T7 Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare , 11 Operette morali I personaggi di questa operetta – scritta tra il 1° e il 10 giugno 1814 – sono il poeta Torquato Tasso e il “Genio familiare”, quasi la voce della propria coscienza, con la quale l’autore della   si pone a confronto. Leopardi immagina che il dialogo abbia avuto luogo a Ferrara, nell’ospedale di Sant’Anna, dove Tasso era stato rinchiuso nel marzo del 1579, dopo che, in un accesso di follia, aveva dato in escandescenze contro il duca Alfonso II d’Este (vi rimarrà recluso per sette lunghi anni). Gerusalemme liberata Il   non esiste e tutto il resto è  piacere noia Come stai, Torquato? Genio Ben sai come si può stare in una prigione, e dentro ai guai fino al collo. Tasso Via, ma dopo cenato non è tempo da dolersene. Fa buon animo, e ridiamone  Genio 1 insieme. 2 Ci son poco atto. Ma la tua presenza e le tue parole sempre mi consolano. 5       Tasso 3 Siedimi qui accanto. Che io segga? La non è già cosa facile a uno spirito. Ma ecco: fa conto ch’io Genio sto seduto. Oh potess’io rivedere la mia Leonora. Ogni volta che ella mi torna alla Tasso 4 mente, mi nasce un brivido di gioia, che dalla cima del capo mi si stende fino 10     all’ultima punta de’ piedi; e non resta in me nervo né vena che non sia scossa. Talora, pensando a lei, mi si ravvivano nell’animo certe immagini e certi affetti, 5 tali, che per quel poco tempo, mi pare di essere ancora quello stesso Torquato che fui prima di aver fatto esperienza delle sciagure e degli uomini, e che ora io piango tante volte per morto. In vero, io direi che l’uso del mondo, e l’esercizio  15     6 de’ patimenti, sogliono come profondare e sopire dentro a ciascuno di 7 noi quel primo uomo che egli era: il quale di tratto in tratto si desta per poco 8 spazio, ma tanto più di rado quanto è il progresso degli anni; sempre più poi si 9 ritira verso il nostro intimo, e ricade in maggior sonno di prima; finché durando  ancora la nostra vita, esso muore. In fine, io mi maraviglio come il pensiero 20     di una donna abbia tanta forza, da rinnovarmi, per così dire, l’anima, e farmi dimenticare tante calamità. E se non fosse che io non ho più speranza di rivederla,  10 crederei non avere ancora perduta la facoltà di essere felice. Quale delle due cose stimi che sia più dolce: vedere la donna amata, o  Genio pensarne? 25     Non so. Certo che quando mi era presente ella mi pareva una donna; lontana,  Tasso mi pareva e mi pare una dea. Coteste dee sono così benigne, che quando alcuno vi si accosta, in un tratto Genio ripiegano la loro divinità, si spiccano i raggi d’attorno, e se li pongono in tasca, 11 per non abbagliare il mortale che si fa innanzi. 30      lamentarsene.  dolersene: 1  fatti coraggio, e stiamo allegri.  Fa buon animo... insieme: 2  adatto.  atto: 3  Eleonora d’Este, sorella del duca Alfonso II, invano amata da Tasso e perciò all’origine della sua follia, almeno secondo la leggenda romantica che si sviluppò attorno alla travagliata biografia del poeta.  la mia Leonora: 4  “sentimenti”, ma anche “sensazioni”.  affetti: 5  l’esperienza della vita.  l’uso del mondo: 6  la pratica del dolore.  l’esercizio dei patimenti: 7  il giovane sognatore e ottimista, poi smentito nelle sue illusioni dalla durezza della vita.  quel primo uomo che egli era: 8  l’avanzare.  il progresso: 9  disgrazie.  calamità: 10  si staccano.  si spiccano: 11 Tu dici il vero pur troppo. Ma non ti pare egli cotesto un gran peccato delle Tasso donne; che alla prova, elle ci riescano così diverse da quelle che noi le  12 13 immaginavamo? Io non so vedere che colpa s’abbiano in questo, d’esser fatte di carne e sangue,  Genio piuttosto che di ambrosia e nettare. Qual cosa del mondo ha pure un’ombra  35     14 o una millesima parte della perfezione che voi pensate che abbia a essere 15 nelle donne? E anche mi pare strano, che non facendovi maraviglia che gli uomini  sieno uomini, cioè creature poco lodevoli e poco amabili; non sappiate poi comprendere come accada, che le donne in fatti non sieno angeli. Con tutto questo, io mi muoio dal desiderio di rivederla, e di riparlarle. 