T13 Calandrino e l’elitropia , VIII, 3 Decameron Riportiamo qui, dall’Ottava giornata, dedicata alle beffe, la prima novella (raccontata da Lauretta) di cui è protagonista Calandrino, sorta di personaggio “seriale” del , che comparirà anche nelle novelle VIII, 6, ; IX, 3, ; IX, 5, . All’origine di questo personaggio ci fu una persona realmente esistita, il modesto pittore Nozzo di Perino, vissuto a Firenze tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, ricordato due secoli dopo anche nelle di Giorgio Vasari. Parimenti esistiti sono i suoi due “beffatori”, Bruno e Buffalmacco: Bruno di Giovanni d’Olivieri e Bonamico di Cristofano detto Buffalmacco. Il soprannome di quest’ultimo fa riferimento all’inclinazione alle beffe, mentre “Calandrino” allude a un uccello chiamato “calandra” considerato “sciocco” nell’immaginario popolare a causa del suo modo irregolare di volare. L’elitropia era – in base ai lapidari medievali – una pietra di colore verde molto scuro, capace di rendere invisibile chi la portasse con sé. Decameron Calandrino e il porco Calandrino incinto Calandrino innamorato Vite Uno sciocco e due amici buontemponi Testi plus – (Riscrittura in italiano moderno di Piero Chiara) Calandrino e l’elitropia Calandrino, Bruno e Buffalmacco giù per lo Mugnone 1 vanno cercando di trovar l’elitropia, e Calandrino se la crede aver trovata; tornasi a casa carico di pietre; la moglie il proverbia 2 e egli turbato 3 la batte, 4 e a’ suoi compagni racconta ciò che essi sanno meglio di lui. Finita la novella di Panfilo, della quale le donne avevano tanto riso che ancor ridono, la reina ad Elissa commise che seguitasse; la quale ancora ridendo 5 incominciò: io non so, piacevoli donne, se egli mi si verrà fatto di farvi con una mia novelletta, non men vera che piacevole tanto ridere quanto ha fatto Panfilo con la sua: ma io me ne ’ngegnerò. torrente che confluisce nell’Arno. 1 Mugnone: rimprovera. 2 proverbia: adirato. 3 turbato: percuote. 4 batte: Nella nostra città, la qual sempre di varie maniere e di nuove genti è stata 10 abondevole, fu, ancora non è gran tempo, un dipintore chiamato Calandrino, 5 6 7 uom semplice e di nuovi costumi. Il quale il più del tempo con due altri dipintori 8 usava, chiamati l’un Bruno e l’altro Buffalmacco, uomini sollazzevoli molto ma 9 10 per altro avveduti e , li quali con Calandrino usavan per ciò che de’ modi ▶ sagaci 11 suoi e della sua simplicità sovente gran festa prendevano. 15 12 13 Era similmente allora in Firenze un giovane di maravigliosa piacevolezza in ciascuna cosa che far voleva astuto e avvenevole, chiamato Maso del Saggio; il 14 quale, udendo alcune cose della simplicità di Calandrino, propose di voler prender diletto de’ fatti suoi col fargli alcuna beffa o fargli credere alcuna nuova 15 16 cosa. 20 Calandrino è un ingenuo pittore, spesso preso in giro da due suoi amici più furbi TRECCANI ▶ Le parole valgono In origine, era un attributo riservato ai cani, che hanno odorato fine nel trovare la selvaggina. L’aggettivo latino , infatti, significa dal “buon fiuto” ma anche “perspicace” e dunque si addice a tutti quelli che hanno il dono della preveggenza. La non è solo la scaltrezza di chi dice o fa la cosa giusta al momento giusto, ma la prontezza nell’intuire e nel valutare i vari elementi di una situazione. e sono dunque due aggettivi molto simili, come dimostra la comune radice. sagace sagace sagax sagacia Sagace presago ▶ Tra questi aggettivi, indica quale non è il contrario di sagace : insipiente ; ebete ; beota ; altezzoso . che è stata sempre ricca di comportamenti diversi e di persone bizzarre. 5 la qual... abondevole: non molti anni fa. 6 ancora non è gran tempo: pittore. 7 dipintore: ingenuo e dagli strani comportamenti. 8 semplice e... costumi: aveva consuetudine di rapporti, soleva frequentare. 9 usava: burloni. 10 sollazzevoli: saggi e di acuta intelligenza. 11 avveduti e sagaci: ingenuità, stupidità. 12 simplicità: si divertivano molto. 