Il primo Novecento La stragrande maggioranza degli intellettuali, invece, da posizioni ideologiche anche molto diverse tra loro, si mobilita nell esaltazione della guerra, invocando l inevitabile massacro come una purificazione del vecchio mondo, un lavacro di sangue che travolga ingiustizie e ipocrisie per lasciare spazio a una giovane civiltà, fondata sulla giustizia e sulla libertà. Per quanto oggi tale visione possa sembrarci assurda, ne troviamo conferma per esempio nelle parole del grande romanziere tedesco Thomas Mann (18751955), il quale scriverà: «Come si infiammarono subito i cuori dei poeti quando ci fu la guerra [ ] quale senso di purificazione, di liberazione, di immane speranza ci pervase allora! Ecco, di questo parlavano i poeti, solo di questo . 2 La guerra-farmaco La spasmodica attesa della guerra Nel nostro paese la fine dell età giolittiana è punteggiata dalle speranze dell imminente ritorno di un altra guerra, dopo la conquista della Libia. Incoraggiati dall esito vittorioso dell impresa, molti scrittori italiani si lanciano negli auspici di un «caldo bagno di sangue nero (Giovanni Papini) e in eccitati annunci di un epoca nuova inaugurata dalla bellezza delle armi («Salute al nuovo mondo! , grida Giuseppe Prezzolini dalle colonne della rivista La Voce nel 1914). D altronde abbiamo già visto come nel Manifesto di fondazione del Futurismo (1909; p. 717) la guerra sia stata esaltata in quanto «sola igiene del mondo e come perfino poeti insospettabili non abbiano resistito alla tentazione di applaudire all impresa coloniale italiana: è stato il caso del mite Giovanni Pascoli che nel 1911 ha scritto il celebre discorso La grande proletaria si mossa. L impresa libica come prova generale Proprio l esperienza libica costituisce, per molti versi, l antefatto o il banco di prova della retorica nazionalista che si accende di lì a poco durante la campagna interventista. In quell occasione è soprattutto Gabriele d Annunzio a farsi promotore di un rilancio in grande stile dei miti della grandezza italiana, dalla romanità al Risorgimento, in un trionfo di parole d ordine che infiammano l immaginazione e il desiderio di riscatto della borghesia italiana. La guerra come antidoto alla democrazia e al materialismo Invitando il popolo italiano alla «fratellanza latina con la Francia contro il barbaro tedesco , d Annunzio inaugura il proprio incendiario programma di comizi nel cosiddetto maggio radioso del 1915. Che cosa celebrano il poeta e i suoi seguaci? In che modo persuadono l opinione pubblica della necessità della guerra? Per rispondere, possiamo servirci della definizione data dallo storico Mario Isnenghi, che spiega il coinvolgimento delle masse parlando della guerra come «farmaco . Farmaco contro che cosa? Innanzitutto contro il trasformismo parlamentare, contro la timorosa democrazia, contro il socialismo livellatore e il materialismo, che ne rappresenterebbe il fulcro ideologico. La guerra conferirebbe all individuo una morale spirituale, attraverso la quale gli interessi personali vengono sottomessi al bene collettivo della nazione. La guerra come selezione per un rinnovamento Inoltre, secondo molti autori la guerra svolge una benefica funzione selettiva: eliminando la parte inutile dell umanità, quella fiacca e vile, e lasciando campo libero ai migliori, essa risolve il problema del sovrappopolamento del mondo e può dunque sfociare come scrive Papini nel numero del 1° ottobre 1914 della rivista Lacerba in una sorta di alba rigeneratrice e in una macabra palingenesi, una rinascita, cioè, grazie alla quale si potrà realizzare un miglioramento della specie. 780