2. La comunicazione verbale e il contesto 2.1 IL RELATIVISMO LINGUISTICO Negli anni Venti del Novecento, , p. 35 , in base alle sue ricerche etnografiche fra i Trobriandesi del Pacifico occidentale, aveva affermato «l’importanza del contesto e della conoscenza dei presupposti culturali condivisi dagli individui per poter comprendere gli enunciati verbali». Bronisław Malinowski | ▶ unità 1 | Più o meno nello stesso periodo anche , p. 31 aveva richiamato l’attenzione sullo stretto legame fra . Attraverso i suoi studi sulle lingue native del Nordamerica aveva criticato la classificazione evoluzionistica delle lingue del mondo elaborata dai linguisti nella seconda metà dell’Ottocento. Si parlava all’epoca di lingue superiori e inferiori, si distingueva fra lingue civilizzate e lingue primitive, ponendo al vertice della gerarchia evoluzionista la famiglia linguistica indoeuropea e il latino. Franz Boas | ▶ unità 1 | lingue e culture Boas al contrario dimostrò che, dal punto di vista logico e funzionale, , non è possibile disporle in scale evolutive di superiorità o inferiorità; ogni lingua deve poter essere compresa nel contesto culturale a cui appartiene. In antropologia culturale divenne quindi sempre più importante studiare il legame fra lingua, cultura e pensiero, e questo tema cominciò a essere al centro di dibattiti interdisciplinari con la linguistica e la psicologia. In particolare, i due antropologi e linguisti statunitensi, (1884-1939) e (1897-1941), fra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del Novecento dettero un fondamentale contributo al dibattito in corso introducendo il concetto di . tutte le lingue sono equivalenti Edward Sapir Benjamin Lee Whorf ▶ relativismo linguistico Notando che lingue diverse spesso descrivono la stessa situazione in modi grammaticalmente diversi, sostennero che la lingua ha il potere di . La struttura e il vocabolario di una lingua derivano infatti dall’esperienza e ne sono una , ma a loro volta le strutture linguistiche orientano la percezione degli individui sulla base di quell’esperienza codificata, determinando la che essi possiedono. Sapir in particolare sosteneva che il mondo reale è in larga misura costruito inconsapevolmente proprio a partire dalle abitudini linguistiche dei vari gruppi linguistici. Negando l’idea che le parole possano essere delle semplici etichette che si appongono sulle cose e sulle esperienze, egli affermò con forza il principio di relativismo linguistico in questi termini: «i mondi in cui società diverse vivono sono mondi diversi, non semplicemente lo stesso mondo con etichette diverse». Anche Whorf fu dello stesso avviso: le differenze fra questi mondi sono tali che nessuna traduzione consente di oltrepassarle, , la lingua non solo rappresenta il mondo, ma di fatto . Questa si chiama del principio di relativismo linguistico di Sapir-Whorf, e la si può rendere con un esempio relativo al . plasmare la visione del mondo codificazione simbolica particolare visione del mondo l’uomo può pensare solo ciò che può dire lo costruisce ipotesi forte genere Come abbiamo visto , p. 115 , il genere è un importante elemento culturale nella costruzione della persona. In molte società i comportamenti di genere sono fortemente marcati e i ruoli sociali della sfera maschile e di quella femminile possono essere posti in una relazione asimmetrica di potere (in alcuni contesti culturali il genere maschile è considerato ancora oggi superiore a quello femminile). I generi hanno anche una ; per esempio in italiano le desinenze e denotano una netta suddivisione di genere: gatt (maschio) e gatt (femmina). In questo caso, l’ipotesi forte del relativismo linguistico di Sapir-Whorf si può esprimere così: «lingue che codificano il genere grammaticale costruiscono mondi in cui il genere sociale è fortemente marcato». Questa però è un’ipotesi errata; non tutte le