T9 Rinaldo e Armida nel giardino delle delizie , canto XVI, ott. 1-2; 9-22 Gerusalemme liberata Rinaldo si trova in un giardino incantato, dimentico dei suoi doveri di guerriero e del suo desiderio di gloria. Prigioniero delle seduzioni della maga Armida nelle Isole Fortunate – lontane terre situate in un mare ignoto, oltre le colonne d’Ercole – l’eroe cristiano sarà indotto a ravvedersi grazie al provvidenziale arrivo di due prodi crociati, Carlo e Ubaldo, inviati da Goffredo sulle sue tracce. Ottave di endecasillabi con schema di rime ABABABCC. Metro La natura conturbante e diabolica PARAFRASI 1 Tondo è il ricco edificio, e nel più chiuso grembo di lui, ch’è quasi centro al giro, un giardin v’ha ch’adorno è sovra l’uso di quanti più famosi unqua fioriro. D’intorno inosservabile e confuso 5 ordin di loggie i demon fabri ordiro, e tra le oblique vie di quel fallace ravolgimento impenetrabil giace. ottava 1 Il sontuoso palazzo è di forma circolare, e nella sua parte più interna ( ), che è quasi al centro rispetto alla circonferenza [delle mura], vi è un giardino che è bello oltre quanto lo sono i più famosi che mai ( ) fiorirono. Gli artefici diabolici ( ) costruirono ( ) tutto intorno una successione di logge non visibile e disordinata, e [il giardino] è posto ( ) impenetrabile tra i tortuosi sentieri ( ) di quel labirinto ingannevole ( ). più chiuso grembo unqua demon fabri ordiro giace oblique vie fallace ravolgimento è il palazzo di Armida, che si trova agli antipodi di Gerusalemme. 1 ricco edificio: mai (latinismo). 4 unqua: soggetto è (v. 3). 8 giace: giardin 2 Per l’entrata maggior (però che cento l’ampio albergo n’avea) passàr costoro. 10 Le porte qui d’effigiato argento su i cardini stridean di lucid’oro. Fermàr ne le figure il guardo intento, ché vinta la materia è dal lavoro: manca il parlar, di vivo altro non chiedi; 15 né manca questo ancor, s’a gli occhi credi. […] ottava 2 Attraverso l’entrata principale (poiché l’enorme dimora ne aveva cento) passarono costoro [Carlo e Ubaldo]. Qui le porte di argento scolpito stridevano su cardini d’oro splendente. Soffermarono ( ) lo sguardo attento sulle figure effigiate, perché la materia è superata dall’arte con cui è stata lavorata: alle figure manca soltanto la parola ( ), non chiederesti altro di vivo [per stimarle vere] e non manca neppure questa, se presti fede ai tuoi occhi. Fermàr il parlar sta per “moltissime”. 9 cento: sono i crociati Carlo e Ubaldo, giunti sulle tracce di Rinaldo su una navicella guidata dalla Fortuna dopo aver superato le colonne d’Ercole. 10 costoro: nelle ottave successive i due crociati vedono raffigurate sulla porta del palazzo storie di uomini famosi (Ercole e Antonio) vinti dall’amore e soggetti alle arti della seduzione femminile. In queste scene scolpite viene resa allegoricamente la condizione di Rinaldo, prigioniero della bella Armida. 11 Le porte qui d’effigiato argento: le sculture sono così perfette da sembrare realtà (cfr. , X, 58-63). 