13 gran festa prendevano: abile (nel suo lavoro) e piacevole (come persona). 14 astuto e avvenevole: prendersi gioco di lui (letteralmente: del suo comportamento). 15 voler prender diletto de’ fatti suoi: strana, bizzarra. 16 nuova: E per avventura trovandolo un dì nella chiesa di San Giovanni e vedendolo 17 18 stare attento a riguardar le dipinture e gl’intagli del tabernaculo il quale è sopra l’altare della detta chiesa, non molto tempo davanti postovi, pensò essergli 19 dato luogo e tempo alla sua intenzione. E informato un suo compagno di ciò 20 che fare intendeva, insieme s’accostarono là dove Calandrino solo si sedeva, e 25 faccendo vista di non vederlo insieme cominciarono a ragionare delle virtù di 21 22 diverse pietre, delle quali Maso così efficacemente parlava come se stato fosse 23 un solenne e gran lapidario. A’ quali ragionamenti Calandrino posta orecchie, 24 e dopo alquanto levatosi in piè, sentendo che non era credenza, si congiunse 25 con loro, il che forte piacque a Maso; il quale, seguendo le sue parole, fu da Calandrin 30 26 domandato dove queste pietre così virtuose si trovassero. Maso rispose 27 che le più si trovavano in Berlinzone, terra de’ baschi, in una contrada che 28 29 si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce e avevasi un’oca 30 31 a denaio e un papero giunta; 32 e eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevano 35 che far maccheroni e 33 raviuoli e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n’aveva; e ivi presso correva un fiumicel 34 35 di vernaccia, della 36 migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciol d’acqua. «Oh!», «disse Calandrino» cotesto è buon paese; ma dimmi, che si fa de’ 40 capponi che cuocon coloro? Rispose Maso: «Mangiansegli i baschi tutti». Disse allora Calandrino: «Fostivi tu mai?» A cui Maso rispose: «Di’ tu se io vi fu’ mai? Sì vi sono stato così una volta come mille». 45 37 Disse allora Calandrino: «E quante miglia ci ha?» 38 Maso rispose: «Haccene più di millanta, che tutta notte canta». 39 40 41 Disse Calandrino: «Dunque dee egli essere più là che Abruzzi». 42 «Sì bene,» rispose Maso «si è cavelle». 43 Calandrino semplice, veggendo Maso dir queste parole con un viso fermo e 50 senza ridere, quella fede vi dava che dar si può a qualunque verità più manifesta, e così l’aveva per vere; e disse: «Troppo ci è di lungi a’ fatti miei; ma se più presso 44 45 ci fosse, ben ti dico che io vi verrei una volta con esso teco, pur per veder fare il 46 47 tomo a quei maccheroni e tormene una satolla. Ma dimmi, che lieto sie tu, in 48 49 queste contrade non se ne truova niuna di queste pietre così virtuose?» 55 50 Maso fa crederea Calandrinoche in un luogofantastico chiamatoBerlinzone esistanopietre dalle virtùmagiche caso. 17 avventura: è il Battistero di Firenze. 18 chiesa di San Giovanni: che era stato collocato lì non molto tempo prima. 19 non molto... postovi: che quelli erano il luogo e il momento giusto per mettere in atto il suo progetto (la ), cioè la beffa ai danni di Calandrino. 20 essergli... intenzione: sua intenzione fingendo. 21 faccendo vista: poteri. Nel Medioevo alle pietre (non solo a quelle preziose) venivano attribuiti poteri magici e terapeutici. 22 virtù: in maniera convincente. 23 efficacemente: esperto dei poteri delle varie pietre. 24 lapidario: un colloquio segreto. 25 credenza: proseguendo il suo discorso. 26 seguendo le sue parole: provviste di poteri magici. 27 virtuose: è il primo di una serie di luoghi immaginari, che Maso del Saggio si diverte a nominare e a descrivere al credulone Calandrino. Il nome deriva probabilmente da “berlingare” (chiacchierare) o da “berlingaccio” (giovedì grasso). 28 Berlinzone: nel paese dei Baschi. «Nella geografia reale: nel nord della penisola iberica; ma allora era come dire “ai confini del mondo”» (Quondam). 