T5 Alla posterità , XVIII, 1 Seniles Testimonianza della volontà di Petrarca di accreditare presso i lettori un’immagine di sé coerente e in parte idealizzata è l’epistola (Alla posterità). Il testo – scritto tra il 1350 e il 1355, ma rielaborato vent’anni dopo, senza che l’autore gli abbia mai dato una veste definitiva – era destinato a chiudere la raccolta delle , ma è rimasto incompiuto. Ne riportiamo la parte iniziale. Posteritati Seniles Il ritratto di sé Forse ti accadrà di udire qualcosa di me, per quanto sia dubbio che il mio nome piccolo e oscuro possa giungere lontano nello spazio e nel tempo. E forse desidererai conoscere che uomo fossi o quali fossero gli eventi delle mie opere, soprattutto di quelle la cui fama sia giunta sino a te o di cui tu abbia sentito vagamente parlare. Riguardo al primo punto le opinioni degli uomini saranno sicuramente 5 diverse, ché ciascuno parla non sotto la spinta della verità, ma del capriccio, e non c’è misura né per la lode né per il biasimo. Io fui dunque uno del vostro gregge, 1 omiciattolo mortale, d’origine non troppo grande né troppo bassa, d’antica famiglia come di sé dice Cesare Augusto, e, quanto al temperamento, d’animo 2 non impudico né cattivo se non mi avesse nociuto una consuetudine. 10 3 ▶ contagiosa L’adolescenza mi illuse, la giovinezza mi traviò, ma la vecchiaia mi corresse e, con l’esperienza, mi rese convinto di quanto avevo letto tanto tempo prima: perché vani sono i piaceri della giovinezza; ed anzi me lo insegnò Colui che creò tutte le età e tutti i tempi, e che talora permette che, tronfi di nulla, i miseri mortali 4 5 vadano fuori strada perché possano, anche se tardi, conoscere se stessi e i propri 15 peccati. Da giovane ebbi un fisico non troppo forte, ma di grande destrezza. Non mi vanto d’avere avuto una straordinaria bellezza, ma tale che nei miei anni più fiorenti poteva piacere: fui di color vivo tra il bianco ed il bruno; ebbi sguardo vivace e per moltissimi anni acutissimo, ma che inaspettatamente mi tradì dopo i sessanta, costringendomi, con riluttanza, a ricorrere all’aiuto delle lenti. La 20 vecchiaia piombò di colpo in un corpo che era stato sempre sanissimo, e lo assalì con la consueta schiera delle malattie. Ebbi sempre grande disprezzo per le ricchezze, e non perché non le desiderassi, ma perché avevo in odio le preoccupazioni e gli affanni che ne sono inseparabili compagni. 25 Non ebbi le possibilità, né la preoccupazione, di imbandire grandi tavole; contento di un tenue vitto e di cibi ordinari ho comunque trascorso la vita più lietamente 6 che tutti i successori di Apicio con le loro squisitissime vivande; del resto 7 quelli che si chiamano banchetti (e sono gozzoviglie, nemiche del vivere misurato e costumato) mi sono sempre dispiaciuti: e mi è parsa una fatica inutile invitarvi 30 gli altri o, dagli altri, esservi invitato. Mi è piaciuto invece pranzare con gli amici, e mi è piaciuto a tal punto da non provare nulla di più gradito dell’averli a tavola e mai, di mia volontà, ho mangiato senza compagnia. TRECCANI Le parole valgono ▶ La pandemia di Covid-19 ci ha insegnato che, quando dilaga un’epidemia, dobbiamo limitare il contatto fisico. La malattia si trasmette con la vicinanza ed è appunto anche chi involontariamente trasforma un abbraccio o un bacio in una minaccia. Fortunatamente il non è solo una sciagura: può essere allegramente anche un comportamento o un modo di pensare che si comunica facilmente con l’esempio e con l’imitazione. contagioso contagioso contagio contagioso ▶ Scrivi una frase in cui l’aggettivo contagioso assume una connotazione simpatica e positiva. : un uomo come voi. 1 uno… gregge : dallo storico latino Svetonio (ca 70-140 d.C.), (Augusto, 2-3). 2 come di sé dice Cesare Augusto Vite dei Cesari : lascivo, sensuale. 3 impudico : Dio (perifrasi). 4 Colui… tempi : orgogliosi senza motivo. 5 tronfi di nulla : alimentazione frugale. 6 tenue vitto : i golosi. Marco Gavio Apicio (I sec. a.C. - I d.C.) fu un famoso buongustaio, autore di un ricettario dal titolo (Sulla cucina). 7 i successori di Apicio De re coquinaria Nulla mi è mai tanto dispiaciuto quanto il fasto, e non solo perché si tratta di un vizio contrario all’umiltà, ma anche perché oneroso e nemico della quiete. 