16 né manca questo ancor, s’a gli occhi credi: Purgatorio 9 Poi che lasciàr gli aviluppati calli, in lieto aspetto il bel giardin s’aperse: acque stagnanti, mobili cristalli, fior vari e varie piante, erbe diverse, 20 apriche collinette, ombrose valli, selve e spelonche in una vista offerse; e quel che ’l bello e ’l caro accresce a l’opre, l’arte, che tutto fa, nulla si scopre. ottava 9 Dopo che [Carlo e Ubaldo] lasciarono i sentieri intrecciati ( ), in tutto il suo splendore apparve il bel giardino: esso in un solo colpo d’occhio ( ) mostrò laghetti, limpidi ruscelli, fiori e piante di vario tipo, erbe varie, collinette assolate, valli riparate dal sole, selve e grotte; e, cosa che accresce bellezza e pregio dell’opera, l’artificio, che ottiene qualunque effetto, in nessun modo si percepisce. aviluppati calli in una vista si tratta dei sentieri intrecciati di un labirinto, superati da Carlo e Ubaldo grazie all’aiuto di una mappa fornita loro dal mago d’Ascalona, un vecchio di fede pagana convertitosi al cristianesimo. 17 aviluppati calli: 10 Stimi (sì misto il culto è co ’l negletto) 25 sol naturali e gli ornamenti e i siti. Di natura arte par, che per diletto l’imitatrice sua scherzando imiti. L’aura, non ch’altro, è de la maga effetto, l’aura che rende gli alberi fioriti: 30 co’ fiori eterni eterno il frutto dura, e mentre spunta l’un, l’altro matura. ottava 10 Sia le parti adorne sia i luoghi ti sembrano del tutto ( ) naturali [così bene l’artificiale è mescolato al naturale]. Ciò sembra un espediente ( ) della natura, che per diletto imiti scherzando la sua imitatrice. L’aria, nonché tutti gli altri portenti, l’aria, che rende gli alberi fioriti, è opera della maga: con i fiori eterni anche il frutto dura in eterno e mentre un fiore ( ) spunta, un frutto matura. sol arte l’un secondo una convenzione aristotelica, l’arte imita la natura, ma qui i ruoli sono rovesciati: è la natura che imita l’arte. 27-28 Di natura arte par, che per diletto l’imitatrice… imiti: 11 Nel tronco istesso e tra l’istessa foglia sovra il nascente fico invecchia il fico; pendono a un ramo, un con dorata spoglia, 35 l’altro con verde, il novo e ’l pomo antico; lussureggiante serpe alto e germoglia la torta vite ov’è più l’orto aprico: qui l’uva ha in fiori acerba, e qui d’or l’have e di piropo e già di nèttar grave. 40 ottava 11 Sullo stesso albero e fra le stesse foglie, accanto al fico che nasce matura un altro fico; pendono dallo stesso ramo, uno con la buccia dorata, l’altro verde, il frutto maturo e quello nuovo; dove il giardino è più soleggiato la contorta vite lussureggiante serpeggia ( ) in alto e germoglia: qui essa ha sia l’uva acerba in fiore, sia quella di colore dorato e rosso vivo ( ) e già matura ( ). serpe d’or l’have e di piropo di nèttar grave pietra preziosa di colore rosso. 40 piropo: 12 Vezzosi augelli infra le verdi fronde temprano a prova lascivette note; mormora l’aura, e fa le foglie e l’onde garrir che variamente ella percote. Quando taccion gli augelli alto risponde, 45 quando cantan gli augei più lieve scote; sia caso od arte, or accompagna, ed ora alterna i versi lor la musica òra. ottava 12 Graziosi uccelli fra i verdi rami accordano a gara ( ) note seducenti; la brezza ( ) mormora, e fa risuonare le foglie e le acque che in vari modi colpisce. Quando tacciono gli uccelli, [la brezza] spira più forte, quando cantano si muove ( ) più leggermente; che sia per caso o volutamente, l’aria ( ) melodiosa ora accompagna, ora si alterna al canto degli uccelli. temprano a prova l’aura scote òra 13 Vola fra gli altri un che le piume ha sparte di color vari ed ha purpureo il rostro, 50 la lingua snoda in guisa larga, e parte la voce sì ch’assembra il sermon nostro. Questi ivi allor continovò con arte tanta il parlar che fu mirabil mostro. Tacquero gli altri ad ascoltarlo intenti, 55 e fermaro i susurri in aria i venti. ottava 13 Fra gli altri uccelli ne vola uno che ha piume variegate ( ) e ha il becco ( ) rosso, e snoda la lingua in modo ampio, e distribuisce ( ) la voce in tal maniera da farla somigliare ( ) alla parlata umana. Esso allora continuò con tale abilità il suo parlare che fu per noi un prodigio straordinario ( ). Tacquero gli altri uccelli, intenti ad ascoltarlo, e nell’aria i venti arrestarono i loro mormorii. sparte di color vari rostro parte assembra mirabil mostro è un pappagallo. 