29 terra de’ Baschi: è il paese di Cuccagna, luogo utopico e favoloso creato dalla cultura folclorica medievale, in cui v’è una straordinaria abbondanza di cibo e di ghiottonerie a disposizione di tutti (alternativa opposta al mondo reale, dove invece spesso si faceva la fame). 30 Bengodi: i filari delle viti nelle vigne sono legati con le salsicce. 31 si legano... con le salsicce: al prezzo di un denaro si poteva avere un’oca e in aggiunta anche un papero (dunque dove le cose avevano un costo irrisorio). 32 avevasi... giunta: gnocchi. 33 maccheroni: da qui, dall’alto della montagna di parmigiano. 34 quindi: ovvietà detta come se fosse una cosa eccezionale come lo sono le altre appena descritte. Anche questo fa parte della presa in giro. 35 e chi più se ne pigliava più se n’aveva: vino molto pregiato. 36 vernaccia: come a dire che non ci è mai stato. 37 così una volta come mille: quante miglia dista quel posto da qui? 38 quante miglia ci ha?: ce ne sono (di miglia, da qui a quel paese). 39 Haccene: numero immaginario composto da “mille” e dalla desinenza “-anta”, tipica di molti numerali, che sembra indicare una cifra iperbolica. Da tale invenzione boccacciana derivano il verbo “millantare”, nonché i vocaboli “millantatore” e “millanteria”. 40 millanta: con questa seconda parte della frase Maso forma una sorta di filastrocca rimata priva di senso. 41 che tutta notte canta: nella confusa e limitata geografia di Calandrino, indica una regione remota. 42 Abruzzi: un poco, più o meno. 43 cavelle: considerava vere le parole di Maso. 44 l’aveva per vere: è troppo lontano per me. 45 Troppo... a’ fatti miei: se fosse più vicino. 46 se più presso ci fosse: con te. 47 con esso teco: anche solo per vedere quegli gnocchi fare il capitombolo (giù dalla montagna di parmigiano) e farmene una scorpacciata. 48 pur... satolla: formula augurale pronunciata per convincere l’interlocutore a fornire l’informazione richiesta (letteralmente: “che tua sia felice”). 49 che lieto sie tu: qui nei dintorni di Firenze. 50 in queste contrade: A cui Maso rispose: «Sì, due maniere di pietre ci si truovano di grandissima virtù. 51 L’una sono i macigni da Settignano e da Montisci, per vertù de’ quali, quando 52 son macine fatti, se ne fa la farina, e per ciò si dice egli in que’ paesi di là, che da 53 54 Dio vengono le grazie e da Montici le macine; ma ècci di questi macigni sì gran 55 quantità, che appo noi è poco prezzata, come appo loro gli smeraldi, de’ quali 60 56 v’ha maggior montagne che Monte Morello che rilucon di mezza notte vatti con 57 Dio; e sappi che chi facesse le macine belle e fatte legare in anella prima che elle si 58 forassero e portassele al soldano, n’avrebbe ciò che volesse. L’altra si è una pietra, 59 la quale noi altri lapidarii appelliamo elitropia, pietra di troppo gran vertù, per ciò che qualunque persona la porta sopra di sè, mentre la tiene, non è da alcuna altra 65 persona veduto dove non è». 60 Allora Calandrin disse: «Gran virtù son queste; ma questa seconda dove si truova?» A cui Maso rispose che nel Mugnone se ne solevan trovare. Disse Calandrino: «Di che grossezza è questa pietra? O che colore è il suo?» 70 Rispose Maso: «Ella è di varie grossezze, ché alcuna n’è più e alcuna meno, ma 61 tutte son di colore quasi come nero». Maso spiega cheanche vicinoa Firenze sipossono trovarepietre magiche,soprattuttol'elitropia cherende invisibli tipologie. 51 maniere: colline attorno a Firenze, come più avanti Monte Morello. 52 Settignano... Montisci: la cui virtù consiste nel fatto che, quando sono tagliati in forma di macina, se ne fa la farina. Calandrino non coglie la presa in giro: questo primo tipo di pietra “magica” è costituto dai grossi massi con cui si fanno le macine cilindriche dei mulini. 53 per vertù... la farina: pleonastico. 54 egli: c’è. 55 ècci: presso di noi vale poco. 56 appo noi è poco prezzata: dei quali (smeraldi) ci sono (presso di loro) montagne più grandi di Monte Morello. 57 de’ quali v’ha... che Monte Morello: vai con Dio (altro intercalare privo di senso). 