Il primo Novecento – L'opera: Il fu Mattia Pascal  T8  La filosofia del lanternino Cap. 13 In questo brano l’autore presenta, attraverso un’altra metafora, la propria concezione dell’individuo nella modernità. Divenuta celebre con il nome di «lanterninosofia», la riflessione di Paleari-Pirandello assume la forma di un vero e proprio ragionamento filosofico, stemperato tuttavia da sottili sfumature umoristiche. Una per cercare la lanterna verità Per consolarmi, il signor Anselmo Paleari mi volle dimostrare con un lungo ragionamento che il bujo era immaginario. «Immaginario? Questo?», gli gridai. «Abbia pazienza mi spiego». E mi svolse (fors’anche perché fossi preparato a gli esperimenti spiritici, che si sarebbero fatti questa volta in camera mia, per procurarmi un divertimento) mi svolse, dico, una sua concezione filosofica, speciosissima, che si potrebbe forse chiamare . Di tratto in tratto, il brav’uomo s’interrompeva per domandarmi: «Dorme, signor Meis?». E io ero tentato di rispondergli: «Sì, grazie, dormo, signor Anselmo». Ma poiché l’intenzione in fondo era buona, di tenermi cioè compagnia, gli rispondevo che mi divertivo invece moltissimo e lo pregavo anzi di seguitare. E il signor Anselmo, seguitando, mi dimostrava che, per nostra disgrazia, noi non siamo come l’albero che vive e non si sente, a cui la terra, il sole, l’aria, la pioggia, il vento, non sembra che sieno cose ch’esso non sia: cose amiche o nocive. A noi uomini, invece, nascendo, è toccato un tristo privilegio: quello di vivere, con la bella illusione che ne risulta: di prendere cioè come una realtà fuori di noi questo nostro interno sentimento della vita, mutabile e vario, secondo i tempi, i casi e la fortuna. E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che projetta tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l’ombra nera, l’ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo pur troppo creder vera, fintanto ch’esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell’Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione? «Dorme, signor Meis?». «Segua, segua pure, signor Anselmo: non dormo. Mi par quasi di vederlo, codesto suo lanternino». «Ah, bene… Ma poiché lei ha l’occhio offeso, non ci addentriamo troppo nella filosofia, eh? e cerchiamo piuttosto d’inseguire per ispasso le lucciole sperdute, che sarebbero i nostri lanternini, nel bujo della sorte umana. Io direi innanzi tutto che son di tanti colori; che ne dice lei? secondo il vetro che ci fornisce l’illusione, 5 1 lanterninosofia 10 15 sentirci 20 25 30 2 35 solo in apparenza ben fondata e coerente, in realtà astrusa e forzatamente complessa. Adriano Meis si è sottoposto a un intervento chirurgico per correggere lo strabismo da cui è affetto. 1 speciosissima: 2 occhio offeso:  >> pag. 623  gran mercantessa, gran mercantessa di vetri colorati. A me sembra però, signor Meis, che in certe età della storia, come in certe stagioni della vita individuale, si potrebbe determinare il predominio d’un dato colore, eh? In ogni età, infatti, si suole stabilire tra gli uomini un certo accordo di sentimenti che dà lume e colore a quei lanternoni che sono i termini astratti: , e che so io… E non le pare che fosse rosso, ad esempio, il lanternone della Virtù pagana? Di color violetto, color deprimente, quello della Virtù cristiana. Il lume d’una idea comune è alimentato dal sentimento collettivo; se questo sentimento però si scinde, rimane sì in piedi la lanterna del termine astratto, ma la fiamma dell’idea vi crepita dentro e vi guizza e vi singhiozza, come suole avvenire in tutti i periodi che son detti di transizione. Non sono poi rare nella storia certe fiere ventate che spengono d’un tratto tutti quei lanternoni. Che piacere! Nell’improvviso bujo, allora è indescrivibile lo scompiglio delle singole lanternine: chi va di qua, chi di là, chi torna indietro, chi si raggira; nessuna più trova la via: si urtano, s’aggregano per un momento in dieci, in venti; ma non possono mettersi d’accordo, e tornano a sparpagliarsi in gran confusione, in furia angosciosa: come le formiche che non trovino più la bocca del formicajo, otturata per ispasso da un bambino crudele. Mi pare, signor Meis, che noi ci troviamo adesso in uno di questi momenti. Gran bujo e gran confusione! Tutti i lanternoni, spenti. A chi dobbiamo rivolgerci? Indietro, forse? Alle lucernette superstiti, a quelle che i grandi morti lasciarono accese su le loro tombe? Ricordo una bella poesia di Niccolò Tommaseo: Ma come, signor Meis, se alla lampa nostra manca l’olio sacro che alimentava quella del Poeta? Molti ancora vanno nelle