40     Tasso Via, questa notte in sogno io te la condurrò davanti; bella come la gioventù; Genio e cortese in modo, che tu prenderai cuore di favellarle molto più franco e spedito  16 che non ti venne fatto mai per l’addietro: anzi all’ultimo le stringerai la 17 mano; ed ella guardandoti fiso, ti metterà nell’animo una dolcezza tale, che tu 18 ne sarai sopraffatto; e per tutto domani, qualunque volta ti sovverrà di questo 45     19 sogno, ti sentirai balzare il cuore dalla tenerezza. Gran conforto: un sogno in cambio del vero. Tasso Che cosa è il vero? Genio 20 Pilato non lo seppe meno di quello che lo so io. Tasso Bene, io risponderò per te. Sappi che dal vero al sognato, non corre altra 50     Genio differenza, se non che questo può qualche volta essere molto più bello e più dolce, che quello non può mai. Dunque tanto vale un diletto sognato, quanto un diletto vero? Tasso Io credo. Anzi ho notizia di uno che quando la donna che egli ama, se Genio gli rappresenta dinanzi in alcun sogno gentile, esso per tutto il giorno seguente,  55     fugge di ritrovarsi con quella e di rivederla; sapendo che ella non potrebbe reggere al paragone dell’immagine che il sonno gliene ha lasciata impressa, e che il vero, cancellandogli dalla mente il falso, priverebbe lui del diletto straordinario  che ne ritrae. Però non sono da condannare gli antichi, molto più 21 22 solleciti, accorti e industriosi di voi, circa a ogni sorta di godimento possibile 60     alla natura umana, se ebbero per costume di procurare in vari modi la dolcezza e la giocondità dei sogni; né Pitagora è da riprendere per avere interdetto 23 24 il mangiare delle fave, creduto contrario alla tranquillità dei medesimi sogni, ed atto a intorbidarli; e sono da scusare i superstiziosi che avanti di coricarsi solevano orare e far libazioni a Mercurio conduttore dei sogni, acciò ne 65     25 26 27 28 menasse loro di quei lieti; l’immagine del quale tenevano a quest’effetto intagliata  29 in su’ piedi delle lettiere. Così, non trovando mai la felicità nel tempo 30 della vigilia, si studiavano di essere felici dormendo: e credo che in parte, e 31 32 in qualche modo, l’ottenessero; e che da Mercurio fossero esauditi meglio che dagli altri Dei. 70      quando vengono conosciute realmente.  alla prova: 12  risultino a noi.  ci riescano: 13  le sostanze di cui si cibano gli dèi.  ambrosia e nettare: 14  si debba trovare.  abbia a essere: 15  avrai il coraggio di parlarle.  prenderai cuore di favellarle: 16  in passato.  per l’addietro: 17  fisso, intensamente.  fiso: 18  ogni qual volta ti ricorderai.  qualunque volta ti sovverrà: 19  è la domanda posta da Pilato a Gesù: (Giovanni 18,38).  Che cosa è il vero?: 20 Quid est veritas?  trae, ottiene.  ritrae: 21  perciò.  Però: 22  il celebre filosofo e matematico greco (570-490 a.C.).  Pitagora: 23  vietato.  interdetto: 24  pregare.  orare: 25  libagioni, bevute rituali.  libazioni: 26  guida, portatore.  conduttore: 27  affinché.  acciò: 28  portasse.  menasse: 29  testiere dei letti.  lettiere: 30  veglia.  vigilia: 31  cercavano.  si studiavano: 32 Per tanto, poiché gli uomini nascono e vivono al solo piacere, o del corpo o Tasso 33 dell’animo; se da altra parte il piacere è solamente o massimamente nei sogni, converrà ci determiniamo a vivere per sognare: alla qual cosa, in verità, io non mi posso ridurre. Già vi sei ridotto e determinato, poiché tu vivi e che tu consenti di vivere. 