Il primo Ottocento – L'opera: Dei Sepolcri  T11  L’illusione del sepolcro Prima parte, vv. 1-90 Endecasillabi sciolti. Nella , Foscolo fornisce un «estratto», cioè un riassunto, del carme. Ne riproduciamo il contenuto in funzione di introduzione prima di ciascuna parte antologizzata. «I monumenti inutili a’ morti giovano a’ vivi perché destano affetti virtuosi lasciati in eredità dalle persone dabbene (vv. 1-40): solo i malvagi, che si sentono immeritevoli di memoria, non la curano (vv. 41-50); a torto dunque la legge accomuna le sepolture de’ tristi [malvagi] e dei buoni, degl’illustri e degl’infami [degni di essere dimenticati] (vv. 51-90)». Lettera a Monsieur Guillon METRO La funzione della e una che la cancella  tomba legge                    A Ippolito Pindemonte Deorum Manium Iura Sancta Sunto * “Siano sacri i diritti degli dèi Mani”, vale a dire delle anime degli estinti. La massima, riportata da Cicerone nel trattato , costituisce una delle prescrizioni delle Leggi delle XII Tavole, la prima raccolta normativa dell’antica Roma. * : Deorum… Sunto De legibus PARAFRASI          All'ombra de' cipressi e dentro l'urne          confortate di pianto è forse il sonno          della morte men duro? Ove piú il Sole          per me alla terra non fecondi questa       bella d'erbe famiglia e d'animali,          e quando vaghe di lusinghe innanzi          a me non danzeran l'ore future,          né da te, dolce amico, udrò più il verso          e la mesta armonia che lo governa,     né piú nel cor mi parlerà lo spirto          delle vergini Muse e dell'amore,          unico spirto a mia vita raminga,          qual fia ristoro a' dì perduti un sasso          che distingua le mie dalle infinite     ossa che in terra e in mar semina morte? 5 10 15 Si può forse affermare che il sonno eterno della morte sia meno doloroso ( ) all'ombra dei cipressi e dentro le tombe ( ) consolate dal pianto? Quando ( ) il Sole per me non feconderà più, sulla Terra, questa bella stirpe ( ) di piante e di animali, e quando davanti a me non danzeranno più le ore future, attraenti per le loro belle promesse ( ), e non sentirò più, caro amico, la tua poesia ( [...] ), con la sua malinconica armonia, e lo spirito delle vergini Muse e dell'amore, unico conforto ( ) alla mia vita di esule ( ), non parlerà più al mio cuore, quale risarcimento sarà ( ) per i giorni ormai passati ( ) una tomba ( ) che distingua le mie ossa dalle infinite altre che la morte sparge continuamente per terra e per mare? 1-15 duro urne Ove famiglia vaghe di lusinghe da te il verso spirto raminga fia a’ dì perduti sasso : i vasi in cui gli antichi conservavano le ceneri dei morti. Qui significa, per estensione, “le tombe”. quello dei vivi, di coloro che rimangono a piangere i defunti. il futuro è rappresentato mitologicamente attraverso la personificazione delle Ore, come Foscolo aveva già fatto nell'ode   (vv. 19-20 e 49-51,  T8, p. 499).  Ippolito Pindemonte, cui il carme è dedicato.  come i versi di molti poeti preromantici, anche quelli di Pindemonte sono caratterizzati da una vena malinconica.  secondo la mitologia greca, le Muse, figlie di Zeus e Mnemosine, erano nove divinità che proteggevano la poesia e le arti.  1 l’urne 2 di pianto: 6-7 vaghe... future: All’amica risanata ► 8 dolce amico: 9 mesta armonia: 10-11 spirto... Muse:          Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,          ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve          tutte cose l'obblìo nella sua notte;          e una forza operosa le affatica     di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe          e l'estreme sembianze e le reliquie          della terra e del ciel traveste il tempo. 20 È proprio ( ) vero, o Pindemonte! Anche la Speranza ( ), ultima dea ad abbandonare gli uomini, rifugge i sepolcri; e la dimenticanza ( ) avvolge tutte le cose nella sua oscurità ( ); e una forza instancabile ( ) le fiacca ( ) mediante un eterno movimento ( ); e il tempo trasforma ( ) l'uomo, le sue tombe, i suoi resti mortali ( ) e quanto resta ( ) della Terra e del cielo. 