Ma come si fa a entrare in empatia con una città di qualche milione di abitanti? Quali sono le unità minime di indagine? Dove comincia e dove finisce la descrizione etnografica? Queste e altre domande, qui sintetizzate dall’antropologo italiano (n. 1949), hanno animato lo sviluppo dell’antropologia urbana fin dai suoi primi passi, all’epoca della nascita delle città industriali statunitensi. Alberto Sobrero La città industriale Tra i precursori di questo filone di studi vi sono gli studiosi della , un gruppo di sociologi e antropologi guidati da (1864-1944), direttore del Dipartimento di Sociologia dell’università di Chicago che, già negli anni Venti e Trenta del Novecento, avevano messo la città al centro di un nuovo e ambizioso programma di ricerca. Nel volume (1925), Park e colleghi scrivono che «gli stessi metodi di osservazione» che gli antropologi adottano «per lo studio della vita e dei costumi degli Indiani dell’America Settentrionale» possono essere adoperati per studiare «la vita e la cultura urbana» nelle sue «forme più varie», «ingegnose» e «complicate». A quell’epoca, la città di Chicago stava attraversando una fase di vertiginosa crescita economica e demografica, sostenuta dall’arrivo di migliaia di immigrati che trovavano impiego nelle sue fabbriche e nei suoi macelli. Davanti agli occhi di Park e dei suoi colleghi si dispiegava la , un crocevia di genti che si espandeva a macchia d’olio verso le campagne circostanti tramite la costruzione di nuovi quartieri prettamente residenziali. Per comprendere l’apparente complessità di questa città in rapida trasformazione, gli studiosi della Scuola di Chicago elaborano una prospettiva di . Essi ipotizzano che, come in un ecosistema, all’interno delle città vengano a crearsi una serie di “ ” occupate da individui con interessi, occupazioni, valori e status sociali simili. Ciascun gruppo, a mano a mano che migliorano le sue condizioni economiche, tende a spostarsi dalle zone centrali, più disagiate, verso quelle più esterne, mentre la sua nicchia viene occupata dai nuovi arrivati. Scuola di Chicago Robert Park La città prima metropoli industriale americana ecologia urbana aree naturali concentriche Modello dell’ecologia urbana per zone concentriche elaborato dalla Scuola di Chicago. Questo approccio, però, pecca di un , poiché stabilisce una correlazione troppo rigida tra gli spazi e i comportamenti sociali e culturali di coloro che li abitano. Nonostante questi limiti, gli studiosi della Scuola di Chicago hanno saputo catturare, attraverso i metodi dell’osservazione partecipante e della descrizione etnografica, e , molti dei quali marginali, come i ghetti, i locali a luci rosse e i senzatetto. A questi studiosi va soprattutto riconosciuto il merito di aver delineato per la prima volta i contorni di un’antropologia “della città”, ovvero di un campo di studi che, come ha affermato (1934-2017), non si limita a trattare la città come sfondo per la propria ricerca (la cosiddetta antropologia “nella città”), ma, al contrario, si interroga «sulla sua specificità come ambiente fisico: totalmente costruito e dunque totalmente umano». eccessivo determinismo nuove realtà urbane nuovi soggetti di studio Amalia Signorelli La città di Chicago verso i primi decenni del Novecento conobbe un periodo di forti trasformazioni dal punto di vista sia strutturale sia sociale: al notevole sviluppo industriale si aggiunse, di conseguenza, quello demografico, dovuto soprattutto all’arrivo di migliaia di immigrati in cerca di lavoro. Questo nuovo scenario metropolitano attirò l’attenzione degli antropologi e dei sociologi americani, che applicarono il proprio approccio allo studio dell’ambiente urbano.