Le origini e il Duecento – L'autore: Dante Alighieri LABORATORIO verso l'esame Così nel mio parlar voglio esser aspro Rime TIPOLOGIA A Analisi e interpretazione di un TESTO LETTERARIO ITALIANO Così nel mio parlar voglio esser aspro com’è ne li atti questa bella petra, la quale ognora impetra maggior durezza e più natura cruda, e veste sua persona d’un dïaspro tal che per lui, o perch’ella s’arretra, non esce di faretra saetta che già mai la colga ignuda; ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda né si dilunghi da’ colpi mortali, che, com’avesser ali, giungono altrui e spezzan ciascun’arme: sì ch’io non so da lei né posso atarme. Non trovo scudo ch’ella non mi spezzi né loco che dal suo viso m’asconda; ché, come fior di fronda, così de la mia mente tien la cima. Cotanto del mio mal par che si prezzi, quanto legno di mar che non lieva onda; e ’l peso che m’affonda è tal che non potrebbe adequar rima. Ahi angosciosa e dispietata lima che sordamente la mia vita scemi, perché non ti ritemi sì di rodermi il core a scorza a scorza com’io di dire altrui chi ti dà forza? Ché più mi triema il cor qualora io penso di lei in parte ov’altri li occhi induca, per tema non traluca lo mio penser di fuor sì che si scopra, ch’io non fo de la morte, che ogni senso co li denti d’Amor già mi manduca: ciò è che ’l pensier bruca la lor vertù, sì che n’allenta l’opra. E’ m’ha percosso in terra, e stammi sopra con quella spada ond’elli ancise Dido, Amore, a cui io grido merzé chiamando, e umilmente il priego: ed el d’ogni merzé par messo al niego. 5 10 15 20 25 30 35 racchiude in sé come in una pietra. pietra dura che secondo i lapidari medievali conferiva l’invulnerabilità a chi l’aveva con sé. si tira indietro. indifesa. uccide (il verbo torna ai vv. 36 e 75). non serve che ci si protegga o ci si allontani ( è impersonale). colpiscono gli altri. aiutarmi, dunque difendermi. si preoccupi. quanto una barca (si preoccupa) di un mare che non solleva onde. descrivere adeguatamente (soggetto è , cioè poesia, che è complemento oggetto). non ti trattieni. in un luogo dove altri mi possano vedere. per paura che il mio pensiero traspaia all’esterno così da svelarsi. secondo termine di paragone, riprende il del v. 27, dunque: “il cuore mi trema più quando… di quanto io non tremi per la morte”. Didone, regina di Cartagine, il cui amore per Enea è narrato nel IV libro dell’ di Virgilio. Nel Medioevo era simbolo di amore lussurioso (cfr. anche , V, 61-62). 3 impetra: 5 dïaspro: 6 s’arretra: 8 ignuda: 9 ancide: 9-10 non val… dilunghi: om 12 giungono altrui: 13 atarme: 18 si prezzi: 19 quanto… onda: 21 adequar: rima tal 24 non ti ritemi: 28 in parte… induca: 29-30 per tema… scopra: 31 ch’io… de la morte: triema 36 Dido: Eneide Inferno >> pag. 275 Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida la debole mia vita, esto perverso, che disteso a riverso mi tiene in terra d’ogni guizzo stanco: allor mi surgon ne la mente strida; e ’l sangue, ch’è per le vene disperso, fuggendo corre verso lo cor, che ’l chiama; ond’io rimango bianco. Elli mi fiede sotto il braccio manco sì forte che ’l dolor nel cor rimbalza: allor dico: «S’elli alza un’altra volta, Morte m’avrà chiuso prima che ’l colpo sia disceso giuso». Così vedess’io lui fender per mezzo lo core a la crudele che ’l mio squatra; poi non mi sarebb’atra la morte, ov’io per sua bellezza corro: ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo questa scherana micidiale e latra. Omè, perché non latra per me, com’io per lei, nel caldo borro? ché tosto griderei: «Io vi soccorro»; e fare ’l volentier, sì come quelli che ne’ biondi capelli ch’Amor per consumarmi increspa e dora metterei mano, e piacere ’le allora. 45 50 55 60 65 egli (Amore) mi ferisce sotto il braccio sinistro ( ), cioè dalla parte del cuore. Amore, personificato, è spesso indicato con il pronome personale (v. 35), (v. 40), (v. 50). squarta, fa a pezzi. Lo stesso sistema di rime in - è presente anche in , VI, vv. 14-18, per descrivere il mostro Cerbero. cupa (latinismo). vento fresco. delinquente violenta e inaffidabile. (aggettivo) è in rima equivoca con (verbo) del verso successivo. burrone. Altra immagine “infernale”. 