1. Le costruzioni culturali della persona 1.1 La nascita biologica e la nascita sociale Nella sua prima definizione antropologica, come abbiamo visto , p. 18  , la cultura è «acquisita dall’uomo in quanto membro di una società» attraverso dispositivi di : in ogni società, infatti, i contenuti culturali specifici (le conoscenze, le credenze, l’arte, i costumi e così via) si acquisiscono grazie a una complessa rete di interazioni sociali fra gli individui. Ciò è confermato anche dalle neuroscienze, secondo cui lo sviluppo delle connessioni neurali fra le cellule del cervello avviene in gran parte dopo la nascita, proprio in funzione delle interazioni con gli altri: l’essere umano è un animale sociale. |  ▶  unità 1 | inculturazione Per il filosofo e sociologo (1864-1920), l’uomo si trova sospeso in una ragnatela di significati che egli stesso ha intessuto, e può vivere solo grazie a questa sottile e preziosissima tela fatta di fili che lo collegano costantemente agli altri e a ogni elemento dell’ambiente circostante. Come ci ricorda , il è essenzialmente un , per cui «il pensare non consiste in avvenimenti nella testa, sebbene l’attività cerebrale sia indispensabile perché il pensare abbia luogo, il suo habitat naturale è il cortile di casa, il mercato e la piazza principale della città», laddove si stabilisce «un traffico di simboli significativi». Max Weber Clifford Geertz pensiero umano fatto sociale Inoltre, ricordiamo che numerose ricerche antropologiche e archeologiche sulla umana dimostrano che i processi di socializzazione, di acquisizione culturale, sono indispensabili a causa dell’ degli esseri umani: la cultura, durante i milioni di anni dell’evoluzione umana, costruisce e completa l’essere umano , p. 20  . filogenesi incompletezza di base |  unità 1 ▶  | Dal punto di vista antropologico, il è dunque un processo complesso in cui si possono distinguere due aspetti fondamentali e simultanei: nascere un (naturale), che produce organismi biologici; processo biologico un (culturale), che produce esseri “umani”. processo sociale L’essere umano è con tutta evidenza un organismo biologico, ma in virtù dei processi di apprendimento che iniziano sin dai primi istanti di vita, è soprattutto una ; è un . Si impara a far coincidere l’umanità con certi cibi, con certe posture e con certe etichette di comportamento; con certe forme igieniche; con specifiche maniere di curare il proprio corpo e di abbigliarsi; con certe idee morali e religiose; con determinati modi di pensare e di sentire. costruzione sociale prodotto storico frutto del completamento con forme locali di cultura in India, quando un ragazzo raggiunge l’“età della ragione” viene introdotto nella comunità degli adulti con il dell’ . Il termine, di difficile traduzione, contiene l’idea di “guidare”, “condurre qualcuno verso qualcosa”, di introdurlo in un mondo nuovo. Chi per qualche ragione non sia stato sottoposto a questo processo di socializzazione viene di fatto escluso dalla comunità alla quale appartiene la sua famiglia, e non può sposarsi né prendere parte a celebrazioni religiose. L’aspetto essenziale è che l’ rappresenta un’ . I    affermano che il celebrante diventa “incinto” del giovane su cui compie il rito, e nel momento culminante lo “mette al mondo”. Inoltre, la fascia di tessuto bianco senza cuciture che indossa il giovane durante la cerimonia, una volta spogliato, rappresenta la placenta: indica il preciso momento in cui simbolicamente il ragazzo viene posto all’interno del ventre del suo istruttore. Come sostiene lo storico delle francese (1926-1997), prima di ricevere il sacramento, nell’ , il ragazzo non aveva alcun ruolo all’interno della sua famiglia: viveva con le donne, nessuno lo conosceva per nome e, come dicono i testi, «si trastullava spensierato, senza nessun dovere». Attraverso l’ viene adottato dai maschi adulti, che gli insegneranno le regole di comportamento per stare nel mondo. Letteralmente egli nasce una seconda volta; alla si salda la e solo allora riceve il nome di : “ ”. Esempio: rito upanayana upanayana autentica nascita ▶ testi vedici religioni Jeanne Varenne upanayana upanayana nascita biologica nascita sociale dvi-ja due volte nato Tutte le società hanno sempre dedicato una grande attenzione culturale alla nascita, che è sottoposta in ogni cultura a un’intensa