16-22 ben Speme obblìo notte operosa affatica di moto in moto traveste estreme sembianze le reliquie l'espressione risale al poeta greco Teognide (VI-V secolo a.C.).  quella della natura, che è incessante nel continuo ciclo di nascita e di morte, di creazione e di distruzione. L'idea rimanda a una visione meccanicistica del mondo.  16-17 Anche... sepolcri: 19 forza operosa:  >> pag. 518           Ma perché pria del tempo a sé il mortale          invidierà l'illusïon che spento     pur lo sofferma al limitar di Dite?          Non vive ei forse anche sotterra, quando          gli sarà muta l'armonia del giorno,          se può destarla con soavi cure          nella mente de' suoi? Celeste è questa     corrispondenza d'amorosi sensi,          celeste dote è negli umani; e spesso          per lei si vive con l'amico estinto          e l'estinto con noi, se pia la terra          che lo raccolse infante e lo nutriva,     nel suo grembo materno ultimo asilo          porgendo, sacre le reliquie renda          dall'insultar de' nembi e dal profano          piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,          e di fiori odorata arbore amica     le ceneri di molli ombre consoli. 25 30 35 40 Ma perché l'uomo dovrebbe privarsi ( ) anzitempo dell'illusione che, una volta defunto ( ), pure gli può far credere di sostare sulla soglia dell'Oltretomba ( )? Egli ( ) non continua forse a vivere anche sottoterra, quando l'armonia del giorno non gli dirà più nulla ( ), se può risvegliare tale armonia nel pensiero dei propri cari attraverso sentimenti affettuosi ( )? Questa corrispondenza di sentimenti amorosi ha qualcosa di divino ( ), ed è una qualità divina presente tra gli uomini; e spesso grazie a essa ( ) si continua a vivere in compagnia dell'amico defunto e l'amico defunto continua a vivere con noi, a patto che ( ) la pietosa terra che lo ha accolto appena nato ( ) e lo ha nutrito, offrendogli l'estremo rifugio ( ) nel suo grembo materno, renda inviolabili ( ) le sue spoglie mortali dalle offese delle intemperie ( ) e dai piedi profanatori ( ) della gente ( ), e a patto che una lapide ( ) conservi il suo nome, e un albero ( ) amico, profumato di fiori, consoli le sue spoglie ( ) con le proprie ombre gradevoli ( ). 23-40 a sé il mortale invidierà spento Dite ei gli sarà muta con soavi cure Celeste è per lei se infante ultimo asilo sacre dall’insultar de' nembi profano piede vulgo sasso arbore ceneri molli latinismo. sulla soglia dell'oltretomba, di cui è sovrano Dite (che qui dà, per metonimia, il nome al suo stesso dominio). Ovviamente si tratta solo di un'immagine e non presuppone la fede del poeta in un aldilà. il pronome può riferirsi, come nella parafrasi, ad (v. 27), ma anche a (v. 24). l'aggettivo è connesso al termine latino , con cui si indicava il sentimento di affetto e devozione che i figli dovevano ai genitori e gli uomini in generale agli dèi. la personificazione materna della terra natìa compare già nei sonetti ( T6, p. 492) e i ( T7, p. 495). dal passante ignaro, inconsapevole, che profana, senza volerlo, il luogo della sepoltura. altro latinismo. 24 invidierà: 25 al limitar di Dite: 28 destarla: armonia del giorno illusïon 33 pia: pietas 35 grembo materno: A Zacinto ►  In morte del fratello Giovann ►  37-38 dal profano piede del vulgo: 39 arbore amica:          Sol chi non lascia eredità d'affetti          poca gioia ha dell'urna; e se pur mira          dopo l'esequie, errar vede il suo spirto          fra 'l compianto de' templi Acherontei,     o ricovrarsi sotto le grandi ale          del perdono d'Iddio: ma la sua polve          lascia alle ortiche di deserta gleba          ove né donna innamorata preghi,          né passeggier solingo oda il sospiro     che dal tumulo a noi manda Natura. 