso incendio viene reso con la fuga caotica e terrorizzata dall’ (r. 3) da parte degli inquilini, presentati genericamente o esplicitamente (nome e/o cognome), per dare il senso del simultaneo accavallarsi delle persone spinte all’esterno e in qualche modo rese simili dall’infuriare del fuoco. incipit Se ne raccontavano di cotte e di crude ululante topaia Sul finire della prima parte antologizzata entrano in scena i pompieri, che – anch’essi frettolosamente – si dirigono verso il luogo del disastro. La loro azione viene poi riportata nella seconda parte, nella quale si descrivono la lotta dell’acqua contro il fuoco e il palazzo avvolto dal fumo e immerso in una enorme pozza di fango. L’irrompere del fuoco e l’intervento dei pompieri: un quadro d’insieme All’interno di questa rappresentazione frenetica non mancano gli : la (r. 5), che sta sottilmente a indicare i figli legittimi e illegittimi; le signore che, normalmente ben vestite e ordinate nell’atto di dirigersi in chiesa, vengono raffigurate in frivole (r. 8); il riferimento alla (r. 25), sorta di succedaneo più economico del cuoio (fatto di una sostanza a base di celluloide); l’elemento scatologico degli escrementi di cavallo; l’accenno fugace ai capelli che sono (r. 29), sia perché segno di civetteria femminile, sia perché ormai l’acconciatura è rovinata dalla fretta e dalla paura; l’accorrere (r. 60) per cercare di salvare da quella catastrofe oggetti che mescolano il profano (la vanità di pettini e di specchi) al sacro (l’immagine votiva del santo). attacchi comici al perbenismo borghese e alle sue ipocrisie prole globale sottane bianche di pizzo pegamoide vanamente ondulati vanamente protervo e indefesso La ridicolizzazione della borghesia Le scelte stilistiche L’aspetto più interessante del racconto non sta però nello sviluppo della trama, di per sé molto semplice, bensì nello stile utilizzato dall’autore. Già dalle prime righe si possono cogliere appieno alcuni degli aspetti caratteristici dell’ : la frenesia e la confusione sono rese da una inesauribile elencazione di persone, cose, azioni, con una tecnica paratattica che accosta elementi diversi in lunghissime sequenze, da leggersi tutte d’un fiato. Il periodo che va da (r. 4) a (r. 13) si interrompe per un breve attimo con il punto fermo, per riprendere subito in un altro lunghissimo elenco, da (rr. 13-14) fino a (r. 28); lo stesso procedimento si trova anche in seguito. Se nella prima sequenza la tecnica dell’accumulo si basa sull’uso dell’avverbio , nella seconda viene utilizzata la congiunzione . La differenza è sottile, ma in grado di rendere nel primo caso l’impressione di una velocissima catena di azioni, nel secondo la contemporaneità di un confuso e ingarbugliato quadro d’insieme: tutta la seconda parte del brano è infatti racchiusa in un periodo lungo e articolato, da (r. 45) a (r. 62), interrotto solo da virgole e due punti. espressionismo gaddiano che ne disprigionò fuori la strillava anche lei Poi, finalmente, fra persistenti urla i pianti dei loro mille nati poi e Ed è vero catastrofica lavanderia Il procedimento per accumulazione >> pagina 543 La punteggiatura è, come sempre accade in Gadda, usata senza risparmio, a volte sovvertendo le regole. Peculiare della sua scrittura è per esempio l’uso dei due punti, allo scopo non solo di introdurre un elenco, ma anche di segnare una pausa nel lungo periodo, assumendo così il valore della virgola o del punto e virgola (come si vede dalla r. 45 alla r. 60). Di rilievo sono anche gli elementi linguistici più tipici del , come il frequente ricorso a vocaboli fuori dal comune. Gadda non disdegna né il prestito di termini tecnici da altre discipline (il , r. 22, che deriva dalla genetica), né la variante aulica di alcuni vocaboli ( per “avvolgersi”, r. 22; per “capelli”, r. 28; per “bruciacchiati”, r. 52), né ancora il ricorso a dialettismi ( per “comodini”, r. 48), neologismi e invenzioni linguistiche: il ironico verso i Futuristi (r. 2), il (r. 7) che richiama la locuzione “essere (male) in gamba”, i (r. 22) come ripetizione di globi, i marciapiedi (r. 40). pastiche morularsi intrefolarsi capegli semi-usti cifoni simultanare malandate in gamba riglobi garibaldofrusti Il ricorso alla parola rara Non meno ricca è la presenza di figure retoriche, dalle metafore (le lingue di fuoco che sono , r. 20), alle similitudini (il fumo che si attorciglia , r. 23), alle iperboli (i pianti dei , r. 28), alle onomatopee che rendono la dimensione auditiva del brano: il (r. 53) che riproduce il rumore degli isolatori di porcellana caduti a terra, e il (r. 60) che descrive il ciabattare delle donne. A volte ne viene utilizzata più d’una nello stesso sintagma: (r. 3), per esempio, ha sia aspetti metonimici (a ululare non è il palazzo, ovviamente, ma chi vi abita) che metaforici (gli inquilini vengono assimilati a tanti topi che fuggono dalla propria tana), rendendo efficacemente, a livello uditivo e visivo, la concitazione di quegli attimi. serpigne come un pitone nero su di se stesso mille nati patatràf! cic-ciàc, e cicìc e ciciàc ululante topaia L’uso delle figure retoriche Verso le COMPETENZE Comprendere In quante scene è suddiviso il brano? Prova a riassumerle brevemente e dai a ciascuna un titolo. 1 Analizzare Le sequenze di questo brano hanno come protagonisti prima il fuoco e poi l’acqua. Evidenzia le frasi in cui ci si riferisce all’uno e all’altra. 2 Riporta nella tabella i termini che ritieni più significativi per ogni registro linguistico. 3 Registro basso Registro medio Registro alto Nel brano sono presenti diverse parole composte. Rintracciale e spiegane la funzione espressiva. 4 >> pagina 544 Interpretare Perché l’autore esordisce citando il futurista Filippo Tommaso Marinett 5 i (r. 2)? A quale scopo, secondo la tua opinione, Gadda si sofferma sull’ 6 ultimo pompiere del quinto drappello (r. 33)? COMPETENZE LINGUISTICHE Dei seguenti neologismi gaddiani, prima individua l’origine, poi prova a darne una definizione, come se fossero dei lemmi di dizionario. 7 simultanare • morularsi • intrefolarsi • trasvolante Produrre Sull’esempio di Gadda prova a creare 10 neologismi relativi alla vita a scuola. Danne la definizione e spiegane brevemente l’origine. 8 Scrivere per raccontare. T4 Il commissario Ingravallo , Cap. 1 Quer pasticciaccio brutto de via Merulana Riportiamo le prime pagine del romanzo, nelle quali viene introdotto il protagonista. o ? Investigatore filosofo Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione 1 investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi. Di statura media, piuttosto 2 rotondo della persona, o forse un po’ tozzo, di capelli neri e folti e cresputi che gli venivan fuori dalla metà della fronte quasi a riparargli i due bernoccoli metafisici dal 5 3 bel sole d’Italia, aveva un’aria un po’ assonnata, un’andatura greve e dinoccolata, un fare un po’ tonto come di persona che combatte con una laboriosa digestione: vestito come il magro onorario statale gli permetteva di vestirsi, e con una o due macchioline d’olio 4 sul bavero, quasi impercettibili però, quasi un ricordo della collina molisana. Una certa praticaccia del mondo, del nostro mondo detto latino, benché giovine (trentacinquenne), 10 doveva di certo avercela: una certa conoscenza degli uomini: e anche delle donne. La sua padrona di casa lo venerava, a non dire adorava: in ragione di e nonostante quell’arruffio strano d’ogni trillo e d’ogni busta gialla imprevista, e di chiamate notturne 5 e d’ore senza pace, che formavano il tormentato contesto del di lui tempo. «Non ha 15 orario, non ha orario! Ieri mi è tornato che faceva giorno!». Era, per lei, lo statale 6 distintissimo lungamente sognato, preceduto da cinque A sulla inserzione del , Messaggero 7 evocato, pompato fuori dall’assortimento infinito degli statali con quell’esca della 8 «bella assolata affittasi» e non ostante la perentoria intimazione in chiusura: «Escluse 9 donne»: che nel gergo delle inserzioni del Messaggero offre, com’è noto, una duplice possibilità d’interpretazione. E poi era riuscito a far chiudere un occhio alla questura 20 10 su quella ridicola storia dell’ammenda… sì della multa per la mancata richiesta della licenza di locazione… che se la dividevano a metà, la multa, tra governatorato e questura. 