culture, infatti, possiedono una codificazione grammaticale di genere: per esempio la lingua fulfulde dei Fulbé del Camerun ne è priva, eppure nella cultura fulbé vi è una forte demarcazione e contrapposizione fra i generi sociali. D’altra parte, se davvero la lingua costruisse in modo deterministico il mondo, non esisterebbero le comunità multilingue, né si spiegherebbe come tanti bambini possano crescere parlando lingue radicalmente diverse come, per esempio, l’italiano e il giapponese. | ▶ unità 3 | codificazione grammaticale -o -a o a Si può tuttavia formulare un’altra ipotesi, detta del principio di relativismo di Sapir-Whorf, che eviti di estremizzare questa prospettiva pur mantenendo valido il concetto di base secondo cui vi è una strettissima connessione fra lingua e cultura. Considerando lo stesso esempio, potremmo dire che il genere grammaticale non determina il genere sociale, ma , proprio grazie all’abitudine linguistica. In altri termini: in ogni società la suddivisione sociale fra generi, talvolta anche la disparità e i conflitti fra generi, derivano da processi storici e culturali molto lunghi e complessi. Ma nelle società in cui vi sia anche una lingua con una netta demarcazione di genere grammaticale, la lingua contribuisce a che la differenza sociale di genere sia un dato naturale e non invece una costruzione storica modificabile attraverso scelte educative, culturali, politiche. ipotesi debole fa apparire la separazione di genere come naturale rafforzare la convinzione Da un punto di vista antropologico questo tema è molto importante perché fa riflettere sul fatto che la lingua può favorire i di cui abbiamo già parlato , p. 112 . processi di naturalizzazione | ▶ unità 3 | : concetto elaborato dai linguisti Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf secondo cui la lingua non solo codifica l’esperienza, ma orienta la percezione degli individui, plasmandone la visione del mondo. relativismo linguistico ⇒ | T1 p. 249 Language and Thought ⇒ | T2 p. 250 Il nuovo mondo >> pagina 227 2.2 COMPETENZA LINGUISTICA E COMPETENZA COMUNICATIVA Il profondo rapporto fra linguaggio e contesto emerge chiaramente anche nel dibattito suscitato all’inizio degli anni Sessanta del Novecento sul concetto di . ▶ competenza linguistica Per competenza linguistica si intende la capacità di parlare in modo grammaticalmente corretto e corrisponde alla padronanza grammaticale propria dell’adulto. Fra gli studiosi dell’epoca si tendeva a sottolineare molto l’importanza di una di una lingua per potersi esprimere in modo efficace e comprendere gli enunciati degli altri. Si rimarcava in ciò una differenza fra gli adulti e i bambini e fra una maggiore e una minore scolarizzazione. alta padronanza delle strutture grammaticali e sintattiche L’antropologo statunitense , nella sua fondamentale opera (“La competenza comunicativa”) del 1972, affermò invece che la competenza linguistica non consiste soltanto nella capacità di fornire sugli enunciati, ovvero di capire se una frase è più o meno corretta dal punto di vista della grammatica. Quando parliamo non ci limitiamo a seguire le regole grammaticali, ma in relazione a: Dell Hathaway Hymes | ▶ L’AUTORE | On Communicative Competence giudizi di grammaticalità siamo in grado di scegliere parole e temi appropriati la ; nostra posizione sociale la , come quando da studenti ci rivolgiamo a un professore; posizione sociale del nostro interlocutore il contesto o la , come quando da studenti ci rivolgiamo a un professore in aula mentre ci sta interrogando, oppure su un pullman mentre siamo in gita scolastica. situazione dell’evento comunicativo Da questi esempi emerge che per rivolgersi in modo efficace al professore, bisogna sì conoscere la grammatica come insieme di regole astratte, ma si deve soprattutto comprendere il in cui ci si trova: che cosa sta succedendo in quel