La poesia italiana dal secondo Novecento agli anni Duemila Dalla crisi della tradizione alla postmodernità Nella seconda metà del Novecento la lirica soggettiva lascia spazio a una poesia sperimentale e intellettuale. La scelta di sperimentare riduce ancora di più un pubblico già ristretto: per la poesia ha inizio un periodo di crisi. I poeti del secondo Novecento non seguono un unica tendenza letteraria, ma preferiscono la contaminazione di stili e generi. Questa fase letteraria si caratterizza per creatività e sperimentazione. La fine della lirica Nel saggio L anello che non tiene (2003) il critico Marco Merlin ha individuato quale coordinata generale della ricerca artistica del secondo Novecento il venir meno di una lirica di tipo soggettivo (che caratterizzava invece gran parte della produzione poetica fino alla metà del secolo) a vantaggio di una poesia concepita per lo più come esercizio di stile e gioco intellettuale. Le tendenze e i modi del poetare sono stati in realtà molti e diversi, ma questa costante di fondo sembra segnare tutta l epoca per attenuarsi solo negli anni a noi più vicini. La crisi della poesia Nel corso della seconda metà del secolo, e in particolare dagli anni Settanta, la poesia attraversa una fase difficile nell ambito del mercato editoriale italiano: sostanzialmente abbandonata dal grande pubblico, vive un rapporto controverso con la comunità dei lettori. La ricerca sperimentale, in questo contesto, rappresenta un fattore di disorientamento, allontanando potenziali fruitori dalla poesia e causando una scissione tra produzione poetica, mercato editoriale e critica. Verso la postmodernità A mano a mano che ci si avvicina agli ultimi decenni del secolo cioè all età postmoderna si acuisce l impressione di una mancanza di fondamenti culturali condivisi. La frammentazione delle esperienze artistiche e dei canoni estetici genera spaesamento, mentre la critica accademica e militante fatica ad assolvere al tradizionale compito di orientamento del lettore, finendo con l approdare a un discorso autoreferenziale. La crisi delle narrazioni proprie della modernità la scienza, il progresso, le ideologie politiche fa sentire le sue conseguenze anche in ambito letterario, per quanto non soltanto in termini negativi. Come la filosofia approda a un relativismo teorico ed etico sempre più marcato, secondo cui non è possibile raggiungere una verità unica e certa e non esistono norme morali universalmente valide, i poeti del secondo Novecento tendono a contaminare generi e registri, presentando scene e personaggi di vita quotidiana quali fragili emblemi di una deriva avvertita come epocale. E proprio mentre sembra di assistere a una opacità della poesia, che alcuni interpretano come vera e propria invisibilità cioè assenza di nuove voci e nuove proposte , emerge una nuova carica creativa, che si manifesta, come vedremo, in forme inedite rispetto a quelle consolidate negli ambienti accademici e della critica. Il panorama del secondo Novecento \ Una scansione per decenni Negli anni Cinquanta emergono due voci poetiche di rilievo: Mario Luzi e la sua poesia impegnata e Giorgio Caproni, dedito invece a tematiche e motivi esistenziali. Gli anni Cinquanta Gli anni Cinquanta, dominati dal Neorealismo, sono un decennio più prosastico che poetico . Gli autori già affermati da Ungaretti a Montale, da Saba a Penna continuano a scrivere e a pubblicare, ma non emergono nuovi nomi significativi. Di particolare rilievo, in questo decennio come nei successivi, è la produzione di due autori diversi tra loro quanto a temi e scelte espressive, ma allo stesso modo centrali nel panorama poetico italiano del secondo Novecento: Mario Luzi e Giorgio Caproni. Mentre il primo supera l Ermetismo, dal quale era partito, per approdare a una poesia di forte impegno etico e civile, il secondo coniuga nei suoi testi uno stile diretto e comunicativo con tematiche di grande rilievo esistenziale. 725