58 vatti con Dio: chi facesse delle belle macine e le facesse legare in una collana prima che fossero forate e le portasse al sultano, in cambio di questo dono otterrebbe tutto ciò che volesse. Evidentemente è impossibile legare delle pietre in una collana senza prima averle forate, e dunque è del tutto irreale l’ipotesi di poter ottenere in questo modo doni dal sultano. 59 chi facesse... ciò che volesse: questa aggiunta rende la frase di un’assoluta ovvietà (nessuno può essere visto in un posto dove non si trovi, indipendentemente dal fatto di avere su di sé una qualche pietra ritenuta magica). Essa però non viene registrata da Calandrino, che infatti poco più avanti parlerà a Bruno e Buffalmacco, semplicemente, di una pietra (r. 83). 60 dove non è: la qual chi la porta sopra non è veduto da niun ’ altra persona qualcuna è più grande, qualcun’altra meno. 61 alcuna... meno: Calandrino, avendo tutte queste cose seco notate, fatto sembianti d’avere 62 63 altro a fare, si partì da Maso, e seco propose di voler cercare di questa pietra; ma diliberò di non volerlo fare senza saputa di Bruno e di Buffalmacco, li quali 75 64 65 spezialissimamente amava. Diessi adunque a cercar di costoro, acciò che senza indugio e 66 prima che alcuno altro n’andassero a cercare, e tutto il rimanente di quella mattina 67 consumò in cercargli. Ultimamente, essendo già l’ora della nona passata, ricordandosi 68 69 70 egli che essi lavoravano nel monistero delle donne di Faenza, quantunque 71 il caldo fosse grandissimo, lasciata ogni altra sua , quasi correndo n’andò 80 ▶ faccenda a costoro, e chiamatigli, così disse loro: «Compagni, quando voi vogliate credermi, noi possiamo divenire i più ricchi uomini di Firenze: per ciò che io ho inteso da uomo degno di fede che in Mugnone si truova una pietra, la qual chi la porta 72 sopra non è veduto da niun’altra persona; per che a me parrebbe che noi senza alcuno 73 indugio, prima che altra persona v’andasse, v’andassimo a cercar. Noi la troverem 85 per certo, per ciò che io la conosco; e trovata che noi l’avremo, che avrem noi 74 a fare altro se non mettercela nella scarsella e andare alle tavole de’ cambiatori, 75 76 le quali sapete che stanno sempre cariche di grossi e di fiorini, e torcene quanti 77 78 79 noi ne vorremo? Niuno ci vedrà; e così potremo arricchire subitamente, senza avere 80 tutto dì a schiccherare le mura a 90 81 modo che fa la lumaca». Bruno e Buffalmacco, udendo costui, fra sé medesimi cominciarono a ridere, e guatando l’un verso l’altro fecer sembianti di maravigliarsi forte, e lodarono 82 83 84 il consiglio di Calandrino; ma domandò Buffalmacco, come questa pietra avesse 85 nome. A Calandrino, che era di grossa pasta, era già il nome uscito di mente; per 86 che egli rispose: «Che abbiam noi a far del nome poi che noi sappiam la vertù? A 95 me parrebbe che noi andassimo a cercare senza star più». 87 «Or ben», disse Bruno «come è ella fatta?» Calandrin disse: «Egli ne son d’ogni fatta ma tutte son quasi nere; per che a 88 me pare che noi abbiamo a ricogliere tutte quelle che noi vederem nere, tanto 89 che noi ci abbattiamo ad essa; e per ciò non perdiam tempo, andiamo». 100 90 A cui Bruno disse: «Or t’aspetta»; e volto a Buffalmacco disse: «A me pare 91 che Calandrino dica bene; ma non mi pare che questa sia ora da ciò, per ciò 92 che il sole è alto e dà per lo Mugnone entro e ha tutte le pietre rasciutte, per 93 94 che tali paion testé bianche delle pietre che vi sono, che la mattina, anzi che il sole l’abbia rasciutte, paion nere; e oltre a ciò molta gente per diverse cagioni 105 95 96 è oggi, che è dì di lavorare, per lo Mugnone, li quali vedendoci si potrebbono 97 indovinare quello che noi andassomo faccendo e forse farlo essi altressì, e 98 potrebbe venire alle mani a loro, e noi avremmo perduto il trotto per l’ambiadura. 99 A me pare, se pare a voi, che questa sia opera da dover fare da mattina, 110 che si conoscon 100 meglio le nere dalle bianche, e in dì di festa, che non vi sarà persona che ci vegga». 