Il secondo Ottocento – L'autore: Giovanni Pascoli  T3  Il gelsomino notturno Canti di Castelvecchio Composta in soli tre giorni, tra il 16 e il 19 luglio del 1901, questa poesia appartiene a un sottogenere lirico che i greci chiamavano epitalamio: una sorta di “serenata” cantata presso la stanza nuziale la sera del matrimonio. Il componimento nasce infatti da un motivo occasionale, le nozze di un amico del poeta, Gabriele Briganti, e reca la seguente dedica: «A me pensi Gabriele Briganti risentendo l’odor del fiore che olezza nell’ombra e nel silenzio: l’odore del “gelsomino notturno”. In quelle ore gli sbocciò un fiorellino […] voglio dire, gli nacque Dante Gabriele Giovanni». Queste parole sono un’utile traccia per comprendere il senso profondo della lirica, nella quale la consueta trama di significati simbolici e allusivi rimanda alla realtà di un atto d’amore da cui nasce una nuova vita. Sei quartine di novenari a rima alternata (ABAB, CDCD ecc.). Il verso 21 è sdrucciolo (la rima è ). METRO peta[li]/segreta Il conturbante mistero della vita         E s’aprono i fiori notturni,         nell’ora che penso a’ miei cari.         Sono apparse in mezzo ai viburni         le farfalle crepuscolari.     Da un pezzo si tacquero i gridi:         là sola una casa bisbiglia.         Sotto l’ali dormono i nidi,         come gli occhi sotto le ciglia.         Dai calici aperti si esala   l’odore di fragole rosse.         Splende un lume là nella sala.         Nasce l’erba sopra le fosse.         Un’ape tardiva sussurra         trovando già prese le celle.   La Chioccetta per l’aia azzurra         va col suo pigolìo di stelle. 5 10 15 la congiunzione con cui si apre la lirica, e che permette al lettore di entrare subito nella vicenda, introduce anche una determinazione temporale: è il crepuscolo, quel preciso momento della sera in cui improvvisamente si aprono i fiori notturni e il poeta è portato a pensare ai suoi morti. i gelsomini notturni, i cui calici si aprono di notte e si chiudono all’alba. al crepuscolo. ai miei familiari morti (il padre, la madre, i fratelli). piante dal fogliame abbondante, con fiori solitamente bianchi. si tratta di particolari falene, dette “atropi”. Atropo è una delle tre Moire: il suo nome significa inflessibile, ed è quella delle tre che recide il filo della vita. Un disegno giallastro sul torace delle falene, simile a un teschio, alluderebbe, nella credenza popolare, a un loro macabro potere di annunciare sventure. le voci rumorose del giorno. da una casa (quella dei due sposi) si sente parlare a bassa voce. i piccoli degli uccelli ( per metonimia) dormono sotto le ali (dei genitori). cioè le palpebre (metonimia). petali dei fiori a forma di calice. si spande intorno. un profumo intenso simile a quello delle fragole. la stanza principale della casa, posta al pianterreno, dove si mangia e dove si intrattengono gli ospiti. le tombe. ritardataria. le cellette dell’alveare. le Pleiadi (Chioccetta o Gallinella, secondo la denominazione popolare) risplendono nel cielo notturno e il tremolio della loro luce sembra l’immagine di una chioccia che si trascina dietro i pulcini che pigolano. Il poeta stabilisce dunque un’analogia tra il cielo e l’aia (metafora, questa, che nasce da quella della Chioccetta), le stelle e i pulcini. Il pigolìo sta appunto a indicare un lampeggiare intermittente. 1 E s’aprono: i fiori notturni: 2 nell’ora: a’ miei cari: 3 viburni: 4 farfalle crepuscolari: 5 i gridi: 6 una casa bisbiglia: 7 Sotto… nidi: nidi 8 le ciglia: 9 calici: si esala: 10 l’odore… rosse: 11 sala: 12 fosse: 13 tardiva: 14 le celle: 15-16 La Chioccetta… stelle:  >> pag. 308          Per tutta la notte s’esala         l’odore che passa col vento.         Passa il lume su per la scala;   brilla al primo piano: s’è spento…         È l’alba: si chiudono i petali         un poco gualciti; si cova,         dentro l’urna molle e segreta,         non so che felicità nuova. 20 diffuso dal vento. sciupati (dall’umido della notte e dagli insetti che vi si sono posati). si custodisce gelosamente. la corolla chiusa del fiore, ma anche, allusivamente, l’utero della donna. 