opera di : è interpretata, celebrata, narrata e ritualizzata. Il nascere è il rito di passaggio più importante e delicato, anche più del morire, perché a questo momento particolare è connessa la . La procreazione è infatti un nodo essenziale della sopravvivenza e dello sviluppo della comunità. plasmazione simbolica continuità della famiglia : sono i Veda, antichissima raccolta di testi sacri, scritti in sanscrito probabilmente tra la fine del terzo millennio e l’ottavo secolo a.C., che costituiscono un’opera centrale dell’Induismo. Vengono chiamati anche  : “ciò che è udito”, poiché si ritiene siano stati rivelati. testi vedici Shruti Weber paragona la vita umana alla tela di un ragno, i cui fili collegano in maniera costante un individuo agli altri e all’ambiente che lo circonda in un fitto intreccio di significati. per immagini Le fasi lunari L’antropologo italiano Piercarlo Grimaldi (n. 1945) ha condotto una sistematica ricerca sul territorio piemontese riguardante la tradizione del nascere: con l’efficace espressione di “levatrice lunare”, Grimaldi mostra come la luna sia il principale orologio del mondo contadino. Il calendario tradizionale è scandito dalla luna, che predice la nuova annata agraria e indica i tempi produttivi della cascina. La luna governa i ritmi vitali dell’uomo: osservando le sue varie fasi, egli affronta i grandi momenti della vita, come appunto la nascita. La luna presiede alla fecondità della donna. Questo sapere, che oggi è un labile frammento appartenente alla memoria delle generazioni più anziane, era in passato un patrimonio collettivo delle donne: contavano il tempo della gravidanza in lune e non in mesi e prevedevano la data precisa del parto in uno specifico quarto lunare che, secondo molti, dipendeva dal quello del concepimento.  >> pagina 103  1.2 Come crescere La famiglia è il primo nucleo sociale in cui si nasce e si comincia a crescere: si imparano i primi modelli di comportamento, si fanno le prime esperienze affettive; in altre parole, ci si forma. Vedremo che esistono e che la composizione del nucleo familiare può essere molto diversa fra le varie società , p. 281  . molti tipi differenti di famiglia |  unità 7 ▶  | tra i Fore della Nuova Guinea, una comunità di cacciatori orticoltori, abituati a spostarsi su ampie zone di territorio, i bambini piangono raramente, giocano senza farsi male con i coltelli, le accette e con il fuoco. Presso questo popolo gli antropologi hanno osservato un modello di crescita improntato a una grande libertà individuale con relazioni cooperative. I più piccoli restano in quasi continuo con la mamma e i suoi familiari o con le sue compagne di lavoro nell’orto. Fra genitori e figli vi è una continua comunicazione tattile in un modello educativo definito . Esempio: contatto corporeo sociosensuale i gruppi inuit del Canada educano alla non-aggressività facendo crescere i figli secondo i valori di e . Dire che una persona ha equivale a dire che è un inuit pienamente socializzato, che ha maturità e umanità, che ha imparato a comportarsi in modo adeguato. è invece il valore della bontà. Quasi tutte le qualità negative, in particolare l’ostilità e l’aggressività, sono in opposizione al . Fra gli Inuit si dice: «Il tale è arrabbiato, non sente ». definisce anche il comportamento più ragionevole. È chiaro che i due concetti/valori sono strettamente legati: la capacità di comportarsi secondo deriva dal possesso di , che si apprende crescendo. Esempio: ihuma naklik ihuma Naklik naklik naklik Naklik naklik ihuma L’antropologa americana (1887-1948) ha evidenziato come l’integrazione dei tratti culturali di una comunità sia il risultato di un : la produzione e la trasmissione di un , una volta interiorizzato, formano le personalità dei membri di una società. Nelle sue ricerche su alcune popolazioni native americane degli Stati Uniti, Benedict ha sostenuto che i Pueblo del Sud-Ovest manifestano un tipo psicologico che si può chiamare , fondato cioè sul controllo rigoroso delle emozioni, mentre invece i nativi delle Grandi Pianure del Nord (Dakota, Wyoming, Nebraska e così via) si formano su un , in cui si ha la manifestazione pubblica e spesso estrema dei sentimenti e delle passioni, soprattutto quelli legati alla guerra e alla competizione. Ruth Benedict processo di modellizzazione sociale modello culturale