De monarchia IN BREVE Il (Sulla monarchia) è un (rivolto dunque anch’esso a un pubblico di dotti), senz’altro successivo al 1308 e databile probabilmente al 1312-1313. Esso affronta il tema, di grande attualità e di forte interesse personale per l’autore, della natura della monarchia e dei rapporti tra i due poteri assoluti dell’epoca medievale: l’Impero e il Papato. Si tratta dell’unico trattato dottrinale portato a termine da Dante (diversamente dal e dal , rimasti incompiuti). De monarchia trattato in latino Convivio De vulgari eloquentia L’opera consta di 3 libri, ai quali sono affidati i tre argomenti correlati tra loro. Gli argomenti dei 3 libri Nel viene affermata la per il benessere del mondo: Dio ha voluto che l’uomo facesse parte di organizzazioni statali sempre più vaste per ottenere migliore protezione dall’egoismo e dall’avidità dei singoli. Per conseguire la piena realizzazione delle potenzialità dell’intelletto, l’uomo ha bisogno di una pace autentica, che soltanto un monarca unico può assicurare, impedendo, attraverso un’equanime amministrazione della giustizia, lotte e divisioni tra individui e popoli. primo libro necessità della monarchia universale Nel Dante sostiene che il è per elezione divina il . Per mostrare come l’Impero romano sia stato voluto dalla Provvidenza divina, Dante afferma che il sacrificio di Cristo, affinché potesse essere efficace per redimere l’intera umanità, doveva avvenire in seguito a una sentenza emessa da un’autorità che avesse validità universale. Dunque il fatto che Cristo abbia patito «sotto Ponzio Pilato», cioè sulla base di una condanna pronunciata da un legittimo rappresentante dell’Impero romano, testimonia l’approvazione divina di quell’istituzione. secondo libro popolo romano depositario del potere imperiale Nel si afferma la , che Dante rappresenta per metafora come due soli (  T16, p. 314), splendenti ciascuno di luce propria perché entrambi legittimati dalla volontà divina. Dante contesta così le tesi più diffuse all’epoca in merito ai rapporti tra Chiesa, Impero e regni nazionali: la , che sostiene la dipendenza dell’Impero dalla Chiesa, in quanto quest’ultima avrebbe ricevuto tutto il potere direttamente da Dio per poi trasmettere quello temporale all’imperatore; quella , che prevede la preminenza dell’Impero sulla Chiesa, in quanto sarebbero le armi imperiali a garantire al papa la pace e la difesa necessarie perché egli possa svolgere i propri compiti spirituali; e infine quella , che predica la preminenza del sovrano nazionale sulle istituzioni sovranazionali come Chiesa e Impero (è l’idea sostenuta da Filippo IV di Francia, in polemica con papa Bonifacio VIII, fautore della tesi teocratica). terzo libro reciproca indipendenza tra Impero e Papato ▶ tesi teocratica imperialista regalista Sempre nel terzo libro Dante contesta la legittimità della (  p. 232), un documento che oggi sappiamo falso (scritto molto probabilmente nella seconda metà dell’VIII secolo per consolidare il potere della Chiesa di Roma), ma la cui autenticità a quei tempi non era messa in discussione. In questo documento, che veniva attribuito a Costantino, l’imperatore concedeva a papa Silvestro I e ai suoi successori la sovranità su Roma e su larga parte dei territori italiani dell’Impero d’Occidente. Dante dimostra, attraverso argomenti di tipo giuridico, che Costantino non avrebbe potuto alienare una parte dell’Impero e come la Chiesa, a sua volta, non fosse legittimata a riceverla. Donazione di Costantino ▶ L'opera, scritta in latino, si compone di tre libri. Dante sviluppa la teoria dei « »: l' e il . due soli Impero Papato Il è un’opera di notevole coerenza teorica, con la quale Dante mostra la sua cultura e capacità di riflessione filosofica. Già nel proemio l’autore insiste sull’ , riferendosi alle «novità mai trattate da altri» e precisando la sua intenzione di procedere, per mezzo di ragionamenti del tutto speculativi e dimostrativi, all’analisi dei temi su cui sono incentrati i 3 libri. Il sogno utopico di un mondo pacificato De monarchia originalità del tema Dante intuisce perfettamente che l’avvento di una è di difficile realizzazione in quei tempi tormentati e caratterizzati da radicati odi di parte ed estesa conflittualità politica. Tuttavia non rinuncia a insistere su questa prospettiva, che vede come la sola capace di condurre gli esseri umani alla felicità terrena. monarchia universale Dante è consapevole dell' del tema dell'opera e della dei suoi ideali. originalità difficile realizzazione  >> pagina 285 Come il , anche il è un’opera che mira all’ (in questo caso più specificamente politico) , capace di contribui­re al rinnovamento della società e all’abbattimento della corruzione. Lo scopo del trattato Convivio De monarchia indottrinamento di una nuova classe dirigente Le circostanze dell’incoronazione dell’imperatore sono lo sfondo della stesura dell’opera, che non nasconde l’indignazione per l’usurpazione dell’autorità imperiale