101 Buffalmacco lodò il consiglio di Bruno, e Calandrino vi s’accordò: e ordinarono 102 che la domenica mattina vegnente tutti e tre fossero insieme a cercar di questa pietra; ma sopra ogn’altra cosa gli pregò Calandrino che essi non 103 115 dovesser questa cosa con persona del mondo ragionare, 104 per ciò che a lui era stata posta in credenza. E ragionato questo, disse loro ciò che udito avea della 105 contrada di Bengodi, con saramenti affermando che così era. Partito Calandrino 106 da loro, essi quello che intorno a questo avessero a fare ordinarono fra 107 sé medesimi. Calandrinocoinvolge Brunoe Buffalmacconella sua ricercadell'elitropia TRECCANI ▶ Le parole valgono Non ci sono solo quelle di casa: tutte le cose da fare o da sbrigare sono , una delle parole italiane che contengono nel suffisso nominale , derivato dalla desinenza del gerundivo latino, un’idea di obbligatorietà o di necessità. Forse anche per questo, quando abbiamo una situazione difficile da risolvere o siamo alle prese con un affare ingarbugliato, diciamo: « una brutta », «La si mette male». faccenda faccende -enda è faccenda faccenda ▶ Individua tra le seguenti parole quelle che non contengono il significato di “dovere” insito nell’etimologia: agenda ; ammenda ; benda ; leggenda ; merenda ; tenda . avendo preso nota tra sé di tutte queste cose. 62 avendo... notate: fingendo. 63 fatto sembianti: stabilì. 64 diliberò: senza che lo sapessero Bruno e Buffalmacco (cioè decide di porsi alla ricerca della pietra soltanto dopo averne messo a parte i suoi due migliori amici). 65 senza saputa... Buffalmacco: si diede. 66 Diessi: andassero a cercare l’elitropia. 67 n’andassero a cercare: cercarli. 68 cercargli: alla fine. 69 Ultimamente: circa le tre del pomeriggio. 70 l’ora della nona: monastero di monache che si trovava fuori di Porta Faenza, «pressappoco dove sorse poi la Fortezza da Basso» (Branca). 71 monisterio... di Faenza: tale valutazione conferma tutta l’ingenuità di Calandrino. 72 degno di fede: addosso. 73 sopra: in realtà gli è soltanto stata descritta, e in maniera peraltro assai vaga. Altro segnale della sciocca presunzione del personaggio. 74 io la conosco: piccola borsa di pelle che si appendeva alla cintura (sorta di antenata del moderno marsupio). 75 scarsella: cambiavalute, bancari. 76 cambiatori: monete d’argento di grande valore. 77 grossi: preziose monete d’oro. 78 fiorini: prendercene. 79 torcene: velocemente. 80 subitamente: imbrattare i muri. Calandrino, vedendosi già ricchissimo, si permette ormai di disprezzare il proprio lavoro di pittore. 81 schiccherare le mura: guardando. 82 guatando: finsero. 83 fecer sembianti: mostrarono di approvare. 84 lodarono: la decisione (di mettersi a cercare l’elitropia). 85 il consiglio: di ingegno piuttosto grossolano. 86 di grossa pasta: mi sembrerebbe opportuno che noi andassimo a cercarla senza perdere altro tempo. 87 A me parrebbe... senza star più: ce ne sono di ogni tipo. 88 Egli... fatta: dobbiamo raccogliere. 89 abbiamo a ricogliere: finché non ci imbatteremo in essa. 90 tanto... essa: aspetta un attimo. 91 Or t’aspetta: l’ora adatta a farlo. 92 ora da ciò: poiché. 93 per ciò che: batte a picco sul Mugnone e ha asciugato tutte le pietre. 94 dà... rasciutte: e perciò ora ( ), tra le pietre che si trovano lì, alcune sembrano bianche, le quali di mattina, prima che il sole le abbia asciugate, sembrano nere. 95 per che... nere: testé motivi. 96 cagioni: giorno feriale. 97 dì da lavorare: anche loro. 98 essi altressì: e noi perderemmo il trotto (andatura facile e naturale del cavallo) per l’ambio (andatura difficile e artificiale, comoda per il cavaliere, ma innaturale per il cavallo, che deve avanzare alternatamente le zampe dallo stesso lato). La sentenza proverbiale significa: e noi perderemmo tutto per aver preteso troppo. 99 e noi avremmo... l’ambiadura: si distinguono. 100 si conoscon: veda. 101 vegga: stabilirono. 