45 50 Soltanto chi non lascia un'eredità di sentimenti ( ) non ricava alcun motivo di gioia dalla propria tomba; e se pure immagina ciò che accadrà dopo il suo funerale, vede la propria anima vagante fra i lamenti che echeggiano nei luoghi infernali ( ), oppure intenta a cercare rifugio sotto le grandi ali del perdono divino: ma abbandona la propria salma ( ) alle ortiche di una terra abbandonata ( ), dove non prega alcuna donna innamorata né alcun passante solitario ( ) sente il richiamo malinconico che la natura ci manda dalla tomba.  41-50 affetti templi Acherontei la sua polve deserta gleba passeggier solingo l'espressione indica l'oltretomba pagano, dove scorre il fiume Acheronte; l'immagine riecheggia un'espressione di Lucrezio ( , III, v. 86).  44 templi Acherontei: De rerum natura          Pur nuova legge impone oggi i sepolcri          fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti          contende. E senza tomba giace il tuo          sacerdote, o Talia, che a te cantando     nel suo povero tetto educò un lauro          con lungo amore, e t'appendea corone;          e tu gli ornavi del tuo riso i canti          che il lombardo pungean Sardanapalo,          cui solo è dolce il muggito de' buoi     che dagli antri abdüani e dal Ticino          lo fan d'ozi beato e di vivande. 55 60 Eppure ( ) oggi una nuova legge prescrive che le sepolture siano collocate lontano dagli sguardi pietosi, e nega ( ) ai morti la menzione del loro nome sulle tombe. Così ( ) giace senza tomba il tuo sacerdote, o Talia, il quale, scrivendo versi in base alla tua ispirazione ( ), nella sua povera casa ( ) coltivò ( ) un alloro con costante dedizione ( ), e vi appendeva corone in tuo onore; e tu abbellivi con il tuo sorriso le sue composizioni ( ) che satireggiavano ( ) i giovani lombardi viziosi ( ), a cui piacciono soltanto i muggiti dei loro buoi, che dalle stalle lungo il fiume Adda ( ) e dal Ticino gli procurano in abbondanza ( [...] ) ozi e cibi. 51-61 Pur contende E a te cantando tetto educò lungo amore canti pungean Sardanapalo antri abdüani lo fan beato l'editto di Saint-Cloud. significa, alla latina, insieme "inedita" e "strana", "bizzarra", "discutibile".  si riferisce al poeta Giuseppe Parini (1729-1799), che fu seppellito in una fossa comune. Parini è detto "sacerdote di Talia", in quanto si dedicò, con il suo poemetto  , alla poesia satirica, di cui Talia era Musa.  fece crescere (  è un latinismo) un alloro, pianta che simboleggia la poesia.  che condannavano i costumi immorali e corrotti del «giovin signore» lombardo, designato con il nome del sovrano assiro Sardanapalo, esempio di corruzione per antonomasia, citato tra gli altri da Dante ( , XV, 107). Foscolo fa riferimento al poemetto  , in cui Parini satireggia il «giovin signore» e condanna attraverso questo personaggio la degenerazione della nobiltà lombarda.  51 nuova legge: Nuova 53-54 E senza tomba... o Talia: Il Giorno 55 educò un lauro: educò 58 che... Sardanapalo: Paradiso Il Giorno  >> pag. 519           O bella Musa, ove sei tu? Non sento          spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,          fra queste piante ov'io siedo e sospiro     il mio tetto materno. E tu venivi          e sorridevi a lui sotto quel tiglio          ch' or con dimesse frondi va fremendo          perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio          cui già di calma era cortese e d'ombre. 65 O bella Musa, dove sei? Non sento diffondersi ( ) il profumo dell'ambrosia, segno ( ) della tua divina presenza ( ), tra queste piante, all'ombra delle quali siedo e rimpiango ( ) la mia casa ( ) materna. E tu, Talia, venivi e sorridevi a Parini ( ) sotto quel tiglio che ora con il movimento dei suoi rami dimessi esprime un fremito di sdegno, perché, o Dea, non copre la tomba di quel vecchio a cui un tempo ( ), quando egli era in vita, esso era dispensatore ( ) di serenità ( ) e di ombra. 