momento, che cos’è un’aula o una gita scolastica, perché siamo vestiti in modo formale oppure più sportivo, quali sono le consuetudini condivise nei rapporti di amicizia e di rispetto fra quel professore e la classe, e così via. contesto vivo Questa capacità di adattare al contesto il modo in cui parliamo si chiama . Da questo punto di vista Hymes ha dimostrato che anche i bambini, che hanno ancora una bassa competenza linguistica per via dell’età, sono in grado di partecipare con grande efficacia a eventi comunicativi: sanno capire e sanno farsi capire benissimo. ▶ competenza comunicativa È dunque importante conoscere la grammatica per parlare (competenza linguistica), ma è ancora più importante comprendere il contesto concreto entro cui avviene il dialogo (competenza comunicativa). Le ricerche di Dell Hymes hanno un grande valore antropologico perché mostrano che negli eventi comunicativi efficaci la grammatica e la sintassi non sono mai fonte del significato: sono delle per gestire e codificare il significato stesso. È l’ con tutti i molteplici elementi concreti del contesto che . risorse linguistiche attività sociale quotidiana costruisce il significato Come scriveva il filosofo viennese Ludwig Wittgenstein (1889-1951) negli anni Quaranta del Novecento, per capire il senso di una parola non basta il dizionario: . È una impresa pratica: è immergersi in una forma di vita. comprendere una parola è assorbire l’esperienza vissuta del suo significato Ciò è estremamente importante per gli studi sul campo degli antropologi e lo è altrettanto nella vita quotidiana, al fine di favorire una tra lingue e culture diverse. comprensione reciproca : capacità di fornire giudizi circa la correttezza grammaticale degli enunciati. competenza linguistica : capacità di adattare il proprio modo di parlare al contesto in cui avviene la comunicazione verbale. competenza comunicativa Per una comunicazione efficace, non basta conoscere le regole grammaticali della lingua utilizzata, serve anche comprendere il contesto entro cui si svolge la comunicazione stessa. Dell Hathaway Hymes l’autore Dell Hathaway Hymes (1927-2009) nasce a Portland, Oregon. Studia antropologia all’università dell’Indiana dove si laurea nel 1950 e ottiene il dottorato in linguistica nel 1955. La sua prima cattedra in antropologia e linguistica la ricopre all’università di Berkeley, in California, per poi trasferirsi all’università della Pennsylvania nel 1965. Qui inizia a formare una generazione di antropologi che esplora etnograficamente la dimensione comunicativa del linguaggio. Questa attenzione al contesto etnografico dell’atto comunicativo prende le distanze dall’idea di competenza linguistica. Nel 1972 fonda un giornale di sociolinguistica dal titolo “Language in Society”. Nel 1987 si trasferisce nel Dipartimento di antropologia dell’università della Virginia. Muore a Charlottesville nel 2009. Il lavoro di Hymes viene influenzato da importanti linguisti, sociologi e antropologi, tra cui F. Boas, E. Sapir, R. Jakobson, E. Goffman. È stata una delle figure più importanti della sociolinguistica e dell’antropologia linguistica e il suo lavoro è stato pionieristico in molti campi. Tra le sue opere più importanti ricordiamo (1974). Fondamenti di Sociolinguistica. Un approccio etnografico Nasce a Portland, Oregon 1927 Ottiene il dottorato all’università dell’Indiana e inizia a lavorare all’università di Berkeley 1955 Insegna antropologia e linguistica all’università della Pennsylvania 1965 Fonda il primo giornale di sociolinguistica dal titolo “Language in Society” 1972 Pubblica 1974 Fondamenti di Sociolinguistica. Un approccio etnografico Si trasferisce nel Dipartimento di antropologia dell’università della Virginia 1987 Muore a Charlottesville, Virginia 2009 esperienze attive Immagina che un estraneo si unisca al tuo gruppo di amici. Quali competenze dovrebbe