11 «Una signora come me! Vedova del commendatore Antonini! Che si può dire che tutta Roma lo conosceva: e quanti lo conoscevano, lo portavano tutti in parma de mano, non dico perché fosse mio marito, bon’anima! E mo me prendono per un’affittacamere! 25 12 Io affittacamere? Madonna santa, piuttosto me butto a fiume». Ingravallo presta servizio nella squadra mobile della polizia. comandato alla mobile: 1 sempre presente nei vari casi su cui indaga la polizia. ubiquo: che è ovunque, onnipresente (latinismo). ubiquo ai casi: 2 le sporgenze laterali della fronte che, secondo la fisiognomica, indicherebbero la propensione al pensiero, e sono dunque dette qui “metafisiche”. bernoccoli metafisici: 3 il misero stipendio di poliziotto. il magro onorario statale: 4 la confusione dovuta ai continui squilli del telefono ( ) e alla consegna delle buste gialle della polizia. arruffio strano… imprevista: 5 ogni trillo il dipendente statale. statale: 6 nelle pagine degli annunci presenti sui giornali si mettono più A in fila (per es. AAAAA), in modo da apparire tra i primissimi della lista, in quanto questi vengono elencati in ordine alfabetico. “Il Messaggero” è un quotidiano di Roma. preceduto… Messaggero: 7 scovato tra i tanti dipendenti statali in cerca di alloggio. pompato fuori: 8 nel gergo tipico delle inserzioni, è sottintesa la parola “camera”. bella assolata affittasi: 9 la dicitura “Escluse donne” avrebbe potuto riferirsi a una casa d’appuntamenti per soli uomini. duplice possibilità d’interpretazione: 10 durante il ventennio fascista indicava il Comune, inteso come istituzione. governatorato: 11 romanesco per “palmo della mano”. Inizia con la vedova Antonini l’uso del dialetto. Si vedano anche i successivi (“adesso mi”) e (“mi butto nel fiume”, ovvero “mi uccido”). parma de mano: 12 mo me me butto a fiume Nella sua saggezza e nella sua povertà molisana, il dottor Ingravallo, che pareva vivere di silenzio e di sonno sotto la giungla nera di quella parrucca, lucida come pece e riccioluta come d’agnello d’Astrakan, nella sua saggezza interrompeva talora codesto 13 sonno e silenzio per enunciare qualche teoretica idea (idea generale s’intende) 30 14 sui casi degli uomini: e delle donne. A prima vista, cioè al primo udirle, sembravano banalità. Non erano banalità. Così quei rapidi enunciati, che facevano sulla sua bocca il crepitio improvviso d’uno zolfanello illuminatore, rivivevano poi nei timpani della 15 gente a distanza di ore, o di mesi, dalla enunciazione: come dopo un misterioso tempo incubatorio. «Già!» riconosceva l’interessato: «il dottor Ingravallo me l’aveva pur detto». 35 Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto 16 che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno 17 cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, 18 o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo. Ma il termine giuridico 40 «le causali, la causale» gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia. 19 L’opinione che bisognasse «riformare in noi il senso della categoria di causa» quale avevamo dai filosofi, da Aristotele o da Emmanuele Kant, e sostituire alla causa le cause 20 era in lui una opinione centrale e persistente: una fissazione, quasi: che gli evaporava 21 dalle labbra carnose, ma piuttosto bianche, dove un mozzicone di sigaretta spenta pareva, 45 pencolando da un angolo, accompagnare la sonnolenza dello sguardo e il quasi-ghigno, 22 tra amaro e scettico, a cui per «vecchia» abitudine soleva atteggiare la metà inferiore della faccia, sotto quel sonno della fronte e delle palpebre e quel nero pìceo della 23 parrucca. Così, proprio così, avveniva dei «suoi» delitti. «Quanno me chiammeno!