Il secondo Ottocento – L'opera: I Malavoglia T7 L’abbandono di ’Ntoni Cap. 11 Le pagine del brano che segue sono centrali dal punto di vista degli snodi narrativi del romanzo. ’Ntoni matura il proposito di abbandonare il villaggio per partire in cerca di fortuna. È un proposito a lungo meditato, una decisione rinsaldata dalle disgrazie abbattutesi sulla famiglia: il primo naufragio della con la scomparsa di Bastianazzo, la morte in guerra di Luca, l’abbandono forzato della casa del nespolo, il naufragio recente dal quale padron ’Ntoni, Alessi e lo stesso giovane ’Ntoni sono usciti vivi per miracolo. Ora lui è deciso a cambiare vita. Provvidenza Il tra le conflitto generazioni Una volta ’Ntoni Malavoglia, andando girelloni pel paese, aveva visto due giovanotti che s’erano imbarcati qualche anno prima a Riposto, a cercar fortuna, e tornavano da Trieste, o da Alessandria d’Egitto, insomma da lontano, e spendevano e spandevano all’osteria meglio di compare Naso, o di padron Cipolla; si mettevano a cavalcioni sul desco; dicevano delle barzellette alle ragazze, e avevano dei fazzoletti di seta in ogni tasca del giubbone; sicché il paese era in rivoluzione per loro. ’Ntoni, quando la sera tornava a casa, non trovava altro che le donne, le quali mutavano la salamoia nei barilotti, e cianciavano in crocchio colle vicine, sedute sui sassi; e intanto ingannavano il tempo a contare storie e indovinelli, buoni pei ragazzi, i quali stavano a sentire con tanto d’occhi intontiti dal sonno. Padron ’Ntoni ascoltava anche lui, tenendo d’occhio lo scolare della salamoia, e approvava col capo quelli che contavano le storie più belle, e i ragazzi che mostravano di aver giudizio come i grandi nello spiegare gli indovinelli. «La storia buona», disse allora ’Ntoni, «è quella dei forestieri che sono arrivati oggi, con dei fazzoletti di seta che non par vero; e i denari non li guardano cogli occhi, quando li tirano fuori dal taschino. Hanno visto mezzo mondo, dice, che Trezza ed Aci Castello messe insieme, sono nulla in paragone. Questo l’ho visto anch’io; e laggiù la gente passa il tempo a scialarsi tutto il giorno, invece di stare a salare le acciughe; e le donne, vestite di seta e cariche di anelli meglio della Madonna dell’Ognina, vanno in giro per le vie a rubarsi i bei marinari». Le ragazze sgranavano gli occhi, e padron ’Ntoni stava attento anche lui, come quando i ragazzi spiegavano gli indovinelli: «Io», disse Alessi, il quale vuotava adagio adagio i barilotti, e li passava alla Nunziata, «io quando sarò grande, se mi marito voglio sposar te». «Ancora c’è tempo», rispose Nunziata seria seria. «Devono essere delle città grandi come Catania; che uno il quale non ci sia avvezzo si perde per le strade; e gli manca il fiato a camminare sempre fra le due file di case, senza vedere né mare né campagna». 1 2 3 5 4 5 6 7 10 15 8 9 10 11 20 25 12 a spasso. grosso centro portuale presso Catania. due persone benestanti rispetto alla media della gente del paese. bancone. in subbuglio. la salamoia è sale pestato e sciolto in acqua che si sparge sul pesce per conservarlo in barile; l’operazione deve essere ripetuta più volte, per cui la salamoia deve essere scolata e cambiata spesso. raccontare. trattano i soldi con noncuranza, come chi ne ha tanti e non se li è guadagnati con fatica e rischio. equivale a un “dicono” ( ha come soggetto sottinteso “la gente”). durante il servizio militare ’Ntoni aveva conosciuto le grandi città dell’isola e del continente. divertirsi. viene così descritta l’impressione che prova la gente di paese quando si reca in città. 