T3 Lo scopo del libro , Decameron Proemio Il è un’opera dall’organizzazione estremamente complessa, in cui si intreccia una straordinaria pluralità di voci e di forme di racconto. L’architettura del libro prevede un nel quale l’autore espone le proprie intenzioni, preoccupato da subito di dare uniformità concettuale e ideologica a un libro che raccoglie cento novelle e che quindi, a prima vista, potrebbe sembrare frammentario. Parlando in prima persona, Boccaccio racconta la propria esperienza e da questa trae spunto per spiegare l’obiettivo della sua opera: contribuire ad alleviare le sofferenze delle donne prigioniere della passione amorosa. Decameron Proemio Un rimedio per le pene d’amore COMINCIA IL LIBRO CHIAMATO DECAMERON, COGNOMINATO PRENCIPE  GALEOTTO, NEL QUALE SI CONTENGONO CENTO NOVELLE IN DIECE DÌ  1 2 DETTE DA SETTE DONNE E DA TRE GIOVANI UOMINI. Umana cosa è aver compassione degli afflitti: e come che a ciascuna persona        stea bene, a coloro è massimamente richesto li quali già hanno di conforto  5 3 avuto mestiere e hannol trovato in alcuni; fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe  4 bisogno o gli fu caro o già ne ricevette piacere, io sono uno di quegli. Per ciò  che, dalla mia prima giovanezza infino a questo tempo oltre modo essendo  5 acceso stato d’altissimo e nobile amore, forse più assai che alla mia bassa  6     condizione non parrebbe, narrandolo, si richiedesse, quantunque appo coloro che  10 7 discreti erano e alla cui notizia pervenne io ne fossi lodato e da molto più  reputato, nondimeno mi fu egli di grandissima fatica a sofferire, certo non per  8 9 crudeltà della donna amata, ma per soverchio fuoco nella mente concetto da  poco regolato    : il quale, per ciò che a niuno convenevole termine mi  ▶ appetito 10     lasciava contento stare, più di noia che bisogno non m’era spesse volte sentir  15 11 mi facea. Nella qual noia tanto rifrigerio già mi porsero i piacevoli  12 13 ragionamenti d’alcuno amico e le sue laudevoli consolazioni, che io porto fermissima  opinione per quelle essere avenuto che io non sia morto. Ma sì come a Colui   14 piacque il quale, essendo Egli infinito, diede per legge incommutabile a tutte  15     le cose mondane aver fine, il mio amore, oltre a ogn’altro fervente e il quale  20 16 niuna forza di proponimento o di consiglio o di vergogna evidente, o pericolo  che seguir ne potesse, aveva potuto né rompere né piegare, per se medesimo in  processo di tempo si diminuì in guisa, che sol di sé nella mente m’ha al  17 presente lasciato quel piacere che egli è usato di porgere a chi troppo non si mette      ne’ suoi più cupi pelaghi navigando; per che, dove faticoso esser solea, ogni  25 18 affanno togliendo via, dilettevole il sento esser rimaso. 19 TRECCANI ▶ Le parole valgono Come indica l’origine latina del termine ( + ), chi prova aspira a soddisfare le proprie necessità o i propri bisogni: parliamo di « di gloria» per chi è animato dalla brama di onori o di « sessuale» per designare il desiderio erotico. Più comunemente, però, oggi indichiamo con la sensazione che accompagna il bisogno di alimentarsi: «buon !» è la formula augurale con cui iniziamo i pasti. appetito ad petere appetito appetito appetito appetito appetito ▶ Appetito e fame possono essere considerati sinonimi? Motiva la tua risposta. il riferimento è al passo dantesco di Paolo e Francesca («Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse», , V, 137). 1 GALEOTTO: Inferno dieci (dal latino ). 2 DIECE: decem benché convenga a ciascuno. 3 come che… bene: a maggior ragione è richiesto a coloro che hanno già avuto bisogno di conforto. 4 a coloro… mestiere: poiché. 5 Per ciò che: d’un nobile amore rivolto a un oggetto di elevata condizione. 6 d’altissimo e nobile amore: forse assai più di quanto non sembrerebbe conveniente ( ) alla mia umile condizione, essendo io stesso a dirlo ( ). 7 forse… si richiedesse: si richiedesse narrandolo sebbene fossi lodato e considerato capace più del necessario presso coloro che, forniti di equilibrio e di moderazione di giudizio ( ), ne vennero a conoscenza. 