di pensiero e di azione modello apollineo modello dionisiaco L’antropologa americana si è concentrata sui processi di socializzazione per comprendere l’influenza esercitata dalla cultura sull’individuo e le attraverso cui egli si adatta ai valori della società. Mead ha confrontato le caratteristiche psicologiche dell’infanzia e dell’adolescenza nella società statunitense e in quelle di Samoa e della Nuova Guinea, ed è giunta a riconoscere, per esempio, come i ma il prodotto di una particolare configurazione culturale. Margaret Mead |  L’AUTrice | ▶  modalità di apprendimento conflitti psicologici della pubertà non siano un tratto universale Le ricerche di Mead e Benedict hanno messo in luce che e che queste modalità di educazione, di accompagnare i bambini nella crescita, determinano la formazione di personalità individuali diversamente strutturate. a valori culturali diversi corrispondono differenti strategie educative ⇒ |  T1 p. 128 Educare alla non aggressività Il primo ambito in cui un individuo comincia ad apprendere la cultura della propria società è quello familiare: la famiglia, infatti, trasmette ai nuovi arrivati, fin dalla nascita, i propri valori attraverso modalità educative ritenute adatte. Nell’immagine una madre inuit con la sua bambina, in Canada.   l’autrice Margaret Mead Margaret Mead (1901-1978) è stata un’importante antropologa statunitense. Si laurea in psicologia e poi consegue il dottorato in antropologia all’università della Columbia. Nel 1925 parte per le isole Samoa dove svolge il suo primo lavoro etnografico, i cui risultati vengono pubblicati nel suo libro più celebre,   (1928). Nel 1929 parte per l’isola di Manus in Nuova Guinea, dove studia lo sviluppo dei bambini più piccoli e il modo in cui vengono plasmati dalla società adulta. Queste sue ricerche smentiscono le idee dell’epoca che i popoli “primitivi” fossero “come dei bambini”. È stata la prima antropologa a guardare allo sviluppo umano in una prospettiva interculturale e a dimostrare che le diverse fasi di sviluppo e le relazioni tra di esse devono essere studiate in ogni cultura. Ha dimostrato inoltre che i ruoli di genere differiscono da una società all’altra, a seconda almeno tanto della cultura quanto della biologia. Nel 1958 riceve la cattedra di antropologia alla   e all’università della Columbia, dopo un periodo da curatrice di etnologia del Museo di Storia Naturale americano iniziato nel 1946. Muore a New York nel 1978. L’adolescente in una società primitiva New School Nasce a Philadelfia, Stati Uniti 1901 Parte per la sua ricerca etnografica nelle isole Samoa 1925 Pubblica 1928 L’adolescente in una società primitiva Diventa curatrice di etnologia del Museo di Storia Naturale americano 1946 Insegna antropologia alla e all’università della Columbia 1958 New School Muore a New York 1978  >> pagina 105  1.3 I riti di iniziazione I processi di inculturazione più importanti nelle società extraeuropee studiate dagli antropologi sono i    . Si tratta di particolari  , nei quali la comunità guida i giovani, ragazze e ragazzi nell’età fertile, nel delicatissimo passaggio trasformativo dallo stato di adolescente a quello di giovane adulto, e da questo, a quello di padre e madre di famiglia, come avviene anche oggi per esempio in Africa nella regione dei Grandi Laghi, fra Congo e Tanzania. ▶ riti di iniziazione ▶ riti di passaggio Come ha evidenziato l’antropologo francese (1873-1957) nel suo celebre volume (1909), il processo rituale riguarda il , che presso molti popoli avviene in concomitanza con la . I ragazzi, i maschi in maniera diversa dalle femmine, che spesso hanno propri percorsi iniziatici, attraverso il rito vengono ammessi a far parte della società adulta, godendo dei diritti connessi a tale status, soprattutto quelli relativi al , alle attività politiche e religiose. Arnold Van Gennep I riti di passaggio conseguimento della maturità sociale pubertà matrimonio Come vedremo parlando della ritualità di passaggio e dei sistemi di credenze , p. 412  , secondo Van Gennep i riti di iniziazione si articolano in tre fasi: |  unità 9 ▶  | la , in cui il ragazzo (o la ragazza) viene separato dalla famiglia o dal gruppo di appartenenza e allontanato dal villaggio, condotto nella foresta o posto in particolari abitazioni destinate esclusivamente a questo scopo; separazione il