Il secondo Ottocento – L'opera: I Malavoglia 5 I testi Temi e motivi dei brani antologizzati T6 Cap. 3 Il naufragio della Provvidenza • la tragedia anticipata da segnali premonitori • il coro paesano che prennuncia il lutto • la centralità del motivo economico • il fatalismo davanti alla morte e alla perdita T7 Cap. 11 L’abbandono di ’Ntoni • il contrasto tra il desiderio di cambiamento di ’Ntoni e la saggezza antica del nonno • il rifiuto dell’«ideale dell’ostrica» • l’uso dei proverbi T8 Cap. 15 Il commiato definitivo di ’Ntoni • la perdita delle radici • l’impossibilità della condivisione familiare • l’abbandono definitivo della famiglia Analisi del testo TIPOLOGIA A Cap. 9 La morte di Luca • una ulteriore tragica perdita familiare • la Storia irrompe nella famiglia   Testi plus: Nella tempesta   Analisi del testo interattiva:  «Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi»  T6  Il naufragio della Provvidenza Cap. 3 Il dramma viene annunciato già nei capitoli precedenti, quando padron ’Ntoni fiutava l’aria per capire se ci sarebbe stata tempesta. Appena si fa giorno, il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiano Bastianazzo e Menico con il carico dei lupini diventa una certezza per tutti gli abitanti del paese. Quella sera stessa anche Maruzza, la moglie di Bastianazzo, comprende, dalle attenzioni e dagli sguardi della comunità, che il marito è morto. La e il paesano disgrazia coro Dopo la mezzanotte il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese, e a scuotere le imposte. Il mare si udiva muggire attorno ai che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di S. Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell’anima di Giuda. Insomma una brutta domenica di settembre, di quel settembre traditore che vi lascia andare un colpo di mare fra capo e collo, come una schioppettata fra i fichidindia. Le barche del villaggio erano tirate sulla spiaggia, e bene ammarrate alle grosse pietre sotto il lavatoio; perciò i monelli si divertivano a vociare e fischiare quando si vedeva passare in lontananza qualche vela sbrindellata, in mezzo al vento e alla nebbia, che pareva ci avesse il diavolo in poppa; le donne invece si facevano la croce, quasi vedessero cogli occhi la povera gente che vi era dentro. fariglioni 1 2 3 5 4 5 10 grandi scogli che si elevano nel mare a poca distanza dalla costa di Aci Trezza. fiera contadina della contrada di Aci Trezza. la rappresentazione naturale del tempo minaccioso si arricchisce con una comparazione di tipo morale con l’anima di Giuda, secondo un tipico costume popolare che guarda alle forze della natura come a inquietanti messaggi di origine diabolica. l’immagine del mese che all’improvviso diventa brutto è illustrata dal riferimento realistico a un assassinio. in siciliano l’espressione “corpu di mari” sta a indicare lo sbattere violento del mare in tempesta. ormeggiate. 1 : fariglioni 2 fiera di S. Alfio: 3 peggio… Giuda: 4 settembre traditore… fichidindia: colpo di mare: 5 ammarrate:  >> pag. 188  Maruzza la Longa non diceva nulla, com’era giusto, ma non poteva star ferma un momento, e andava sempre di qua e di là, per la casa e pel cortile, che pareva una gallina quando sta per far l’uovo. Gli uomini erano all’osteria, e nella bottega di Pizzuto, o sotto la tettoia del beccaio, a veder piovere, col naso in aria. Sulla riva c’era soltanto padron ’Ntoni, per quel carico di lupini che ci aveva in mare colla e suo figlio Bastianazzo per giunta, e il figlio della Locca, il quale non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello Menico, nella barca dei lupini. Padron Fortunato Cipolla, mentre gli facevano la barba, nella bottega di Pizzuto, diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico della Locca, colla Provvidenza e il carico dei lupini. […] Sull’imbrunire comare Maruzza coi suoi figliuoletti era andata ad aspettare sulla , d’onde si scopriva un bel pezzo di mare, e udendolo urlare a quel modo trasaliva e si grattava il capo senza dir nulla. La piccina piangeva, e quei poveretti, dimenticati sulla sciara, a quell’ora, parevano le anime del purgatorio. Il piangere della bambina le faceva male allo stomaco, alla povera donna, le sembrava quasi un malaugurio; non sapeva che inventare per tranquillarla, e