Il primo Ottocento – L'autore: Giacomo Leopardi Dal pessimismo storico al pessimismo cosmico La riflessione filosofica di Leopardi sulla condizione umana, intrecciata in modo indissolubile alla produzione letteraria, si snoda lungo l'arco di tutta la sua esistenza, disegnando un itinerario in cui si possono riconoscere . Quella che proporremo ora è una lettura a suo modo schematica e sicuramente semplificata. Il conoscitivo del poeta è infatti " ", non regolato da un'organizzazione o da un sistema, procedendo per aggiunte e negazioni, continuità e fratture, aggiustamenti e perfino contraddizioni. Tuttavia, può essere utile cogliere i passaggi fondamentali e i crocevia decisivi del suo sistema di pensiero nella sua evoluzione. diverse fasi percorso aperto Il "pessimismo storico" All'inizio della sua meditazione, fino alla cosiddetta "conversione filosofica" (1819), Leopardi si sofferma a riflettere sulla condizione esistenziale degli individui, caratterizzata da una . Interrogandosi sulla natura e sull'origine di tale stato, egli : mentre la prima si presenta ai suoi occhi come un'epoca ancora rasserenata dai sogni, dalle favole e dal contatto diretto con la natura, l'epoca contemporanea gli appare dominata dalla ragione che ha privato gli esseri umani della possibilità di illudersi e sperare, cancellando le consolazioni prodotte dalla «sterminata operazione della fantasia». Secondo Leopardi, gli antichi potevano aspirare alla felicità grazie all'immaginazione, all'ingenuità e agli slanci eroici e magnanimi, ispirati da generose illusioni. I moderni invece hanno irrimediabilmente perso tali capacità, imprigionati nell'angusta dimensione dell'«arido vero» e privati in tal modo della possibilità di risarcire la reale condizione di sofferenza con il confortante miraggio della gloria, dell'amicizia e della virtù. non è quindi un dato intrinseco alla natura umana, ma : ha insomma un'origine storica. Pertanto la critica ha definito questa prima fase della parabola conoscitiva leopardiana come quella del : secondo una prospettiva che si richiama alla filosofia di Jean-Jacques Rousseau, alla vista come che nascondono i dolori dell'esistenza, si contrappone la , che con la sua indagine razionale e scientifica della realtà , sprofondandolo in un'angoscia senza rimedio e condannandolo a perdere l'innocenza, la spontaneità e, in ultima istanza, la stessa felicità. «La ragione è nemica d'ogni grandezza», scrive Leopardi in un brano dello , datato 1817, poi aggiungendo che «pochi possono essere grandi (e nelle arti e nella poesia forse nessuno) se non sono dominati dalle illusioni». profonda infelicità contrappone l'età antica a quella attuale L'infelicità è legata allo sviluppo, alla civiltà, al progresso "pessimismo storico" natura fonte benigna delle piacevoli illusioni ragione ha svelato all'uomo l'inconsistenza delle sue fantasticherie Zibaldone La contrapposizione antichi-moderni  Al 1820 risale il primo nucleo di pensieri dello incentrati su quella che viene comunemente definita , che costituisce uno snodo fondamentale nell'evoluzione del suo pensiero. Va subito premesso che l'elaborazione di questa teoria testimonia l'adesione del poeta al , che nega la presenza di un principio metafisico regolatore dell'esistenza. In particolare si rivela fondamentale l' , la corrente filosofica settecentesca, i cui massimi interpreti sono i francesi Étienne Bonnot de Condillac e Paul Henri Thiry d'Holbach, che fa risalire alle facoltà sensoriali la fonte di tutte le conoscenze. di cui parla Leopardi è infatti, almeno in questa fase della sua riflessione, di tipo fisico, unicamente : come si vedrà nei , tutte le sensazioni che rimandano a questa sfera sono legate alla vista e soprattutto all'udito. Zibaldone "teoria del piacere" materialismo meccanicistico eredità del sensismo Il piacere legato ai sensi e non ideale o astratto Canti La "teoria del piacere"   >> pag. 799  Leopardi mette in evidenza come il e non può esaurirsi in un sentimento definito o circoscritto né nel tempo né nell'estensione: la natura, però, ha dotato l'uomo di sensi inadeguati, che riescono a provare al massimo un singolo piacere, destinato a non essere mai del tutto soddisfacente. Proprio il meccanismo psicologico che stimola gli esseri viventi a cercare una felicità senza limiti li condanna così alla frustrazione di un che rimane inevitabilmente . Dalla sproporzione tra questo desiderio infinito e la finitezza della realtà deriva un , che non può essere colmato in alcun modo e che costituisce la radice prima dell'infelicità. desiderio del piacere non ha confini desiderio inappagato senso di vuoto Il "pessimismo cosmico" La convinzione che l'umanità sia condannata a una e l'appurata inducono Leopardi a rivedere profondamente il rapporto tra uomo e natura, delineato nella prima fase della sua riflessione. La lettura degli autori e dei filosofi greci, anch'essi inclini a ragionare sul dolore dell'esistenza, gli fa comprendere come anche il mondo classico fosse ben lontano da quel regno idealizzato di gioia e serenità che egli aveva mitizzato durante l'adolescenza. Come si intravede già nei componimenti dei primi anni Venti (come l' T10, p. 833) e poi, in modo più radicale, nella stagione delle , il poeta si convince che l' non sia un fatto contingente né dipenda dall'evoluzione storica: essa è un , che riguarda tutte le creature viventi e tutte le epoche. È la fase del cosiddetto : il poeta rigetta ogni illusione e rovescia i termini del rapporto tra natura e civiltà, natura e ragione. condizione di perenne inappagamento inconciliabilità tra esistenza e desiderio di felicità Ultimo canto di Saffo ►  Operette morali infelicità dato costitutivo e assoluto "pessimismo cosmico" L’infelicità come dato assoluto  L'approdo al materialismo induce infatti Leopardi a concepire la come un'entità meccanica nella quale vigono leggi e princìpi oggettivi finalizzati unicamente a conservare l'ordine cosmico secondo un inesorabile ciclo che comporta la vita e la morte degli individui e delle specie. Essa cessa di essere la dolce e benefica madre, immaginata in precedenza, e appare invece del tutto ( T7, p. 804), vittima del suo imperturbabile ingranaggio che fa e disfa, crea e distrugge: «La natura, per necessità della legge di distruzione e riproduzione, e per conservare lo stato attuale dell'universo, è essenzialmente regolarmente e perpetuamente persecutrice e nemica mortale di tutti gl'individui d'ogni genere e specie, ch'ella dà in luce; e comincia a perseguitarli dal punto medesimo in cui gli ha prodotti» ( 11 aprile 1829). natura indifferente alle sorti dell'uomo ►  Zibaldone, La natura indifferente  Al contrario la , prima giudicata colpevole per aver palesato la verità della condizione umana, è ora rivalutata come il solo , in particolare quelle prodotte dalle visioni spiritualistiche e provvidenzialistiche dell'universo. Essa consente di rivelare tutti gli «inganni [...] dell'intelletto» ( ) che nascondono e abbelliscono la dura realtà, e al tempo stesso sprona gli esseri umani ad accettarla con dignità e distacco emotivo senza confidare nei falsi benefici di una fede religiosa. ragione antidoto contro le mistificazioni ideologiche Dialogo di Tristano e di un amico Il valore della ragione  Edvard Munch, , 1892. Oslo, Galleria Nazionale. Malinconia