49-50 Vola… rostro: è un arcaismo richiesto dalla misura dell’endecasillabo. 53 continovò: 14 «Deh mira» egli cantò «spuntar la rosa dal verde suo modesta e verginella, che mezzo aperta ancora e mezzo ascosa, quanto si mostra men, tanto è più bella. 60 Ecco poi nudo il sen già baldanzosa dispiega; ecco poi langue e non par quella, quella non par che desiata inanti fu da mille donzelle e mille amanti. ottava 14 «Oh guarda» egli disse «spuntare dal suo stelo la rosa piccola e ancora in bocciolo, che, ancora per metà aperta e per metà chiusa ( ), quanto meno si mostra è tanto più bella. Ecco che poi distende i suoi petali ormai spavalda; ecco che poi appassisce e non sembra la stessa, non sembra più quella che in precedenza fu desiderata da mille fanciulle e mille amanti. ascosa 15 Così trapassa al trapassar d’un giorno 65 de la vita mortale il fiore e ’l verde; né perché faccia indietro april ritorno, si rinfiora ella mai, né si rinverde. Cogliam la rosa in su ’l mattino adorno di questo dì, che tosto il seren perde; 70 cogliam d’amor la rosa: amiamo or quando esser si puote riamato amando». ottava 15 Così muore, con il morire di un giorno, la bellezza e la giovinezza ( ) della vita mortale; e sebbene la primavera ritorni, il fiore non ritrova più la sua bellezza ( ) e la sua giovinezza ( ). Cogliamo la rosa nel bel mattino di questo giorno, perché presto perde il proprio fascino ( ); cogliamo la rosa dell’amore: amiamo ora fin quando si può essere riamati amando». il fiore e ’l verde si rinfiora si rinverde il seren l’allitterazione esprime con efficacia e crescente intensità il motivo dell’abbandono erotico. Abbiamo già trovato nei versi finali del coro del primo atto dell’ ( T5, p. 996) lo stesso invito ad amare, ispirato da un carme di Catullo (V, 4-6). 71-72 amiamo… amando: Aminta ▶ 16 Tacque, e concorde de gli augelli il coro, quasi approvando, il canto indi ripiglia. Raddoppian le colombe i baci loro, 75 ogni animal d’amar si riconsiglia; par che la dura quercia e ’l casto alloro e tutta la frondosa ampia famiglia, par che la terra e l’acqua e formi e spiri dolcissimi d’amor sensi e sospiri. 80 ottava 16 Tacque, e il coro unanime degli uccelli, come se approvasse [le parole del pappagallo], riprende il canto da quel punto. Le colombe raddoppiano i loro baci, e ogni animale si ripropone ( ) di darsi all’amore; sembra che la robusta quercia e il casto alloro e tutta la numerosa famiglia delle piante, sembra che la terra e l’acqua producano ed emanino ( ) dolcissime sensazioni e sospiri d’amore. si riconsiglia formi e spiri l’alloro è detto casto poiché, secondo il mito, in alloro fu tramutata Dafne per sfuggire all’amore di Apollo. 77 ’l casto alloro: 17 Fra melodia sì tenera, fra tante vaghezze allettatrici e lusinghiere, va quella coppia, e rigida e costante se stessa indura a i vezzi del piacere. Ecco tra fronde e fronde il guardo inante 85 penetra e vede, o pargli di vedere, vede pur certo il vago e la diletta, ch’egli è in grembo a la donna, essa a l’erbetta. ottava 17 Fra una melodia così dolce, fra tante attrattive che allettano e seducono, si fa avanti quella coppia, e, seria e impassibile, rende sé stessa insensibile alle tentazioni del piacere. Ecco lo sguardo [dei due] penetra avanti fra ramo e ramo e vede, o gli sembra di vedere, e vede infine ( ) con certezza l’amante e l’amata, [vede] che lui sta in grembo alla donna, e lei in grembo all’erba. pur i due crociati. 