1 girelloni: 2 Riposto: 3 compare Naso… padron Cipolla: 4 desco: 5 in rivoluzione: 6 mutavano… nei barilotti: 7 contare: 8 i denari non li guardano cogli occhi… dal taschino: 9 dice: dice 10 l’ho visto anch’io: 11 scialarsi: 12 si perde… né campagna: >> pag. 193 «E’ c’è stato anche il nonno di Cipolla», aggiunse padron ’Ntoni, «ed è in quei paesi là che s’è fatto ricco. Ma non è più tornato a Trezza, e mandò solo i denari ai figliuoli». «Poveretto!», disse Maruzza. «Vediamo se mi indovini quest’altro», disse la Nunziata: « ». «Un bue!», rispose tosto Lia. «Questo lo sapevi! ché ci sei arrivata subito», esclamò il fratello. «Vorrei andarci anch’io, come padron Cipolla, a farmi ricco», aggiunse ’Ntoni. «Lascia stare, lascia stare!», gli disse il nonno, contento pei barilotti che vedeva nel cortile. «Adesso abbiamo le acciughe da salare». Ma la Longa guardò il figliuolo col cuore stretto, e non disse nulla, perché ogni volta che si parlava di partire le venivano davanti agli occhi quelli che non erano tornati più. E poi soggiunse: «Né testa, né coda, ch’è meglio ventura». Le file dei barilotti si allineavano sempre lungo il muro, e padron ’Ntoni, come ne metteva uno al suo posto, coi sassi di sopra, diceva: «E un altro! Questi a Ognissanti son tutti danari». ’Ntoni allora rideva, che pareva padron Fortunato quando gli parlavano della roba degli altri. «Gran denari!», borbottava; e tornava a pensare a quei due forestieri che andavano di qua e di là, e si sdraiavano sulle panche dell’osteria, e facevano suonare i soldi nelle tasche. Sua madre lo guardava come se gli leggesse nella testa; né la facevano ridere le barzellette che dicevano nel cortile. «Chi deve mangiarsi queste sardelle qui», cominciava la cugina Anna, «deve essere il figlio di un re di corona bello come il sole, il quale camminerà un anno, un mese e un giorno, col suo cavallo bianco; finché arriverà a una fontana incantata di latte e di miele; dove, scendendo da cavallo per bere, troverà il ditale di mia figlia Mara, che ce l’avranno portato le fate dopo che Mara l’avrà lasciato cascare nella fontana empiendo la brocca; e il figlio del re col bere che farà nel ditale di Mara, si innamorerà di lei; e camminerà ancora un anno, un mese e un giorno, sinché arriverà a Trezza, e il cavallo bianco lo porterà davanti al lavatoio, dove mia figlia Mara starà sciorinando il bucato; e il figlio del re la sposerà e le metterà in dito l’anello; e poi la farà montare in groppa al cavallo bianco, e se la porterà nel suo regno». Alessi ascoltava a bocca aperta, che pareva vedesse il figlio del re sul suo cavallo bianco, a portarsi in groppa la Mara della cugina Anna. «E dove se la porterà?», domandò poi la Lia. «Lontano lontano, nel suo paese di là del mare; d’onde non si torna più». «Come compar Alfio Mosca», disse la Nunziata. «Io non vorrei andarci col figlio del re, se non dovessi tornare più». «La vostra figlia non ha un soldo di dote, perciò il figlio del re non verrà a sposarla», rispose ’Ntoni; «e le volteranno le spalle, come succede alla gente, quando non ha più nulla». «Per questo mia figlia sta lavorando qui adesso, dopo essere stata tutto il giorno al lavatoio, per farsi la dote. Non è vero Mara? Almeno se non viene il figlio del re, verrà qualchedun altro. Lo so anch’io che il mondo va così, e non abbiamo diritto 13 30 Due lucenti, due pungenti, quattro zoccoli e una scopa 35 40 14 15 16 45 50 55 60 17 65 70 ei (egli), pleonastico. si riferisce al marito e al figlio Luca. la sorte ( ) migliore è non essere né tra i primi ( ) né tra gli ultimi ( ) nella scala sociale. per chiudere i barili e tenere pressate le acciughe. da dove. 13 E’: 14 quelli… più: 15 Né testa… ventura: ventura testa coda 16 coi sassi di sopra: 17 d’onde: >> pag. 194 di lagnarcene. Voi, perché non vi siete innamorato di mia figlia, invece d’innamorarvi della Barbara che è gialla come il zafferano? perché la Zuppidda aveva il fatto suo, non è vero? E quando la disgrazia vi ha fatto perdere il fatto vostro, a voi altri, è naturale che la Barbara v’avesse a piantare». «Voi vi accomodate a ogni cosa», rispose ’Ntoni imbronciato, «e hanno ragione di chiamarvi ». «E se non fossi , che si cambiano le cose? Quando uno non ha niente, il meglio è di andarsene come fece compare Alfio Mosca». «Quello che dico io!», esclamò ’Ntoni. «Il peggio», disse infine Mena, «è spatriare dal proprio paese, dove fino i sassi vi conoscono, e dev’essere una cosa da rompere il cuore il lasciarseli dietro per la strada. “Beato quell’uccello, che fa il nido al suo paesello”». «Brava