102 ordinarono: li. 103 gli: dire. 104 ragionare: affidata in segreto. 105 posta in credenza: giuramenti. 106 saramenti: in merito all’affare, cioè alla beffa. 107 intorno a questo: Calandrino con disidero aspettò la domenica mattina: la qual venuta, in 120 108 sul far del dì si levò. E chiamati i compagni, per la porta a San Gallo usciti e nel Mugnon discesi cominciarono ad andare in giù, della pietra cercando. Calandrino andava, come più volenteroso, avanti e prestamente or qua e or là saltando, 109 110 dovunque alcuna pietra nera vedeva si gittava e quella ricogliendo si metteva in seno. I compagni andavano appresso, e quando una e quando un’altra ne 125 111 ricoglievano; ma Calandrino non fu guari di via andato, che egli il seno se n’ebbe pieno, per che, alzandosi i gheroni della gonnella, che alla analda non era, e 112 113 114 faccendo di quegli ampio grembo bene avendogli alla coreggia attaccati d’ogni 115 116 parte, non dopo molto gli empié, e similmente, dopo alquanto spazio, fatto 117 118 del mantello grembo, quello di pietre empiè. 130 119 Per che, veggendo Buffalmacco e Bruno che Calandrino era carico e l’ora del mangiare s’avvicinava, secondo l’ordine da sé posto, 120 disse Bruno a Buffalmacco: «Calandrino dove è?» Calandrinoraccoglie una granquantità di pietre impazientemente. 108 con disidero: essendo quello che maggiormente voleva trovare la pietra. 109 come più volenteroso: agilmente. 110 prestamente: nelle tasche o nelle pieghe del vestito. 111 in seno: non ebbe percorsa molta strada, che già aveva le tasche piene di pietre. 112 non fu... pieno: falde. 113 gheroni: che non era alla moda dell’Hainaut ( ), famoso centro tessile del Belgio. L’inciso ha una semplice funzione canzonatoria: la gonnella di Calandrino non era stretta, come voleva l’ultima moda. 114 che... non era: alla analda avendoli. 115 avendogli: cintura. 116 coreggia: li riempì. 117 gli empiè: dopo un po’ di tempo. 118 dopo alquanto spazio: avendo trasformato anche il mantello in un grembiule. 119 fatto del mantello grembo: in base a quanto tra loro stabilito. 120 secondo... posto: Buffalmacco, che ivi presso sel vedea, volgendosi intorno e or qua e or là 121 riguardando, rispose: «Io non so, ma egli era pur poco fa qui dinanzi da noi». 135 122 Disse Bruno: «Ben che fa poco! a me par egli esser certo che egli è ora a casa 123 a desinare e noi ha lasciati nel farnetico d’andar cercando le pietre nere giù per 124 lo Mugnone». «Deh come egli ha ben fatto», disse allora Buffalmacco «d’averci beffati e lasciati qui, poscia che noi fummo sì sciocchi che noi gli credemmo. Sappi! chi 140 125 sarebbe stato sì stolto, che avesse creduto che in Mugnone si dovesse trovare una così virtuosa pietra, altri che noi?» Calandrino, queste parole udendo, imaginò che quella pietra alle mani gli fosse venuta e che per la vertù d’essa coloro, ancor che lor fosse presente, nol vedessero. Lieto adunque oltre modo di tal ventura, senza dir loro alcuna cosa, pensò 145 126 di tornarsi a casa; e volti i passi indietro se ne cominciò a venire. 127 Vedendo ciò, Buffalmacco disse a Bruno: «Noi che faremo? Ché non ce ne 128 andiam noi?» A cui Bruno rispose: «Andianne; ma io giuro a Dio che mai Calandrino non 129 me ne farà più niuna; e se io gli fossi presso, come stato sono tutta mattina, io 150 130 gli darei tale di questo ciotto nelle calcagna, che egli si ricorderebbe forse un 131 mese di questa beffa»; e il dir le parole e l’aprirsi e ’l dar del ciotto nel calcagna 132 a Calandrino fu tutto uno, Calandrino, sentendo il duolo, levò alto il piè e cominciò 133 a soffiare, ma pur si tacque e andò oltre. 134 Buffalmacco, recatosi in mano uno de’ ciottoli che raccolti avea, disse a Bruno: 155 «Deh! vedi bel codolo: così giugnesse egli testé nelle reni a Calandrino!» «e lasciato 135 andare, gli diè con esso nelle reni una gran percossa; e in brieve in cotal guisa or 136 con una parola, e or con una altra, su per lo Mugnone infino alla porta a San Gallo il vennero lapidando. Quindi, in terra gittate le pietre che ricolte aveano, alquanto 137 con le guardie de’ gabellieri si ristettero; le quali, prima da loro informate, faccendo 160 138 vista di non vedere, lasciarono andar Calandrino con le maggior risa del mondo». 