83 quella coppia: 18 Ella dinanzi al petto ha il vel diviso, e ’l crin sparge incomposto al vento estivo; 90 langue per vezzo, e ’l suo infiammato viso fan biancheggiando i bei sudor più vivo: qual raggio in onda, le scintilla un riso ne gli umidi occhi tremulo e . ▶ lascivo Sovra lui pende; ed ei nel grembo molle 95 le posa il capo, e ’l volto al volto attolle ottava 18 Lei ha la veste aperta ( ) sul petto, e sparge i capelli scomposti al vento estivo; fa la leziosa, e le lievi gocce di sudore che lo imperlano rendono più vivo il suo volto arrossato: come un raggio [brilla] sull’acqua, negli occhi umidi le risplende un sorriso fremente e sensuale. È china ( ) su di lui; ed egli le posa il capo sul petto morbido, e solleva ( ) il viso verso quello di lei diviso pende attolle TRECCANI ▶ Le parole valgono è una di quelle parole che definiscono (o ambiscono a farlo) i limiti morali dei nostri comportamenti. Se la disposizione alla sensualità appare intemperante, ecco che può scattare il discredito: non a caso il vocabolo si accompagna spesso ad aggettivi che implicano una condanna come o . In tal modo, non è solo l’uomo o la donna che mostra questa attitudine nelle azioni, nelle parole o negli sguardi, ma anche tutto ciò che ha per oggetto argomenti un po’ troppo licenziosi (siano canti, conversazioni o racconti). lascivo Lascivia lascivia insaziabile censurabile lascivo ▶ Per esprimere riprovazione nei confronti di una persona che esibisce comportamenti ritenuti poco onorevoli, possiamo usare tutti questi aggettivi a eccezione di uno; individua quale: dissoluto ; degradato ; libertino ; lussurioso ; depravato ; impudico . 19 e i famelici sguardi avidamente in lei pascendo si consuma e strugge. S’inchina, e i dolci baci ella sovente liba or da gli occhi e da le labra or sugge, 100 ed in quel punto ei sospirar si sente profondo sì che pensi: «Or l’alma fugge e ’n lei trapassa peregrina». Ascosi mirano i duo guerrier gli atti amorosi. ottava 19 e appagando in lei ( ) avidamente gli sguardi eccitati ( ) si consuma e si logora per amore. Armida si china, e ora assapora i dolci baci dagli occhi [pregustandoli con l’immaginazione] e ora li succhia ( ) dalle labbra, e in quel momento si sente lui sospirare profondamente tanto che viene da pensare: «Ora l’anima gli fugge via e trapassa pellegrina in lei». I due guerrieri nascosti osservano gli atti amorosi. in lei pascendo famelici sugge 20 Dal fianco de l’amante (estranio arnese) 105 un cristallo pendea lucido e netto. Sorse, e quel fra le mani a lui sospese a i misteri d’Amor ministro eletto. Con luci ella ridenti, ei con accese, mirano in vari oggetti un solo oggetto: 110 ella del vetro a sé fa specchio, ed egli gli occhi di lei sereni a sé fa spegli. ottava 20 Dal fianco dell’amante pendeva – oggetto inconsueto [per un soldato] – uno specchio ( ) lucido e splendente ( ). Armida si alzò, e pose ( ) fra le mani di lui lo specchio ( ) come ministro scelto ( ) dei riti amorosi. Lei con occhi ( ) ridenti, lui con occhi infiammati [dalla passione], guardano lo stesso oggetto in oggetti diversi: lei si riflette nello specchio ( ), lui si rispecchia ( ) negli occhi sereni di lei. cristallo netto sospese quel eletto luci vetro a sé fa spegli lo specchio è scelto da Tasso come uno strumento di seduzione: adornandosi, Armida accentua il desiderio amoroso di Rinaldo. 