Sant’Agata!», conchiuse il nonno. «Questo si chiama parlare con giudizio». «Sì!», brontolò ’Ntoni, «intanto, quando avremo sudato e faticato per farci il nido ci mancherà il panìco; e quando arriveremo a ricuperar la casa del nespolo, dovremo continuare a logorarci la vita dal lunedì al sabato; e saremo sempre da capo!». «O tu, che non vorresti lavorare più? Cosa vorresti fare? l’avvocato?». «Io non voglio fare l’avvocato!», brontolò ’Ntoni, e se ne andò a letto di cattivo umore. Ma d’allora in poi non pensava ad altro che a quella vita senza pensieri e senza fatica che facevano gli altri; e la sera, per non sentire quelle chiacchiere senza sugo, si metteva sull’uscio colle spalle al muro, a guardare la gente che passava, e digerirsi la sua mala sorte; almeno così si riposava pel giorno dopo, che si tornava da capo a far la stessa cosa, al pari dell’asino di compare Mosca, il quale come vedeva prendere il basto, gonfiava la schiena, aspettando che lo bardassero! «Carne d’asino!», borbottava, «ecco cosa siamo! Carne da lavoro!». E si vedeva chiaro che era stanco di quella vitaccia, e voleva andarsene a far fortuna, come gli altri; tanto che sua madre, poveretta, l’accarezzava sulle spalle, e l’accarezzava pure col tono della voce, e cogli occhi pieni di lagrime, guardandolo fisso per leggergli dentro e toccargli il cuore. Ma ei diceva di no, che sarebbe stato meglio per lui e per loro; e quando tornava poi sarebbero stati tutti allegri. La povera donna non chiudeva occhio in tutta la notte, e inzuppava di lagrime il guanciale. Infine il nonno se ne accorse, e chiamò il nipote fuori dell’uscio, accanto alla cappelletta, per domandargli cosa avesse. «Orsù, che c’è di nuovo? dillo a tuo nonno, dillo!». ’Ntoni si stringeva nelle spalle; ma il vecchio seguitava ad accennare di sì col capo, e sputava, e si grattava il capo cercando le parole. «Sì, sì, qualcosa ce l’hai in testa, ragazzo mio! Qualcosa che non c’era prima. “Chi va coi zoppi, all’anno zoppica”». «C’è che sono un povero diavolo! ecco cosa c’è!». 75 18 Cuor contento Cuor contento 80 19 85 20 90 95 21 22 23 100 105 24 110 25 la dote. andar via. il cibo degli uccelli (l’immagine, per indicare il sostentamento materiale, deriva da quella precedente del nido). senza costrutto (dal punto di vista di ’Ntoni). sella imbottita che si usa per cavalcare gli asini. che gli imponessero il carico da trasportare. probabilmente un altarino addossato a un muro esterno dell’abitazione. entro un anno. Noi diciamo: “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare”. 18 il fatto suo: 19 spatriare: 20 panìco: 21 senza sugo: 22 basto: 23 che lo bardassero: 24 cappelletta: 25 all’anno: >> pag. 195 «Be’! che novità! e non lo sapevi? Sei quel che è stato tuo padre, e quel che è stato tuo nonno! “Più ricco è in terra chi meno desidera”. “Meglio contentarsi che lamentarsi”». «Bella consolazione!». Questa volta il vecchio trovò subito le parole, perché si sentiva il cuore sulle labbra: «Almeno non lo dire davanti a tua madre». «Mia madre… Era meglio che non mi avesse partorito, mia madre». «Sì», accennava padron ’Ntoni, «sì, meglio che non t’avesse partorito, se oggi dovevi parlare in tal modo». ’Ntoni per un po’ non seppe che dire: «Ebbene!», esclamò poi, «lo faccio per lei, per voi, e per tutti. Voglio farla ricca, mia madre! ecco cosa voglio. Adesso ci arrabattiamo colla casa e colla dote di Mena; poi crescerà Lia, e un po’ che le annate andranno scarse staremo sempre nella miseria. Non voglio più farla questa vita. Voglio cambiare stato, io e tutti voi. Voglio che siamo ricchi, la mamma, voi, Mena, Alessi e tutti». Padron ’Ntoni spalancò tanto d’occhi, e andava ruminando quelle parole, come per poterle mandar giù. «Ricchi!», diceva, «ricchi! e che faremo quando saremo ricchi?». ’Ntoni si grattò il capo, e si mise a cercar anche lui cosa avrebbero fatto. «Faremo quel che fanno gli altri… Non faremo nulla, non faremo!… Andremo a stare in città, a non far nulla, e a mangiare pasta e carne tutti i giorni». «Va, va a starci tu in città. Per me io voglio morire dove son nato»; e pensando alla casa dove era nato, e che non era più sua si lasciò cadere la testa sul petto. «Tu sei un ragazzo, e non lo sai!