8 quantunque… reputato: discreti tollerare. 9 sofferire: per una passione eccessiva concepita da un istinto poco tenuto a freno ( ). 10 per soverchio… appetito: poco regolato poiché non trovava soddisfazione in nessun modo adeguato ( ). 11 per ciò… contento stare: convenevole spesso mi faceva sentire maggior dolore di quanto ne avessi bisogno. 12 più di noia… mi facea: sollievo. 13 rifrigerio: Dio. 14 Colui: immutabile. 15 incommutabile: ardente più di ogni altro. 16 ogn’… fervente: con il passar del tempo diminuì in modo tale. 17 in processo… guisa: che è solito offrire a coloro che navigando (nel mare dell’amore) non si avventurano troppo nei suoi mari più profondi ( ). 18 che egli… navigando: cupi pelaghi perciò, mentre prima mi era faticoso, essendo venuto meno ogni affanno, mi è rimasto solo il lato piacevole. 19 per che… rimaso: Ma quantunque cessata sia la pena, non per ciò è la memoria fuggita de’  benifici già ricevuti, datimi da coloro a’ quali per benivolenza da loro a me portata  erano gravi le mie fatiche; né passerà mai, sì come io credo, se non per morte. E  20     per ciò che la gratitudine, secondo che io credo, trall’altre virtù è sommamente da  30 commendare e il contrario da    , per non parere ingrato ho meco stesso  21 ▶ biasimare proposto di volere, in quel poco che per me si può, in cambio di ciò che io  22 23 ricevetti, ora che libero dir mi posso, e se non a coloro che me atarono, alli quali  24 per avventura per lo lor senno o per la loro buona ventura non abisogna, a quegli      almeno a’ quali fa luogo, alcuno alleggiamento prestare. E quantunque il mio  35 25 26 sostentamento, o conforto che vogliam dire, possa essere e sia a’ bisognosi assai  27 poco, nondimeno parmi quello doversi più tosto porgere dove il bisogno apparisce  maggiore, sì perché più utilità vi farà e sì ancora perché più vi fia caro avuto. 28 E chi negherà questo, quantunque egli si sia, non molto più alle vaghe donne      che agli uomini convenirsi donare? Esse dentro a’ dilicati petti, temendo e  40 29 vergognando, tengono l’amorose fiamme nascose, le quali quanto più di forza abbian  che le palesi coloro il sanno che l’hanno provate: e oltre a ciò, ristrette da’ voleri,  30 31 32 da’ piaceri, da’ comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, il  più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano e quasi  33     oziose sedendosi, volendo e non volendo in una medesima ora, seco rivolgendo  45 34 diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri. E se per quegli   35 alcuna malinconia, mossa da focoso disio, sopraviene nelle lor menti, in quelle  36 conviene che con grave noia si dimori, se da nuovi ragionamenti non è rimossa:   37 senza che elle sono molto men forti che gli uomini a sostenere; il che degli  38 39     innamorati uomini non avviene, sì come noi possiamo apertamente vedere. Essi, se  50 alcuna malinconia o gravezza di pensieri gli affligge, hanno molti modi da alleggiare  o da passar quello, per ciò che a loro, volendo essi, non manca l’andare a torno,   40 41 42 udire e veder molte cose, uccellare, cacciare, pescare, cavalcare, giucare   43 44 o mercatare: de’ quali modi ciascuno ha forza di trarre, o in tutto o in parte,  45     l’animo a sé e dal noioso pensiero rimuoverlo almeno per alcuno spazio di tempo,  55 46 appresso il quale, con un modo o con altro, o consolazion sopraviene o diventa la  noia minore. TRECCANI ▶ Le parole valgono Il francese antico – da cui deriva l’italiano – ha la stessa etimologia di “bestemmiare”: chi intende formulare tacitamente o apertamente un giudizio negativo, per lo più di natura morale, su una persona o su una cosa. Si i vizi, i difetti, la condotta altrui e così si censurano comportamenti sociali diffusi: ma talvolta lo si fa con un atteggiamento un po’ snob, da primo della classe: «Come ti permetti di il prossimo?» biasimare blasmer biasimare biasima biasimano biasimare ▶ Indica quale, tra questi verbi, non è un sinonimo di biasimare : stigmatizzare ; disapprovare ; deplorare ; ottemperare ; esecrare . dalle persone alle quali, per il bene che mi volevano, risultavano dolorose. 