… 24 già. Si me chiammeno a me… può sta ssicure ch’è nu guaio: quacche gliuommero… de 50 sberretà…» 25 diceva, contaminando napolitano, molisano, e italiano. La causale apparente, la causale principe, era sì, una. Ma il fattaccio era l’effetto 26 di tutta una rosa di causali che gli eran soffiate addosso a molinello (come i sedici venti 27 della rosa dei venti quando s’avviluppano a tromba in una depressione ciclonica) e 28 avevano finito per strizzare nel vortice del delitto la debilitata «ragione del mondo». 55 29 Come si storce il collo a un pollo. E poi soleva dire, ma questo un po’ stancamente, «ch’i femmene se retroveno addò n’i vuò truvà». Una tarda riedizione italica del vieto 30 «cherchez la femme». E poi pareva pentirsi, come d’aver calunniato ’e femmene, e voler 31 mutare idea. Ma allora si sarebbe andati nel difficile. Sicché taceva pensieroso, come temendo d’aver detto troppo. Voleva significare che un certo movente affettivo, un 60 32 tanto o, direste oggi, un quanto di affettività, un certo «quanto di erotia», si mescolava 33 34 35 anche ai «casi d’interesse», ai delitti apparentemente più lontani dalle tempeste 36 d’amore. Qualche collega un tantino invidioso delle sue trovate, qualche prete più edotto dei molti danni del secolo, alcuni subalterni, certi uscieri, i superiori, sostenevano 37 che leggesse dei libri strani: da cui cavava tutte quelle parole che non vogliono 65 38 dir nulla, o quasi nulla, ma servono come non altre ad accileccare gli sprovveduti, gli 39 ignari. Erano questioni un po’ da manicomio: una terminologia da medici dei matti. 40 Per la pratica ci vuol altro! I fumi e le filosoficherie son da lasciare ai trattatisti: la pratica 41 dei commissariati e della squadra mobile è tutt’un altro affare: ci vuole della gran pazienza, della gran carità: uno stomaco pur anche a posto: e, quando non traballi 70 tutta la baracca dei taliani, senso di responsabilità e decisione sicura, moderazione 42 civile; già: già: e polso fermo. Di queste obiezioni così giuste lui, don Ciccio, non se ne dava per inteso: seguitava a dormire in piedi, a filosofare a stomaco vuoto, e a fingere 43 di fumare la sua mezza sigheretta, regolarmente spenta. 44 la pelliccia di questo animale ricorda la capigliatura di Ingravallo, nera, lucida e riccioluta. (o Astrachan) è il nome della città russa dove, sin dall’Ottocento, si è diffusa l’industria della concia delle pelli. agnello d’Astrakan: 13 Astrakan teorica. teoretica: 14 fiammifero. zolfanello: 15 latinismo per “inattese”, “impreviste”. inopinate: 16 in meteorologia indica una bassa pressione atmosferica, segno dunque di maltempo. L’autore allude al venir meno di tutte le convinzioni. punto di depressione ciclonica: 17 cause concomitanti. causali convergenti: 18 di preferenza. preferentemente: 19 così come era stata teorizzata dai filosofi. quale avevamo dai filosofi: 20 usciva fuori. evaporava: 21 penzolando. pencolando: 22 come la pece. pìceo: 23 chiamano. chiammeno: 24 qualche groviglio da sbrogliare. quacche gliuommero… de sberretà: 25 principale. principe: 26 in un vortice. a molinello: 27 si arrotolano a formare una tromba d’aria. s’avviluppano a tromba: 28 un delitto riduce (“strizza”) ancora peggio di quel che è la già di per sé debole ( ) (ovvero il senso e la motivazione di ciò che accade nella realtà), rendendola insensata. strizzare nel vortice… del mondo: 29 debilitata ragione del mondo le donne si ritrovano anche dove non ci si aspetta di trovarle. i femmene… truvà: 30 versione italiana ( ) del vecchio ( ) adagio francese (“cercate la donna”), che indica la presenza della passione amorosa anche nei casi in cui sembra non avere rilievo. Il concetto viene spiegato qualche riga dopo. riedizione… la femme: 31 italica vieto cherchez la femme dire, intendere. significare: 32 dal linguaggio della fisica. è l’unità minima di una grandezza fisica, per esempio l’energia. quanto: 33 Quantum ciò che è riconducibile alla sfera degli affetti. In psicologia indica il complesso dei sentimenti. affettività: 34 neologismo gaddiano che rimanda al linguaggio psicanalitico e indica la pulsione sessuale. erotia: 35 interesse economico, a indicare il movente per soldi. interesse: 