periodo di , in cui avviene la , con o senza segni esteriori, come le mutilazioni, di cui la più comune è la circoncisione, e con varie prove e istruzioni riguardanti le tradizioni e le norme proprie della comunità di cui entra a far parte; i , per puntura o per    , che spesso rientrano fra gli interventi estetici sul corpo per decorare e abbellire la pelle, hanno anche un ruolo importante nelle iniziazioni puberali mediante un uso culturalmente controllato del dolore; margine trasformazione dell’individuo ▶  tatuaggi ▶ scarificazione l’ alla comunità, in cui il neoiniziato si sottomette a pratiche purificatorie, osserva il silenzio o il digiuno, e spesso assume un nuovo nome. aggregazione Nella maggior parte dei casi, il rito di iniziazione ha , interessa cioè tutti gli individui che abbiano raggiunto l’età idonea. Ciò avviene nei , in cui tutti i ragazzi raggruppati in una stessa “generazione”, non importa se aventi o no la stessa età anagrafica, affrontano contemporaneamente il rito che conferisce loro la maturità sociale; è solo in seguito a tale evento che la maturità fisiologica, già raggiunta o magari ancora da raggiungere, viene riconosciuta sul piano culturale. carattere collettivo sistemi di classi d’età Come ha osservato Van Gennep, spesso i riti di iniziazione nella loro funzione trasformativa assumono le forme simboliche di una . morte seguita da una rinascita : riti di passaggio che sanciscono il raggiungimento della maturità sociale, oppure l’ingresso in un gruppo chiuso, o ancora l’entrata in un percorso iniziatico individuale. Spesso il corpo porta i segni dell’avvenuto cambio di status. riti di iniziazione : riti che legittimano pubblicamente il passaggio di un individuo da una condizione sociale o spirituale a un’altra, e sono per esempio i battesimi, i matrimoni, i funerali, l’entrare a far parte di un ordine religioso, e così via. riti di passaggio : forma di ornamento corporeo permanente, che in alcuni contesti serve a rappresentare le gerarchie sociali o a segnare l’appartenenza a un gruppo. Il termine deriva dal vocabolo tahitiano tatu, che significa “decorare la pelle”. tatuaggio : tecnica di ornamento corporeo consistente nell’incisione superficiale della pelle; spesso associata ai riti di iniziazione. scarificazione I riti di iniziazione segnano il passaggio dell’individuo verso la maturità e sono generalmente di natura collettiva, per cui tutti coloro che hanno raggiunto l’età per cambiare status sociale – non in senso anagrafico ma culturale – partecipano alla medesima cerimonia. Nell’immagine un gruppo di ragazzi degli Xhosa, in Sudafrica, durante il loro rito di circoncisione.  >> pagina 106  L’esempio dei Banande Un rito di iniziazione fra i più interessanti è quello della società Banande del Congo, in Africa centrale. I Banande sono una popolazione di coltivatori bantu stanziata nel Kivu settentrionale, sul lago Edoardo, studiata in Italia dall’antropologo (n. 1943). Essi si definiscono , cioè “abbattitori di alberi”, perché ricavano gli spazi domestici ( ) dei loro villaggi, che si presentano geometrici, puliti e ben curati, in prossimità di un bananeto ( ), . Francesco Remotti abakondi eka esyomboko tagliando la boscaglia L’impegno e l’abilità nel tagliare gli alberi sono aspetti che li rendono differenti, nella percezione locale, dai gruppi vicini, come i Bapére o i Babìla, chiamati , “fannulloni”, perché non si occupano di ripulire il territorio dalla boscaglia che cresce in modo disordinato. Il termine deriva dal verbo , ossia “tagliare” in senso fisico. La forma di vita nande è un : letteralmente un “tagliare il mondo”. I Banande tagliano la foresta circostante per sostituirvi campi, sentieri, bananeti, villaggi: . Il gesto del taglio civilizza, in quanto si fonda sulla scelta: selezionando questo modo per diventare uomini, essi tagliano via tutte le altre possibilità; quella di diventare pigmei, di diventare babìla, di diventare europei. Come ricorda Geertz, tutti noi nasciamo con la potenzialità di vivere mille vite diverse, ma finiamo per viverne soltanto una. ngata abakondi eri-konda eritwa ekihugo dalla natura informe passano alla civilizzazione Il rito di iniziazione maschile nande si chiama ed è connesso con il senso profondo che il taglio ha per questa cultura. La cerimonia prevede un allontanamento dei ragazzi