75     Genio Che cosa è il piacere? Non ne ho tanta pratica da poterlo conoscere che cosa sia. Tasso Nessuno lo conosce per pratica, ma solo per ispeculazione: perché il piacere  Genio 34 è un subbietto speculativo, e non reale; un desiderio, non un fatto; un 35 sentimento che l’uomo concepisce col pensiero, e non prova; o per dir meglio, 80     un concetto e non un sentimento. Non vi accorgete voi che nel tempo stesso di qualunque vostro diletto, ancorché desiderato infinitamente, e procacciato 36 37 con fatiche e molestie indicibili; non potendovi contentare il goder che fate in ciascuno di quei momenti, state sempre aspettando un goder maggiore e più vero, nel quale consista insomma quel tal piacere; e andate quasi riportandovi 85     di continuo agl’istanti futuri di quel medesimo diletto? Il quale finisce sempre innanzi al giungere dell’istante che vi soddisfaccia; e non vi lascia altro bene che la speranza cieca di goder meglio e più veramente in altra occasione, e il conforto  di fingere e narrare a voi medesimi di aver goduto, con raccontarlo anche 38 agli altri, non per sola ambizione, ma per aiutarvi al persuaderlo che vorreste 90     39 pur fare a voi stessi. Però chiunque consente di vivere, nol fa in sostanza ad 40 41 42 altro effetto né con altra utilità che di sognare; cioè credere di avere a godere, 43 44 o di aver goduto; cose ambedue false e fantastiche. 45 Non possono gli uomini credere mai di godere presentemente? Tasso 46 Sempre che credessero cotesto, godrebbero in fatti. Ma narrami tu se in alcun  95     Genio 47 istante della tua vita, ti ricordi aver detto con piena sincerità ed opinione: 48 io godo. Ben tutto giorno dicesti e dici sinceramente: io godrò; e parecchie 49 volte, ma con sincerità minore: ho goduto. Di modo che il piacere è sempre o passato o futuro, e non mai presente. Che è quanto dire è sempre nulla. 100  Tasso 50 Così pare. Genio Anche nei sogni. Tasso Propriamente parlando. Genio E tuttavia l’obbietto e l’intento della vita nostra, non pure essenziale ma Tasso unico, è il piacere stesso; intendendo per piacere la felicità, che debbe in effetto 105  esser piacere; da qualunque cosa ella abbia a procedere. 51 Certissimo. Genio  per il (complemento di fine o scopo).  al: 33  speculazione, ricerca astratta. In filosofia, il termine (in greco ) è usato da Aristotele per indicare, in contrapposizione all’attività pratica ( ) e a quella produttiva ( ), l’attività teoretica.  ispeculazione: 34 theorìa praxis pòiesis  soggetto, materia.  subbietto: 35  per quanto, sebbene.  ancorché: 36  ottenuto.  procacciato: 37  immaginare.  fingere: 38  vanteria.  ambizione: 39  ma anche per aiutarvi a convincere voi stessi.  ma per... voi stessi: 40  accetta.  consente: 41  non lo fa.  nol fa: 42  con altro scopo.  ad altro effetto: 43  di dover godere in futuro.  di avere a godere: 44  non vere e frutto di fantasia.  false e fantastiche: 45  nel presente.  presentemente: 46  qualora credessero ciò, godrebbero davvero.  Sempre... in fatti: 47  convinzione.  opinione: 48  sempre.  tutto giorno: 49  il che equivale a dire che il piacere non esiste.  Che è... nulla: 50  da qualunque cosa essa debba derivare.  da qualunque... a procedere: 51 Laonde la nostra vita, mancando sempre del suo fine, è continuamente imperfetta:  Tasso e quindi il vivere è di sua propria natura uno stato violento. 52 Forse. 110  Genio Io non ci veggo forse. Ma dunque perché viviamo noi? voglio dire, perché Tasso consentiamo di vivere? Che so io di cotesto? Meglio lo saprete voi, che siete uomini. Genio Io per me ti giuro che non lo so. Tasso Domandane altri de’ più savi, e forse troverai qualcuno che ti risolva cotesto 115  Genio dubbio. Così farò. Ma certo questa vita che io meno, è tutta uno stato violento: perché  Tasso 53 lasciando anche da parte i dolori, la noia sola mi uccide. Che cosa è la noia? Genio Qui l’esperienza non mi manca, da soddisfare alla tua domanda. A me pare 120  Tasso che la noia sia della natura dell’aria: la quale riempie tutti gli spazi interposti alle altre cose materiali, e tutti i vani contenuti in ciascuna di loro; e donde 54 55 un corpo si parte, e altro non gli sottentra, quivi ella succede immediatamente.  