18 che passa col vento: 22 gualciti: si cova: 23 l’urna: Dentro il testo       I contenuti tematici In questo, come in molti componimenti di Pascoli, la dimensione narrativa e i nessi logici sono quasi del tutto annullati, per lasciare posto a un e depositate in una serie di immagini e suoni carichi di mistero. È il momento in cui scende la sera, i gelsomini notturni si aprono e nel silenzio si ode solo il soffuso mormorio proveniente da una casa, prima che anche questo leggero rumore si spenga insieme con le luci. Poi, quando spunta l’alba, i petali del fiore tornano a chiudersi per custodire, dentro il loro calice, un nuovo fremito vitale. flusso di impressioni colte nella loro immediatezza Il mistero della natura e della vita Tuttavia le manifestazioni della natura nella poesia rappresentano allegoricamente l’atto d’amore che si consuma nella casa e che la sensibilità poetica e umana di Pascoli richiama solo per allusione, in modo reticente: non è un caso che i veri protagonisti, l’uomo e la donna, non compaiano se non attraverso cenni velati. Del resto il concepimento non viene celebrato come una festa della vita, ma come un evento inquietante. C’è infatti nella lirica tutto il groviglio di pulsioni, fisiche e psichiche, che tormenta il poeta: la contemplazione della carne, la tremante morbosità, una fantasia eccitata che guarda a distanza l’eros con un misto di fascinazione e disgusto. La velata allusione al sesso Più Pascoli cerca qui di tacitare e sfumare il proprio turbamento, più esso si manifesta attraverso una serie di emergenze. D’altra parte, è il contenuto stesso della poesia a insistere sulla medesima, inconfessabile ossessione, intrecciando nello stesso arco di tempo, che va dalla sera alla mattina, due vicende richiamate per analogia*: il ciclo della fecondazione dei fiori, che culmina nell’ (v. 10: si badi, “odore”, non il più immediato “profumo”) e si conclude con l’immagine simbolica dei (vv. 21-22); e la storia parallela che avviene all’interno della casa, dove l’unione dei due sposi è preparata dai bisbigli e dal lume che si spegne. odore di fragole rosse petali / un poco gualciti La prima notte di nozze e la fecondazione del gelsomino Mentre si svolge l’incontro d’amore e si forma una nuova vita, si consuma per contrasto l’esperienza solitaria del poeta che descrive gli altri rimanendo vincolato al solo ricordo dei morti ( v. 2; v. 8; v. 12), escluso come l’ape che, giunta tardi e isolata dalle compagne, rimane a vagabondare fuori dall’alveare (vv. 13-14). nell’ora che penso a’ miei cari, come gli occhi sotto le ciglia, Nasce l’erba sopra le fosse, La solitudine del poeta  >> pag. 309  L’osservazione o, meglio, l’immaginazione del rito di fecondazione avviene dall’esterno; ma si tratta di una vista nascosta, quasi proibita, come se il poeta stesse spiando una situazione che non potrà mai vivere in prima persona. Egli, incapace di amare, vive nella notte, nel silenzio e nel pensiero della morte; gli sposi-amanti, invece, sono insieme nel chiarore di un lume. Al tempo stesso la pulsione sessuale innesca, come per un’arcana e occulta corrispondenza, la . Il tema della fecondazione e della nascita, infatti, pare agitare l’intero universo con una nuova vitalità ( vv. 9-10; vv. 17-18), che però si stempera a contrasto con l’ombra silenziosa, ma onnipresente, della morte e con il fondo oscuro delle (v. 12): da esse nasce l’erba e i petali, schiusi per il concepimento, appaiono (v. 22), mentre l’ovario del fiore, simbolo del grembo materno fecondato, viene definito (v. 23), un termine ambiguo che evoca suggestioni al tempo stesso funebri e sacrali. presenza simbolica della morte Dai calici aperti si esala / l’odore di fragole rosse, Per tutta la notte s’esala / l’odore che passa col vento, fosse un poco gualciti urna Eros e morte Tuttavia il poeta tenta stavolta di reprimere lo sgomento, abbandonandosi all’immensità dello spazio notturno, che appare dolce, familiare e amichevole ( vv. 15-16). Come ha scritto Giacomo Debenedetti, l’universo, per una volta rasserenato in una tenera concordia con l’animo del poeta, «sta narrando una specie di grande fiaba azzurra: l’uomo ha concluso, grazie alla felicità d’amore e al senso di vita facile e piena che gliene deriva, una tregua con