dimostrare, oltre a quelle strettamente linguistiche, per comunicare con voi in modo da sembrare in tutto e per tutto un membro del gruppo? Confronta le tue osservazioni con quelle dei tuoi compagni. Che cosa notate? La competenza comunicativa >> pagina 229 2.3 L’IMPORTANZA CULTURALE DELLE METAFORE Già dal I secolo d.C., nella retorica, l’arte del parlare in pubblico, si utilizzavano le cosiddette figure retoriche, cioè forme del discorso volte a creare un particolare effetto persuasivo: fra le più importanti troviamo la metafora. La è un dispositivo linguistico che viola le regole formali della denotazione, ossia la caratteristica delle parole in base a ciò che indicano nel mondo reale, e collega tra loro espressioni tratte da diversi. ▶ metafora ▶ campi semantici nell’espressione “il tavolo è pesante”, l’aggettivo “pesante” è un , cioè lo caratterizza su un piano di realtà, perché la pesantezza è un attributo possibile per un oggetto come un tavolo; nella frase “il tavolo è timido”, l’aggettivo “timido” non è un denotativo di tavolo. Esempio: denotativo di tavolo Il linguaggio figurato e non letterale della metafora accosta . due mondi di significato che fra loro non hanno alcun rapporto reale nella frase “Marco è una pavone” risulta chiaro che il mondo zoologico dei pavoni non ha alcun rapporto con Marco. Si potrebbero anche scegliere dei denotativi adeguati per esprimere gli atteggiamenti e il carattere di Marco: “Marco è presuntuoso, vanitoso, supponente…”. Ma dicendo “Marco è un pavone”, si utilizza un’espressione molto più efficace e diretta: l’interlocutore immagina immediatamente il pavone che si gonfia e fa la ruota, mettendo in mostra tutti i colori del suo piumaggio. Esempio: Le metafore di questo tipo si chiamano . metafore descrittive Esiste però anche un secondo tipo di metafore: le . metafore cognitive consideriamo l’inizio del Salmo 23, cioè la frase: “Il Signore è il mio pastore”. Siamo nell’ambito di una popolazione pastorale del Medio Oriente, all’epoca del re Davide, il secondo re di Israele, intorno al I millennio a.C. Per questa popolazione di pastori non esistono denotativi adeguati per poter esprimere le caratteristiche di una divinità. Si potrebbe dire che il Signore è “buono”, oppure “premuroso”, ma non sarebbero termini adeguati per definire la totalità della sua essenza divina. Meglio utilizzare una metafora. Esempio: La metafora compie una . In questo caso il cosiddetto dominio bersaglio è la divinità (il Signore): che è altissimo, fondamentale, ma le cui doti non sono facili da esprimere e comunicare; il dominio sorgente è la pastorizia (il mio pastore): un campo semantico relativo a tutti gli elementi concreti, gli oggetti, le azioni, i valori della quotidianità di pastori, un’attività profondamente conosciuta e caratterizzante. mappatura del “dominio bersaglio” a partire dai termini di un “dominio sorgente” Con l’uso di questa metafora s’intende dire implicitamente che le caratteristiche denotative della divinità, il Signore, sono quelle di un pastore: egli protegge le pecore dai predatori, le cura, le ama, le conosce una per una, le guida, le porta al pascolo. La metafora cognitiva non si limita dunque a descrivere, ma aiuta a : nel nostro esempio, tramite l’associazione (mappatura) dei termini di un campo semantico noto (la pastorizia) a quelli di un campo semantico ignoto e difficilmente comunicabile a parole (la divinità). comprendere Come hanno sostenuto il linguista George Lakoff (n. 1941) e il filosofo Mark Johonson (n. 1949), nel loro fondamentale volume (1980), il punto essenziale sul piano antropologico è che, per poter comprendere e utilizzare le metafore, gli interlocutori devono da cui i campi semantici sono tratti. Se voglio capire perché qualcuno pensa che Marco sia un pavone, devo conoscere Marco, ma soprattutto devo aver visto almeno una volta i pavoni. Se voglio