Il secondo Ottocento – L'opera Alcyone T6 La sera fiesolana T7 La pioggia nel pineto T8 Stabat nuda Aestas T9 Nella belletta Tipologia A: Analisi del testo Le stirpi canore Unanimemente considerato il capolavoro di d’Annunzio, rappresenta il punto più alto della sua ricerca letteraria. Il poeta riesce a cogliere, a contatto con il , le più sottili e musicali note della , immergendosi in essa. Il suo sogno di divinizzare l’uomo attraverso i e il si attua traducendo la parola in musica e facendo fluire immagini e impressioni in una rarefatta atmosfera di elegante suggestione. I versi di , liberi dai riferimenti eruditi che caratterizzano altre opere del poeta, segnano un punto di partenza di tutte le esperienze liriche del Novecento italiano, che non potranno prescindere dalle presenti nella raccolta. Alcyone paesaggio estivo natura sensi mito Alcyone innovazioni metriche e linguistiche   Alcyone 1 La struttura dell’opera La vicenda compositiva ed editoriale è il terzo libro del ciclo poetico delle : come gli altri che lo compongono ( p. 363), anche questo prende il nome da una stella delle Pleiadi. Pubblicato nel dicembre del 1903 (ma datato 1904), il volume raccoglie 88 poesie, strutturate come un vero e proprio diario, un e non un insieme di componimenti lirici isolati. La struttura dell’opera è infatti ricca di simmetrie, corrispondenze e continui richiami, che collaborano allo scopo di narrare un’esperienza realmente vissuta, ma trasfigurata in poesia: un’estate trascorsa lungo il litorale toscano, tra il mare e un paesaggio di pini, boschi e monti. L’inizio della stesura delle liriche risale al giugno del 1899, quando d’Annunzio, in compagnia di Eleonora Duse, fa ritorno, dopo un periodo di viaggi, alla quiete della villa , a Settignano. Qui, abbandonando per un momento gli atteggiamenti oratori, egli intende celebrare l’estate nella sua evoluzione, dalla fine della primavera all’apparire dell’autunno. La struttura del libro, diviso in 5 sezioni, segue infatti la parabola della stagione: l’ , corrispondente al mese di giugno (prima sezione); la sua , nei primi giorni di luglio (seconda sezione); il , alla fine di luglio e ai primi di agosto (terza sezione); il , tra la metà di agosto e l’inizio di settembre (quarta sezione); infine, il suo , soppiantata dalla malinconia autunnale (quinta sezione). Oltre a corrispondere ai diversi momenti dell’estate, le sezioni presentano ciascuna una specifica ambientazione e contengono tematiche peculiari, che si legano ai diversi stati d’animo del poeta. Alcyone Laudi ►  libro organico La Capponcina attesa dell’estate esplosione pieno rigoglio culmine dell’estate e i presagi autunnali lento declinare Il diario di un’estate  >> pag. 388  Il libro si apre con un proemio intitolato , nel quale d’Annunzio prende congedo dalla tensione eroico-civile delle opere precedenti, e si chiude con un epilogo, , dedicato a Pascoli; tra una sezione e l’altra, con la funzione di raccordo, sono inseriti inoltre dei componimenti detti ditirambi , preceduti a loro volta da testi con titoli latini tratti da Virgilio e dalle di Ovidio. La presenza costante di tali testi assicura la compattezza ideologica e formale di tutta la raccolta e rappresenta, coerentemente con la loro origine di canti in onore di Dioniso, il , in contrasto con quello più intimo e composto, prevalente nelle altre poesie. La tregua Il commiato ► Metamorfosi momento vitalistico dell’ispirazione Una raccolta unitaria le parole della letteratura Antica forma di poesia lirica corale greca legata al culto di Dioniso, fiorita in età classica (intorno alla metà del VII secolo a.C.). Scritto in metri vari, il ditirambo veniva cantato da un coro che danzava tumultuosamente in cerchio, accompagnato dalla musica del flauto e della cetra. Ditirambo La struttura di Alcyone Sezione Numero di liriche Periodo Temi I 10 giugno attesa dell’estate; lodi della natura II 19 dal 1° all’8 luglio identificazione panica con la natura III 16 fine luglio-metà agosto le metamorfosi nel mito classico IV 26 fine agosto-inizio settembre nostalgia dell’estate declinante V 17 settembre perdita del mito; dolore per la fine dell’estate 2 I temi In questo poema dell’estate, d’Annunzio torna a sviluppare il motivo del panismo, cioè la già presente nelle poesie giovanili. Tale comunione si compie qui in termini mitici, quale completa astrazione da tutto ciò che è umano. Mentre le figure femminili