le difficoltà e coi problemi, ricupera la credulità infantile, per la quale il mondo, anche nelle sue manifestazioni misteriose, è meravigliosa, benevola fiaba». Bloccato in una condizione infantile e irreale, di cui ha bisogno e in cui si sente protetto, il poeta può così dare il proprio consenso alla trasgressione dell’amore, anche se la covata del fiore (e della donna) rimane per lui sconosciuta ( v. 24) e almeno in parte persino repellente (si noti l’effetto sgradevole della continua allitterazione* della l nell’ultima strofa: ). La Chioccetta per l’aia azzurra / va col suo pigolìo di stelle, felicità nuova dentro l’urna molle e segreta non so che, È l’alba; i petali; gualciti; l’urna molle L’identificazione con la notte nuziale Le scelte stilistiche Abolito ogni rapporto di tipo logico con la realtà, Pascoli non ha interesse a descrivere avvenimenti o fenomeni: lo scopo che si prefigge è grazie all’analogia, giustapponendo sensazioni e impressioni di diverso tipo per evocare l’atmosfera misteriosa di una notte in cui si mescolano carnalità e turbamento. Proprio per questo prevale uno stile nominale, fatto di sostantivi, aggettivi, immagini riprodotte fonicamente (i vocaboli onomatopeici* dei vv. 6 e 13: ), contaminazioni di sfere sensoriali diverse (le sinestesie* dei vv. 10 e 16: ) che enfatizzano il valore della percezione. creare la suggestione bisbiglia; sussurra odore di fragole rosse; pigolìo di stelle La trama delle allusioni Le libere associazioni del poeta tendono a creare una situazione indefinita: a bisbigliare non sono le persone ma la casa, in una metonimia* al v. 6; non dormono gli uccellini ma i nidi (v. 7); la sacralità violata dell’ (v. 23) non è detta in termini chiari ma vaghi e reticenti ( v. 24). Su tutto questo repertorio di immagini si posa lo sguardo selettivo del poeta, che trasferisce su innocenti e neutrali elementi della natura la propria voce e i propri pensieri. urna molle e segreta non so che felicità nuova, L’irrazionalità del simbolismo pascoliano  >> pag. 310  Verso le competenze       COMPRENDERE Indica le coordinate spaziali e temporali entro le quali si svolge l’azione evocata nella poesia. 1 A che cosa allude la strofa finale? 2 ANALIZZARE Il tema della casa è ricorrente nella poesia di Pascoli: individua in questo testo le espressioni che vi si riferiscono. 3 In questo componimento compare, tra le diverse figure retoriche, anche una similitudine. Rintracciala e spiegane il significato. 4 Nella seconda strofa sono presenti due metonimie. Individuale e precisa il loro significato. 5 Quale funzione sintattica svolgono i due che presenti nei seguenti versi: (vv. 1-2) e (vv. 17-18)? 6 E s’aprono i fiori notturni, / nell’ora che penso a’ miei cari Per tutta la notte s’esala / l’odore che passa col vento Elenca le parole che rimandano, direttamente o indirettamente, alla vita e alla morte. 7 La lirica è intessuta di percezioni olfattive, acustiche e tattili. Trascrivi nella tabella i versi nei quali sono espresse tali percezioni. 8 Percezioni Versi olfattive acustiche tattili INTERPRETARE Quale funzione hanno i puntini di sospensione che chiudono il v. 20? 9 L’impegno civile Negli ultimi anni della sua parabola letteraria, Pascoli coltiva l’abitudine di comporre , a commento di avvenimenti storici o di attualità. Questa produzione, di stampo quasi “giornalistico”, può apparire molto lontana dalla sua vocazione, soprattutto poetica. poesie d’occasione Un “giornalismo poetico” Pascoli però desidera , che lo ponga in contatto con la massa dei lettori: per quanto lontano dai salotti e dalla mondanità della vita culturale nazionale, egli non è infatti insensibile all’idea di competere, sia pure su un terreno per lui sfavorevole, con il rivale d’Annunzio, abile comunicatore, sempre al centro dell’attenzione. ritagliarsi un ruolo pubblico La ricerca del pubblico di massa Ma c’è anche una ragione ideologico-culturale più profonda. Nel ( p. 296) Pascoli scrive che «il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno avrebbe detta»: ciò significa che a lui non si chiede solo di esprimere la propria sensibilità soggettiva, ma anche di , dando voce alle aspirazioni e ai bisogni dell’intera comunità