20 da coloro… fatiche: lodare. 21 commendare: ho deciso. 22 ho… proposto: da parte mia. 23 per me: mi aiutarono. 24 me atarono: a cui occorre. 25 a’ quali fa luogo: recare sollievo. 26 alleggiamento prestare: sostegno. 27 sostentamento: sarà accolto con maggior piacere. 28 più… avuto: e chi negherà che questo aiuto, per quanto piccolo possa essere, convenga molto più donarlo alle donne leggiadre che agli uomini? 29 E chi negherà… donare: quanta forza abbiano in più di quelle manifeste. 30 quanto… palesi: lo. 31 il: condizionate. 32 ristrette: cerchio limitato. 33 piccolo circuito: combattute nello stesso tempo da voleri diversi. 34 volendo… ora: per quei pensieri. 35 per quegli: provocata da un desiderio appassionato. 36 mossa… disio: accade necessariamente che con grande dolore rimanga nelle loro menti, se non è allontanata da nuovi pensieri ( ). 37 in quelle… rimossa: ragionamenti senza considerare che. 38 senza che: nel sopportare le sofferenze. 39 a sostenere: per mitigare o per allontanare. 40 da alleggiare o da passar: perché. 41 per ciò che: non manca la possibilità di andarsene in giro. 42 non manca… torno: cacciare uccelli. 43 uccellare: giocare. 44 giucare: mercanteggiare. 45 mercatare: doloroso. 46 noioso: Adunque, acciò che in parte per me s’amendi il peccato della fortuna, la  47 48 quale dove meno era di forza, sì come noi nelle dilicate donne veggiamo, quivi  49     più avara fu di sostegno, in soccorso e rifugio di quelle che amano, per ciò che  60 all’altre è assai l’ago e ’l fuso e l’arcolaio, intendo di raccontare cento novelle,  50 51 o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo, raccontate in diece giorni da  52 una onesta brigata di sette donne e di tre giovani nel pistelenzioso tempo  53 della passata mortalità fatta, e alcune canzonette dalle predette donne cantate al  54     lor diletto. Nelle quali novelle piacevoli e aspri casi d’amore e altri fortunati   65 55 56 avvenimenti si vederanno così ne’ moderni tempi avvenuti come negli antichi;  delle quali le già dette donne, che queste leggeranno, parimente diletto delle  sollazzevoli cose in quelle mostrate e utile consiglio potranno pigliare, in quanto  57 potranno cognoscere quello che sia da fuggire e che sia similmente da seguitare:   58     le quali cose senza passamento di noia non credo che possano intervenire. Il  70 59 che se avviene, che voglia Idio che così sia, a Amore ne rendano grazie, il quale  liberandomi da’ suoi legami m’ha conceduto il potere attendere a’ lor piaceri. 60 grazie alla mia opera. 47 per me: si ponga rimedio alla colpa ( ) della sorte. 48 s’amendi… fortuna: peccato dove c’era meno forza. 49 dove.. forza: alle altre bastano. 50 all’altre è assai: ho intenzione. 51 intendo: come le vogliamo chiamare. 52 che dire le vogliamo: compagnia. 53 brigata: costituitasi ( ) durante il tempo della pestilenza. 54 nel pistelenzioso… fatta: fatta avversi. 55 aspri: soggetti alla fortuna. 56 fortunati: piacevoli. 57 sollazzevoli: seguire. 58 seguitare: non credo che possano accadere senza che passino le loro pene ( ). 59 senza… intervenire: passamento di noia dedicarmi. 60 attendere:  >> pagina 470  di Aldo Busi Riscrittura in italiano moderno Comincia il libro. Nome: Decamerone. Cognome: Principe Galeotto. Qui ci sono cento storie in dieci giornate dette da sette ragazze e da tre giovanotti. Umana cosa è l’avere compassione degli afflitti , e se ciò vale per ciascuno di noi, figuriamoci per quelli che, bisognosi di conforto, l’hanno trovato: vorrà dire che a loro volta si prodigheranno senza risparmiarsi quando gli verrà richiesto; e se mai c’è stato uno che avendone bisogno l’ha poi ricevuto, quello sono proprio io. Perché dalla mia adolescenza a ora sono stato in balìa di un amore tale che, se lo narrassi, apparirebbe forse ben più nobile di quanto la mia infima persona non lascerebbe pensare. Sebbene chi ne venne a conoscenza mi lodasse per la mia forza d’animo e accrescesse la sua stima per me, tuttavia tollerarlo fu una fatica improba. Intendiamoci, mica per crudeltà della donna che amavo, ma