108 a i misteri… eletto: classica metafora petrarchesca indicante gli occhi. 109 luci: il volto della donna. 110 un solo oggetto: 21 L’uno di servitù, l’altra d’impero si gloria, ella in se stessa ed egli in lei. «Volgi», dicea «deh volgi» il cavaliero 115 «a me quegli occhi onde beata bèi, ché son, se tu no ’l sai, ritratto vero de le bellezze tue gli incendi miei; la forma lor, la meraviglia a pieno più che il cristallo tuo mostra il mio seno. 120 ottava 21 Rinaldo ( ) si appaga dell’essere schiavo, Armida di dominare, lei di sé stessa e lui di lei. «Rivolgi», diceva il cavaliere, «rivolgi a me quegli occhi con i quali tu, che sei beata, diffondi la tua beatitudine ( ), perché la mia passione ( ) è, se non lo sai, un’immagine fedele delle tue bellezze; il mio cuore ( ) riflette appieno più del tuo specchio ( ) la forma delle tue bellezze e il loro splendore ( ). L’uno bèi incendi miei seno cristallo la meraviglia 22 Deh! poi che sdegni me, com’egli è vago mirar tu almen potessi il proprio volto; ché il guardo tuo, ch’altrove non è pago, gioirebbe felice in sé rivolto. Non può specchio ritrar sì dolce imago, 125 né in picciol vetro è un paradiso accolto: specchio t’è degno il cielo, e ne le stelle puoi riguardar le tue sembianze belle». ottava 22 Deh, poiché ti rifiuti di volgere gli occhi verso di me ( ), potessi tu almeno contemplare com’è bello il tuo stesso ( ) volto; perché il tuo sguardo, che non si appaga in nessun altro oggetto, sarebbe felice se contemplasse sé stesso ( ). Non può lo specchio riflettere un’immagine così dolce, né in un piccolo oggetto può essere contenuto ( ) il paradiso: il cielo è uno specchio degno di te, e solo nelle stelle puoi ammirare la tua bellezza». sdegni me proprio in sé rivolto accolto >> pagina 1032 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici La rappresentazione simbolica dello sviamento e della perdizione morale è affidata da Tasso alle immagini del labirinto e del giardino, emblemi dello smarrimento della ragione e delle false lusinghe dell’edonismo. Dietro la bellezza si nasconde l’inganno: la perfezione del palazzo circolare della maga si riverbera in una fastosa esibizione di opulenza. L’edificio è (v. 1), il giardino è (v. 3) più di ogni altro immaginabile, le porte sono (v. 11), i cardini (v. 12), ma alcuni indizi avvertono della contraddittorietà del luogo, che è chiuso, impenetrabile e depistante: il labirinto invita a entrare con le sue (v. 9) porte, ma è studiato dagli architetti diabolici in modo da non permettere di uscirne, con il suo confuso (v. 6) e le sue (v. 7). ricco adorno d’effigiato argento di lucid’oro cento ordin di loggie oblique vie L’artificio è la spia della presenza demoniaca e tutto è falso per sembrare vero: l’intervento artistico (come quello che ha scolpito le figure sulle porte) non appare poiché la magia non rivela mai sé stessa, proprio come il peccato sempre si cela sotto una scintillante superficie di allettamenti. Il regno dell’illusione Temi nel tempo – Il labirinto e la complessità del mondo Anche il giardino è a prima vista un incanto rigoglioso, che si manifesta nel trionfo di forme apparentemente spontanee. Ma mentre la vita umana, nella sua effimera realtà, è