chiese per provvedere dell’alimento necessario le loro lanternucce. Sono, per lo più, poveri vecchi, povere donne, a cui mentì la vita, e che vanno innanzi, nel bujo dell’esistenza, con quel loro sentimento acceso come una lampadina votiva, cui con trepida cura riparano dal gelido soffio degli ultimi disinganni, ché duri almeno accesa fin là, fino all’orlo fatale, al quale s’affrettano, tenendo gli occhi intenti alla fiamma e pensando di continuo: per non udire i clamori della vita intorno, che suonano ai loro orecchi come tante bestemmie. perché lo vedono loro, non solamente in sé, ma in tutto, anche nella loro miseria, nelle loro sofferenze, che avranno un premio, alla fine. Il fioco, ma placido lume di queste lanternucce desta certo invidia angosciosa in molti di noi; a certi altri, invece, che si credono armati, come tanti Giove, del fulmine domato dalla scienza, e, in luogo di quelle lanternucce, recano in trionfo le lampadine elettriche, ispira una sdegnosa commiserazione. Ma domando io ora, signor Meis: E 40 3 Verità, Virtù, Bellezza, Onore 45 50 55 4         La piccola mia lampa         Non, come sol, risplende, 60    Né, come incendio, fuma;         Non stride e non consuma,         Ma con la cima tende         Al ciel che me la diè.         Starà su me, sepolto, 65    Viva; né pioggia o Vento,         Né in lei le età potranno;         E quei che passeranno         Erranti, a lume spento,         Lo accenderan da me. 70 5 75 “Dio mi vede!” “Dio mi vede…” 80 metafora per indicare le ideologie di una determinata epoca, i sistemi di valori, le visioni del mondo e della vita. poeta, romanziere, saggista, linguista, nonché esponente di spicco del Risorgimento, Tommaseo (1802-1874) è proposto come un autore a cui forse si potrebbe fare riferimento in epoca di crisi. La poesia, dal titolo , è del 1855: in questo caso la lampada è simbolo di una fede religiosa salda, di una fiamma che non può essere spenta. simbolo della certezza inattaccabile della fede religiosa, sopravvissuta soltanto nella pratica devozionale di donne e anziani. 3 lanternoni: 4 Niccolò Tommaseo: La mia lampana 5 olio sacro:  >> pag. 624  se tutto questo bujo, quest’enorme mistero, nel quale indarno i filosofi dapprima specularono, e che ora, pur rinunziando all’indagine di esso, la scienza non esclude, non fosse in fondo che un inganno come un altro, un inganno della nostra mente, una fantasia che non si colora? Se noi finalmente ci persuadessimo che tutto questo mistero non esiste fuori di noi, ma soltanto in noi, e necessariamente, per il famoso privilegio del sentimento che noi abbiamo della vita, del lanternino cioè, di cui le ho finora parlato? Se la morte, insomma, che ci fa tanta paura, non esistesse e fosse soltanto, non l’estinzione della vita, ma il soffio che spegne in noi questo lanternino, lo sciagurato sentimento che noi abbiamo di essa, penoso, pauroso, perché limitato, definito da questo cerchio d’ombra fittizia, oltre il breve àmbito dello scarso lume, che noi, povere lucciole sperdute, ci projettiamo attorno, e in cui la vita nostra rimane come imprigionata, come esclusa per alcun tempo dalla vita universale, eterna, nella quale ci sembra che dovremo un giorno rientrare, mentre già ci siamo e sempre vi rimarremo, ma senza più questo sentimento d’esilio che ci angoscia? Il limite è illusorio, è relativo al poco lume nostro, della nostra individualità: nella realtà della natura non esiste. Noi, – non so se questo possa farle piacere – noi abbiamo sempre vissuto e sempre vivremo con l’universo; anche ora, in questa forma nostra, partecipiamo a tutte le manifestazioni dell’universo, ma non lo sappiamo, non lo vediamo, perché purtroppo questo maledetto lumicino piagnucoloso ci fa vedere soltanto quel poco a cui esso arriva; e ce lo facesse vedere almeno com’esso è in realtà! Ma nossignore: ce lo colora a modo suo, e ci fa vedere certe cose, che noi dobbiamo veramente lamentare, perbacco, che forse in un’altra forma d’esistenza non avremo più una bocca per poterne fare le matte risate. Risate, signor Meis, di tutte le vane, stupide afflizioni che esso ci ha procurate, di tutte le ombre, di tutti i fantasmi ambiziosi e strani che ci fece sorgere innanzi e intorno, della paura che c’ispirò!». 6 85 90 95 100 105 invano. 