praticata dai «dominanti in Roma», cioè dai pontefici, da quando nel corso del Duecento l’Impero, in forte crisi, ha perso il controllo sull’Italia. Il poeta è infatti convinto – fondandosi su precisi argomenti giuridici e teologici – che l’elezione dell’imperatore debba rispondere soltanto a Dio. Arrigo VII di Lussemburgo Dante vuole una nuova classe dirigente e l'autorità dell'Impero, usurpata in Italia dai pontefici. formare ristabilire T15 Papa e imperatore: i «due soli» , III, 15, 7-13 De monarchia In  Purgatorio , XVI, 106-108 Marco Lombardo (un personaggio collocato da Dante tra gli iracondi) lamenta: «Soleva Roma, che ’l buon mondo feo, / due soli aver, che l’una e l’altra strada / facean vedere, e del mondo e di Deo». Cioè: Roma, che civilizzò il mondo, era solita avere due guide capaci di illuminare il suo duplice percorso, quello terreno e quello divino. La prima guida è l’imperatore, la seconda il papa. Lo stesso concetto è espresso nel passo conclusivo del  De monarchia , che qui riportiamo in traduzione. Due poteri separati L’ineffabile Provvidenza ha posto dunque innanzi all’uomo due fini cui tendere: la  felicità di questa vita, che consiste nell’esplicazione della propria specifica facoltà,  ed è simboleggiata nel paradiso terrestre, e la felicità della vita eterna, che consiste  nel godimento della visione di Dio, e costituisce il paradiso celeste; a essa quella        facoltà specifica dell’uomo non può elevarsi senza il soccorso della luce divina. 5 A queste due beatitudini, come a due fini diversi, occorre giungere con mezzi  diversi. Alla prima infatti perveniamo per mezzo degli insegnamenti filosofici,   1 purché li mettiamo in pratica operando secondo le virtù morali e intellettuali; alla  seconda invece perveniamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascendono      la ragione umana, purché li seguiamo operando secondo le virtù teologiche della  10 fede, speranza e carità. 2 Sebbene quel fine e quei mezzi naturali ci siano stati additati dalla ragione  umana, quale si è manifestata a noi compiutamente attraverso i filosofi, e sebbene  quel fine e quei mezzi soprannaturali ci siano stati indicati dallo Spirito Santo, che      ci ha rivelato la verità soprannaturale a noi necessaria attraverso i profeti, gli scrittori  15 ispirati, Gesù Cristo, figlio di Dio a lui coeterno, e i suoi discepoli, tuttavia  3 la cupidigia umana indurrebbe a dimenticarli, se gli uomini, come cavalli spinti  dalla loro bestialità a percorrere vie traverse, non fossero trattenuti sulla retta strada  «con la briglia e con il freno». sono i dettami della ragione umana, che, in base all’osservazione della natura, giunge alla conoscenza e all’amore di Dio. 1 insegnamenti filosofici: sono le tre virtù teologali. 2 fede, speranza e carità: in base al credo cattolico, Cristo (il Figlio) è eterno come Dio Padre. 3 coeterno:     Per questo l’uomo ebbe bisogno di una duplice guida, in corrispondenza del  20 duplice fine, cioè del Sommo Pontefice, per condurre il genere umano alla vita  eterna mediante la dottrina rivelata, e dell’Imperatore, per dirigere il genere umano  alla felicità terrena attraverso gli insegnamenti della filosofia. E siccome a questo porto della felicità terrena nessuno o pochi, e anche questi      con eccessiva difficoltà, potrebbero approdare, se il genere umano – sedati i flutti  25 della    esposta a ogni seduzione – non riposasse libero nella tranquillità  ▶ cupidigia della pace, il governatore del mondo, detto Principe Romano, deve tendere con  tutte le sue forze a questo scopo, cioè a far sì che in questa aiuola umana si possa  vivere nella libertà e nella pace.     E siccome la disposizione di questo mondo è conseguenza della disposizione  30 propria dei moti celesti, affinché le utili iniziative imperiali di libertà e di pace  4 possano trovare applicazione adatta ai luoghi e ai tempi, è necessario che quel  governatore del mondo sia stabilito da chi ha una visione complessiva e immediata  della disposizione globale dei cieli.     Ora questi è soltanto Colui che ha preordinato tale disposizione come mezzo  35 per poter subordinare provvidenzialmente tutte le cose ai suoi piani. Ma se è così,  solo Dio elegge, egli solo conferma, non avendo altri superiori a sé. TRECCANI ▶ Le parole valgono A San Valentino è tutto un trionfare di bambinelli riccioluti e paffuti, pronti a scagliare le loro frecce all’indirizzo di giovani destinati a innamorarsi. Questi putti sono la “versione aggiornata” del dio greco Eros chiamato dai romani Cupido (con l’accento sulla ), simbolo e incarnazione del desiderio d’amore. Da Cupido a il passo è breve, anche se poco felice, visto che con il vocabolo non intendiamo un’aspirazione o una brama inoffensiva, ma un’avidità sfrenata di ricchezze e di possesso. cupidigia i cupidigia cupidigia ▶ Il suffisso -igia si utilizza per formare anche altri sostantivi derivati da aggettivi: indica il significato di ingordigia e alterigia . Dante parla qui di una corrispondenza di natura cosmologica, nel senso che i corpi celesti esercitano un influsso sulle condizioni climatiche, sulle stagioni e sui fenomeni naturali della Terra, nonché sulle forme, sui caratteri e sui movimenti degli esseri che la popolano. 