56 57 58 Così tutti gl’intervalli della  vita umana frapposti ai piaceri e 125   ai dispiaceri, sono occupati dalla noia. E però, come nel mondo materiale, secondo i Peripatetici, 59 non si dà vòto alcuno; così nella 60 vita nostra non si dà vòto; se non 130   quando la mente per qualsivoglia causa intermette l’uso del pensiero.  61 Per tutto il resto del tempo,  l’animo, considerato anche in se proprio e come disgiunto dal 135  corpo, si trova contenere qualche  passione; come quello a cui 62 l’essere vacuo da ogni piacere e dispiacere, importa essere pieno 63 di noia, la quale anco è passione, 140  non altrimenti che il dolore e il diletto. una condizione di violenza, poiché impedisce continuamente all’uomo di soddisfare il proprio desiderio di felicità. uno stato violento: 52 conduco. meno: 53 posti fra le. interposti alle: 54 vuoti. vani: 55 si allontana. si parte: 56 subentra. sottentra: 57 arriva. succede: 58 i filosofi appartenenti alla scuola aristotelica, i cui membri si intrattenevano a discutere nel Peripato (la parte del giardino del Liceo, ad Atene, in cui Aristotele era solito tenere le sue lezioni). i Peripatetici: 59 in base alla filosofia aristotelica, non esiste il vuoto assoluto. non si dà vòto alcuno: 60 abbandona, tralascia. intermette: 61 poiché per lui (costruzione relativa-causale, sul calco del latino ). come quello a cui: 62 quippe cui equivale a. importa: 63 Louis Gallait,  , 1853. State Hermitage Museum, San Pietroburgo. Tasso in prigione E da poi che tutti i vostri diletti sono di materia simile ai ragnateli; tenuissima,  Genio radissima e trasparente; perciò come l’aria in questi, così la noia penetra in quelli da ogni parte, e li riempie. Veramente per la noia non credo si debba 145  intendere altro che il desiderio puro della felicità; non soddisfatto dal piacere, e non offeso apertamente dal dispiacere. Il buon desiderio, come dicevamo poco innanzi, non è mai soddisfatto; e il piacere propriamente non si trova. Sicché la vita umana, per modo di dire, è composta e intessuta, parte di dolore, parte di noia; dall’una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell’altra. E 150  questo non è tuo destino particolare, ma comune di tutti gli uomini. Che rimedio potrebbe giovare contro la noia? Tasso Il sonno, l’oppio, e il dolore. E questo è il più potente di tutti; perché l’uomo Genio mentre patisce, non si annoia per niuna maniera. In cambio di cotesta medicina, io mi contento di annoiarmi tutta la vita.  155  Tasso Ma pure la varietà delle azioni, delle occupazioni e dei sentimenti, se bene non ci libera dalla noia, perché non ci crea diletto vero, contuttociò la solleva 64 65 ed alleggerisce. Laddove in questa prigionia, separato dal commercio umano,   66 67 toltomi eziandio lo scrivere, ridotto a notare per passatempo i tocchi 68 dell’oriuolo, annoverare i correnti, le fessure e i tarli del palco, considerare il 160  69 70 mattonato del pavimento, trastullarmi colle farfalle e coi moscherini che vanno attorno alla stanza, condurre quasi tutte le ore a un modo; io non ho cosa che 71 mi scemi in alcuna parte il carico della noia. 72 73 Dimmi: quanto tempo ha che tu sei ridotto a cotesta forma di vita? Genio 74 Più settimane, come tu sai. 165  Tasso Non conosci tu dal primo giorno al presente, alcuna diversità nel fastidio Genio che ella ti reca? Certo che io lo provava maggiore a principio: perché di mano in mano la Tasso mente, non occupata da altro e non isvagata, mi si viene accostumando a 75 76 conversare seco medesima assai più e con maggior sollazzo di prima, e acquistando  170  77 un abito e una virtù di favellare in se stessa, anzi di cicalare, tale, 78 che parecchie volte mi pare quasi avere una compagnia di persone in capo che stieno ragionando, e ogni menomo soggetto che mi si appresenti al pensiero, 79 mi basta a farne tra me e me una gran diceria. 