Il Settecento – L'opera: La bottega del caffè 3 Lo stile e la lingua Dialoghi e monologhi Nella sua modernità, la commedia riformata di Goldoni non abbandona del tutto uno dei capisaldi del teatro antico, ossia il rispetto delle che Aristotele aveva individuato come caratteristiche del teatro antico. Nel Cinquecento, in seguito alla traduzione in latino della del filosofo greco, le cosiddette unità aristoteliche erano state assunte come un canone prescrittivo nella produzione drammatica (in particolare nella tragedia, sua massima espressione). Secondo tale canone, le opere teatrali dovevano mettere in scena vicende semplici, incentrate su pochi personaggi (unità d'azione), e svolgersi nell'arco di una sola giornata (unità di tempo) e in un unico luogo (unità di luogo), per conferire credibilità e verosimiglianza alla rappresentazione. Goldoni si attiene a queste norme soltanto nella misura in cui esse risultino utili ai suoi scopi. Nella : la vicenda si apre al mattino e si chiude alla sera, e si svolge sempre, come si è visto, nella piazzetta su cui si affaccia la caffetteria; non si può dire lo stesso per l' , che risulta invece e ruota attorno a più protagonisti, alcuni dei quali – in primo luogo Don Marzio – sono tali pur occupando la scena per una parte minore della commedia. unità di tempo, di luogo e di azione Poetica Bottega del caffè, le unità di luogo e di tempo sono salvaguardate azione estremamente frammentata Il parziale rispetto delle unità aristoteliche  Il è costituito dai , che rappresentano il più importante mezzo di interazione tra i personaggi e ne esprimono idee e stati d'animo. Sono spesso strutturati con lo , che serve a informare gli spettatori e i lettori sul conto di chi non è presente sulla scena, di narrare fatti avvenuti in precedenza, oltre che di dare rilievo a ciò che accade ai margini della scena. Il meccanismo funziona in questo modo: a ogni affermazione di un personaggio ne corrisponde un'altra dell'interlocutore, in opposizione o a suo completamento; le sono spesso , dall'una all'altra, (una parola, un'espressione) (un concetto). Si creano in questo modo situazioni di tensione o di comicità che scaturiscono dal per idee e caratteri. motore dell'azione dialoghi schema domanda-risposta battute concatenate dalla ripresa di un elemento lessicale o logico confronto tra personaggi diversi I dialoghi: l’interazione Funzione diversa ricoprono i , che pongono il personaggio in (o con il lettore) e suggeriscono . Autori di monologhi sono in particolare Ridolfo, Don Marzio ed Eugenio, che attraverso questo artificio scenico rivelano la propria condizione psicologica, spiegano le ragioni delle proprie scelte, traggono insegnamenti da quanto è capitato loro o anticipano le proprie intenzioni (prolessi). Analogo ruolo è svolto dalle battute che gli attori pronunciano tra sé e sé: brevi ed essenziali, esse tradiscono i veri pensieri dei personaggi, rendendo trasparenti sentimenti che diventano spesso, per il pubblico, occasione di riso. monologhi relazione diretta con lo spettatore momenti di riflessione I monologhi: la riflessione La varietà linguistica Le scelte stilistiche adottate da Goldoni in questa commedia rientrano nella concezione di una lingua intesa come mezzo di comunicazione efficace ed esteso a un pubblico quanto più vasto possibile. Per questo motivo, l'idioma utilizzato dai diversi personaggi è sostanzialmente basato sul , anche se l'ambientazione in una piazzetta veneziana comporta l'impiego di e di tipiche del luogo. toscano termini gergali espressioni proverbiali Uno stile semplice e una lingua comprensibile  >> pag. 308  Il linguaggio, come di consueto in Goldoni, è uno dei mezzi più efficaci per . Molto studiata, per esempio, è la lingua di : di norma piana e limpida, presenta qualche elevazione nei discorsi moralmente più impegnati, giungendo ad apparire insolita per un semplice caffettiere. Il suo modo di esprimersi è talvolta sentenzioso e conciso, ma in alcune battute lo stile si abbassa, per rendere meglio l'immediatezza delle reazioni istintive. Dalla lingua di scaturisce invece un : egli mescola espressioni popolari e gergali («A quel cane frutta sempre bene; guadagna nelle carte, guadagna negli scrocchi, guadagna a far di balla coi baratori») e termini aulici che, usati impropriamente o senza consapevolezza, producono un risultato esilarante, facendo rivivere anche il gusto per l'equivoco proprio della commedia dell'arte («Eccolo che viene. [...] Vuol dire: il lupo pesta la fava»). Il parlato di , che tenta di far pesare la propria presunta superiorità con termini tecnici o vocaboli latini, è invece ripetitivo, e rende la sua ottusità. connotare i caratteri Ridolfo Trappola effetto comico Lupus est in fabula. Don Marzio Lingua, personaggi e comicità  In alcune scene, il realismo perseguito da Goldoni con la sua riforma è sacrificato in favore del coinvolgimento di un pubblico più avvezzo ai modi del teatro popolare, il cui linguaggio mira in genere a ottenere un marcato . In particolare, Vittoria, Placida, Eugenio e Leandro, nelle scene più drammatiche, utilizzano uno stile pieno di e di che riproduce i toni del melodramma («Quel giovine, ditemi in grazia, chi vi è lassù in quei camerini?»; «Non posso più. Aiuto, ch'io muoro»; «Se volete sangue, spargete il mio»). impatto emotivo enfasi solennità Il compromesso con il gusto popolare 4 I testi  Temi e motivi dei testi antologizzati T4 Atto I, scene I-II Il lavoro e il denaro • l’ambiente vivo della piazza • il contrasto fra l’onestà di Ridolfo e il desiderio di guadagno facile di Pandolfo T5 Atto I, scena XX La dignità di una moglie caparbia • il matrimonio borghese come questione economica più che come legame affettivo • la dignità femminile T6 Atto II, scene XXIII-XXVI La tragicomica resa dei conti • la mancanza di valori moralicome origine del disordine sociale  Analisi del testo Tipologia A Atto II, scene VIII-IX Perché? • il tentativo di Ridolfo di salvare Eugenio dal vizio del gioco    Testi plus: La malalingua di Don Marzio Maurice Sand, , 1860. Venezia, Casa di Goldoni. Brighella