destinata a sfiorire naturalmente ( , vv. 65-66), nel regno di Armida tutto è senza tempo ( , v. 31). L’arte magica della donna infatti falsifica la realtà, alterando il normale corso degli eventi e fissandoli in un presente infinito, separato dal reale, privo di ogni contatto con il mondo esterno. Così trapassa al trapassar d’un giorno / de la vita mortale il fiore e ’l verde co’ fiori eterni eterno il frutto dura La descrizione della natura meravigliosa non è certamente una novità: anzi, possiamo dire che si tratta di un esercizio tra i più diffusi nella letteratura, sia classica sia volgare. L’Eden bucolico e il paesaggio ritratto in un’eterna primavera sono così frequenti da rappresentare spesso una sorta di tirocinio obbligato per il poeta che voglia mostrare le proprie abilità di cesellatore di ambienti e colori. In tempi vicini a Tasso, prima Poliziano (con la descrizione del regno di Venere nelle ) poi Ariosto (con l’isola di Alcina nel ) si erano cimentati nella rappresentazione della natura rigogliosa, fonte di oblio e felicità terrena. Tasso vi aggiunge però il fascino sinistro di una magia peccaminosa, insistendo su un registro voluttuoso, che ha lo scopo di esprimere le attrattive del Male. Infatti, la natura che egli descrive contiene sempre elementi eccessivi e artificiosi, sfarzosi e conturbanti: è l’imitazione di sé stessa, pura arte illusionistica, surreale marchingegno. Le ottave 9 e 10 giocano proprio su questo concettoso (cioè arguto) intreccio di falsa spontaneità e incantesimo: il giardino può sembrare un miracoloso accorgimento della natura, come se questa avesse per scherzo emulato l’arte, che è invece considerata sua imitatrice. In realtà, lo splendido non è altro che un diabolico strumento di inganni, la seducente proiezione di istinti pagani e materialistici, di cui Tasso percepisce al tempo stesso il fascino e l’immoralità. L’insieme di quelle delizie è infatti il parto della creazione magica di Armida, cioè di una maga al servizio del Male: la sua genuinità è solo parvenza studiata per indurre in errore e distrarre in modo fraudolento l’uomo dai doveri e dai princìpi spirituali. topoi Stanze per la giostra Furioso locus amoenus Il giardino e la razionalità offuscata La falsità del contesto è riaffermata dalla presenza del pappagallo, che con le sue piume / (vv. 49-50) si incarica, attraverso la canonica esaltazione della rosa (un motivo costante nella letteratura umanistico-rinascimentale), di diffondere un insinuante messaggio edonistico. Imita il parlare umano e lo fa con tanta abilità da apparire un prodigio, un (v. 54) esotico e adescatore: un altro indizio di subdola sensualità in una scenografia ideata proprio per illudere e disorientare. sparte di color vari mirabil mostro L’accattivante (e diabolico) invito del pappagallo È grazie alle irresistibili malie di una maga tentatrice che Rinaldo si trova segregato dentro questo labirinto del peccato. Vittima dei giochi amorosi di Armida, il cavaliere cristiano è ridotto a imbelle prigioniero, incapace di riaversi dinanzi al […] , al volto e al sorriso della maga (vv. 90, 91 e 94). Del resto, la passione dei due amanti appare chiaramente sbilanciata: lei, artificiosa anche nella passione, (v. 91), lui (v. 98) in un ardore assoluto e crin incomposto infiammato tremulo e lascivo langue per vezzo si consuma e strugge totalizzante. Mentre l’eroe perduto si specchia negli occhi della maga, questa ammira sé stessa in un cristallo (v. 106), simbolo