si trasfigurano in ninfe dei boschi, il poeta si spoglia dei residui della civiltà moderna da cui si sente contaminato e recupera un’originaria e profonda dimensione interiore che fa . Egli cioè conosce la gioia istintiva e vitale trasmessa dall’ . Da tale metamorfosi, dal suo fondersi con il mare, i fiumi, la pioggia, gli alberi, il poeta ricava una : impadronendosi attraverso i sensi della segreta e pulsante energia naturale, egli acquista una nuova forza, manifestando così la propria facoltà di oltrepassare i limiti umani nell’unione perfetta con la natura. comunione dell’io con la natura coincidere la sua vita con quella dell’universo immedesimarsi con il Tutto straordinaria ebbrezza Il panismo Solo apparentemente il processo che amalgama il soggetto umano e quello naturale avviene grazie a una disposizione genuina ed elementare, purificata da ogni artificio e immune da sovrastrutture ideologiche. Il mito del superuomo, così come lo abbiamo visto nei romanzi intrisi di torbida sensualità e di eroismo dai toni esasperati, è certamente qui attenuato, tra i silenzi dei boschi, nell’ozio immobile sulla sabbia e sotto la canicola mitigata dalla pioggia estiva. Al tempo stesso, però, il non rinuncia alla propria prerogativa di “ ”, al quale è accordato il con le più profonde fibre del mondo naturale: la fusione tra l’elemento umano e l’elemento naturale rappresenta un evento quasi soprannaturale, capace di collocarlo in una dimensione sovrumana di contatto con la natura, di cui diventa parte integrante. poeta essere superiore privilegio dell’immedesimazione divina Il privilegio del superuomo  >> pag. 389  Questa illusione, tuttavia, non sempre può realizzarsi compiutamente e la comunione con la natura può trasformarsi in un’ . Il tentativo di depurare il proprio mondo interiore e di assaporare pienamente le sensazioni suscitate da ogni aspetto della natura viene infatti frustrato dall’inevitabile , simbolo della consunzione e del rapido trascorrere del tempo. Non a caso, il declino estivo annunciato alla fine della quarta sezione del libro è suggellato miticamente dal ricordo della tragica impresa di Icaro: nel il fallimento della sua ambizione di volare fino al Sole coincide con la disfatta del mito stesso e il conseguente abbandono da parte del poeta di ogni aspirazione agonistica e con un desiderio di inabissarsi per sempre, come l’imprudente eroe, nel profondo del mare. Il sogno di recuperare una dimensione immortale e innocente si scontra dunque con la consapevolezza dell’impossibilità di attuarlo, quando il presagio della fine imminente dell’estate procura un , di malattia e di morte. Ciò non impedisce comunque al rito di compiersi, rinnovando il gioco illusorio e sottile (la «favola bella» a cui d’Annunzio fa allusivamente cenno nella T7, p. 395) che promette, fra la stagione del grano e quella dell’uva, di godere del paesaggio estivo come se fosse una sorta di paradiso terrestre. utopia passaggio dall’estate all’autunno Ditirambo IV senso di stanchezza Pioggia nel pineto, ►  L’illusione estiva Descrivere questo sogno è il compito che d’Annunzio assegna alla propria poesia. Anche tale esperienza è vissuta come uno stato di grazia e come un mezzo per vincere la morte, capace di generare parole e versi figli delle ninfe, scaturiti dal suono delle foreste, dal rumore delle onde e del vento. In tal modo, il poeta ambisce ad assumere il ruolo di interprete di Pan e a esprimere, grazie alla capacità magica della sua parola, l’armonia misteriosa che vive e palpita nell’universo. In questo senso, d’Annunzio ripropone la figura del , che sa comprendere e rivelare il canto segreto (e quindi l’essenza più profonda) della natura. poeta orfico ►  Il cantore orfico la parola Orfico L’aggettivo orfico si riferisce a tutto ciò che è relativo a Orfeo, mitico cantore greco, considerato per tradizione il primo poeta dell’umanità. Dal culto di Orfeo nacque intorno al VI secolo a.C. in Grecia una dottrina religiosa di carattere mistico, l’orfismo, che propugnava la credenza nell’immortalità dell’anima e la necessità di condurre una vita pura. In ambito letterario, è detto “orfico” tutto ciò che allude a una misteriosa iniziazione e che rimanda a qualcosa di esoterico, con riferimento soprattutto a forme di espressione lirica in cui viene esaltato il valore magico dei segni con cui l’ispirazione si esprime. Edward Burne-Jones, , 1868. Collezione privata. Verde estate