3.2 LA RIFLESSIONE ANTROPOLOGICA SULLE MIGRAZIONI Come abbiamo già visto, gli antropologi della Scuola di Manchester sono stati i primi a studiare, negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, gli effetti delle migrazioni dai villaggi alle città coloniali dell’Africa centrale e meridionale. Nei decenni successivi, si assiste progressivamente all’emergere di una che, rispetto ad altre discipline quali sociologia ed economia, si contraddistingue per: riflessione antropologica sulle migrazioni una , ovvero la consapevolezza che non sia possibile analizzare il fenomeno della migrazione isolandone solo alcuni aspetti, come per esempio l’affiliazione etnica. La migrazione è un’esperienza complessa, che coinvolge diverse sfere della vita, le quali devono essere studiate nelle loro relazioni di reciproca influenza; sensibilità olistica un’attenzione particolare verso la e la sua ( ); soggettività del migrante capacità di interpretare e agire sulla realtà agency un’analisi che mette al centro le e i che vengono toccate e trasformate dalle migrazioni. esperienze punti di vista dei migranti e delle comunità locali Per dirla con le parole dell’antropologa canadese (n. 1950), l’antropologia studia «qual è l’esperienza che i soggetti migranti hanno della mobilità geografica, quali scelte fanno e perché; come queste scelte influenzino le loro vite e quelle delle loro famiglie; quali forme di , e incontrino; e quali nuove identità costruiscano per se stessi in contesti locali e globali». Diversi fattori intervengono a plasmare tutte queste esperienze, tra cui: Caroline Brettell marginalizzazione sfruttamento discriminazione genere; età; classe sociale; etnia; nazionalità; appartenenza religiosa; orientamento sessuale; status legale. Coloro che dispongono dei mezzi economici e/o di un alto livello di istruzione e formazione professionale spesso trovano il modo di stabilirsi legalmente in un paese. Molti altri invece non hanno accesso a e sono costretti a trovare altre soluzioni, come attraversare il deserto a piedi (Messico-Stati Uniti) o il Mar Mediterraneo a bordo di una piccola imbarcazione (Nordafrica-Europa); o semplicemente restare nel paese di arrivo nonostante la scadenza del visto. Le modalità di arrivo in un nuovo paese influenzano profondamente le traiettorie di vita dei migranti e delle loro famiglie. L’antropologo statunitense (n. 1968) ha studiato la condizione di in cui vivono milioni di migranti centroamericani negli Stati Uniti, mostrando come essa penetri ogni sfera della vita quotidiana. Nelle loro interazioni con poliziotti, burocrati, datori di lavoro, vicini e familiari, e nei loro spostamenti attraverso gli spazi della città, i migranti senza documenti sperimentano continuamente una condizione di che, a seconda dei casi, si manifesta sotto forma di esclusione, discriminazione, paura, violenza, sfruttamento, o agli occhi delle persone e delle istituzioni. canali regolari di immigrazione Nicholas de Genova illegalità non-esistenza invisibilità p. 137 T4 La violenza nell’epoca della globalizzazione