per il troppo fuoco appiccato nella mente da una voglia scatenata che, non contentandosi mai di stare al di qua dei limiti imposti dalle convenienze, mi faceva fare indigestione di dolore. In quello stato di abbattimento esaltato, qualche amico mi procurò non poco sollievo con i suoi discorsi caritatevoli per sdrammatizzare e consolarmi, tanto che sono fermamente convinto di non essere morto proprio grazie a una classica pacca sulla spalla. Ma siccome Egli, essendo infinito, ha ritenuto opportuno sottoporre le cose terrene alla legge immutabile che decreta una fine per tutto, anche il mio amore, intrepido quanto altri mai, che né forza di volontà né buon senso – né l’evidente vergogna, visto il pericolo a cui avrebbe potuto espormi – aveva potuto rompere o piegare, questo mio immenso amore è venuto meno, da solo, per mero susseguirsi dei giorni e delle notti. Però, al presente, mi ha lasciato quel piacere che di solito è pronto a offrire a coloro che non s’imbarcano nelle acque più cupe senza tenere un occhio al timone e, mentre prima era un vero tormento, portatosi via ogni affanno, è rimasto in me con la sua aura più carezzevole. Ma anche se la pena è finita, non per questo ho perso memoria dei benefici ricevuti da coloro che per benevolenza hanno fatto propria la mia soma, memoria che solo la morte potrà cancellare. Sono convinto che, fra le altre virtù, la gratitudine meriti un encomio particolare e il suo opposto un biasimo non inferiore e, per non fare brutta figura, adesso che mi sono liberato intendo ricambiare, per quel po’ che posso, quanto ho ricevuto. E se non proprio a sollievo di quanti mi diedero una mano – i quali, vuoi per puro caso, vuoi perché hanno la testa sulle spalle, vuoi perché per fortuna non ne hanno bisogno – almeno a sollievo di quelli che la testa non sanno dove sbatterla. E per quanto il mio sostegno, o conforto che dir si voglia, certamente sia ben poca cosa per i veri bisognosi, mi sembra tuttavia che esso debba accorrere soprattutto là dove se ne ha più bisogno, anche perché, vada come vada, un giorno gli sforzi di una mano tesa saranno un bel ricordo garantito. E chi oserà negare che convenga fare questo dono più alle lettrici, leggiadre, che ai maschi tout court? Le lettrici, dentro i petti, delicati, fra timori e rossori, reprimono le fiamme che l’amore dispiega per erompere e trascinare via con sé – lo sapete ben voi che lo avete provato e che lo state provando, no? E se ciò non bastasse, le donne, subordinate ai voleri, ai piaceri, agli ordini di padri, madri, fratelli e mariti, devono far passare il tempo rinchiuse nell’angusta cella dei loro tinelli, e stando sedute con le mani in mano, volendo e non volendo, richiamano fra sé e sé i più disparati pensieri, certo non sempre allegri. E se a forza di rimuginare sopravviene quella certa malinconia provocata da un desiderio incontenibile, meglio che se ne resti chiusa dov’è a costo dell’avvilimento che comporta sino a che... non verrà rimossa da una nuova tela di Penelope della mente. Le donne, senza una qualche tela così, sarebbero molto meno equipaggiate dei maschi a far fronte alle calamità del cuore, come tutti possiamo facilmente constatare. I maschi, se sono afflitti da pensieri malinconici o tormentosi, hanno tanti di quei modi in più per buttarseli dietro le spalle, dato che possono sentirne e vederne a piacere di tutti i colori, andare a zonzo, a uccelli, a cinghiali, a pesci e a cavallo, giocare d’azzardo e trafficare, hobby grazie ai quali chiunque può, in parte o del tutto, ritrovare la trebisonda e distrarsi da ogni chiodo fisso almeno per un po’ – dopo di che, di riffe o di raffe, l’uomo ci metterà una pietra sopra o il chiodo finirà per spuntarsi in una delle tante noie della vita e amen. Perciò, affinché da parte mia almeno parzialmente si faccia ammenda all’ingiustizia della sorte che sottrae le sue stampelle proprio là dove viene meno la forza – come possiamo ben vedere nelle signore, così vulnerabili –, io intendo raccontare, a sostegno e rifugio di quelle che amano a vuoto (e non tanto di quelle tutte ago, filo e