139 Il quale senza arrestarsi se ne venne a casa sua, la quale era vicina al Canto alla Macina; e in tanto fu la fortuna piacevole alla beffa, che, mentre Calandrino per 140 141 lo fiume ne venne e poi per la città, niuna persona gli fece motto, 142 come che pochi ne 165 scontrasse per ciò che quasi a desinare era ciascuno. 143 Entrossene adunque Calandrino così carico in casa sua. 144 Era per avventura la moglie di lui, la quale ebbe nome monna Tessa, bella e valente donna, in capo della scala: e alquanto turbata della sua lunga dimora, 145 146 147 veggendol venire, cominciò proverbiando a dire: «Mai, frate, il diavol ti 148 149 ci reca! Ogni gente ha già desinato quando tu torni a desinare». 170 150 Bruno eBuffalmaccofanno crederea Calandrino diessere diventatoinvisibile che in realtà se lo vedeva vicino. 121 che ivi... vedea: proprio. 122 pur: altro che poco fa! (secondo altri interpreti: proprio poco fa! ma ora...). 123 Ben che fa poco!: in questa folle occupazione. 124 nel farnetico: a saperlo! 125 Sappi!: caso, fortuna. 126 ventura: tornare verso casa. 127 venire: anche noi. 128 noi: andiamocene. 129 Andianne: nessuna. 130 niuna: gli darei un tale colpo ( ) nei calcagni con questo ciottolo ( ). 131 gli darei... nelle calcagna: tale ciotto allargare le braccia (per lanciare il sasso) e lanciarlo nei calcagni (di Calandrino). 132 l’aprirsi... nel calcagna: dolore. 133 duolo: sbuffare. 134 soffiare: sasso bislungo. 135 codolo: in questo modo. 136 in cotal guisa: continuarono a lapidarlo. 137 il vennero lapidando: si intrattennero un po’ con le guardie della dogana ( ), gli addetti al dazio che presidiavano ogni porta della città. 138 alquanto... si ristettero: le guardie de’ gabellieri anche le guardie prendono così parte alla beffa. 139 con le maggior risa del mondo: un crocevia dove era murata una macina, nel centro di Firenze, tra le attuali via di San Gallo e via Guelfa. 140 Canto alla Macina: favorevole. 141 piacevole: nessuno gli rivolse la parola. 142 niuna... motto: poiché Calandrino incontrò poche persone, essendo quasi tutti a pranzo. 143 come... ciascuno: se ne entrò. 144 Entrossene: di valore. 145 valente: adirata. 146 turbata: ritardo. 147 dimora: vedendolo. 148 veggendol: rimproverandolo. 149 proverbiando: finalmente, fratello, il diavolo ti riporta a casa! era appellativo di uso confidenziale (Calandrino è marito, non fratello di monna Tessa). 150 Mai... reca!: Frate Il che udendo Calandrino, e veggendo che veduto era, pieno di cruccio e di 151 dolore cominciò a gridare: «Oimè, malvagia femina, o eri tu costì? Tu m’hai diserto 152 ma in fé di Dio io te ne pagherò!» e salito in una sua saletta e quivi scaricate 153 le molte pietre che recate avea, niquitoso corse verso la moglie e presala per le 154 trecce la si gittò a’ piedi, e quivi, quanto egli poté menar le braccia e’ piedi, tanto 175 le diè per tutta la persona: pugna e calci, senza lasciarle in capo capello o osso 155 addosso che macero non fosse, le diede niuna cosa valendole il chieder mercé 156 con le mani in croce. 157 Buffalmacco e Bruno, poi che co’ guardiani della porta ebbero alquanto riso, con lento passo cominciarono alquanto lontani a seguitar Calandrino; e giunti 180 158 a piè dell’uscio di lui sentirono la fiera battitura la quale alla moglie dava, e 159 160 faccendo vista di giugnere pure allora il chiamarono. Calandrino tutto sudato, 161 rosso e affannato si fece alla finestra e pregogli che suso a lui dovessero andare. 162 Essi, mostrandosi alquanto turbati, andaron suso e videro la sala piena di pietre, 163 e nell’un de’ canti la donna scapigliata, stracciata, tutta livida e rotta nel viso 185 164 dolorosamente piagnere; e d’altra parte Calandrino scinto e ansando a guisa d’uom lasso, sedersi. 