35 8 Nell’adolescenza fui tormentato da un amore ardentissimo, ma fu l’unico e fu casto, e più a lungo ne sarei stato tormentato se una morte acerba ma provvidenziale 9 10 non avesse estinto quel fuoco già declinante. Potrei dire, e lo vorrei, d’essere stato senza libidine, ma se lo dicessi, mentirei. Questo posso dire senza esitazioni: d’avere sempre dentro di me questa bassezza, pur essendovi spinto dal 40 ▶ esecrato fuoco dell’età e del temperamento. Ma quando fui sui quarant’anni, pur essendo ancora nel pieno delle forze, allontanai da me non solo quell’atto osceno, ma il suo totale ricordo, a tal punto che posso dire di non aver più guardato una donna. Cosa questa che pongo tra le mie maggiori felicità e non posso che ringraziare Iddio che mi liberò, ancora integro e vigoroso, da una servitù tanto bassa e da me 45 sempre odiata. Ma passo ad altro. La superbia la conobbi in altri, non in me, e per quanto piccolo, mi sono giudicato ancor più piccolo. L’ira danneggiò assai spesso me stesso, mai gli altri. Non ho esitazioni a farmi vanto (so di dire la verità) di un animo sdegnosissimo, 50 ma prontissimo a dimenticare le offese e a ricordare invece i benefici. Fui desiderosissimo di oneste amicizie e le coltivai con grandissima lealtà. Ma questo è il supplizio di chi invecchia: di dover piangere continuamente la scomparsa dei propri cari. Ebbi la fortuna, sino all’invidia, di godere della dimestichezza dei prìncipi e dei re e dell’amicizia delle persone altolocate. Cercai comunque di 55 tenermi lontano da molti di costoro, che pure amavo assai; tanto fu in me radicato l’amore per la libertà da evitare con ogni cura chi mi pareva fosse contrario anche al suo nome soltanto. I più grandi sovrani del mio tempo mi amarono e mi onorarono; il perché non lo so: riguarda loro. Con alcuni d’essi fui poi in tali rapporti che, in certo modo, furono loro a stare con me; e dalla loro altezza non 60 ebbi fastidio alcuno, ma ne trassi molti vantaggi. Fui d’intelligenza piuttosto equilibrata che acuta, adatta ad ogni studio buono e salutare, ma particolarmente disposta alla filosofia morale e alla poesia. Quest’ultima, con il procedere del tempo, l’ho abbandonata, preferendo le lettere sacre, nelle quali ho avvertito una nascosta dolcezza che per qualche tempo avevo 65 disprezzato, preso com’ero dalla poesia intesa come puro ornamento. TRECCANI ▶ Le parole valgono Se vogliamo esprimere in modo netto e incisivo l’orrore provato verso una persona o un fatto che ci ripugna moralmente, dobbiamo usare il verbo . Ma facciamolo con cautela: se abbiamo qualcosa o qualcuno, abbiamo manifestato un disprezzo definitivo, senza rimedio. Come dice l’etimologia del verbo, lo abbiamo spogliato della sua sacralità, mostrandone – come fosse una maledizione – la volgare indegnità. esecrato esecrare esecrato ▶ Tra i verbi seguenti, individua quale non è un sinonimo di esecrare : aborrire ; deplorare ; disprezzare ; sconfessare . : impegnativo, esigente, anche dal punto di vista economico. 8 oneroso : prematura. 9 acerba : Petrarca qui giudica addirittura provvidenziale la morte di Laura perché essa l’ha liberato dai risvolti meno nobili del suo amore per lei. 10 provvidenziale Tra le mie molte attività, mi sono singolarmente dedicato alla conoscenza del mondo antico, perché questo nostro tempo mi è sempre dispiaciuto; e se l’amore per i miei cari non mi spingesse in altro senso, direi che ho sempre desiderato d’essere nato in qualsiasi altro tempo, e mi sono comunque sforzato di dimenticare 70 questa età, sempre inserendomi spiritualmente in altre. Per questo mi sono sempre piaciuti gli storici; pur deluso, talora, dalla loro discordanza, nel dubbio ho seguito o la verosimiglianza degli eventi o il prestigio dell’autore. Il mio dire, come a taluno è parso, fu chiaro e potente; a mio parere, fragile e oscuro. Del resto nella mia conversazione quotidiana con amici e familiari non 75 mi sono mai preoccupato di apparire eloquente e mi meraviglio, anzi, che tale 11 preoccupazione avesse un uomo come Cesare Augusto. 12 Quando la questione o la circostanza o la persona che m’ascoltava parevano esigere altro, mi sono provato ad alzare un poco il tono; con quale risultato non so: ne giudichino coloro di fronte ai quali parlai. 80 Per quanto mi riguarda, pur ché abbia vissuto bene, poco mi curo di come abbia parlato: gloria inane è cercare la fama dal solo splendore delle parole. 13 : abile ed elegante nel parlare. 11 eloquente : Svetonio, (Augusto, 87). 