L epoca e le idee 3 La lingua L affermazione delle lingue romanze Fino al XII secolo, lo strumento della vita intellettuale e delle relazioni scritte nell Occiden­ te europeo è unicamente il latino. Sopravvissuto come lingua scritta alla caduta dell Im­ pero romano, tramandato per secoli attraverso la scuola e le istituzioni ecclesiastiche, il latino ha assunto il carattere elitario di una lingua usata e conosciuta solo da dotti e chie­ rici e non dalla gente comune. La comunicazione quotidiana e immediata viene invece affidata alle diverse parlate locali, che si formano e si consolidano nelle regioni della cosiddetta Romània e perciò so­ no dette romanze : la penisola iberica (portoghese, spagnolo e catalano), la Francia (il francese propriamente detto, erede della lingua d o l, e il provenzale, altrimenti definito lingua d oc), la penisola italiana (l italiano, il sardo e il ladino, quest ultimo in uso nel­ le zone dolomitiche), la Dalmazia (il dalmatico, oggi estinto), la Romania (il rumeno). Queste lingue, arricchite da vocaboli non latini e modificate nel sistema grammati­ cale, vengono definite volgari , cioè popolari, e quindi implicitamente inferiori rispet­ to al latino, lingua della scienza e della cultura, a cui rimane il monopolio della scrittura. Tale bilinguismo è riconosciuto anche dalle istituzioni. Nel concilio di Tours, patro­ cinato nell 813 da Carlo Magno, si delibera che i sacerdoti hanno l obbligo di tradurre le proprie prediche in volgare: un segno inequivocabile del fatto che il popolo non è più in grado di comprendere il latino. Poco tempo dopo, nell 842, i Giuramenti di Strasburgo, che sanciscono alla morte di Carlo Magno la spartizione dell Impero tra Ludovico il Ger­ manico e Carlo il Calvo, vengono stipulati e redatti nelle lingue nazionali delle due con­ troparti, il tedesco e una primitiva forma di francese. Intorno all anno Mille, le trasformazioni sociali impongono l uso dei volgari anche nella scrittura. Si tratta di un utilizzo pratico, concepito per favorire il lavoro, le intese e le relazioni tra mercanti, artigiani, notai. Il volgare non è infatti sentito come uno strumen­ to degno della letteratura e molti poeti e scrittori faranno per secoli non poche resistenze a concedergli la dignità necessaria come lingua dell espressione artistica. Prime tracce del volgare scritto italiano L Indovinello veronese Il primo documento scritto in volgare italiano, databile tra la fine dell VIII secolo e l ini­ zio del IX, viene scoperto nel 1924 nella Biblioteca Capitolare di Verona e perciò è noto come Indovinello veronese. L autore, un ignoto copista della fine dell VIII secolo, scrive a margine di un testo liturgico che sta copiando quattro brevi versi, a cui aggiunge una for­ mula canonica di benedizione in latino. Questo testo può essere davvero considerato il battesimo del volgare italiano, o dobbiamo considerarlo ancora redatto in latino? I problemi filologici e linguistici, dibattuti dagli studiosi, rimangono aperti. Non desta­ no invece controversie il significato e le allusioni dell indovinello, che rappresenta una metafora dell atto dello scrivere. I «buoi sono le dita della mano, i «prati bianchi sono il foglio di pergamena prima della scrittura, l «aratro bianco è il calamo (o la pen­ na d oca), mentre il «seme nero è la traccia lasciata dall inchiostro. Non c è dubbio inoltre che la formula finale di ringraziamento sia in latino. Ciò ap­ pare significativo: il copista torna immediatamente a scegliere la lingua dotta nel momen­ to in cui l argomento diventa ufficiale (il ringraziamento a Dio, appunto), confinando l uso del volgare a un momento giocoso, leggero. 43