popolare e nazionale. Raccolte come e esprimono questa sua ambizione di cantore della Storia e delle glorie nazionali; ambizione che lo porta, per esempio, a celebrare con il tono populistico della (1911) l’impresa coloniale libica come una soluzione al dramma dell’ . Il poeta conferisce infatti al proprio nazionalismo una , affermando il diritto degli Stati meno ricchi (come l’Italia, che è definita non a caso «proletaria ») a conquistare nuove terre in cui i contadini possano trasferirsi. In tal modo gli italiani, costretti a migliaia a emigrare in cerca di fortuna al di là dell’oceano e spesso sottoposti a umiliazioni e soprusi, possono riacquistare dignità e lavoro, rinnovando la gloriosa tradizione di un . Fanciullino ►  interpretare il sentimento collettivo Odi e inni, Le canzoni di Re Enzio Poemi del Risorgimento Grande proletaria si è mossa emigrazione motivazione umanitaristica popolo civilizzatore Un vate portavoce del popolo  >> pag. 311  Anche prima della campagna libica, però, non mancano occasioni nelle quali Pascoli riversa sulla pagina quello già prefigurato nel socialismo invocato nel . La pace sociale viene auspicata entro un invito alla solidarietà e alla condivisione al di là e al di sopra delle classi. Nel recuperare la lezione leopardiana della , il poeta confeziona così un generico che non si inserisce però in una compiuta ideologia politica: egli infatti non supera mai l’orizzonte psicologico del nostalgico cantore dei buoni e semplici valori contadini, neutralizzando all’interno di un’ i veri e duri conflitti che agitano l’Italia del suo tempo. In tal modo anche il nazionalismo che affiora in alcuni versi, lettere e discorsi non coincide con un’autentica e aggressiva volontà di potenza, ma con la viscerale difesa (anche con le armi della guerra, se necessario) di una nazione e di un popolo oppressi. Il modello privato del «nido», da proteggere gelosamente dalle ingerenze degli estranei, si proietta così su quello pubblico della patria, da esaltare con passione e sentimento nella strenua . spirito di fratellanza Fanciullino Ginestra messaggio di concordia tra gli uomini ingenua dimensione idilliaca difesa delle radici, dell’identità e delle tradizioni Dal «nido» alla patria  T4  Italy , Canto primo, I-V Primi poemetti Il poemetto racconta in due canti di complessivi 450 versi la storia della piccola Maria-Molly, che dagli Stati Uniti viene portata in Italia, nel paese d’origine del padre, nella speranza che il clima mite la possa guarire dalla tubercolosi. Qui la bambina conosce un mondo diverso da quello in cui ha vissuto fino a quel momento e fa fatica ad ambientarsi. Poi, però, a poco a poco il solco che la divide dai suoi parenti si assottiglia, fino a scomparire: la bambina guarisce e, prima di partire, promette di tornare, un giorno, da quella che ora riconosce come la sua famiglia. Terzine dantesche di endecasillabi a rima incatenata (ABA BCB CDC ecc.). Ogni strofa termina con un verso isolato che rima con il penultimo della terzina precedente. METRO L’ come dal «nido» della patria emigrazione sradicamento                     I           A Caprona, una sera di febbraio,           gente veniva, ed era già per l’erta,           veniva su da Cincinnati, .           La strada, con quel tempo, era deserta.        Pioveva, prima adagio, ora a dirotto,           tamburellando su l’ombrella aperta. Sacro all’Italia raminga * Ohio 5 dedicato all’Italia emigrante. la frazione di Castelvecchio di Barga dove Pascoli si ritira a vivere dal 1895. strada in salita (che porta a Caprona). Cincinnati è una città industriale situata nel Sudovest dell’Ohio, Stato settentrionale degli Stati Uniti. Si noti l’uso della rima “plurilinguistica” ( fa rima con ), già sperimentata in Italia da Niccolò Tommaseo e dagli Scapigliati Emilio Praga e Arrigo Boito. battendo fittamente. * : Sacro… raminga 1 Caprona: 2 erta: 3 Cincinnati, : Ohio Ohio febbraio 6 tamburellando:  >> pag. 312            La Ghita e Beppe di Taddeo lì sotto           erano, sotto la cerata ombrella           del padre: una ragazza, un giovinotto.      E c’era anche una bimba malatella,           in collo a Beppe, e di su la sua spalla           mesceva giù le bionde lunghe anella.           