36 a conoscenza. edotto: 37 tirava fuori. cavava: 38 abbagliare, abbindolare. accileccare: 39 termine dispregiativo per indicare coloro che si occupano di psichiatria e psicanalisi. medici dei matti: 40 le complessità fumose dei filosofi. I fumi e le filosoficherie: 41 l’Italia, vista come una baracca traballante. è voce dialettale per “italiani”. baracca dei taliani: 42 Taliani fingeva di non accorgersene. non se ne dava per inteso: 43 variante dialettale di “sigaretta”. sigheretta: 44 >> pagina 546 Dentro il TESTO I contenuti tematici Il si apre in modo piuttosto tradizionale, descrivendo il protagonista innanzitutto dal punto di vista esteriore, un po’ come accade nei romanzi dell’Ottocento. Veniamo a conoscenza del suo lavoro, del suo aspetto fisico, del modo in cui si presenta (l’aria assonnata, l’andatura stanca), della condizione economica (vestito in maniera dignitosa ma poveramente, abita a pensione e dunque non ha una casa sua), del suo luogo d’origine, dell’età. Lo osserviamo poi da un punto di vista particolare, quello della padrona di casa, che ne esalta il ruolo (lo , rr. 16-17) e la solerzia sul lavoro (spesso torna a casa tardi). Pasticciaccio statale distintissimo Una descrizione “classica” Dal secondo capoverso, lo sguardo si sposta dall’esterno all’interno, e apprendiamo qualcosa di più sul modo di pensare di Ingravallo. In particolare, viene enucleato in queste prime pagine un concetto cardine della sua visione del mondo: alla base del suo pensiero (e, di conseguenza, della sua metodologia operativa) sta la convinzione che i fatti non sono mai la conseguenza di una sola causa, ma sono il risultato di più cause, che rendono ogni evento un (r. 42) intricato. garbuglio La teoria del commissario corrisponde alla filosofia dell’autore, secondo il quale : le (r. 41) di Ingravallo, destinate a sfociare negli imprevedibili accidenti dell’esistenza, simboleggiano il «pasticciaccio» di un assurdo mondo moderno, in cui l’impresa di giungere a forme stabili di conoscenza risulta impossibile. la realtà è un insieme caotico o una trama indissolubile di fili causali convergenti La filosofia del commissario e dell’ingegnere >> pagina 547 Nell’ultimo capoverso si passa alla percezione che del commissario hanno gli altri, il coro di colleghi, preti e uscieri che – tutti insieme – lo considerano astratto, inconcludente, privo del necessario pragmatismo: quanto dice don Ciccio è frutto di strambe (r. 72), che poco hanno a che fare con (r. 73), la quale esigerebbe sicurezza e determinazione, mentre lui dà l’idea di essere irresoluto e sbadato (ha , r. 6, , r. 7, un , r. 49). Questo coro rappresenta il senso comune, che non sa o non vuole andare oltre l’apparenza delle cose, che si ferma alle grandezze visibili: si possono cogliere in esso quei tratti di faciloneria e pressapochismo che Gadda rinfacciava agli esponenti del fascismo. Il riferimento alla sconquassata (r. 75), in opposizione alla declamata (r. 76) e al (r. 76), lascia già trapelare l’insofferenza di Ingravallo (e di Gadda) verso il regime, un’insofferenza che nelle pagine successive si trasformerà in rabbiosa violenza. filosoficherie la pratica dei commissariati un’aria un po’ assonnata un fare un po’ tonto quasi-ghigno, tra amaro e scettico baracca dei taliani moderazione civile polso fermo Uno sguardo corale Le scelte stilistiche L’impressione suggerita dalle prime righe del brano che la descrizione sia affidata dall’autore a una voce onnisciente, sia pure lievemente ironica, secondo una modalità tipicamente manzoniana, è destinata presto a cadere. La frequenza dei sintagmi dubitativi testimonia il venir meno di ogni sua certezza e l’affacciarsi di ipotesi e opinioni ambigue: (r. 2) (r. 4), (r. 9). Chi narra, insomma, non solo testimonia l’incrinarsi di ogni visione oggettiva della realtà, ma anche mostra di conoscere in modo parziale il protagonista, oscillando tra la bonaria canzonatura (come appare nelle righe iniziali del brano), la descrizione pittoresca (per esempio, i capelli vengono paragonati