… non lo sai!… Vedrai cos’è quando non potrai più dormire nel tuo letto; e il sole non entrerà più dalla tua finestra!… Lo vedrai! te lo dico io che son vecchio!». Il poveraccio tossiva che pareva soffocasse, col dorso curvo, e dimenava tristamente il capo: «“Ad ogni uccello, suo nido è bello”. Vedi quelle passere? le vedi? Hanno fatto il nido sempre colà, e torneranno a farcelo, e non vogliono andarsene». «Io non sono una passera. Io non sono una bestia come loro!», rispondeva ’Ntoni. «Io non voglio vivere come un cane alla catena, come l’asino di compare Alfio, o come un mulo da bindolo, sempre a girar la ruota; io non voglio morir di fame in un cantuccio, o finire in bocca ai pescicani». «Ringrazia Dio piuttosto, che t’ha fatto nascer qui; e guardati dall’andare a morire lontano dai sassi che ti conoscono. “Chi cambia la vecchia per la nuova, peggio trova”. Tu hai paura del lavoro, hai paura della povertà; ed io che non ho più né le tue braccia né la tua salute non ho paura, vedi! “Il buon pilota si prova alle burrasche”. Tu hai paura di dover guadagnare il pane che mangi; ecco cos’hai! Quando la buon’anima di tuo nonno mi lasciò la e cinque bocche da sfamare, io ero più giovan di te, e non avevo paura; ed ho fatto il mio dovere senza brontolare; e lo faccio ancora; e prego Iddio di aiutarmi a farlo sempre sinché ci avrò gli occhi aperti, come l’ha fatto tuo padre, e tuo fratello Luca, benedetto! che non ha avuto 115 26 120 27 125 28 29 130 135 30 140 145 31 150 32 Provvidenza 155 le parole gli venivano direttamente dal cuore, spontanee. Avere il cuore sulle labbra significa essere franco, sincero. faceva di sì con la testa. solo che le annate (cioè i guadagni di un anno) risultino scarse. condizione di vita. va’ (imperativo). è un’apparecchiatura che, mossa da un asino, un mulo o un cavallo, solleva l’acqua dai pozzi. in realtà il bisnonno di ’Ntoni. 26 si sentiva il cuore sulle labbra: 27 accennava: 28 un po’ che le annate andranno scarse: 29 stato: 30 Va: 31 bindolo: 32 nonno: >> pag. 196 paura di andare a fare il suo dovere. Tua madre l’ha fatto anche lei il suo dovere povera femminuccia, nascosta fra quelle quattro mura; e tu non sai quante lagrime ha pianto, e quante ne piange ora che vuoi andartene; che la mattina tua sorella trova il lenzuolo tutto fradicio! E nondimeno sta zitta e non dice di queste cose che ti vengono in mente; e ha lavorato e si è aiutata come una povera formica anche lei; non ha fatto altro, tutta la vita, prima che le toccasse di piangere tanto, fin da quando ti dava la poppa, e quando non sapevi ancora abbottonarti le brache, che allora non ti era venuta in mente la tentazione di muovere le gambe, e andartene pel mondo come uno zingaro». In conclusione ’Ntoni si mise a piangere come un bambino, perché in fondo quel ragazzo il cuore ce l’aveva buono come il pane; ma il giorno dopo tornò da capo. La mattina si lasciava caricare svogliatamente degli arnesi, e se ne andava al mare brontolando: «Tale e quale l’asino di compare Alfio! come fa giorno allungo il collo per vedere se vengono a mettermi il basto». Dopo che avevano buttato le reti, lasciava Alessi a menare il remo adagio adagio per non fare deviare la barca, e si metteva le mani sotto le ascelle, a guardare lontano, dove finiva il mare, e c’erano quelle grosse città dove non si faceva altro che spassarsi e non far nulla; o pensava a quei due marinai ch’erano tornati di laggiù, ed ora se n’erano già andati da un pezzo; ma gli pareva che non avessero a far altro che andar girelloni pel mondo, da un’osteria all’altra, a spendere i denari che avevano in tasca. La sera, i suoi parenti, dopo aver messo a sesto la barca e gli attrezzi, per non vedergli quel muso lungo, lo lasciavano andare a girandolare come un cagnaccio, senza un soldo in tasca. […] 33 160 34 165 170 175 Luca è morto nella battaglia di Lissa durante il servizio militare ( ). ti allattava. 