Figlia d’un altro figlio, era una talla           del ceppo vecchio nata là: Maria:      d’ott’anni: aveva il peso d’una galla.           Ai ritornanti per la lunga via,           già vicini all’antico focolare,           la lor chiesa sonò l’Avemaria.           Erano stanchi! avean passato il mare!      Appena appena tra la pioggia e il vento           l’udiron essi or sì or no sonare.           Maria cullata dall’andar su lento           sembrava quasi abbandonarsi al sonno,           sotto l’ombrella. Fradicio e contento      veniva piano dietro tutti il nonno.           II           Salivano, ora tutti dietro il nonno,           la scala rotta. Il vecchio Lupo in basso           non abbaiò; scodinzolò tra il sonno.           E tentennò sotto il lor piede il sasso      davanti l’uscio. C’era sempre stato           presso la soglia, per aiuto al passo.           E l’uscio, come sempre, era accallato.           Lì dentro, buio come a chiuder gli occhi.           Ed era buia la cucina allato. 10 15 20 25 30 rispettivamente i fratelli Margherita (il diminutivo Ghita è preceduto dall’articolo, secondo un’usanza non solo toscana) e Giuseppe di Taddeo (cioè figlio di Taddeo, a sua volta figlio di Zi’ Meo, il nominato più avanti, al v. 25). Sono gli zii di Molly, la del v. 10. impermeabile. malaticcia. in braccio. lasciava cadere giù i suoi lunghi riccioli ( ) biondi. una nipote ( è, nella parlata toscana, un ramo che si trapianta) della famiglia originaria ( , letteralmente “piede di un albero”) della Toscana, nata laggiù (si intende in America). ghianda. gli emigrati che tornano nel paese natale. avevano attraversato l’Oceano. Bartolomeo Caproni (Zi’ Meo), che è andato ad accogliere i nipoti al loro arrivo. ripida e dissestata. si coglie forse un riferimento all’episodio omerico del cane Argo ( , XVII, vv. 290-327), che riconosce Ulisse al suo ritorno a Itaca. per facilitare l’entrata. socchiuso. 7 La Ghita e Beppe di Taddeo: nonno bimba malatella 8 cerata: 10 malatella: 11 in collo: 12 mesceva… anella: anella 13-14 una talla… là: talla ceppo 15 galla: 16 ritornanti: 19 avean passato il mare!: 25 nonno: 27 rotta: Lupo: Odissea 31 per aiuto al passo: 32 accallato: Famiglia di migranti italiani sul traghetto da Ellis Island a New York City, 1905. Collezione privata.  >> pag. 313       La mamma? Forse scesa per due ciocchi…           forse in capanna a mòlgere… No, era           al focolare sopra i due ginocchi.           Avea pulito greppia e rastrelliera;           ora, accendeva… Udì sonare fioco:      era in ginocchio, disse la preghiera.           Appariva nel buio a poco a poco.           «Mamma, perché non v’accendete il lume?           Mamma, perché non v’accendete il fuoco?»           «Gesù! che ho fatto tardi col rosume…»      E negli stecchi ella soffiò, mezzo arsi;           e le sue rughe apparvero al barlume.           E raccattava, senza ancor voltarsi,           tutta sgomenta, avanti a sé, la mamma,           brocche, fuscelli, canapugli, sparsi      sul focolare. E si levò la fiamma.           III           E i figli la rividero alla fiamma           del focolare, curva, sfatta, smunta.           «Ma siete trista! siete trista, o mamma!»           Ed accostando agli occhi, essa, la punta      del pannelletto, con un fil di voce:           «E il Cecco è fiero? E come va l’Assunta?»           «Ma voi! Ma voi!» «Là là, con la mia croce».           I muri grezzi apparvero col banco           vecchio e la vecchia tavola di noce.      Di nuovo, un moro, con non altro bianco           che gli occhi e i denti, era incollato al muro,           la lenza a spalla ed una mano al fianco: 35 40 45 50 55 60 la nonna di Maria. Pascoli riporta in discorso indiretto libero le parole dei due emigranti che, entrati in casa, si chiedono dove sia la loro mamma. ceppi da ardere. stalla. mungere (voce dialettale). inginocchiata. la mangiatoia e l’utensile di legno che vi sta appeso sopra, in cui si sistema il fieno. le campane che suonano l’Avemaria. perché. rimasugli dello strame (cioè il fieno) delle bestie. ramoscelli.  fusti di canapa.  