tamburello), cento storie o favole o parabole che dir si voglia, raccontate in dieci giorni da una scelta brigata di sette ragazze e di tre giovanotti costituitasi durante l’appena passata epidemia di peste. In questi racconti ci imbatteremo in casi d’amore un po’ piacevoli un po’ no e in numerosi e burrascosi fatti di cronaca d’attualità e non, e le signore che li leggeranno ci piglieranno sia la pazza gioia per le cose dell’altro mondo che succedono, sia l’utilità di un saggio consiglio, e sapranno distinguere ciò che va rifuggito da ciò che va perseguito, illuminazioni che non possono abbagliarci, sia detto per inciso, se prima non si sconfigge pena. Se ciò avverrà, e voglia Iddio che sia così, c’è da dire grazie solo all’Amore, donne, che liberandomi dalle sue catene m’ha concesso di profittare dei piaceri che invece riesce a darci. quella  >> pagina 471  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici La rubrica con la quale si apre il anticipa da subito, e in modo allusivo, la natura, il carattere e la struttura dell’opera: l’ , infatti, le attribuisce un titolo e un sottotitolo che denunciano il rapporto intertestuale con un sistema letterario noto e consolidato. Il nome , coniato sul modello greco, riprende quello di un famoso trattato del IV secolo, l’ di sant’Ambrogio: ai sei giorni della creazione del mondo che sono l’oggetto di questo libro corrisponderanno i dieci giorni nei quali dieci giovani ri-creeranno, grazie al semplice piacere del racconto, il mondo corrotto dalla peste. Decameron incipit Decameron Hexaemeron Tale richiamo sacro viene però subito stemperato dal legame trasparente che il sottotitolo intreccia con il canto V dell’ dantesco, quello in cui troviamo la vicenda amorosa di Paolo e Francesca, favorita dal libro “Galeotto” (così chiamato per metonimia dal nome del personaggio della Tavola Rotonda che, nel romanzo cortese, incoraggia l’amore di Lancillotto e Ginevra). Quest’ambito mondano evoca, in apertura, il mondo della cavalleria e le suggestioni legate al sentimento e alla passione: quello di Boccaccio sarà, appunto, il libro “galeotto”, da leggere con diletto come un complice segreto o una sorta di sorridente intermediario dell’amore. Inferno Il messaggio della rubrica  >> pagina 472 Alle indicazioni liminari di titolo e sottotitolo si lega il contenuto del vero e proprio, nel quale l’autore identifica il proprio pubblico nelle e afferma la finalità consolatoria ed edonistica dell’opera. Si tratta quasi di un obbligo morale ( , r. 4), specie per chi come lui ha ricevuto in passato solidarietà nelle pene vissute a causa della passione amorosa e sente quindi il dovere di restituirla con parole e gesti di conforto. Proemio oziose donne innamorate Umana cosa è l’avere compassione degli afflitti Destinatarie della sua compassione saranno inevitabilmente soprattutto le donne, dipinte come vittime privilegiate dell’amore. Mentre gli uomini hanno maggiori possibilità per allontanare la (r. 51), esse infatti sono condannate a soffrire maggiormente dal pudore, dalle convenzioni sociali e dalla loro esistenza più riservata. Per questa ragione, l’autore si prefissa l’obiettivo di portare giovamento alla loro condizione, aiutandole a svagarsi e a liberarsi dalla noia e dalla ripetitività di una vita casalinga, trascorsa (rr. 43-44). Le cento novelle che comporranno il libro avranno proprio il compito di rimediare al (r. 58), che sembra accanirsi sulle creature più vulnerabili psicologicamente. Esse dovranno consolare e insegnare, arrecando al tempo stesso (r. 67) e (r. 68). malinconia o gravezza di pensieri il più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse peccato della fortuna diletto utile consiglio Il pubblico e la finalità dell’opera Questa duplice funzione di intrattenimento e ammaestramento è possibile grazie alla pluralità di soluzioni con le quali si articola il racconto, che può presentarsi con argomenti diversi, ma anche con differenti funzioni e strutture. Non a caso, accanto alla dichiarazione di intenti, Boccaccio propone in queste pagine proemiali una meditata riflessione sulla natura