80 Cotesto abito te lo vedrai confermare e accrescere di giorno in giorno per 175  Genio 81 modo, che quando poi ti si renda la facoltà di usare cogli altri uomini, ti parrà 82 essere più disoccupato stando in compagnia loro, che in solitudine. E quest’assuefazione  in sì fatto tenore di vita, non credere che intervenga solo a’ tuoi 83 simili, già consueti a meditare; ma ella interviene in più o men tempo a chicchessia.  Di più, l’essere diviso dagli uomini e, per dir così, dalla vita stessa, porta 180  seco questa utilità; che l’uomo, eziandio sazio, chiarito e disamorato delle 84 cose umane per l’esperienza; a poco a poco assuefacendosi di nuovo a mirarle da lungi, donde elle paiono molto più belle e più degne che da vicino, si 85 86 dimentica della loro vanità e miseria; torna a formarsi e quasi crearsi il mondo a suo modo; apprezzare, amare e desiderare la vita; delle cui speranze, se non 185  gli è tolto o il potere o il confidare di restituirsi alla società degli uomini, si va nutrendo e dilettando, come egli soleva a’ suoi primi anni. Di modo che la solitudine  fa quasi l’ufficio della gioventù; o certo ringiovanisce l’animo, ravvalora   87 e rimette in opera l’immaginazione, e rinnuova nell’uomo esperimentato 88 i beneficii di quella prima inesperienza che tu sospiri. Io ti lascio; che veggo 190  89 che il sonno ti viene entrando; e me ne vo ad apparecchiare il bel sogno che ti ho promesso. Così, tra sognare e fantasticare, andrai consumando la vita; non con altra utilità che di consumarla; che questo è l’unico frutto che al mondo se ne può avere, e l’unico intento che voi vi dovete proporre ogni mattina in sullo svegliarvi. Spessissimo ve la conviene strascinare co’ denti: beato quel dì che 195  potete o trarvela dietro colle mani, o portarla in sul dosso. Ma, in fine, il tuo 90 tempo non è più lento a correre in questa carcere, che sia nelle sale e negli orti 91 quello di chi ti opprime. Addio. Addio. Ma senti. La tua conversazione mi riconforta pure assai. Non che ella Tasso interrompa la mia tristezza: ma questa per la più parte del tempo è come una 200  notte oscurissima, senza luna né stelle; mentre son teco, somiglia al bruno 92 dei crepuscoli, piuttosto grato che molesto. Acciò da ora innanzi io ti possa 93 94 chiamare o trovare quando mi bisogni, dimmi dove sei solito di abitare. Ancora non l’hai conosciuto? In qualche liquore generoso. Genio 95  giacché non ci dona un piacere autentico.  perché... vero: 64  nonostante questo.  contuttociò: 65  invece.  Laddove: 66  dai rapporti con gli altri uomini.  dal commercio umano: 67  persino.  eziandio: 68  contare i travicelli del soffitto.  annoverare i correnti: 69  soffitto in legno.  palco: 70  nella stessa maniera.  a un modo: 71  diminuisca.  scemi: 72  peso, fardello.  carico: 73  è.  ha: 74  distratta.  isvagata: 75  abituando.  accostumando: 76  sollievo (dal latino ).  sollazzo: 77 solacium  un’abitudine e una capacità.  un abito e una virtù: 78  minimo.  menomo: 79  un gran parlare.  una gran diceria: 80  tale abitudine.  Cotesto abito: 81  avere a che fare.  usare: 82  capiti.  intervenga: 83  esperto.  chiarito: 84  da lontano, e quindi con distacco.  da lungi: 85  da dove.  donde: 86  rinvigorisce.  ravvalora: 87  navigato, che ha fatto esperienza.  esperimentato: 88  rimpiangi.  sospiri: 89  «in opposizione alla vita trascinata con i denti, appare beato il giorno in cui essa è tirata dietro con le mani o portata sulle spalle, ovvero è vissuta in un suo peso da cui abbiamo lo sguardo voltato» (Damiani). Il Genio intende dire, cioè, che possono essere considerati felici i giorni in cui viviamo quasi senza accorgercene, tutti presi dalle nostre mille occupazioni. Altri interpreti intendono però le due espressioni come metafore del morire (portarsi via la vita, nel senso di liberarsi da essa); in tal caso il Genio direbbe che l’unico giorno veramente felice è quello della morte.  