33 Luca… di andare a fare il suo dovere: il suo dovere 34 ti dava la poppa: Dentro il testo I contenuti tematici Il “monolitico” orizzonte esistenziale dei Malavoglia è turbato al suo interno dall’irrompere di un . L’immobilità degli antichi costumi, professata da padron ’Ntoni, è messa in discussione dall’illusione, tipica delle giovani generazioni e qui incarnata dal nipote ’Ntoni, che fuggire dal presente e dal cerchio chiuso della tradizione significhi emanciparsi dall’arretratezza e spingersi verso il benessere. Il giovane ha le idee chiare: egli non intende vivere la stessa vita che hanno vissuto le precedenti generazioni dei Malavoglia. A lui si contrappongono tutti gli altri personaggi: il nonno, la madre, Alessi, Nunziata, le vicine che raccontano vecchie storie e propongono indovinelli per sviare il discorso di ’Ntoni. Anche la sorella Mena tenta la strada della saggezza popolare, inanellando uno dietro l’altro proverbi e massime ( […] , rr. 82-83; , r. 84). Tuttavia l’apologia degli affetti e della sicurezza domestica e l’appello al rispetto del sistema di valori tramandato, formulati da padron ’Ntoni ( , rr. 114-115), cadono nel vuoto: il giovane ha scelto di cambiare, desideroso di rinnegare il passato e di incamminarsi sui sentieri del nuovo. diverso punto di vista Il peggio è spatriare dal proprio paese, dove fino i sassi vi conoscono Beato quell’uccello, che fa il nido al suo paesello Sei quel che è stato tuo padre, e quel che è stato tuo nonno! Il contrasto tra ’Ntoni e gli altri personaggi >> pag. 197 ’Ntoni è convinto di aver capito il segreto della vita e della felicità, e si infervora tanto in questo convincimento da rifiutare le vecchie storie e i proverbi, che egli giudica (rr. 9-10). È il , all’interno di un conflitto generazionale e ideologico che separa progressivamente ’Ntoni dai valori trasmessigli dalla famiglia e dalle stesse “ragioni del cuore”, ma è però sempre un’ansia di miglioramento materiale e di ascesa sociale che nel romanzo è destinata alla sconfitta. Nell’ideologia verghiana il vero eroismo è quello di coloro che accettano di vivere, rassegnati, la vita faticosa dei padri, non di coloro che se ne vanno. buoni pei ragazzi rifiuto dell’«ideale dell’ostrica» Il rifiuto dell’«ideale dell’ostrica» Le scelte stilistiche Le scelte dall’autore sono tutte, come sempre, : per esempio quella positiva del nido, contenuta nel proverbio ricordato da Mena alla r. 84, e ripresa dal vecchio ’Ntoni attraverso un altro proverbio ( r. 140), che introduce l’idea di una comunità familiare e paesana protettiva e partecipe, come un nido, appunto, accogliente e sicuro. Invece l’asino, a cui si paragona ’Ntoni ( r. 98), è emblema (negativo, dal punto di vista del giovane) della rassegnazione alla fatica e alla monotonia del vivere. All’immagine dell’asino si aggiungono, con lo stesso significato, quelle del (r. 144) e del (r. 145). immagini pertinenti all’ambiente sociale raffigurato Ad ogni uccello, suo nido è bello, al pari dell’asino di compare Mosca, cane alla catena mulo da bindolo Le immagini popolari Verso le competenze COMPRENDERE Che cosa intende ’Ntoni quando afferma di non volere (r. 146)? 1 finire in bocca ai pescicani Riassumi i diversi atteggiamenti dei familiari di fronte all’ipotesi della partenza di ’Ntoni. 2 ANALIZZARE Nelle frasi che il nonno rivolge al giovane ’Ntoni alla r. 91 ( ) riconosci: 3 O tu, che non vorresti lavorare più? Cosa vorresti fare? l’avvocato? ironia. A sarcasmo. B un’antifrasi. C un ossimoro. D INTERPRETARE Trascrivi i proverbi pronunciati da padron ’Ntoni e ricava da essi la sua visione della vita, spiegandola in poche righe. 4 Considera la seguente frase del vecchio ’Ntoni: (rr. 130-131). Quale idea è implicita in essa? 5 e che faremo quando saremo ricchi? PRODURRE La tua esperienza Secondo te chi ha ragione? ’Ntoni o i suoi parenti? Il sogno di una vita diversa del ragazzo ti sembra irragionevole oppure comprensibile? Riesci a immedesimarti nel suo punto di vista? Esponi le tue opinioni in un testo argomentativo di circa 30 righe. 6 Gruppo di pescatori ad Aci Castello, 1903.