12 tale preoccupazione… Augusto Vite dei Cesari : vana. 13 inane >> pagina 375 ANALISI ATTIVA I contenuti tematici L’autore propone con questo testo quasi una biografia ufficiale di sé stesso. Inizia offrendo notizie sulla famiglia d’origine, poi si sofferma sul proprio carattere, sulle proprie debolezze e virtù, senza rinunciare a una breve descrizione fisica. Ripercorre poi le tappe della propria esistenza evidenziandone le luci ma anche le ombre. Il chiaroscuro di una vita Che cosa significa che l’animo del poeta fu (rr. 9-10)? 1. non impudico né cattivo se non mi avesse nociuto una contagiosa consuetudine Quando afferma che l’adolescenza lo illuse (r. 11) si riferisce probabilmente ai sogni di gloria, peraltro almeno parzialmente realizzati: si pensi alla grande fama che ottenne già in vita. Giunge successivamente a riconoscere la […] (rr. 54-55). In altre parole, è consapevole del pieno successo della propria carriera di intellettuale, apprezzato e onorato negli ambienti socialmente più elevati. Inoltre l’autore distingue nettamente tra un e (rr. 36-37), evidentemente quello per Laura, e la (r. 39), cioè una ricerca del piacere fine a sé stessa. fortuna di godere della dimestichezza dei prìncipi e dei re e dell’amicizia delle persone altolocate amore ardentissimo casto libidine Il successo mondano e i due tipi di amore Quando Petrarca scrive: (r. 11), a quale aspetto della vita allude con molta probabilità? 2. la giovinezza mi traviò A che età l’autore afferma di aver superato le tentazioni erotiche? 3. Qual è il momento culminante della carriera letteraria di Petrarca e, in un certo senso, dell’intero resoconto autobiografico? perché? 4. Che cosa significa la frase: (r. 82)? 5. gloria inane è cercare la fama dal solo splendore delle parole La descrizione che Petrarca fa di sé stesso è obiettiva o rivela un intento di autodifesa? Rispondi, ricorrendo a opportune citazioni dal testo che esemplifichino le intenzioni dell’autore. 6. >> pagina 376 Le scelte stilistiche Il genere letterario a cui appartiene il testo è quello della lettera, impostata sul modello dell’epistolografia classica. Il tono è di tipo colloquiale, quasi si trattasse di una confidenza della quale chi scrive vuole mettere a parte il lettore. Lo si vede già a partire dall’ incipit : Forse ti accadrà di udire qualcosa di me […] . E forse desidererai conoscere che uomo fossi o quali fossero gli eventi delle mie opere (rr. 1-3). Il genere epistolare A correzione della prima frase ( ), l’autore scrive subito dopo: . Quale atteggiamento retorico configura questa specificazione? 7. Forse ti accadrà di udire qualcosa di me per quanto sia dubbio che il mio nome piccolo e oscuro possa giungere lontano nello spazio e nel tempo Nell’espressione […] (rr. 74-75), quale figura retorica è utilizzata, e a quale scopo? 8. fu chiaro e potente fragile e oscuro Svolgi una breve ricerca per individuare a quale autore latino Petrarca si ispira principalmente per le sue epistole. Scrivi un testo di presentazione di circa 20 righe. 9. Scrivere per ESPORRE Scrivi un testo di circa 20 righe in cui fornisci il ritratto di te stesso, seguendo lo schema narrativo di Petrarca; puoi corredare il testo anche di fotografie e immagini, motivando le tue scelte. 10. Scrivere per RACCONTARE Raffaello, (particolare con Corinna e Francesco Petrarca), 1510-1511. Città del Vaticano, Musei Vaticani. Parnaso Altre opere in latino IN BREVE Oltre al e alle lettere, Petrarca scrive molte altre opere in latino, sia in versi sia in prosa, a conferma che dall’uso di questa lingua si attendeva la fama: non a caso, in un’occasione dichiarò a Boccaccio di riservare a Dante la palma del volgare, mentre aspirava per sé a ottenere quella, più ambita ed elevata, dell’idioma usato dagli amati scrittori romani. Secretum La più importante tra queste opere è il . Composto a partire dal 1338, ma rimasto incompiuto al IX libro (mentre il progetto iniziale ne prevedeva 11), il poema segue il modello dell’ di Virgilio e racconta la , celebrandone il protagonista, Scipione l’Africano, vincitore sul cartaginese Annibale. L’opera, alla quale aveva affidato le sue speranze di gloria letteraria, non presenta un ritmo narrativo unitario, ma : in esse, alla luce della propria personale sensibilità cristiana, Petrarca affronta il motivo della e quello della , soggetta al tempo e alla morte. I testi latini in versi poema epico in esametri Africa Eneide Seconda guerra punica una serie di scene liriche