2. Le concezioni di genere 2.1 Il genere Fra il 1930 e il 1940, è stata la prima antropologa a evidenziare la confrontando la diversità delle norme e degli stili di comportamento per gli uomini e per le donne in Nuova Guinea, fra i gruppi nativi degli Arapesh, dei Mundugumor e dei Ciambuli. Nel volume (1949), Mead mostra come il corpo non sia un semplice dato naturale ma subisca un processo di trasformazione culturale, evidente nelle mutilazioni corporali proprie dei : sulla differenza anatomica fra maschio e femmina , e ciò richiede l’apprendimento di certi ruoli sociali. Margaret Mead variabilità culturale delle concezioni del maschile e del femminile Maschio e femmina riti di iniziazione si costruisce culturalmente la definizione delle persone come uomini o donne “Genere” è il termine impiegato a partire dagli anni Settanta del Novecento per intendere la , cioè l’insieme di comportamenti, ruoli, credenze, manifestazioni emotive e affettive che una determinata cultura considera appropriato a ciascun sesso. Le caratteristiche maschili e femminili riflettono i e quindi prescindono dalle differenze biologiche. differenza socialmente costruita fra i sessi condizionamenti culturali della società di appartenenza Il genere è il risultato di un processo di culturale, e permette di esaminare le distinzioni fra maschile e femminile nella loro variabilità. embodiment Molte ricerche antropologiche hanno dimostrato che la differenza fra i due sessi contrapposti per natura sulla base dell’apparato genitale è una concezione derivante dalle scienze biologiche. Tali categorie dicotomiche (come altre quali natura/cultura, privato/pubblico e così via) sono il , e non un linguaggio universale, e quindi sono una delle costruzioni culturali di genere. prodotto della storia e del pensiero europei Come ha messo in luce Margaret Mead, in Nuova Guinea, per esempio, il genere non è dato alla nascita, ma prende forma a seconda della situazione attraverso un processo di . Alcuni gruppi di questa area ritengono infatti che le persone possano diventare più maschili o più femminili in conseguenza del contatto con sostanze ritenute appunto maschili o femminili. ricomposizione del corpo Le ricerche antropologiche hanno evidenziato che, quando si affrontano queste tematiche, occorre evitare di ricorrere alla concezione dicotomica del genere propria della cultura occidentale: essa infatti irrigidisce l’appartenenza di genere e non riesce a coglierne la . fluidità La filosofa americana (n. 1956) ha dato un notevole contributo agli studi antropologici sul genere evidenziando che la stessa teoria del genere . Butler propone di considerare il genere come un . In molte società native, i concetti di maschile e femminile si pongono infatti piuttosto che come un’opposizione secca. Judith Butler rafforza maggiormente la dicotomia maschile e femminile set di azioni, qualcosa che l’individuo fa piuttosto che una qualità che possiede lungo un continuum In Italia fra gli anni Ottanta e Novanta, varie studiose hanno rivolto la loro attenzione alla soggettività femminile e all’agire delle donne negli spazi privati e pubblici. Per esempio, (1931-2017), con (1981), l’autobiografia di una contadina sarda di settant’anni, ha individuato non solo le trasformazioni di ruoli e di valori che hanno interessato la società italiana del secondo dopoguerra, ma ha anche potuto riconsiderare il ruolo delle donne nella famiglia e nella . (1934-2017) ha studiato la capacità delle donne di farsi importanti agenti di cambiamento, di svolgere i ruoli produttivi più vari nei momenti critici della storia, individuando nel una specificità del comportamento femminile, non solo come azione orientata al concreto ma soprattutto come sistema di conoscenze, valori e simboli. Clara Gallini Intervista a Maria ▶ società tradizionale Amalia Signorelli pragmatismo : espressione con cui gli antropologi designano le società pre-industriali o quelle non pienamente coinvolte nel processo di modernizzazione, in cui i processi di inculturazione avvengono per trasmissione – soprattutto orale – da una generazione all’altra. società tradizionali ⇒ | T2 p. 109 Cultura e generi >> pagina 100 Simone de Beauvoir, , Il Saggiatore, 2008 INVITO ALLA lettura Il secondo sesso In questo volume pubblicato per la prima volta nel 1949, pietra miliare del movimento femminista, la scrittrice e filosofa Simone de Beauvoir esplora le cause dell’oppressione della donna. La celebre frase «donna non si nasce, lo si diventa» sintetizza le riflessioni dell’autrice che indaga dapprima la posizione di subordinazione della donna nei confronti dell’uomo dall’infanzia alla vecchiaia e in seguito descrive i vari comportamenti, schemi, attributi con cui le donne vengono “create” sin dalla nascita, prendendo spunto dalle teorie marxiste e hegeliane sul lavoro e sul rapporto servo-padrone. Con questa riflessione l’autrice rivendica la possibilità per la donna di essere un soggetto autodeterminato e con la propria indipendenza.