dal villaggio e il taglio del prepuzio con una piccola incisione. Vi è anche un parallelo rituale di iniziazione femminile, chiamato , che si svolge quando una ragazza rimane incinta per la prima volta. olusumba erihinga Per dare inizio alla cerimonia di iniziazione, quando i ragazzi accompagnati dagli adulti si apprestano a lasciare il villaggio per inoltrarsi nella boscaglia dove si compirà il rito, la comunità intona un canto su cui è importante riflettere brevemente. O dio dei nostri antenati Katonda in una casa, in una famiglia, in un villaggio, un uomo, che cos’è? Noi chiediamo il vostro ritmo, il ritmo degli iniziati e voi gli antenati dei nostri genitori ecco i nostri figli: essi arrivano da ogni dove confondono ancora le radici e le foglie dell’albero. Che il nostro viaggio sia la vostra iniziazione [...] che il nostro viaggio generi degli uomini . o dio Katonda, insegnaci ad abitare queste colline F. Remotti, , Il Segnalibro, Torino 1993, vol. 3, p. 63 Etnografia Nande I Banande affermano esplicitamente il proposito « », proprio perché gli “uomini”, gli esseri umani, non sono un prodotto biologico dato in natura, ma una complessa costruzione culturale. I Banande ne sono pienamente consapevoli e hanno la percezione dell’ di questa operazione: del fatto che forse si stanno sbagliando, che forse è possibile e giusto fare anche scelte diverse. Lo esprimono chiaramente con la strofa centrale del canto, in cui viene formulata e lasciata temporaneamente in sospeso la domanda: « », e poi con il verso finale rivolto al dio Katonda, che evidenzia la consapevolezza dello scopo di ogni atto culturale: « ». che il nostro viaggio generi uomini estrema delicatezza in una casa, in una famiglia, in un villaggio, un uomo che cos’è? insegnaci ad abitare queste colline Il filosofo francese (1905-1980), nel suo (1946), inconsapevolmente ma in piena sintonia con la comunità nande, ha espresso con particolare incisività la stessa consapevolezza sulla natura profonda degli esseri umani: «L’uomo si presenta come una scelta da fare. [...] L’uomo si fa; non è qualcosa di bell’e fatto in partenza». E questa costruzione dell’umanità è sempre relazionale: «Per ottenere una verità qualunque sul mio conto, bisogna che la ricavi dall’ . L’ è indispensabile alla mia esistenza, così come alla conoscenza che io ho di me. [...] L’uomo, senza appoggio né aiuto, è condannato in ogni momento a inventare l’uomo». Jean Paul Sartre L’esistenzialismo è un umanismo altro altro Siamo invece educati a vivere la vita, le passioni, i dolori con emozioni diverse, a organizzare in modo differente il comportamento fra gli individui, mediante schemi categoriali che “tagliano” in maniera diversa la realtà. Le possibilità escluse, le altre forme di umanità, o alcune caratteristiche specifiche dell’“umanità degli altri”, vengono esplicitamente proibite, tabuizzate, , considerate talvolta dichiaratamente disumane. ritenute innaturali Popolazione banande, presso le foreste del Congo, in Africa centrale.  >> pagina 108  1.4 L’antropopoiesi Il termine    è stato coniato dall’antropologo e fa riferimento alla “costruzione dell’essere umano”, che comincia sin dalle prime fasi della nascita e procede con la crescita. Con questo termine si intende quell’insieme di processi inculturativi, comprendenti tutte le modalità di apprendimento e di educazione, anche molto diverse da cultura a cultura, che le quattro sfere principali dell’essere umano: ⇒ antropopoiesi Franceso Remotti costruiscono la sfera : idee, concetti, categorie secondo cui le varie culture osservano, pensano e classificano la realtà; intellettuale la sfera : emozioni e sentimenti secondo cui si vivono la vita, le passioni, i dolori; emotiva la sfera : valori, regole, modelli di comportamento secondo cui le culture umane organizzano i rapporti fra gli individui e le norme etiche del bene e del male; morale la sfera : criteri di bellezza, gusto, arte secondo cui si perseguono fini estetici. estetica Non basta dunque la nascita biologica per diventare compiutamente esseri umani: è indispensabile che sin dai primi istanti di vita si attivi una progressiva , cioè che avvenga una costante e quotidiana opera di costruzione dell’essere umano mediante le relazioni con gli altri, a partire dal primo abbraccio della mamma con il neonato. Come afferma Geertz, si