48 Elli… manco: manco E’ Egli elli 54 squatra: atra Inferno 55 atra: 57 rezzo: 58 scherana… latra: Latra latra 60 borro: >> pag. 276 S’io avessi le belle trecce prese, che fatte son per me scudiscio e ferza, pigliandole anzi terza, con esse passerei vespero e squille: e non sarei pietoso né cortese, anzi farei com’orso quando scherza; e se Amor me ne sferza, io mi vendicherei di più di mille. Ancor ne li occhi, ond’escon le faville che m’infiammano il cor, ch’io porto anciso, guarderei presso e fiso, per vendicar lo fuggir che mi face; e poi le renderei con amor pace. Canzon, vattene dritto a quella donna che m’ha ferito il core e che m’invola quello ond’io ho più gola, e dàlle per lo cor d’una saetta, ché bell’onor s’acquista in far vendetta. 70 75 80 prima della terza ora, cioè prima delle nove del mattino. arriverei fino a sera ( è la penultima ora canonica, indica il suono della campana serale). mi ruba. 68 anzi terza: 69 passerei… squille: vespero squille 80 m’invola: COMPRENSIONE E ANALISI Riassumi il contenuto del componimento in circa 5 righe. 1 Come si comporta la donna nei confronti del poeta? E come si comporta quest’ultimo nei confronti di lei? 2 Spiega il perché dell’espressione (v. 2). 3 questa bella petra Al v. 19 è usato come figura retorica: quale? 4 legno Individua alcune parole ed espressioni che contribuiscono a rendere “aspra” la scrittura di Dante. 5 Dal punto di vista metrico di quale tipo di componimento si tratta? Fornisci lo schema delle rime. 6 INTERPRETAZIONE Scegli e sviluppa una delle seguenti tracce. Il testo, che appartiene alle cosiddette “rime petrose”, composte probabilmente verso il 1295, rappresenta un momento particolare della poesia d’amore di Dante. Quali sono le analogie e quali le differenze con la , capolavoro della riflessione amorosa dantesca? Vita nuova Esiste qualche riferimento possibile all’attualità nella descrizione dell’amore offerta da questo testo oppure tutto è leggibile nella distanza temporale e culturale? Argomenta opportunamente la tua risposta. >> pag. 277 Ne li occhi porta la mia donna Amore , 21 Vita nuova Collocata subito dopo la canzone (cap. 19), è una delle rime in lode di Beatrice. Il poeta descrive la capacità della donna amata di suscitare sentimenti anche sui cuori meno nobili. Donne ch’avete intelletto d’amore TIPOLOGIA A Analisi e interpretazione di un TESTO LETTERARIO ITALIANO Ne li occhi porta la mia donna Amore, per che si fa gentil ciò ch’ella mira; ov’ella passa, ogn’om ver lei si gira, e cui saluta fa tremar lo core, sì che, bassando il viso, tutto smore, e d’ogni suo difetto allor sospira: fugge dinanzi a lei superbia ed ira. Aiutatemi, donne, farle onore. 4 8 Ogne dolcezza, ogne pensero umile nasce nel core a chi parlar la sente, ond’è laudato chi prima la vide. 11 Quel ch’ella par quando un poco sorride, non si pò dicer né tenere a mente, sì è novo miracolo e gentile. 14 per cui diventa. a ognuno che. abbassando lo sguardo. smore: impallidisce. si rammarica. per cui è lodato, ottiene pregio. Dio creatore (oppure, secondo altri, lo stesso Dante). 2 per che si fa: 4 cui: 5 bassando il viso: 6 sospira: 11 ond’è laudato: chi prima la vide: COMPRENSIONE E ANALISI Fai la parafrasi del componimento. 1 Elenca le azioni compiute dalla donna. 2 Quali sono gli effetti prodotti dalla donna su chi la incontra? 3 L’espressione (v. 12) ricorda un’immagine simile presente in . Quale collegamento è possibile istituire tra i due testi? 4 ella par Tanto gentile e tanto onesta pare Il v. 13 allude a un motivo chiave della poetica stilnovistica: l’ineffabilità dell’amore. Illustra questa tematica, a partire dal presente componimento. 5 Quali funzioni vengono attribuite alla donna? 6 INTERPRETAZIONE Rifletti sul motivo degli occhi presente in questo componimento dantesco e mettilo a confronto con quello delle poesie di Guido Cavalcanti. A partire da tali osservazioni, sviluppa un commento che illustri la teoria amorosa stilnovistica e che argomenti il tuo pensiero rispetto a essa, facendo riferimento anche a testi e canzoni che fanno parte del tuo personale bagaglio. >> pag. 278 Fermarsi prima di oltrepassare i limiti. La lezione di Dante Il seguente brano del critico letterario Filippo La Porta (n. 1952) rilegge la concezione dantesca del peccato sullo sfondo di alcune questioni, etiche e sociali, oggetto di dibattito nel mondo di oggi. TIPOLOGIA B Analisi e produzione di un TESTO ARGOMENTATIVO L’uomo contemporaneo è incapace di “fermarsi” e, anzi, non vede perché dovrebbe farlo (si tratti della soddisfazione immediata di un istinto o della sperimentazione sugli embrioni o del saccheggio della natura). In nome di che cosa: di Dio? Del sacro? Di un ordine metafisico? Dell’utilità collettiva? Della felicità del maggior numero di persone? Della razionalità della Storia? Del futuro delle nuove generazioni? In Dante il peccato nasce proprio dal non sapersi fermare, dall’indiscrezione (intesa in un senso forte, etimologico: incapacità di discernere – di distinguere tra sé e l’altro –, mancanza di misura), dalla hybris, dall’oltrepassare un limite (Ulisse). Non si tratta tanto e solo di impulsività, di offuscamento a causa 5 di un desiderio impellente. 