le cantava le canzonette colla voce tremola che sapeva di lagrime anche essa. Le comari, mentre tornavano dall’osteria, coll’orciolino dell’olio, o col fiaschetto del vino, si fermavano a barattare qualche parola con la Longa senza aver l’aria di nulla, e qualche amico di suo marito Bastianazzo, compar Cipolla, per esempio, o compare Mangiacarrubbe, passando dalla sciara per dare un’occhiata verso il mare, e vedere di che umore si addormentasse il vecchio brontolone, andavano a domandare a comare la Longa di suo marito, e stavano un tantino a farle compagnia, fumandole in silenzio la pipa sotto il naso, o parlando sottovoce fra di loro. La poveretta, sgomenta da quelle attenzioni insolite, li guardava in faccia sbigottita, e si stringeva al petto la bimba, come se volessero rubargliela. Finalmente il più duro o il più compassionevole la prese per un braccio e la condusse a casa. Ella si lasciava condurre, e badava a ripetere: «Oh! Vergine Maria! Oh! Vergine Maria!». I figliuoli la seguivano aggrappandosi alla gonnella, quasi avessero paura che rubassero qualcosa anche a loro. Mentre passavano dinanzi all’osteria, tutti gli avventori si affacciarono sulla porta, in mezzo al gran fumo, e tacquero per vederla passare come fosse già una cosa curiosa. «Requiem eternam», biascicava sottovoce lo zio Santoro, «quel povero Bastianazzo mi faceva sempre la carità, quando padron ’Ntoni gli lasciava qualche soldo in tasca». 6 15 7 8 Provvidenza 9 10 20 11 sciara 12 13 14 25 15 30 16 17 35 40 18 19 20 45 il narratore popolare ritiene che il silenzio di Maruzza sia necessario poiché, in quanto donna, lei non può mettere in discussione le decisioni del suocero, capo della famiglia. il barbiere. macellaio. nel romanzo è indicato solo così, senza un nome proprio, il fratello di Menico, che si è imbarcato insieme con Bastianazzo. piccolo armatore di Aci Trezza. cioè niente. I erano monete di scarso valore. la campagna con terreno lavico intorno all’Etna. è un gesto di ansiosa inquietudine. la piccola Lia, ultima nata da Bastianazzo e da Maruzza la Longa. l’orcio è un grande vaso di terracotta, panciuto, usato soprattutto per tenervi l’olio. scambiare qualche chiacchiera. con un atteggiamento mentale tra il timoroso e l’affettuoso, il mare viene assimilato dal popolo a un vecchio brontolone. degna di attenzione.  « in latino, “Riposo eterno”. Sono le parole iniziali della più diffusa preghiera dei defunti. mezzo cieco, è il padre della Santuzza, che aiuta nella gestione dell’osteria. 6 com’era giusto: 7 Pizzuto: 8 beccaio: 9 il figlio della Locca: 10 Padron Fortunato Cipolla: 11 due baiocchi: baiocchi 12 : sciara 13 si grattava il capo: 14 La piccina: 15 orciolino: 16 barattare qualche parola: 17 il vecchio brontolone: 18 curiosa: 19 Requiem eternam»: 20 lo zio Santoro:  >> pag. 189  La poveretta che non sapeva di essere vedova, balbettava: «Oh! Vergine Maria! Oh! Vergine Maria!». Dinanzi al ballatoio della sua casa c’era un gruppo di vicine che l’aspettavano, e cicalavano a voce bassa fra di loro. Come la videro da lontano, comare Piedipapera e la cugina Anna le vennero incontro, colle mani sul ventre, senza dir nulla. Allora ella si cacciò le unghie nei capelli con uno strido disperato e corse a rintanarsi in casa. «Che disgrazia!», dicevano sulla via. «E la barca era carica! Più di quarant’onze di lupini!». 50 21 22 55 chiacchieravano. monete del Regno borbonico. 21 cicalavano: 22 onze: Dentro il testo       I contenuti tematici Alcuni indizi premonitori sembrano annunciare la tragedia incombente, che determina l’inizio delle disgrazie della famiglia di padron ’Ntoni: l’improvviso cambiamento del tempo getta una luce sinistra sulla sorte della , che ha sfidato la burrasca mentre tutte le altre barche del paese sono ormeggiate. Inoltre le metafore* dell’immaginario religioso (il vento che , r. 1; il giorno che , rr. 3-4) conferiscono sin da subito all’evento un carattere sovrannaturale che lo rende ineluttabile. Verga non narra direttamente la triste sorte della barca e di Bastianazzo, ma la fa intravedere nelle parole e nei gesti degli abitanti del borgo: è infatti la visione d’assieme che interessa il narratore, la , la . Tra un rosario e l’altro, le comari snocciolano pettegolezzi e rimproveri per l’ingordigia