diventa esseri umani acquisendo piano piano «modelli culturali, sistemi di significato creati storicamente, nei cui termini noi diamo forma, ordine, scopo e direzione alla nostra vita». E i modelli culturali coinvolti non sono generali ma . nascita sociale specifici Ma questi modelli non operano meccanicamente e rigidamente, come un software che si carica in un hardware per farlo funzionare, perché gli esseri umani mantengono una , ossia la capacità che permette loro di ripensare e trasformare in maniera autonoma ciò che apprendono culturalmente, senza essere dei semplici “ricevitori” passivi. agency individuale I dispositivi sociali che costruiscono e trasmettono queste costellazioni di valori, di norme di comportamento, di principi etici, sono , , in ogni ambito: familiare, scolastico, lavorativo. L’antropologo francese naturalizzato britannico (n. 1939) ha efficacemente espresso l’idea che gli esseri umani completano se stessi apprendendo da un . La plasmazione culturale degli individui agisce anche sull’immaginazione visiva, sulle capacità cognitive sensoriali, sulle valutazioni, sui ricordi di sensazioni: come scrive Bloch, la vita in una società è appresa quando da bambini si seguono altri bambini per cercare lamponi nel bosco, quando si cucina con le risorse del focolare, quando si osserva il passo pesante di un nonno. processi di interazione sociale quotidiana pervasivi e costanti Maurice Bloch vasto arco di esperienze concrete   Video – Cultura e modelli culturali radici delle parole termine che deriva dal greco, composto dall’unione del sostantivo  , “uomo”, e del verbo greco  , che significa “fare”, “creare”; è stato introdotto da Francesco Remotti in riferimento ai processi di “costruzione” degli esseri umani attraverso l’introiezione di specifici modelli culturali, appresi tramite l’educazione e l’interazione sociale. antropopoiesi: ánthropos poiéin cittadini responsabili Il diritto all’istruzione In un rapporto dell’Unesco del 2017 si è evidenziato che nel mondo 54 milioni di bambini (tra i 6 e gli 11 anni) non ricevono un’istruzione primaria. Di questi, il 43% non è mai stato a scuola, il 23% è stato costretto ad abbandonare gli studi, e il 34% va a scuola più tardi rispetto all’età prevista. In Italia, per esempio, la legge prevede che ogni bambino riceva necessariamente un’istruzione. L’articolo 30 della Costituzione dice infatti: È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. Ciò significa che in caso i genitori non riescano a provvedere all’educazione dei figli, lo Stato darà un aiuto affinché possano ricevere un’istruzione e un’educazione adeguate. È importante però riconoscere che vi sono alcune situazioni nel mondo per cui l’istruzione non è garantita e dove andare a scuola può essere addirittura rischioso per la vita. Un esempio è la storia dell’attivista pakistana Malala Yousafzai. Nel 2012 Malala aveva 15 anni e aveva già raggiunto una fama internazionale per i suoi racconti sulla vita sotto la dittatura dei talebani nella valle dello Swat nel Nord del Pakistan. Il Pakistan è un paese democratico e l’Islam stesso, la religione di Stato, afferma che dare un’istruzione a un bambino è un preciso dovere. I talebani al contrario condannavano l’istruzione, soprattutto delle donne, e hanno bombardato una serie di scuole proprio per trasmettere questa ideologia fondamentalista. Malala e altri bambini hanno comunque continuato ad andare a scuola, per combattere i talebani «con i libri e con le penne». Per queste sue idee, un giorno all’uscita da scuola, Malala ha ricevuto un colpo alla fronte da un gruppo di talebani armati. Sopravvissuta, ha continuato a battersi per i diritti all’istruzione di tutti, soprattutto delle donne. Malala Yousafzai, giovane attivista pakistana, conosciuta per la sua lotta a favore del diritto allo studio. Lavoriamo INSIEME   Provate a svolgere un’intervista ai vostri genitori, nonni, zii o amici che abbiano almeno cinquant’anni. Chiedete loro informazioni sugli anni scolastici. Come andavano a scuola? Quante classi hanno frequentato? C’è qualcuno tra loro che si è fermato/a alle elementari o alle medie? Quanto era importante andare a scuola? Sono stati fatti dei sacrifici per poterli fare studiare? Dividetevi ora in gruppi, confrontando tra loro le vostre interviste. Che cosa notate di simile o di diverso dalla