precarietà dei successi mondani labilità di ogni realtà terrena Il (Carme bucolico) è una composte tra il 1346 e il 1348, sul modello delle di Virgilio. Sotto il travestimento pastorale l’autore passa in esame, con un approccio allegorico di non facile lettura, varie questioni, tra le quali campeggia la critica alla curia avignonese, oggetto di dura polemica. Bucolicum carmen raccolta di 12 egloghe Bucoliche In versi sono anche i sette (Salmi penitenziali), composte durante la peste del 1348, in un periodo di crisi, segnato dalla morte di Laura. “In mezzo alle mie miserie”, come egli stesso scrive, il poeta prende a modello i versetti del Libro dei Salmi dell’Antico Testamento e supplica Dio di dargli forza per liberarsi dai peccati e dalle passioni terrene. Psalmi poenitentiales 7 preghiere L’ è un sulla seconda guerra punica; affronta il tema della precarietà dei successi terreni. Il è una raccolta di pastorali. I sono scritte durante la peste. Africa poema epico Bucolicum Carmen egloghe Psalmi poenitentiales preghiere >> pagina 377 In latino, ma in prosa, sono altre opere scritte da Petrarca: quelle di , i trattati e i dialoghi filosofico-morali e i testi di natura polemica. Alla prima categoria appartengono il (Gli uomini illustri), una raccolta incompiuta di biografie di celebri personaggi del mondo antico, presentati come esempi di virtù, e i (Libri di fatti memorabili), in quattro libri, una rassegna di aneddoti tratti da fonti letterarie e storiche, sulla scia della tradizione medievale degli . I testi latini in prosa argomento storico De viris illustribus Rerum memorandarum libri exempla Di maggior rilievo solo i . Il (La vita solitaria), diviso in due libri scritti tra il 1346 e il 1356, esalta la scelta della solitudine come condizione privilegiata. Alla caotica vita della città Petrarca oppone l’ dei romani, ovvero la rinuncia agli incarichi pubblici e la ricerca della . La solitudine, dunque, non va confusa con la vita contemplativa religiosa né con l’ascetico isolamento dal mondo: essa è piuttosto la condizione serena di chi percorre, attraverso la conoscenza di sé, i sentieri che portano alla . trattati di argomento morale De vita solitaria otium quiete operosa degli studi letterari libertà interiore Diverso è l’approccio nel (La quiete della vita religiosa), un trattato, anch’esso in diviso in due libri, composto durante la Quaresima del 1347. Qui Petrarca celebra la , lontana da ogni preoccupazione mondana e dalle lusinghe carnali, che traviano l’uomo allontanandolo dalla beatitudine divina. De otio religioso vita monastica Scritto tra il 1356 e il 1366, il (I rimedi della buona e della cattiva sorte) è organizzato in una serie di dialoghi suddivisi in 2 libri che contengono rispettivamente 122 tra Ragione, Gaudio e Speranza e 131 dialoghi tra Ragione, Dolore e Timore. Il primo libro raccoglie riflessioni sulle vicissitudini che anche la può determinare, e sul modo di superarle; il secondo affronta, secondo lo stesso schema, le questioni relative alla . Petrarca modella questo trattato su un esempio classico, il attribuito a Seneca. L’opera ha uno straordinario successo in tutta Europa fino al Settecento, come testimoniano i numerosi codici manoscritti e le successive edizioni a stampa. De remediis utriusque fortunae dialoghi buona fortuna cattiva sorte De remediis fortuitorum Un ultimo gruppo di scritti latini in prosa è infine costituito dalle composte durate la maturità. Tra queste, ricordiamo le (Invettive contro un medico, 1352-1355), nelle quali rivendica la superiorità del sapere umanistico rispetto a quello scientifico, e il (Sull’ignoranza propria e di molti, 1367), nel quale replica alle accuse formulate da quattro giovani padovani che gli rimproveravano uno scarso interesse per il pensiero di Aristotele, sottolineando la propria concezione etica della cultura, basata sulla conciliazione tra la letteratura pagana e la verità cristiana. opere polemiche Invectivae contra medicum quendam De sui ipsius et multorum ignorantia Petrarca ha scritto testi di argomento storico e, più rilevanti, di . Il esalta la vita dedita agli studi letterari. Il è una serie di dialoghi su come affrontare la buona e la cattiva sorte. argomento morale De vita solitaria De remediis utriusque fortunae La copia dei manoscritti, qui rappresentata in una miniatura del XV secolo, era una delle attività previste dalla vita monastica.