capire perché in quella popolazione, pregando, si dice “Il Signore è il mio pastore”, devo conoscere bene il mondo quotidiano della pastorizia, i gesti, le azioni, i valori, tutto ciò che lega, anche affettivamente, le comunità pastorali ai loro animali. Se ci rivolgessimo a un antropologo per chiedergli un consiglio su come studiare le credenze religiose di quella popolazione, probabilmente ci direbbe: «Non fare domande sulla divinità, fai domande sulla pastorizia e vivi per un po’ fra i pastori». Metafora e vita quotidiana conoscere profondamente il medesimo contesto sociale e culturale Anche dallo studio delle metafore ricaviamo che la lingua è profondamente immersa nella cultura e che lingue e culture non si possono studiare e comprendere in modo separato. Perciò gli antropologi sono soliti , non solo in astratto, ma concretamente nei modi con cui le persone si esprimono, cioè dal punto di vista della . studiare la lingua nel suo contesto d’uso ▶ etnopragmatica | ▶ APPROFONDIAMO | : dispositivo linguistico basato su una similitudine sottintesa, per cui un termine è usato per riferire un concetto diverso da quello che normalmente esprime. metafora : in linguistica è un insieme di termini che appartengono alla stessa area di significato. campo semantico : disciplina che analizza l’uso contestuale della lingua e gli scambi verbali tra i parlanti all’interno del loro quotidiano e in relazione all’agire sociale di particolari gruppi. etnopragmatica >> pagina 231 L’etnopragmatica approfondiamo L’etnopragmatica è una disciplina che studia l’uso effettivo di una lingua nelle situazioni sociali in cui i parlanti si trovano a interagire. Nel corso del Novecento molti studiosi (linguisti, filosofi linguisti, sociolinguisti) hanno svolto ricerche sul linguaggio, alla ricerca di principi universali della comunicazione; è solo grazie al contributo dell’antropologia che appaiono le prime ricerche sulla comprensione degli atti linguistici tramite l’analisi del contesto del parlante, le quali cercano di comprendere il modo di esprimersi delle persone e le modalità con cui la grammatica si intreccia ai valori culturali e sociali dei parlanti (pragmatica). La pragmatica è una disciplina che studia le relazioni tra le convenzioni culturali e sociali che regolano la comunicazione linguistica e la ricerca dei significati delle parole. Con il neologismo “etnopragmatica” si intende l’integrazione di teorie e metodi della pragmatica con teorie e metodi di etnografi e antropologi linguisti, dove il prefisso “etno” sta a indicare un interesse per il rapporto tra azioni particolari e la loro collocazione all’interno dell’agire sociale di particolari gruppi. Alessandro Duranti (n. 1950), uno degli antropologi linguisti più importanti, ha svolto ricerche nelle comunità samoane (Polinesia, Pacifico meridionale) mostrando come l’uso della lingua sia un evento importante nella vita sociale e come una variazione sistematica dell’uso linguistico vada spiegata considerando interi eventi sociali come parte dell’analisi linguistica. Egli osserva che il , incontro di tipo giuridico-politico in cui si discutono questioni importanti che coinvolgono l’intera comunità samoana, è un evento sociale in cui il linguaggio utilizzato non può essere un’entità separata a sé stante. Per capire le interazioni verbali e le espressioni linguistiche utilizzate durante questi incontri è necessario infatti avere accesso alle informazioni riguardanti lo scopo dell’incontro, i problemi che vi vengono trattati, il tipo di partecipanti, il loro status sociale e i ruoli tra i vari capi della comunità samoana. Inoltre, è solo dall’interazione sociale che si possono capire i significati di alcune espressioni linguistiche o verbi. Per esempio, il verbo viene usato per riferirsi sia ai capi della comunità sia agli oratori sia alle persone senza titoli. Vi sono però altri