dei Malavoglia, colpevoli di un azzardo imperdonabile: aver tentato la fortuna. La Longa, priva di una parola di compassione, attorniata dai figli, è sola, sia fisicamente sia moralmente, chiusa in un dignitoso dolore; quando capisce di essere rimasta vedova, esplode in un urlo disperato, prima di correre a (r. 53). Provvidenza s’era messo a fare il diavolo era apparso nero peggio dell’anima di Giuda gestualità collettiva coralità delle reazioni del popolo rintanarsi in casa Una tragedia non descritta Il coro paesano evidenzia l’assoluta distanza di Verga da un atteggiamento populistico. I membri del villaggio ragionano esclusivamente in un’ottica legata al profitto, e nemmeno nella sciagura sono capaci di esprimere sentimenti che non siano connessi al guadagno e all’interesse. La si vede, attraverso la tecnica dello straniamento, in una frase apparentemente posta quasi come un inciso, ma in realtà brutale nell’idea che sottintende. Alle rr. 18-19 leggiamo infatti che il figlio della Locca . È come se, dal punto di vista degli abitanti del villaggio, la sua preoccupazione fosse meno intensa di quella dei Malavoglia, perché può perdere solo il fratello (Menico); i Malavoglia, invece, oltre a un parente (Bastianazzo), rischiano di veder naufragare anche e soprattutto la barca con i lupini. In altre parole, la vita di un familiare conta altrettanto se non addirittura meno delle cose materiali. Espressione della stessa mentalità è il commento della gente su cui si chiude il passo: « » (rr. 54-55). Nella visione di tutti, la morte delle persone è una sola cosa con la perdita della barca e del suo carico. centralità del motivo economico non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello Menico, nella barca dei lupini Che disgrazia!», dicevano sulla via. «E la barca era carica! Più di quarant’onze di lupini! La ragione economica  >> pag. 190  Emerge però anche un certo senso della comunità, che si esprime in alcune manifestazioni, in verità piuttosto rozze e impacciate, di da parte dei paesani nei confronti di Maruzza, che attende gli eventi scrutando ansiosa il mare. Subito dopo, comunque, ciascuno rientra a casa propria: le sono (r. 36) perché il coinvolgimento nelle vicende altrui può essere solo occasionale; poi conviene pensare di nuovo a sé stessi per non mettere a repentaglio i propri interessi. Cosa che accadrebbe, per esempio, se la solidarietà dovesse tradursi in gesti concreti di aiuto e di sostegno materiale; ma questo non è contemplato nella logica economica narrata da Verga. Si nota infine, sottinteso ma ben presente, un certo : la gente del luogo sa che chi va in mare rischia la vita. interessamento e di solidarietà attenzioni insolite fatalismo Il senso della comunità Le scelte stilistiche L’episodio è fondamentale ai fini della trama, essendo all’origine dei successivi rovesci di fortuna che i Malavoglia si troveranno ad attraversare, ma Verga del romanzo, come avrebbe fatto invece uno scrittore romantico, magari rappresentandola con toni epici o patetici. Lo scrittore verista, al contrario, tratta l’argomento con distacco, tanto che la notizia della morte di Bastianazzo viene data al lettore in un inciso riferito a Maruzza, (r. 47). La voce narrante segue lo sviluppo dei fatti come se si trovasse accanto agli abitanti del borgo; , si manifesta , che ripete , come in trance; anche al termine della scena non c’è bisogno di aggiungere parole oltre a quelle ciniche e indifferenti, pronunciate dal coro paesano. non ne fa la “scena madre” che non sapeva di essere vedova la drammaticità è nelle cose nello sconvolgimento interiore di Maruzza Vergine Maria L’assenza del patetismo L’impressione che il lettore ne ricava è quella di una trascrizione fedele, la quale non si concede commenti personali non in linea con la mentalità comune. Lo spazio dell’invenzione è annullato dalla riproduzione mimetica delle voci e dei pensieri che utilizzerebbe la gente di Aci Trezza. Così, già nelle prime righe, (rr. 1-2), il mare muggiva (r. 3), e (rr. 3-4). Quest’ultima è un’immagine familiare al popolo che conosce la storia sacra dalle prediche domenicali, essendo la religione un elemento non secondario dell’identità collettiva di questo microcosmo. Anche la similitudine* che troviamo poco dopo, (r. 6), è un’immagine paesana, giacché i fichidindia sono caratteristici della vegetazione siciliana. il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di S. Alfio il giorno era apparso nero peggio dell’anima di Giuda come una schioppettata fra i fichidindia La costante della regressione , 1892. Fotografia di Giovanni Verga. Il campiere massaro Filippo, Turi “Culedda” con la moglie e altri contadini  >> pag. 191  Verso le competenze       COMPRENDERE Perché Maruzza nella prima parte del brano è inquieta? 