62-69 spirar indizio nume sospiro tetto a lui già cortese calma il cibo degli dèi; il suo profumo annunciava la loro presenza. è il giardino di tigli nella zona orientale di Milano, dove spesso Parini passeggiava. In questo luogo è anche ambientato l'incontro tra Jacopo e il vecchio poeta nelle (lettera del 4 dicembre 1798). Venezia oppure Zante. la tomba dell'anziano poeta. Foscolo attribuisce all'albero un sentimento umano: lo immagina triste perché non può più fare ombra alla sepoltura di Parini. il termine, in precedenza usato per descrivere una condizione meteorologica, fa qui, secondo un'osservazione di Giosuè Carducci, la sua prima apparizione nel significato attuale. 63 ambrosia: 64 queste piante: Ultime lettere di Jacopo Ortis 65 il mio tetto materno: 68 l’urna del vecchio: 69 calma:     Forse tu fra plebei tumuli guardi          vagolando, ove dorma il sacro capo          del tuo Parini? A lui non ombre pose          tra le sue mura la città, lasciva          d'evirati cantori allettatrice,     non pietra, non parola; e forse l'ossa          col mozzo capo gl'insanguina il ladro          che lasciò sul patibolo i delitti. 70 75 Forse tu, o Musa, vagando continuamente ( ) fra i cimiteri destinati ai più poveri, cerchi ( ) il luogo in cui riposa il sacro capo del tuo Parini? La città corrotta ( ), che attrae i cantanti castrati, non ha posto ( ) fra le proprie mura, in onore di Parini ( ), né alberi né lapidi ( ) né iscrizioni tombali ( ); e forse un ladro che sul patibolo abbandonò una vita di delitti ora insanguina le ossa del poeta con la propria testa mozzata.  70-77 vagolando guardi lasciva pose A lui pietra parola «nei cimiteri suburbani di Milano», annota personalmente Foscolo. Si tratta di sepolture comuni, misere, fra cui la Musa scruta attentamente, vagando ( ) alla ricerca dei resti di Parini. Foscolo allude qui alla consuetudine di evirare i giovani cantori per farne dei virtuosi dalla "voce bianca", che in quel tempo dominavano la scena teatrale. Questa abitudine fu aspramente criticata proprio da Parini nella sua ode . 70 fra plebei tumuli: vagolando 73-74 lasciva... allettatrice: La Musica          Senti raspar fra le macerie e i bronchi          la derelitta cagna ramingando     su le fosse e famelica ululando;          e uscir del teschio, ove fuggia la luna,          l'ùpupa, e svolazzar su per le croci          sparse per la funerëa campagna          e l'immonda accusar col luttüoso     singulto i rai di che son pie le stelle          alle obblïate sepolture. Indarno          sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade          dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti          non sorge fiore, ove non sia d'umane     lodi onorato e d'amoroso pianto. 80 85 90 Tra le macerie e gli sterpi ( ) senti raspare la cagna randagia ( ) che vaga solitaria ( ) sulle fosse e ulula per la fame ( ); e vedi l'ùpupa uscire dal teschio in cui si riparava dalla luce lunare ( ), e svolazzare intorno alle croci sparse per il cimitero ( ), e senti l'uccello immondo rimproverare con il suo grido funereo ( ) i raggi ( ) con cui le stelle illuminano pietosamente le tombe dimenticate ( ). Inutilmente ( ), o Musa, invochi ( ) che dalla notte cupa scendano rugiade sul tuo poeta. Ahimè! Sulle sepolture degli estinti non spunta ( ) alcun fiore, quando ( ) esso non sia onorato dalle lodi degli uomini e da un pianto affettuoso. 78-90 bronchi derelitta ramingando famelica fuggia la luna funerëa campagna luttüoso singulto rai obblïate Indarno preghi sorge ove voce dantesca («che tante voci uscisse, tra quei bronchi», , XIII, 26). ancora l'ùpupa, considerata , come i rapaci notturni, che la superstizione designa come funesti. In realtà l'ùpupa non è un uccello notturno, bensì diurno, ma la cupa sonorità del suo nome e del suo verso le ha procurato nella tradizione poetica caratteri macabri e malauguranti. Nel Novecento ne riscatterà l'immagine Eugenio Montale in una lirica degli : . non può nascere un fiore sulle tombe, secondo Foscolo, se non è curato con devozione e con pianti pieni d'amore. 