malata. grembiule (in dialetto lucchese). sta bene? così così, con le mie sofferenze. Allude alla lontananza dei figli emigrati. armadio per la biancheria (altra forma dialettale). unica novità (nell’arredamento). l’immagine di un nero in una stampa regalata dai figli. 35 La mamma: ciocchi: 36 capanna: mòlgere: 37 sopra i due ginocchi: 38 greppia e rastrelliera: 39 sonare: 44 che: rosume: 49 brocche: canapugli: 53 trista: 55 pannelletto: 56 è fiero?: 57 Là… croce: 58 banco: 60 Di nuovo: un moro:  >> pag. 314            roba di là. Tutto era vecchio, scuro.           S’udiva il soffio delle vacche, e il sito      della capanna empiva l’abituro.           Beppe sedé col capo indolenzito           tra le due mani. La bambina bionda           ora ammiccava qua e là col dito.           Parlava, e la sua nonna, tremebonda,      stava a sentire e poi dicea: «Non pare           un luì quando canta tra la fronda?»           Parlava la sua lingua d’oltremare:           «… » «un piccolo luì…»           «… » «che goda a cinguettare,      zi zi» « »           IV           , penso, se la prese a male.           Maria, la notte (era la Candelora),           sentì dei tonfi come per le scale…           tre quattro carri rotolarono… Ora      vedea, la bimba, ciò che n’era scorso!           la neve, a cui splendea l’aurora.           Un gran lenzuolo ricopriva il torso           dell’Omo-morto. Nel silenzio intorno           parea che singhiozzasse il Rio dell’Orso.      Parea che un carro, allo sbianchir del giorno,           ridiscendesse l’erta con un lazzo           cigolìo. Non un carro, era uno storno, 65 70 a chicken-house for mice and rats 75 Bad country, Ioe, your Italy! ITALY 80 the snow! 85 proveniente dall’America. la puzza (toscanismo). dimora. indicava. turbata. uccellino, il cui nome deriva dal suo verso. che veniva dall’America, cioè l’inglese. Pascoli riproduce qui il dialogo tra la bambina e la nonna, che è intenerita dal cinguettare infantile della nipotina, non comprendendo le sue espressioni di disgusto. Molly infatti definisce la casa un pollaio ( ), la giudica adatta a topi e ratti ( ) e, rivolgendosi a Beppe (Joe, che il poeta trascrive scorrettamente ), esclama: “Brutto paese, Joe, la tua Italia!”. personificazione dell’Italia. il 2 febbraio. Secondo la tradizione cattolica, è il giorno della purificazione di Maria e della benedizione delle candele (da qui il nome della festa). forse il rumore per la caduta di mucchi di neve. il rumore è assimilato a quello provocato dalle ruote di un carro. quel che era risultato (da quei suoni notturni). la neve! sulla quale. manto nevoso. la schiena (vale a dire il profilo) dei monti che formano il cosiddetto Omo Morto, un massiccio delle Alpi Apuane, così chiamato perché il suo aspetto ricorda quello di un uomo disteso. nome di un ruscello. aspro. uccello passeriforme dal becco piatto e dalle penne di colore nero. 63 di là: 64 il sito: 65 abituro: 68 ammiccava: 69 tremebonda: 71 luì: 72 d’oltremare: 73-75 «… »: a chicken-house… Italy! a chicken-house for mice and rats Ioe 76 : ITALY 77 Candelora: 78 tonfi: 79 tre… rotolarono: 80 ciò… scorso: 81 : the snow! a cui: 82 lenzuolo: 82-83 il torso dell’Omo-morto: 84 Rio dell’Orso: 86 lazzo: 87 storno:  >> pag. 315            uno stornello in cima del Palazzo           abbandonato, che credea che fosse      marzo, e strideva: marzo, un sole e un guazzo!           Maria guardava. Due rosette rosse           aveva, aveva lagrime lontane           negli occhi, un colpo ad or ad or di tosse.           La nonna intanto ripetea: «Stamane      fa freddo!» Un bianco borracciol consunto           mettea sul desco ed affettava il pane.           Pane di casa e latte appena munto.           Dicea: «Bambina, state al fuoco: nieva!           nieva!» E qui Beppe soggiungea compunto:  « qui non trovi il pai con fleva!»           V           Oh! no: non c’era lì né né           né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:           « »           Oh! no: starebbe in sin tanto  ch’ella guarisse:           E godrebbe questo po’ di scianto!           Mugliava il vento che scendea dai colli           bianchi di neve. Ella mangiò, poi muta           fissò la fiamma con gli occhioni molli.  