situazione in cui siete voi ora? Infine, cercate su Internet informazioni legate alla storia dell’istruzione in Italia e/o nei vostri paesi d’origine. Come veniva valutata l’istruzione allora e come viene valutata ora? Perché secondo voi è importante ricevere un’istruzione e perché deve essere un diritto per tutti/e? 1.5 La tecnica del corpo, l’habitus e l’ embodiment Ogni pratica educativa, formativa o inculturativa, agisce direttamente sul nostro corpo. Per comprendere i processi di acquisizione della cultura è dunque indispensabile affrontare il tema della corporeità. L’antropologo francese ha dato un contributo molto importante su questo tema con il suo (1936). Egli parte da un’attenta osservazione di alcune pratiche quotidiane come per esempio il nuoto: un tempo, egli scrive, si insegnava a tuffarsi solo dopo aver imparato a nuotare. Nel tuffo si chiedeva di chiudere gli occhi e di riaprirli nell’acqua. In seguito la tecnica è cambiata e oggi si insegna in modo opposto. Mauss continua con altri esempi: si può capire con sicurezza che un bambino è inglese se sta a tavola con i gomiti stretti al corpo e, quando non mangia, con le mani sulle ginocchia. Un bambino francese non riesce invece a stare dritto: tiene i gomiti a ventaglio, li butta sulla tavola, e così via. Anche l’esperienza della guerra è significativa e in particolare il modo di zappare: le truppe inglesi, con le quali si trovava lo studioso, non sapevano servirsi delle zappe francesi, il che rendeva necessario sostituire 8000 zappe tutte le volte che si dava il cambio a una divisione inglese e viceversa. Marcel Mauss |  L’AUTORE  ▶  | Saggio sulle tecniche del corpo Da queste osservazioni Mauss ricava la convinzione che tali “abitudini” mutano non solo con gli individui, ma soprattutto con il , ed elabora il fondamentale concetto di : i modi in cui gli uomini nelle diverse società si servono del loro corpo per uniformarsi alla . Il corpo è infatti il primo e più naturale strumento dell’uomo. variare della società, delle educazioni e delle mode tecnica del corpo tradizione Il concetto di “tecnica del corpo” indica la capacità di la tecnica appresa, di assorbirla fino al punto di non riconoscerne più il carattere culturale. Le tecniche del corpo riflettono un proprie di uno specifico contesto storico-sociale; dunque il nostro comportamento e la nostra corporeità sono sempre elementi impregnati di storia. Ma così non si apprendono soltanto modi di fare, gesti o atteggiamenti; allo stesso modo si assimilano valori, convinzioni, credenze, tutti elementi che si fondono insieme in un “ ”. Con questo termine Mauss indica . naturalizzare insieme di abitudini habitus un sistema di disposizioni durevoli, di modi di essere, una predisposizione e un’inclinazione, ma anche il risultato di un’azione organizzatrice L’habitus è un complesso di atteggiamenti psicofisici mediante cui gli esseri umani , è un insieme di saperi appresi per abitudine e in qualche modo incorporati, come il saper cucinare o il sapere suonare uno strumento musicale o il saper nuotare. Questo stare nel mondo è di , per cui il nostro habitus varia tanto sulla base delle nostre particolari caratteristiche psicofisiche, quanto a seconda dei modelli comportamentali e delle rappresentazioni che noi mettiamo in atto come individui facenti parte di una determinata cultura. Tutto ciò che noi facciamo reca l’impronta di un processo di apprendimento, di educazione e di formazione. stanno nel mondo natura sociale e culturale Gli antropologi utilizzano la parola inglese    (“incorporazione”): nel suo senso più ampio il termine si riferisce alla . Il corpo non è un oggetto che deve essere studiato in relazione alla cultura, ma va considerato il soggetto stesso della cultura, o in altre parole la base esistenziale della cultura. La nostra cultura è frutto di , ossia è (“incorporata”). ▶ embodiment fissazione di certi valori e disposizioni sociali nel corpo e per mezzo del corpo embodiment embodied Gli aspetti culturali essenziali alla vita di una società devono in qualche modo essere “naturalizzati”, cioè apparire come naturali: per poter funzionare devono in un certo senso occultare la loro caratteristica essenziale di essere delle costruzioni culturali. Come scrive l’antropologo e sociologo francese (1930-2002), che ha ripreso e sviluppato il concetto