78 bronchi: Inferno 84 l’immonda: immonda Ossi di seppia Upupa, ilare uccello calunniato 90 lodi... pianto:  >> pag. 520  Dentro il testo       I contenuti tematici Due domande retoriche segnano l'inizio del componimento: una è l'esordio stesso (vv. 2-3), l'altra le fa eco ai vv. 3-15. Come proseguendo un colloquio intimo che riprende i discorsi fatti con gli amici, in particolare con Ippolito Pindemonte, Foscolo affronta il tema del valore delle sepolture, inizialmente da un punto di vista segnato da un deciso e rigido razionalismo. : il sonno eterno non può essere alterato da alcuna azione umana; la fine cancella tutto ciò che è stato e quindi dalla tomba non può venire alcuna consolazione per chi è morto ( , vv. 16-17). All'immagine poetica delle (vv. 1-2) si contrappone l'insensibile materialità del (v. 13), che pare restituire la percezione esclusivamente fisica della morte; al (v. 3), che simboleggia la vita, con la (v. 5) fecondata dai suoi raggi, subentra il suo contrario, la (v. 18) che avvolge nel suo (v. 18) le azioni umane. Niente può placare la durezza della morte Anche la Speme, / ultima Dea, fugge i sepolcri urne confortate di pianto sasso Sole bella d'erbe famiglia e d'animali notte obblìo L’implacabile verità del materialismo La congiunzione avversativa segna, però, al v. 23 una svolta significativa nello sviluppo discorsivo del carme: dal dominio della natura si passa a una prospettiva diversa, anch'essa introdotta mediante due interrogative ( [...] , vv. 23-25; [...] , vv. 26-29). La concezione razionale della realtà lascia spazio a quella sentimentale, come suggerisce la presenza di aggettivi quali (v. 29) e (v. 36), che elevano il discorso a un piano spirituale. Foscolo infatti corregge la logica materialistica e negativa iniziale con una sentimentale e positiva: l'azione distruttiva della natura può essere bilanciata da un'altra verità non meno importante, quella emotiva e poetica, in virtù della quale il culto pietoso delle tombe può sconfiggere, almeno idealmente, il tempo e la sua forza di distruzione. Il sepolcro rappresenta dunque un' (v. 24) di sopravvivenza per i defunti, attraverso il ricordo di coloro che rimangono, stretti gli uni agli altri in una (v. 30), in un abbraccio che il chiasmo* rende eloquentemente ( , vv. 32-33). Il (v. 38), a questo punto, portando con sé l'identità di un nome e un preciso valore affettivo, non è più una semplice lastra tombale, ma diventa (v. 42), che custodisce un . I vv. 41-50 introducono però una condizione: la tomba non conforta tutti allo stesso modo. A differenza del generoso, lo spirito volgare rimane fuori dalla corrispondenza, prigioniero del meccanismo materiale che non può aspirare a superare; la sua esistenza non prosegue oltre la morte fisica perché la sua vita è stata priva di valori morali da lasciare in eredità ai posteri: intorno alla sua tomba si sviluppa il terreno incolto, metafora di un'aridità senza conforto, puntualmente confermata da scelte lessicali che rimandano al campo semantico della desolazione ( , v. 47). Ma Ma perché pria del tempo ? Non vive ei forse anche sotterra ? celeste sacre illusïon corrispondenza d'amorosi sensi per lei si vive con l'amico estinto / e l'estinto con noi sasso urna vincolo profondo ortiche di deserta gleba L’unica sopravvivenza possibile  Lo snodo fondamentale della prima parte dei si trova però al v. 51, dove troviamo una violenta «transizione» ( ). L'avversativa preannuncia la presa di posizione polemica del poeta contro gli effetti dell'editto di Saint-Cloud, primo tra tutti l'impossibilità di distinguere i sepolcri e quindi di riconoscere le tombe dei grandi, i quali rimangono così vittime di un'assurda volontà livellatrice. Significativo in questo senso è l'esempio di Parini, sepolto in una fossa comune e forse