casi in cui il verbo si riferisce solo alle persone senza titoli. Solo osservando l’interazione sociale e il contesto possiamo analizzare le forme comunicative e la relazione che intercorre tra gli atti linguistici e la realtà da cui proviene il parlante. fono sau sau 2.4 LINGUE, POTERE E CONTATTI CULTURALI Come abbiamo visto, il linguaggio è lo strumento essenziale per immaginare ed esprimere il mondo. Essendo permeate di cultura, le parole non sono mai neutrali: alcune in particolare possono anche rappresentare una forma di , come nel caso dei . Questi implicano una differenza di status sociale fra il parlante e il suo interlocutore (se si dice, per esempio, “il professor Rossi” invece di “Franco Rossi”). Anche la terminologia di parentela è spesso associata a livelli diversi di rango sociale e di familiarità: dire “papà” è più familiare rispetto al termine formale e più rigido di “padre”, ma implica pur sempre un rispetto maggiore del semplice utilizzo di “Franco”. potere titoli onorifici In giapponese il suffisso aggiunto alla fine di un nome è segno di grande rispetto; si utilizza per rivolgersi a qualcuno che appartiene a una classe sociale superiore, un venerabile erudito o un nobile, oppure, manifestando una implicita prospettiva di rapporti di genere, può essere utilizzato dalle donne per dimostrare amore e rispetto verso i mariti. -sama Pierre Bourdieu ha considerato le pratiche linguistiche come un che può essere convertito anche in capitale economico e sociale da individui con un’adeguata preparazione: il nostro modo di parlare può infatti fornirci . Molti studiosi hanno dimostrato l’importanza delle abilità verbali e dell’arte oratoria in campo politico. Sappiamo che alcuni politici sono dei “grandi comunicatori” e questo li pone in una posizione di favore. capitale simbolico possibilità di impiego o accesso ad altre risorse materiali Il valore di una qualunque pratica linguistica dipende dalla sua capacità di fornire accesso a posizioni desiderate nel mercato del lavoro, perché tale pratica è legittimata dalle istituzioni formali: scuole, università, Stato, Chiesa, media di prestigio. Le forme linguistiche possono così diventare veri e propri . strumenti di potere il gergo medico, nella gran parte dei casi incomprensibile alla gente comune e soprattutto ai pazienti, può venir utilizzato per rimarcare una differenza di status con il proprio interlocutore in termini di superiorità culturale. Esempio: L’ spesso vissuta dai parlanti appartenenti ad altri ceti sociali o ad altre culture, è il risultato di tale . Ma lo stretto legame fra lingue e potere affiora soprattutto nelle situazioni di . insicurezza linguistica , dominio simbolico contatto culturale >> pagina 232 L’incontro linguistico tra culture: alcuni esempi A cominciare dal XV secolo, il ha inciso profondamente sulla vita delle popolazioni con cui è venuto a contatto. Fra gli effetti della colonizzazione, i fenomeni di mostrano il carattere dinamico di ogni fenomeno culturale e costituiscono un elemento importante della storia delle culture indigene. Dall’intensità e dalla durata del contatto fra la cultura egemone e la cultura colonizzata può derivare la nascita di nuove lingue o il declino e l’estinzione di altre. colonialismo europeo mutamento linguistico Le nascono proprio dalla fusione di termini provenienti da almeno due diverse lingue madri e si sviluppano quando due diverse culture che usano lingue differenti entrano in contatto. Molte lingue si sono formate in seguito al commercio transatlantico degli schiavi e al loro impiego nelle piantagioni. I padroni avevano bisogno di comunicare con i propri schiavi, che a loro volta, provenendo da regioni diverse dell’Africa, avevano bisogno di parlare fra loro. lingue pidgin pidgin Chi parla lo ha imparato come seconda lingua, parlando anche una o più lingue native. Spesso il si trasforma in : una lingua che discende da un e che con il tempo acquisisce parlanti nativi; presenta un vocabolario più ricco delle lingue e una grammatica più elaborata. Per esempio, il , l’inglese colloquiale di Singapore, è una lingua creola su base inglese. Molte lingue creole locali sono sorte in Louisiana, nei Caraibi, in Ecuador, e, come sostiene l’antropologa statunitense Barbara Miller, pur essendo una testimonianza vivente della schiavitù, la loro letteratura e le loro espressioni musicali sono manifestazioni delle capacità creative e di resistenza della diaspora africana. pidgin pidgin ▶ creolo pidgin pidgin singlish | ▶ APPROFONDIAMO | : lingua in origine che si è trasformata in lingua madre, strutturandosi fino a coprire tutti gli ambiti di espressione. Mescola elementi di una lingua europea colonizzatrice con elementi di lingue indigene. creolo pidgin >> pagina 233 Il di Singapore approfondiamo singlish Le lingue ufficiali di Singapore sono quattro: l’inglese, il cinese mandarino, il malese e il (dialetto indiano), corrispondenti ai quattro principali gruppi etnici presenti nella popolazione: inglese, cinese, malese e indiano. Per ragioni storiche, la lingua riconosciuta come nazionale è il malese. Tuttavia, dal momento dell’indipendenza dall’Inghilterra, nel 1965, l’inglese è la lingua scelta dall’amministrazione pubblica. I cartelli stradali sono in lingua inglese, accompagnati dalla traduzione nelle altre tre lingue ufficiali. La forma locale e dialettale dell’inglese è invece il cosiddetto . Il ha molte caratteristiche in comune con le lingue creole, avendo incorporato termini e forme grammaticali dei dialetti cinesi ( , , e cantonese), del malese e del . Il è parlato nella vita quotidiana ma è inviso nelle occasioni ufficiali. Il vocabolario di questo “inglese colloquiale singaporiano” consiste di parole originarie inglesi, , , , cantonesi, malesi, e e, in misura minore, di lingue europee e sinitiche. Le sue radici risalgono al periodo coloniale inglese (1946-1963), quando iniziò a prendere forma il variopinto ambiente linguistico-culturale singaporiano: le diverse popolazioni approdate sull’isola, oltre alle proprie radici culturali e ai propri costumi, portarono nel territorio le proprie lingue e i propri dialetti. Un esempio di è l’estrema semplificazione delle frasi, corrispondente all’uso limitato di parole nel mandarino parlato, come la concisa risposta o alla richiesta di fare qualcosa, senza bisogno di aggiungere ulteriori elementi, o la ripetizione delle parole per enfatizzare un dato aspetto, anch’essa tipica del mandarino, come la frase per esortare ad assaggiare un piatto ritenuto delizioso. Ovviamente, in un ecosistema linguistico-culturale all’interno del quale sono contestualmente presenti più di una ventina di idiomi differenti, le interferenze linguistiche sono inevitabili. Nonostante le accanite campagne governative volte a contenere l’uso del tra la popolazione locale, tale realtà linguistica si conferma come un imprescindibile ed estremamente funzionale collante per l’integrazione dei diversi gruppi etnici e uno spazio di testimonianza delle radici linguistiche e culturali delle diverse popolazioni che, nel tempo, hanno formato Singapore. tamil singlish singlish hokkien teochew hakka tamil singlish hokkien teochew hakka tamil singlish can! cannot! die die must try singlish per lo studio Che cos’è il relativismo linguistico? 1. Che cosa sono le metafore cognitive? 2. Che cos’è una lingua creola? 3. Per discutere INSIEME «Noi bororo siamo arara rossi». Con questa frase, sembra che gli uomini bororo in Brasile si identifichino con dei pappagallini rossi (gli arara). Cerca su Internet il significato della metafora bororo e, rileggendo il capitolo 2.3, discuti insieme ai tuoi compagni sulla possibile risposta a questa domanda: perché è importante studiare la lingua nel suo contesto d’uso?