10 E, anzi, nella prima cantica l’incontinenza, che riguarda lussuriosi, golosi e iracondi, viene considerata meno grave («e come incontenenza / men Dio offende e men biasimo accatta» , XI, 83-84) rispetto ai peccati di “malizia”, e cioè di consenso all’azione cattiva, di malvagità consapevole, attraverso il calcolo e la 1 Inf. riflessione (e infatti la malizia è punita nel basso inferno, in Malebolge). Piuttosto qui Dante si riferisce all’attitudine a giustificare razionalmente ogni desiderio. 15 La malizia è sempre intenzionale e implica un’offesa al prossimo (per san Tommaso chi pecca per malizia pecca più gravemente di chi pecca per debolezza: c’è volontà e abitudine, come puntualizza nel . Ricordo solo come l’originaria De malo 2 tripartizione aristotelica di incontinenza, malizia e («matta bestialitade» ( XI, 82-83) si traduca poi in una bipartizione ciceroniana di incontinenza e malizia, laddove quest’ultima si esercita sia con la violenza – bestialità, appunto – sia con la frode. 20 Inf. Così Francesca, nel canto V dell’ , è punita non solo perché ha peccato di Inferno lussuria (di incontinenza), violando l’etica civile (che fonda ogni convivenza), e perché, come vedremo, la sua passione ha una natura libresca, ma anche in quanto continua a rivendicare ancora il suo peccato e a protestare la propria innocenza (galeotto fu il libro, lei è senza colpa); giustifica l’incontinenza in modo intellettualistico, capzioso, utilizzando la sua abilità retorica, attraverso un sillogismo che 25 sembrerebbe inconfutabile, richiamandosi cioè a una necessità assoluta (la corrispondenza amorosa). 30 Il diavolo, lo abbiamo visto, è . E quando l’«argomento de la mente» si aggiunge al «mal volere» e alla «possa», non c’è rimedio ( XXXI, 55-56). loico 3 Inf. [...] riceve minore rimprovero. letteralmente, Sul male. logico, filosofo. 1 men biasmo accatta 2 : De malo 3 : loico >> pag. 279 Oggi l’intera cultura di massa ci spinge continuamente a non trattenerci mai, ad appagare tutti i desideri, a riconoscere qualsiasi limite come intollerabile censura: “Just do it”, esorta la Nike, mentre lo slogan dell’Ikea è: “Vivere a modo tuo!” La controcultura libertaria degli anni Sessanta – “proibito proibire” – stabilisce una perversa alleanza con il mercato. Perché dovrebbe fermarsi chi approfitta del 35 potere che gli conferisce il suo ruolo professionale (sia egli un medico o un politico o un giudice)? Perché dovrebbe fermarsi uno scienziato che sperimenta la clonazione umana (formalmente vietata da tutte le legislazioni)? Ci si dovrebbe fermare non per un imperativo categorico o per obbedire a un qualche principio (e neanche solo perché lo vietano le leggi), ma perché altrimenti, se non ci fermiamo, 40 45 sentiremmo di violare un confine invisibile e di entrare nell’irrealtà. Proprio perché la realtà è riconoscere un limite, il limite del proprio io, che è soltanto una parte e non il tutto. Filippo La Porta, , Bompiani, Milano 2018 Il bene e gli altri. Dante e un’etica per il nuovo millennio COMPRENSIONE E ANALISI Il critico inaugura il proprio discorso affermando che (r. 1). Che cosa intende dire? 1 l’uomo contemporaneo è incapace di “fermarsi” Perché l’autore cita la sperimentazione sugli embrioni? Come esempio di che cosa? 2 Quale tendenza dell’animo e della ragione umana viene considerata più peccaminosa da Dante? 3 Qual è il peccato più grave di Francesca? Di quale colpa si è macchiata agli occhi di Dante? 4 Secondo l’autore, il diavolo possiede un’attitudine raziocinante. Come manifesta questo suo carattere? 5 A quale fine vengono citati due slogan pubblicitari di famosi marchi commerciali? 6 Qual è, secondo l’autore, il rapporto tra “controcultura libertaria” e mercato? 7 Qual è la lezione che Dante impartisce a noi contemporanei? Riassumila in non più di cinque righe. 8 PRODUZIONE Scrive Filippo La Porta: (rr. 35-36). Sei d’accordo con questa affermazione oppure no? Sviluppa il tuo ragionamento toccando, a supporto della tua tesi, i seguenti temi: Oggi l’intera cultura di massa ci spinge continuamente a non trattenerci mai, ad appagare tutti i desideri, a riconoscere qualsiasi limite come intollerabile censura dominio del mercato; individualismo; ricerca di una libertà senza vincoli.