6 indarno: Dentro il testo       I contenuti tematici Tutta la (r. 7) concezione filosofica esposta da Anselmo Paleari (nella voce del quale si percepisce quella dello stesso autore) è costruita intorno a una metafora* visiva semplicissima, quella di un lanternino che rappresenta l’io individuale. Mentre le piante, gli animali e gli altri elementi della natura vivono senza consapevolezza ( , r. 16), , unico tra i viventi, : (rr. 21-22). A differenza dell’albero che vive nel buio, cioè all’oscuro di ogni consapevolezza della propria condizione, l’essere umano osserva il mondo attraverso i vetrini colorati di questa lanterna, proiettando intorno a sé un cerchio di luce limitato e dai contorni sfumati. Come un fascio di luce che investe un personaggio sul palcoscenico, il lanternino circoscrive una ristretta zona d’azione entro la quale vivere e pensare. L’uomo dimentica, tuttavia, che il cerchio della sua esistenza individuale in realtà non esiste: esso non è un dato oggettivo, ma una proiezione soggettiva dei propri ideali, delle fantasie e dei desideri custoditi in quella lanterna colorata; in altre parole, è frutto di un relativismo “metafisico”. Di conseguenza, anche l’ombra che dilaga al di là del cerchio di luce è un’illusione fittizia, che esiste soltanto fino a quando teniamo acceso il nostro lanternino. speciosissima vive e non si sente l’essere umano è condannato a “sentirsi vivere” E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso Il lanternino  >> pag. 625  Se è vero che ciascuno di noi proietta intorno a sé una luce di un colore particolare (ed ecco, accanto al relativismo di cui si è già detto, anche un relativismo della morale e del pensiero), in ogni epoca certe tonalità prevalgono sulle altre. Anselmo Paleari le chiama (r. 41), e si riferisce alle grandi astrazioni del pensiero e della morale (Verità, Virtù, Bellezza, Onore, , rr. 41-42), alle grandi ideologie e ai sistemi di valori che dominano in un certo periodo storico. Ne cita due in particolare, quello di colore rosso della virtù pagana e quello violetto ( , r. 43) della fede cristiana. La luce collettiva dei assicura agli individui un orizzonte di riferimento, un insieme di valori codificati cui fare affidamento; ma quando essa si spegne, le piccole luci colorate dei singoli uomini brulicano caotiche nello scompiglio generale ( , rr. 49-50). Noi – dice Paleari – viviamo proprio in una di queste epoche di , privi di un lanternone collettivo cui guardare: l’ si aggira nell’oscurità. Qualcuno si rivolge alla fede, qualcun altro alla scienza, tutti – sbagliando – si affannano a cercare una luce che dissipi le tenebre, non riconoscendo una verità fondamentale, ossia che (rr. 86-87). lanternoni e che so io… color deprimente lanternoni chi va di qua, chi di là, chi torna indietro, chi si raggira; nessuna più trova la via angosciante disorientamento uomo moderno spaesato tutto questo mistero non esiste fuori di noi Una descrizione della modernità Le scelte stilistiche Pirandello espone la sua visione del mondo e tocca i punti più profondi della sua concezione dell’esistenza con il dell’intrattenimento ( , rr. 30-32). La stessa scelta di chiamare (r. 8) una teoria filosofica ha lo scopo di lasciare il lettore perplesso: il termine ironico e quasi buffo fa intendere che si tratti di uno scherzo, del vaneggiamento di un folle in cerca di un contatto con l’aldilà (tutto il discorso di Anselmo Paleari è, in prima istanza, rivolto a trovare un saldo ancoraggio ai suoi esperimenti spiritici). In realtà, l’obiettivo dell’autore – riflettere sulla condizione dell’essere umano nell’universo e sui rapporti tra individui e sistemi di valori – è tutt’altro che banale, ma è ottenuto ancora una volta con un procedimento umoristico, che all’iniziale comicità (l’«avvertimento del contrario»: una filosofia seria non dovrebbe avere un nome ridicolo) », una riflessione meditata e amara. tono in apparenza leggero «Dorme, signor Meis?». «Segua, segua pure, signor Anselmo: non dormo. Mi par quasi di vederlo, codesto suo lanternino» lanterninosofia fa subentrare il «sentimento del contrario Profondità e leggerezza Verso le competenze       COMPRENDERE In che cosa si differenzia la vita degli elementi naturali (terra, sole, aria, pioggia, vento) da quella dell’essere umano? 1 Con quale atteggiamento e per quali motivi e vanno nelle chiese per (r. 72)? Che cosa significa mettere olio in queste lanterne? 2 poveri vecchi povere donne alimentare le loro lanternucce ANALIZZARE Rintraccia nel testo alcune battute sarcastiche con cui Mattia commenta il discorso del signor Paleari, dimostrando una sostanziale estraneità agli argomenti trattati. 3 Come viene descritta la caotica confusione dei lanternini quando si spegne il (rr. 43-44)? 4 lume d’una idea comune INTERPRETARE Perché, secondo Anselmo Paleari, non ha senso temere la morte? Come si collega questo tema a quelli del vitalismo e del conflitto tra «vita» e «forma»? 5