Venne, sapendo della lor venuta,           gente, e qualcosa rispondeva a tutti           , grave: « , è fiero… vi saluta…           molti bisini, … No, tiene un frutti-            stendo…  , vende checche, candi, scrima…  Conta moneta: può campar coi frutti… 90 95 100 Poor Molly! pie flavour Ioe, what means nieva? Never? Never? Never? Italy 105 one month or two, poor Molly! Ioe 110 Ioe Oh yes oh yes Oh yes 115 il poeta si riferisce a un edificio sul colle di Caprona. emetteva un verso stridulo. schiarite e acquazzoni improvvisi, come capita spesso nell’imprevedibile mese di marzo. gli zigomi arrossati a causa della febbre provocata dalla tubercolosi. ogni tanto. strofinaccio. tavola dove si mangia. nevica. imbarazzato. “Povera Molly! Qui non c’è alcuna torta ( , da ‘pie’) con gli aromi ( , da ‘flavour’)”. Le parole vengono trascritte secondo la pronuncia. scoppiò (il soggetto è Molly). “Joe, che cosa significa nieva? Significa mai (in inglese )?”. L’equivoco spaventa Molly che teme di non poter tornare più in America. un mese o due. riposo (toscanismo). mugghiava. serio. è contento. affari (storpiatura della parola inglese ). ha un banchetto di frutta (in inglese ). dolci, canditi, gelati ( , , ). 88-89 Palazzo abbandonato: 90 strideva: un sole e un guazzo: 91 rosette rosse: 93 ad or ad or: 95 borracciol: 96 desco: 98 nieva: 99 compunto: 100 « »: Poor Molly… fleva! pai fleva 102 Ruppe: 103 « »: Ioe… Never? never 105 : one… two 106 scianto: 107 Mugliava: 112 grave: è fiero: 113 bisini: business 113-114 tiene un frutti-stendo: fruitstand 114 checche… scrima: cakes candies ice cream  >> pag. 316            Il baschetto non rende come prima…           , un salone, che ci ha tanti bordi…           , l’ho rivisto nel pigliar la stima…»           Il tramontano discendea con sordi  brontoli. Ognuno si godeva i cari           ricordi, cari ma perché ricordi:           quando sbarcati dagli ignoti mari           scorrean le terre ignote con un grido           straniero in bocca, a guadagnar danari  per farsi un campo, per rifarsi un nido… Yes Yes 120 125 banchetto da ambulante (in inglese significa “canestro”). un bar che ha tanti tavoli ( è italianizzazione di , di ). mentre prendevo la nave ( ). vento di tramontana. rumori di tuoni. percorrevano. il richiamo del venditore ambulante, in inglese. 116 baschetto: basket 117 un salone… bordi: salone saloon bordi boards 118 nel pigliar la stima: steamer 119 tramontano: 119-120 sordi brontoli: 123 scorrean: 123-124 grido straniero: Dentro il testo       I contenuti tematici Il tema dell’emigrazione è qui tradotto in un , una narrazione di cronaca familiare ispirata a un episodio reale di cui il poeta fu testimone nel 1895 a Caprona, il borgo in cui viveva: il ritorno dagli Stati Uniti di una bambina (Maria o Molly, che nella realtà si chiamava Isabella), nipote di Bartolomeo Caproni detto Zi’ Meo (il fattore di casa Pascoli), figlia di emigranti e venuta in Italia per curare la tubercolosi. vero e proprio racconto Cronaca di emigrazione Il carattere narrativo del poemetto consente di dividere il brano in : l’arrivo dei tre emigranti (Margherita e Giuseppe di Taddeo, detti Ghita e Beppe, e Maria-Molly) accompagnati dal nonno (I); l’ingresso nella vecchia casa e l’incontro con la nonna che accende il fuoco (II); il colloquio con la nonna e la descrizione della casa, con la sua miseria e il suo squallore (III); la nevicata notturna e la scoperta, al mattino, del paesaggio innevato (IV); l’incontro di Giuseppe con alcuni compaesani che raccolgono informazioni sulla vita degli amici rimasti in America (V). cinque sequenze ben distinte Le sequenze di una vicenda realistica Il tema fondamentale è il : quella dell’immobile provincia agricola toscana e quella della moderna America, che ha sconvolto vita, costumi e lingua degli emigranti. Molly fa fatica a entrare in contatto con un ambiente molto diverso dal suo: non parla italiano, le condizioni di vita del borgo le sembrano – e in effetti sono – misere, il rapporto con la nonna è inizialmente impossibile per la differenza di età, ma soprattutto di lingua, abitudini, cultura e mentalità. Fra i due mondi, insomma, la comunicazione è assai difficile, come si capisce dall’equivoco sorto