beato quel dì... in sul dosso: 90  giardini (latinismo).  orti: 91  oscurità tenue.  bruno: 92  gradito.  grato: 93  affinché.  Acciò: 94  capito.  conosciuto: 95  >> pagina 47  Analisi ATTIVA I contenuti tematici Il dialogo si sofferma su molti dei temi che ricorrono nell’opera leopardiana: il , e come il primo apporti una felicità che la seconda finisce per distruggere; il , che appartiene sempre al passato o al futuro e mai al presente; quello della noia, condizione che occupa tutti gli intervalli temporali tra il piacere e il dolore; l’ , perché forse uno scopo non c’è e, se c’è, è semplicemente quello di far passare la vita stessa “ammazzando il tempo” (e comunque, in ogni caso, l’approdo finale è al nulla). Alcuni di questi argomenti erano già stati sviluppati in modi diversi nei (per esempio nella ) e in altre operette morali (come ); saranno poi ripresi in operette successive (come il ) e nelle poesie più tarde. motivo del sogno contrapposto alla realtà tema del piacere opportunità di non pensare allo scopo della vita Canti Canzone ad Angelo Mai Storia del genere umano Dialogo tra Plotino e Porfirio  Suddividi il testo in sequenze tematiche sulla base dei diversi motivi sopra elencati. 1 Una   di motivi leopardiani summa  >> pagina 48  Sollecitato dal Genio, Torquato afferma qui, a proposito della donna amata: Quando mi era presente, ella mi pareva una donna; lontana, mi pareva e mi pare una dea (rr. 26-27). La lontananza della figura femminile, insomma, ne accresce il fascino, poiché, in sua assenza, la mente dell’uomo lavora attribuendole tutte le perfezioni possibili. Concetti simili si troveranno in Aspasia , una sorta di poesia-trattato della maturità (composta forse nel 1834), in cui viene formulata una precisa teoria dell’amore (di come l’uomo si innamori e provi amore per la donna; ma il discorso, ovviamente, può essere ribaltato quanto al genere dei soggetti coinvolti): [...] Raggio divino al mio pensiero apparve, donna, la tua beltà.   Vagheggia il piagato mortal quindi la figlia della sua mente, l’amorosa idea, che gran parte d’Olimpo in sé racchiude, tutta al volto ai costumi alla favella pari alla donna che il rapito amante vagheggiare ed amar confuso estima [O donna, la tua bellezza mi è apparsa come un raggio di luce divina. L’uomo ferito (della ferita d’amore) immagina a partire da qui ( , cioè dalla donna reale) la figlia della propria mente, l’“amorosa idea”, che contiene in sé gran parte della perfezione divina ( ); tale “amorosa idea” è del tutto simile – nel viso, negli atteggiamenti, nella voce – alla donna reale, che l’amante, ingannato ( ) ritiene, nella propria confusione, di desiderare e di amare (mentre in realtà desidera e ama l’“amorosa idea”)]. quindi d’Olimpo rapito Tale teoria richiama a sua volta quella della (esposta nel suo trattato , 1822): «Lasciate lavorare la testa di un amante per ventiquattr’ore, ed ecco cosa troverete. Alle miniere di sale di Salisburgo, si getta, nelle profondità abbandonate della miniera, un rametto d’albero spoglio a causa dell’inverno; due o tre mesi dopo lo si ritrae coperto di cristallizzazioni brillanti: i rami più piccoli, quelli che non sono più grossi della zampina di una cinciallegra, sono guarniti d’una infinità di diamanti, mobili e abbaglianti; è impossibile riconoscere il rametto primitivo. Quel che chiamo , è l’operazione dello spirito che trae da tutto ciò che si presenta la scoperta di nuove perfezioni nell’oggetto amato». “cristallizzazione” dello scrittore francese Stendhal Sull’amore cristallizzazione L’operetta leopardiana pare esemplificare il concetto stendhaliano, configurando quel che finisce per conferire all’oggetto amato tutte le qualità sognate e per accendere il meccanismo del piacere, sempre legato a un «senso indefinito che si prova nei sogni o nelle immaginazioni dell’infanzia» (Bazzocchi). Non è infatti la donna reale a dare piacere ma ciò che noi immaginiamo che essa sia, in quanto spirito e icona della giovinezza e come tale simbolo trasfigurato di perfezione; allo stesso modo – più in generale – dà piacere non la realtà ma il sogno, come il Genio garantisce al suo interlocutore: (rr. 45-46). processo di idealizzazione per tutto domani, qualunque volta ti sovverrà di questo sogno, ti sentirai balzare il cuore dalla tenerezza  Metti in relazione i concetti espressi da Stendhal nel brano sopra riportato con la situazione rappresentata nel  . 