1 Che cosa significa che […] (rr. 19-21)? 2 Padron Fortunato Cipolla diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico della Locca, colla Provvidenza e il carico dei lupini Chi sono alle rr. 24-25? 3 quei poveretti ANALIZZARE Individua nel testo altri esempi di regressione oltre a quelli indicati nell’analisi del testo. 4 Quali stati d’animo indica l’interiezione (rr. 39-40 e rr. 47-48)? 5 Oh! Vergine Maria! Oh! Vergine Maria! INTERPRETARE Perché i figli di Maruzza vengono descritti come (r. 25)? 6 anime del purgatorio Perché chi decide di riportare a casa Maruzza viene definito (r. 38)? Spiega l’apparente contraddizione. 7 il più duro o il più compassionevole PRODURRE (rr. 14-15). Verga non riferisce i dialoghi tra questi uomini, se non in un cenno alle rr. 19-21: […] Provvidenza e . Prova a immaginarli scrivendo una serie di discorsi diretti in un testo narrativo di circa 20 righe. 8 Gli uomini erano all’osteria, e nella bottega di Pizzuto, o sotto la tettoia del beccaio, a veder piovere, col naso in aria Padron Fortunato Cipolla diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico della Locca, colla il carico dei lupini invito ALLA VISIONE di Luchino Visconti La terra trema Nei primi anni Quaranta Luchino Visconti (1906-1976) pensa a un adattamento dei ; attirato dal mondo arcaico e dalla tragedia degli umili del romanzo di Verga, il cineasta milanese in un primo momento vuole farne un film realista. Poi il progetto muta in un documentario in tre parti sulla condizione dei lavoratori in Sicilia: pescatori in rivolta contro i grossisti di pesce, minatori che gestiscono una miniera abbandonata, contadini che occupano le terre incolte. Titolo della trilogia è , che allude ai cavalli al galoppo attraverso le terre sottratte ai latifondisti dopo la vittoria dei braccianti sostenuti dagli altri lavoratori. Per ragioni finanziarie, tuttavia, il regista gira solo l’«Episodio del mare» (1948), trasformandolo in un film liberamente ispirato ai . Ribellatosi ai soprusi dei grossisti di pesce, il giovane pescatore ’Ntoni Valastro convince la famiglia a ipotecare la casa per mettersi in proprio. Ma una violenta tempesta distrugge la barca dei Valastro, che a causa dei debiti perdono anche la casa; la famiglia si disgrega e ’Ntoni è costretto a tornare a lavorare per i grossisti. Visconti rilegge il soggetto verghiano in chiave marxista, analizzando basi storiche e conflitti economico-sociali: la sconfitta di ’Ntoni è un passo verso l’acquisizione di una coscienza sociale da parte dei «vinti». Se in Verga i Malavoglia si battono contro il fato, in la lotta dei Valastro è quella degli sfruttati contro gli sfruttatori. L’«ideale dell’ostrica» è stravolto: l’ambiente di nascita è il campo di battaglia di una classe sociale per migliorare le condizioni di tutti (’Ntoni Valastro non emigra, ma resta per combattere immobilismo e ingiustizie). Il pessimismo di Verga è superato dalla visione progressista di Visconti: ’Ntoni fallisce perché la sua è un’azione individuale, ma un’azione collettiva – sorretta da una comune coscienza di classe – rinnoverà lo stato delle cose. Una voce fuori campo in italiano commenta le sequenze ma, diversamente da Verga, Visconti fa parlare i personaggi (interpretati da attori non professionisti) in dialetto autentico, perché «la lingua italiana non è in Sicilia la lingua dei poveri», come spiega la didascalia introduttiva del film. Malavoglia La terra trema Malavoglia La “questione meridionale” da Verga a Visconti La terra trema Le suggestioni del dialetto assente in Verga : Luchino Visconti : Luchino Visconti : Antonio Arcidiacono, Giuseppe Arcidiacono, Giovanni Greco, Nelluccia Giammona : 1948, Italia LA TERRA TREMA REGIA SCENEGGIATURA ATTORI PRINCIPALI ANNO E PRODUZIONE