oltraggiato dal contatto con il corpo di un ladro. Questo ignobile trattamento riservato a un uomo venerabile è un indizio dei tempi, che riportano l'uomo nella dimensione primitiva dell'istinto bestiale, nella (v. 88) che simboleggia il venir meno dell'umanità, l'eclissi della pietà e del rispetto che si deve a un grande poeta. Nella (v. 83), dipinta da Foscolo con le immagini lugubri tipiche della moda sepolcrale preromantica, il dialogo tra i vivi e i morti non è possibile: la civiltà e la luce sono sostituite dalla barbarie e dall'oscurità. Sepolcri Pur nuova legge pur squallida notte funerëa campagna Gli effetti di una legge ingiusta   >> pag. 521  Le scelte stilistiche Fin dai primissimi versi del carme, lo stile foscoliano si presenta con i suoi tratti inconfondibili: fortissimo è il dinamismo dei versi, dalle accentazioni estremamente variabili; il discorso supera sempre i limiti del verso per diffondersi in , concatenate dagli * e complicate da inversioni e iperbati*; l'ipotassi* prevale nettamente sulla paratassi*, scelta necessaria a conferire forma adeguata alla complessità dell'argomentazione (si veda la seconda delle domande retoriche poste in apertura, che si estende dal v. 3 al v. 15). Le immagini si accavallano l'una sull'altra in sequenze di subordinate, per assecondare l'appassionato movimento espositivo, che si serve, per far procedere il ragionamento, di varie espressioni di collegamento: (v. 16), (v. 23), (v. 51). frasi ampie enjambement Vero è ben Ma Pur La forma specchio del contenuto  Il conflitto tra morte e vita traspare dal contrasto di scelte lessicali che rimandano appunto a questa opposizione. Nei primi versi del componimento, (v. 3), (v. 2), (v. 1) disegnano semanticamente il campo della vita, al quale si contrappongono le parole della morte: (v. 18), (v. 15), (v. 13), (v. 18), (v. 22). Ma il significato pregnante delle antitesi* si evidenzia anche più avanti, quando il macabro e desolato panorama che accoglie le ossa di Parini viene descritto con termini squallidi e mortuari: (v. 47), (v. 78) sostituiscono i loro corrispondenti positivi (v. 40), (v. 39), (v. 39). Sole pianto ombra de' cipressi notte ossa sasso obblìo tempo deserta gleba le macerie e i bronchi ombre arbore fiori I conflitti semantici  Verso le competenze        è sacerdote di Talia;  fa poesia in un i suoi canti COMPRENDERE Qual è il significato dei versi (vv. 41-42)? 1 Sol chi non lascia eredità d’affetti / poca gioia ha dell’urna Spiega con parole tue che cos’è la (v. 30). 2 corrispondenza d’amorosi sensi Perché Parini (v. 53)? 3 senza tomba giace ANALIZZARE Svolgi l’analisi del periodo dal v. 3 al v. 15. 4 Ai vv. 55 e 65 è 5 tetto  un’iperbole.       A   un’anafora.       B   una sineddoche.       C   un chiasmo.        D  (vv. 72-73): che cosa rappresenta, dal punto di vista retorico, la parola 6 A lui non ombre pose / tra le sue mura la città ombre?  Una sineddoche.       A   Una similitudine.       B   Un’anastrofe.       C   Una metonimia.        D  Individua nel testo alcuni esempi di e spiegane la funzione espressiva. 7 enjambement Elenca tutti i termini con i quali Foscolo indica i resti del corpo dopo la morte. Quale idea trasmettono di per sé e in forza degli aggettivi che li accompagnano? Svolgi poi la stessa operazione con i vocaboli indicanti la tomba e i relativi aggettivi. 8 INTERPRETARE Spiega le seguenti espressioni riferite a Parini: 9 • • povero tetto; • pungean. Dal punto di vista razionale, quale risposta dà Foscolo alle due interrogative iniziali? Come si concilia tale risposta con le argomentazioni successive? 10 A che cosa si riferisce l’autore con l’espressione (vv. 49-50)? 11 il sospiro / che dal tumulo a noi manda Natura PRODURRE La tua esperienza Oggi il culto dei morti è ancora sentito con forza a tuo parere? Dipende da una scelta religiosa oppure va oltre? Esprimi le tue considerazioni in un testo argomentativo di circa 20 righe. 12