2 Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare  Nell’operetta che stiamo analizzando, quale dei due interlocutori sostiene il punto di vista della teoria leopardiana del piacere? Qual è l’atteggiamento dell’altro? 3  Perché, in base a quanto viene detto dal Genio, le persone tendono a parlare agli altri dei (presunti) piaceri che hanno goduto? 4 L’amore come   della teoria del piacere exemplum  >> pagina 49  Strettamente collegata alla teoria del piacere è la . Ogni spazio della vita umana che non sia occupato né dal piacere né dal dolore viene colmato da essa. Non può esistere infatti nella vita umana un vuoto assoluto di passioni: per Leopardi, la noia è essa stessa una passione. Anzi, la noia viene presentata qui come , quasi una forma di follia: un desiderio assoluto di felicità, destinato a essere frustrato. E poiché il piacere, come si è visto, non esiste, ecco allora che la vita umana è fatta di un’alternanza di dolore e di noia, concezione leopardiana della noia passione al massimo grado di intensità dall’una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell’altra (r. 138). Questo è il destino non soltanto di Torquato Tasso, ma di tutti gli esseri umani.  Quale personaggio del dialogo espone per primo la concezione leopardiana della noia (poi completata dall’altro)? 5  Quali possibili rimedi contro la noia vengono individuati dal Genio? 6  Quali sono gli unici passatempi per Tasso prigioniero? 7  La sua condizione di recluso va peggiorando o migliorando con il tempo? perché? 8  Parafrasa la seguente frase pronunciata dal Genio:   (rr. 183-185). Quale concetto esprime? 9 Ma, in fine, il tuo tempo non è più lento a correre in questa carcere, che sia nelle sale e negli orti quello di chi ti opprime La noia come passione Le scelte stilistiche Il personaggio leopardiano di Tasso è qui presentato come una sorta di “nuovo Socrate”, perché già il filosofo antico (a quanto ci viene detto nei Dialoghi di Platone) aveva l’abitudine di parlare con uno “spirito amico”, un interlocutore immaginario con cui confrontarsi nelle discussioni tra sé e sé. Lo è dunque, qui, un “spirito familiare” alter ego interiore, la . Da ciò il tono pacato e colloquiale (talora ironico: voce della coscienza Che io segga? La non è già cosa facile a uno spirito , r. 7) e il lessico di livello medio e familiare. Alcune formule affermative e dubitative presenti nel testo leopardiano rimandano al tipico intercalare dei dialoghi platonici ( Così pare , r. 101; Propriamente parlando , r. 103; Certissimo , r. 106; Forse , r. 109 ecc.). Va ricordato, infine, che Tasso stesso, in un dialogo intitolato Il Messaggiero , aveva immaginato di conversare con uno spirito, parlando dei propri sogni e della propria infelicità. 10   Rintraccia nel dialogo altri esempi di ironia.  Il personaggio di Tasso è occasionalmente caratterizzato, sul piano linguistico, con alcuni termini dell’italiano cinquecentesco, che già ai tempi di Leopardi potevano con molta probabilità suonare arcaici. Prova a individuarne qualcuno. 11  Il testo letto affronta, tra gli altri, il tema della noia, visto come il peggiore dei mali. Concordi con tale valutazione? Ti capita di provare in prima persona questa condizione? Come tendi a reagire a essa? Parlane in un testo di circa 30 righe. 12 Scrivere per raccontare. Un dialogo interiore