della narrazione e sulle sue specifiche denominazioni. Egli distingue infatti tra (r. 62), ossia, rispettivamente, tra creazioni fittizie e fantasiose, narrazioni dall’evidente contenuto morale o allegorico e novelle basate su eventi effettivamente accaduti, collocati all'interno di uno sfondo storico realistico. In questa codificazione teoretica si coglie la molteplicità delle tradizioni con le quali il fa i conti: gli della predicazione cristiana, le narrazioni brevi dei trovatori provenzali (si pensi alle e alle ), i francesi dal contenuto spesso e volentieri licenzioso, la varia aneddotica medievale ecc. Si tratta di fonti e materiali sterminati che Boccaccio, grazie a una complessa commistione di modelli, rielabora e trasforma per descrivere – nel suo libro infinito – l’infinita, multiforme realtà dell’esistenza umana. favole, parabole e istorie Decameron exempla vidas razos fabliaux La codificazione del racconto Le scelte stilistiche Basta leggere i primi periodi del per capire che rivolgersi a un pubblico di non specialisti (per quanto socialmente e culturalmente elevato) non significa per Boccaccio adottare soluzioni formali popolaresche. Come prevedevano le regole della retorica, l’apertura è solenne, si sviluppa in una forma sentenziosa e proverbiale, a mo’ di esergo ( , r. 4) e, benché non presenti la classica invocazione alla divinità per ricevere aiuto e ispirazione, come invece accadeva nei poemi greci e romani, l’autore non evita di chiamare in causa Dio e la sua infinità (r. 71) per spiegare la caducità di ogni passione terrena (compresa la propria). Proemio Umana cosa è aver compassione degli afflitti D’altro canto, anche da un punto di vista sintattico il testo si presenta da subito con una struttura particolarmente elaborata: Boccaccio vuole argomentare le finalità del proprio lavoro e per questo utilizza un periodare ipotattico di imitazione latina, con amplissime volute e con grande abbondanza di subordinate (come si vede nel primo periodo del brano, in cui ricorrono concessive, relative, ipotetiche). Una scrittura sostenuta  >> pagina 473 VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE Quali sono stati gli effetti dell’amore sperimentati dall’autore nella sua giovinezza?   1 Perché Boccaccio sceglie di rivolgersi alle donne?   2 Che cosa permette agli uomini di soffrire meno per le conseguenze del sentimento amoroso?   3 ANALIZZARE Fai l’analisi del periodo delle rr. 4-7 (da ).   4 Umana cosa a uno di quegli Per descrivere le insidie dell’amore, Boccaccio usa una metafora marinaresca assai frequente nella letteratura classica. Individuala e spiegala.   5 Anche un autore incline a elogiare la natura delle donne come Boccaccio non sa esimersi dal sottolineare la loro presunta natura volubile. In quale punto del testo?   6 INTERPRETARE Boccaccio confessa di aver goduto del conforto quando ne aveva bisogno e ora intende ricambiare il favore. Si delinea così il significato autentico della parola , che non a caso l’autore utilizza alla r. 4. Cerca l’etimologia del termine e spiega il significato che esso acquisisce in questo brano.   7 compassione La fortuna è uno dei concetti-chiave del . In questo brano che cosa intende Boccaccio per (r. 58)?   8 Decameron peccato della fortuna SCRIVERE PER... argomentare Nell’analisi è stata evidenziata l’allusione al celebre passo dantesco di Paolo e Francesca, personaggi che troviamo nell’ in quanto rappresentanti del peccato d’amore. Ti sembra che questo omaggio al sommo poeta presupponga anche la stessa concezione dell’amore? Spiega il tuo punto di vista in un testo di circa 15 righe. 9 Inferno Queste pagine documentano una concezione dell’amore diversa da quella tipica della sensibilità cortese e stilnovistica. Ragiona su questo aspetto in un testo argomentativo di circa 20 righe.   10 John William Waterhouse,  , 1916. Liverpool, National Museums Liverpool. Il Decameron ESPORre La lettura del autorizza anche qualche riflessione sulla condizione femminile del Trecento. Sulla base di quanto afferma Boccaccio, scrivi una breve relazione sull’argomento.   11 Proemio