4 E siccome la disposizione… moti celesti:  >> pagina 286  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Dante afferma in modo convinto e risoluto la necessità di tenere separati il potere dell’imperatore e quello del papa: poiché gli ambiti di pertinenza delle loro rispettive autorità sono diversi, non c’è ragione per cui si debba creare una sovrapposizione, che può essere molto dannosa. In , XVI, 104 l’autore ribadirà che questa confusione tra i due poteri «è la cagion che ’l mondo ha fatto reo», cioè è il motivo che determina il disordine dei tempi presenti. L’autorità dell’imperatore e quella del papa derivano entrambe direttamente da Dio: l’imperatore dovrà manifestare rispetto nei confronti del sommo pontefice e quest’ultimo non dovrà intromettersi nelle questioni temporali. Sono idee assai nuove per quei tempi. Purgatorio La separazione dei poteri Le scelte stilistiche Dante mette qui in campo un procedimento espositivo tipicamente medievale: quello deduttivo, che consiste nel partire da alcuni princìpi astratti – affermati in maniera, se vogliamo, aprioristica, cioè senza fornire prove concrete della verità di ciò che si afferma – per poi passare a elencarne le conseguenze. Per esempio si afferma che la […] […] (rr. 1-3). Su questa base, dopo altri passaggi logici, viene sostenuta la necessità delle due guide relative a tali ambiti, l’imperatore e il papa. Chiaramente un simile modo di argomentare risulta efficace nella misura in cui i lettori condividono le premesse dell’autore: qui, quelle di una visione cristiana del mondo e dell’essere umano. Provvidenza ha posto innanzi all’uomo due fini cui tendere: la felicità di questa vita e la felicità della vita eterna L’argomentazione filosofica  >> pagina 287  VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE In che cosa consiste la (r. 2)?   1 esplicazione della propria specifica facoltà Che cosa simboleggiano rispettivamente il (r. 3) e il (r. 4)?   2 paradiso terrestre paradiso celeste Qual è per Dante il compito del papa? E quale quello dell’imperatore?   3 ANALIZZARE Su quale figura retorica si basa l’immagine degli (rr. 17-18)?   4 uomini, come cavalli spinti dalla loro bestialità a percorrere vie traverse (r. 28): di quale figura retorica si tratta? 5 Aiuola umana INTERPRETARE (r. 24); (r. 25): perché Dante sceglie metafore legate al mare? 6 Porto della felicità sedati i flutti Educazione CIVICA – Spunti di realtà I rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa hanno conosciuto, sin dall’Unità nazionale, momenti di forte conflitto. Solo nel 1929 i Patti lateranensi sancirono il reciproco riconoscimento tra il Regno d’Italia e il Vaticano e prescrissero la religione cattolica come unica religione di Stato. L’ conferma tali accordi ( ), ma nell’ si chiarisce che e hanno diritto di organizzarsi, nel rispetto dell’ordinamento giuridico italiano. Il nuovo Concordato, firmato nel 1984, stabilisce inoltre che la religione cattolica non è più considerata come sola religione dello Stato italiano e che il suo insegnamento nelle scuole è facoltativo. articolo 7 della Costituzione italiana «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani» articolo 8 tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge • Guardando all’odierna realtà socio-politica italiana e internazionale, ti sembra che la distinzione tra potere politico e potere religioso sia un obiettivo raggiunto? In quali situazioni e attraverso quali modalità rischia ancora oggi di verificarsi una confusione tra le due sfere? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 30 righe. Altre opere minori IN BREVE Di Dante ci rimangono anche 13 in latino: la quinta, la sesta e la settima riguardano la discesa di Arrigo VII in Italia, mentre la tredicesima (del 1316) è indirizzata a Cangrande della Scala e contiene la dedica del .  Epistole Paradiso Abbiamo poi, ancora, 2 in esametri latini, un libello, sempre in latino, intitolato (Disputa sull’acqua e sulla terra), in cui l’autore confuta la teoria aristotelica in base alla quale in alcuni punti del globo le acque sarebbero più alte delle terre emerse, nonché due opere giovanili in volgare, di gusto allegorico tipicamente medievale, la cui autenticità è stata a lungo discussa (ma poi autorevolmente sostenuta dal filologo Gianfranco Contini): il , un poemetto costituito da 232 sonetti che rielabora il , e il , un poemetto didattico in distici di settenari (di cui ci restano solo 480 versi). Egloghe Questio de aqua et terra Fiore Roman de la Rose Detto d’amore Tra le altre opere spiccano le sulla , quella con la a Cangrande della Scala. Epistole discesa di Arrigo VII dedica del Paradiso   Testi plus – Epistola a Cangrande della Scala