a una , a una e a una pelliccia di , rr. 30-31) e la complice simpatia ( , rr. 33-34). non si sa perché , o forse un po’ tozzo una o due macchioline d’olio giungla parrucca Astrakan A prima vista, cioè al primo udirle, sembravano banalità. Non erano banalità D’altra parte, il narratore non è uno solo. I mediante il ricorso al discorso diretto, indiretto e indiretto libero. In tal modo le impressioni o le idee di alcuni personaggi si innestano sulla voce narrante principale, senza che lo scrittore ricorra necessariamente a una punteggiatura che indichi in modo chiaro e netto la separazione tra narratore e parlanti: l’effetto che ne deriva è una , che registra fedelmente il contorto gomitolo di fatti, pensieri e sentimenti che costituisce la realtà quotidiana. l gioco intricato delle focalizzazioni interne presenta infatti punti di vista diversi straordinaria polifonia La voce narrante polifonica Anche dal punto di vista stilistico, il romanzo offre un’iniziale “normalità” formale, appena complicata da qualche latinismo ( , r. 3) o arcaismo (la separazione della preposizione in (r. 2), l’apocope del verbo in (r. 5), la forma (r. 11) invece di ). Questa prassi tuttavia cede gradualmente il posto a una delle peculiarità del , ovvero il ricorso al dialetto. Con la vedova Antonini entra in scena il romanesco, mescolato con l’italiano senza soluzione di continuità; con Ingravallo, Gadda introduce il campano e il molisano. ubiquo ai casi sugli su gli venivano venivan giovine giovane Pasticciaccio Ad arricchire ulteriormente il linguistico contribuisce poi l’utilizzo di termini appartenenti a registri diversi e soprattutto ad ambiti e linguaggi specifici: vocaboli colti ( , r. 32), espressioni rare o ricercate ( , r. 5; , r. 37; , r. 38), neologismi ( , r. 65) sono affiancati a termini filosofici, medici, scientifici (abbondano le metafore meteorologiche), giuridici, in una commistione barocca che riflette degnamente il teatro del mondo. pastiche teoretica cresputi tempo incubatorio inopinate catastrofi erotia Il plurilinguismo >> pagina 548 Verso le COMPETENZE Comprendere Riassumi quanto Ingravallo sostiene circa il rapporto tra causa ed effetto. 1 Descrivi il carattere di Ingravallo, aiutandoti con espressioni prese direttamente dal testo. 2 Perché viene usata l’immagine della (r. 38 e rr. 53-54)? 3 depressione ciclonica Analizzare Rintrac erimento all’idea di groviglio e suddividile in base al linguaggio utilizzato nelle seguenti categorie: italiano standard; dialetto; linguaggi specialistici. 4 cia termini ed espressioni che fanno rif Identifica e trascrivi i sintagmi che rendono la narrazione dubitativa e non onnisciente. 5 Interpretare Perché Ingravallo dice che ? A che cosa si riferisce? Contestualizza l’affermazione all’interno del brano. 6 i femmene se retroveno addò n’i vuò truvà (r. 57) COMPETENZE LINGUISTICHE Il linguistico gaddiano è ricco non solo di termini provenienti da diversi gerghi, registri e parlate locali, ma anche di effetti fonici (allitterazioni, rime, paronomasie…). Rintracciane almeno cinque nel brano che hai letto. 7 pastiche Produrre Immagina Ingravallo commissario ai giorni nostri: adatta il carattere, l’aspetto fisico, il modo di pensare del personaggio al contesto della società attuale. Scrivi un testo narrativo di circa 20 righe. 8 Scrivere per raccontare. I grandi temi di Gadda 1 Il groviglio psicanalitico la scrittura come esigenza conoscitiva • il «male oscuro» e il tormento della mancanza di affetto genitoriale • il rimorso e il senso di colpa trasferiti nella scrittura autobiografica • l’inquietudine per l’incertezza del presente • 2 La polemica antiborghese la feroce critica contro la borghesia milanese del primo dopoguerra • l’irrisione dei valori di una classe sociale ipocrita e perbenista • 3 Lo stile espressionistico lo stravolgimento lessicale e sintattico • gli inserti in lingua straniera • la creazione di parole nuove • l’iperbole • l’elencazione e la combinazione dei termini • la lingua come specchio di una realtà indecifrabile •