intorno ai commenti negativi di Molly (che definisce la casa una , un pollaio, , adatta solo ai topi), che la nonna scambia per teneri cinguettii. Eppure nella seconda parte della poesia (qui non antologizzata) la bambina, mentre la sua salute migliora giorno dopo giorno, scopre il telaio della nonna e comincia a trascorrere ore intere con lei, aiutandola nel lavoro. Insomma, saprà riconoscere, come in virtù di un inconscio sentimento di parentela, i luoghi, i volti e gli affetti che gli emigranti conservano nella memoria. rapporto tra due civiltà lontane chicken-house for mice and rats Due mondi lontani  >> pag. 317  L’emigrazione è per Pascoli una realtà dolorosa, un evento lacerante che scardina il «nido » familiare e determina un profondo trauma interiore in quanto separa dalla comunità contadina d’origine, dalla famiglia e da una cultura secolare. Tuttavia il ritorno al «nido» (alla famiglia, ma anche alla patria) può donare agli emigranti, che hanno sofferto le pene della lontananza e dell’esilio, la salute e la serenità perdute: la malattia e la guarigione di Molly vogliono rappresentare proprio questo. In tal senso la trama del poemetto non nasconde, attraverso una vicenda esemplare che permette di assimilarlo a un apologo edificante, il desiderio dell’autore di cimentarsi con una . Quello di Molly-Maria è infatti una sorta di percorso di formazione: la bambina nata in America, dopo l’iniziale disgusto per la povertà della sua famiglia, vi riscopre i suoi stessi valori e la sua stessa identità. Non a caso, ai bambini che le chiederanno se un giorno tornerà in Italia, lei risponderà «Sì», con la prima parola italiana che pronuncia. Il si è così , dall’originario autobiografico ed esistenziale, a quello . poesia sociale dalle chiare valenze ideologiche tema del «nido» dilatato significato sociale e politico Un apologo ideologico Le scelte stilistiche Troviamo nello stile un’ (che hanno il ritmo di un’arcaica saga contadina), l’ della vicenda (nonostante l’autenticità dei toponimi) e una certa (che sembrano rimanere sospesi fra ampie zone di silenzio). Assai originale è soprattutto l’ , ottenuto grazie all’inserzione di vocaboli ed espressioni di diversa matrice: accanto al lessico dialettale ( v. 13; v. 36; v. 58; v. 98) e a tasselli della lingua colta della tradizione ( v. 2; v. 12; v. 15; v. 85; v. 86) e del vocabolario tecnico contadino ( v. 49), Pascoli immette nel linguaggio poetico l’idioma italo-americano, senza però alcun intento caricaturale: non si tratta dell’inglese standard, ma di una variante americana del registro familiare, su cui si innestano gli echi della parlata italiana ( v. 100; v. 113). amplificazione epica delle scene narrative indeterminatezza spazio-temporale frammentazione dei dialoghi incastro plurilinguistico talla, mòlgere, banco, nieva, erta, anella, galla, sbianchir, lazzo, brocche, fuscelli, canapugli, pai con fleva, bisini, Il gergo degli emigranti Ma il plurilinguismo pascoliano non rimanda solo a una scelta di riproduzione del reale di stampo veristico. L’inglese da una parte e l’italiano e il dialetto garfagnino dall’altra simboleggiano infatti due mondi antitetici, con i rispettivi valori, in quanto : la nuova cultura dei figli (cioè delle vittime) dell’emigrazione, che hanno reciso il legame con la propria storia, di contro alla cultura originaria, espressione di una visione del mondo ancora pura e non corrotta dall’industrializzazione e dal capitalismo. In mezzo a questi due poli sta il linguaggio ibrido degli emigranti di prima generazione (Ghita e Beppe), che nell’ostinata resistenza a non perdere del tutto il patrimonio della propria lingua rivelano di non aver abbandonato il desiderio di tornare in patria, tra gli affetti più cari, (v. 125). la lingua è un fattore fondamentale dell’identità di una comunità per rifarsi un nido Il valore affettivo e psicologico del linguaggio Verso le competenze       COMPRENDERE Riassumi il contenuto dei versi antologizzati. 1 ANALIZZARE Riconosci nel testo vocaboli ed espressioni rispettivamente in inglese, italo-americano e dialetto. 2 INTERPRETARE Quali elementi positivi emergono nel racconto dei compaesani di -Beppe reduci dall’America? 3 Ioe