di habitus dagli studi di Mauss, «il mondo mi comprende, io però lo comprendo, perché mi comprende»: ciò significa che il mondo, proprio perché mi ha prodotto, in quanto ha prodotto le categorie che gli applico, mi appare così naturale, così ovvio. Pierre Bourdieu Esempio: se io sono nato e cresciuto a Roma, conosco il dialetto di Roma e posso utilizzarlo; il contesto sociale (il mondo) in cui sono nato ha prodotto questa forma linguistica, che proprio per questo a me appare naturale (ci sono nato “dentro”) e mi viene spontaneo utilizzarla applicandola alle esperienze che vivo per poterle esprimere. Parlare romanesco in certe occasioni è dunque un mio habitus. : parola inglese per “incorporazione”; concetto che indica, in antropologia, quel processo attraverso cui il corpo viene plasmato dalla cultura, assorbendone i modelli e i valori tramite l’interazione sociale. embodiment   Marcel Mauss l’autore Marcel Mauss (1872-1950) è stato un antropologo e sociologo francese i cui lavori sullo studio comparativo delle relazioni tra le forme di scambio e la struttura sociale hanno influenzato importanti scienziati sociali, tra cui Lévi-Strauss ed Evans-Pritchard. Era il nipote del sociologo E. Durkheim, che contribuì alla sua formazione intellettuale. Nel 1902 diventa professore di religione primitiva presso l’  di Parigi. Nel 1925 fonda l’Istituto di Etnologia all’università di Parigi. Mauss è meglio conosciuto per i suoi contributi a “L’Année sociologique”, la rivista fondata da Durkheim e dai suoi studenti. Tra le sue opere più celebri, oltre al   (1936), vi è il   (1925), dove si concentra sulle forme di scambio e contratto in Melanesia, Polinesia e Nordamerica, esplorando gli aspetti religiosi, legali, economici, mitologici del dare. Ha formato molti etnologi francesi sui metodi e sulle teorie della ricerca etnografica, che successivamente pubblica nel   (1947). Muore a Parigi nel 1950. École Pratique des Hautes Études Saggio sulle tecniche del corpo Saggio sul dono Manuale d’etnografia Nasce a Épinal, Francia 1872 Diventa professore di religione primitiva all’ di Parigi 1902 École Pratique des Hautes Études Fonda l’istituto di Etnologia all’università di Parigi e pubblica il 1925 Saggio sul dono Pubblica il 1936 Saggio sulle tecniche del corpo Pubblica il 1947 Manuale d’etnografia Muore a Parigi 1950   Kim Ki-Duk, TIME, 2006 INVITO ALLA VISIONE   In questo film drammatico, il regista Kim Ki-Duk esplora il rapporto di una coppia di giovani dopo due anni di relazione. L’insicurezza di perdere il proprio compagno e la gelosia della protagonista sono talmente forti da farle prendere la decisione di ricorrere alla chirurgia estetica e cambiare radicalmente il proprio viso, convinta di poter ravvivare il rapporto ed essere sicura una volta per tutte di avere il compagno devoto solamente a lei. Questa operazione però cambia i suoi lineamenti e il suo corpo così drasticamente che la ragazza non riconosce più se stessa, soprattutto dopo aver sedotto, con il nuovo aspetto, il suo compagno, il quale, ignaro di tutto, se ne innamora. Il film si dipana dunque tra le continue tensioni del volere e del volersi piacere e accettare, ma anche delle trasformazioni causate dal desiderio della costruzione del sé che, in casi estremi, portano alla distruzione.  >> pagina 113  esperienze   attive Dividetevi in gruppi di cinque o sei persone. Andate in un negozio di giocattoli; intervistate i vostri genitori/parenti; osservate un parco giochi; chiedete ai più piccoli che giochi fanno. Come sono cambiati rispetto ai giochi che fate/facevate voi? Quali sono le differenze? Sono giochi di gruppo o individuali? In casa o all’aperto? Che importanza hanno/avevano quei giochi? Scrivete le risposte su un foglio o su un cartellone e confrontatele con quelle degli altri gruppi. Il gioco e la costruzione del sé per lo studio Che cosa sono i riti di iniziazione? 1. Che cos’è l’habitus? 2. Che cosa significa in antropologia il termine  ? 3. embodiment     Per discutere INSIEME Che cos’è l’antropopoiesi e quali sono secondo te i processi inculturativi che ti hanno reso la persona che sei adesso? Fai una lista di alcuni di questi processi e confrontala con quelli dei tuoi compagni. Sono diverse? Se sì, perché? Discutetene insieme e riflettete sull’importanza per l’individuo della “nascita sociale”.