di narcisismo e di lussuria. Si capisce che solo un intervento esterno può sottrarre Rinaldo alla schiavitù dei sensi: è il compito affidato a due valorosi e imperturbabili cristiani, Carlo e Ubaldo, inviati da Goffredo a smascherare la frode ordita da Armida e a ridestare in Rinaldo la coscienza di sé, lo spirito guerriero e il senso del dovere. L’amore figlio della magia >> pagina 1033 Le scelte stilistiche Per esprimere la “realtà finta” del regno di Armida, Tasso ricorre a una serie significativa di campi semantici. Se il rischio per l’uomo è la devianza, il poeta riflette con descrizioni tortuose, labirintiche, serpeggianti, lo stato di Rinaldo sottratto al mondo dell’azione e della guerra che gli compete: lo smarrimento non è possibile se si percorrono vie rette, ma solo se ci si perde nel (vv. 5-6, si noti l’ossimoro) di una bugiarda razionalità. confuso ordin La valenza metaforica del giardino è sottolineata da aggettivi e verbi che intendono enfatizzarne il risvolto profano: nella policromatica varietà degli ornamenti troviamo la vite (v. 37), gli uccelli (v. 41), le note (v. 42), i venti che sussurrano, le colombe che raddoppiano i baci, gli animali che amoreggiano; perfino le piante, la terra e l’acqua danno la sensazione di emanare (v. 80). lussureggiante vezzosi lascivette dolcissimi d’amor sensi e sospiri Il linguaggio della devianza Del resto, lo stile di tutto il brano è giocato su un registro allusivo, volutamente di maniera, ricco di bisticci e giochi di parole (si vedano i vv. 27-28, Di natura arte par, che per diletto / l’imitatrice sua scherzando imiti , o il v. 31, dove compare l’accostamento eterni-eterno , o ancora i vv. 66 e 68, dove il binomio fiore/verde è ripreso dai verbi rinfiora / rinverde ), che preludono ai caratteri della letteratura barocca. Uno stile prebarocco VERSO LE COMPETENZE Comprendere Descrivi lo stato in cui si trova Rinaldo all’arrivo di Carlo e Ubaldo. 1 Soffermati sull’aspetto e sull’atteggiamento di Armida, evidenziando il suo raffinato e studiato metodo di seduzione. 2 Analizzare La descrizione del giardino di Armida contiene molti elementi di aperta o sottintesa sensualità. Individua i particolari che accrescono il carattere sensuale della scena. 3 Quale figura retorica troviamo nel verso (v. 19)? Individua altri due esempi della stessa figura. 4 acque stagnanti, mobili cristalli Il brano è ricco di contrapposizioni: completa la tabella con la parola o l’espressione opposta presente nel testo. 5 (v. 21) ombrose valli (v. 25) il culto (v. 32) spunta l’un (v. 109) luci... ridenti Individua i soggetti dei periodi contenuti nelle ottave 9-13. 6 L’ottava 12 è caratterizzata da accentuate suggestioni sonore. Riconosci in essa le seguenti figure di suono: 7 allitterazioni; – – onomatopee; – anafore; – rime ricche (cioè tra parole che condividono altri fonemi prima dell’ultima vocale tonica); – rime equivoche (cioè tra parole uguali in scrittura, ma dal diverso contenuto semantico). Interpretare Per quale motivo il pappagallo può essere considerato una sorta di simbolo o incarnazione della devianza pagana? 8 scrivere per... confrontare Un giardino altrettanto ammaliante compare nell’ : è il giardino della maga Alcina ( T7, p. 764). Rileggi il brano e metti a confronto i due giardini in un testo espositivo di circa 20 righe: quali sono le analogie e quali le differenze? nella visione del mondo dei due autori che cosa rappresentano questi giardini? 9 Orlando furioso ▶