165 Calandrino,rimproverato dallamoglie, la picchiabrutalmente irritazione, risentimento, collera. 151 cruccio: rovinato. 152 diserto: te la farò pagare. 153 te ne pagherò: inferocito. 154 niquitoso: altrettanto le diede colpi (con le braccia e con i piedi) per tutto il corpo. 155 tanto... persona: ridotto male, ammaccato. 156 macero: e non le serviva a nulla il fatto che essa lo supplicasse con le mani giunte di aver pietà. 157 niuna cosa... in croce: a una certa distanza. 158 alquanto lontani: davanti alla porta. 159 a piè dell’uscio: feroce, violenta. 160 fiera: proprio in quel momento. 161 pure allora: li pregò di salire da lui. 162 pregogli... andare: seccati. 163 turbati: ferita. 164 rotta: affranto. 165 lasso: Dove, come alquanto ebbero riguardato, dissero: «Che è questo, Calandrino? vuoi tu murare, ché noi veggiamo qui tante pietre?» e oltre a questo soggiunsero: 166 «E monna Tessa che ha? E’ par che tu l’abbi battuta: che novelle son 190 167 168 queste?» Calandrino, faticato dal peso delle pietre e dalla rabbia con la quale la 169 donna aveva battuta, e dal dolore della ventura la quale perduta gli pareva avere, 170 non poteva raccogliere lo spirito a formare intera la parola alla risposta; per che 171 soprastando, Buffalmacco ricominciò: «Calandrino, se tu aveva altra ira, tu 172 173 non ci dovevi perciò straziare come fatto hai; ché, poi sodotti ci avesti a cercar 195 174 175 teco della pietra preziosa, senza dirci a Dio né a diavolo, a guisa di due becconi 176 nel Mugnon ci lasciasti, e venistitene, il che noi abbiamo forte per male; ma per certo questa fia la sezzaia che tu ci farai mai». 177 A queste parole Calandrino sforzandosi rispose: «Compagni, non vi turbate, 178 l’opera sta altramenti che voi non pensate. Io, sventurato!, avea quella pietra 200 179 trovata; e volete udire se io dico il vero? Quando voi primieramente di me domandaste 180 l’un l’altro, io v’era presso a men di diece braccia, e veggendo che voi 181 ve ne venavate e non mi vedavate v’entrai innanzi, e continuamente poco innanzi 182 a voi me ne son venuto». E, cominciandosi dall’un de’ capi, infino la fine raccontò loro ciò che essi fatto 205 183 e detto aveano, e mostrò loro il dosso e le calcagna come i ciotti conci gliel’avessero; 184 185 e poi seguitò: «E dicovi che, entrando alla porta con tutte queste pietre 186 in seno che voi vedete qui, niuna cosa mi fu detta, ché sapete quanto esser sogliano spiacevoli e noiosi que’ guardiani a volere ogni cosa vedere; e oltre a questo ho 187 trovati per la via più miei compari e amici, li quali sempre mi soglion far motto 210 188 e invitarmi a bere, né alcun fu che parola mi dicesse né mezza, sì come quegli che non mi vedeano. Alla fine, giunto qui a casa, questo diavolo di questa femina 189 maladetta mi si parò dinanzi ed ebbemi veduto, per ciò che, come voi sapete, le 190 femine fanno perder la vertù a ogni cosa: di che io, che mi poteva dire il più avventurato 191 uom di Firenze, sono rimaso il più sventurato; e per questo l’ho tanto battuta 215 quant’io ho potuto menar le mani e non so a quello che io mi tengo che io non le sego le veni, che maladetta sia l’ora che io prima la vidi e quand’ella mi venne 192 193 in questa casa!» E raccesosi nell’ira, si voleva levar per tornare a batterla da capo. Bruno eBuffalmaccofingono dirimproverareCalandrino peraverli abbandonati costruire muri. 166 murare: pleonastico. 167 E’: novità. 168 novelle: affaticato, stancato. 169 faticato: della fortuna che pensava di aver perso. 170 della ventura... avere: fiato. 171 spirito: e poiché non rispondeva. 172 per che soprastando: un altro motivo di ira verso di noi. 173 altra ira: prendere in giro. 174 straziare: dopo che ci hai convinto con i tuoi bei discorsi. 175 poi sodotti ci avesti: senza dirci addio e senza mandarci al diavolo (cioè senza nemmeno salutarci). 176 senza dirci... a diavolo: ci hai lasciato nel Mugnone come due stupide bestie ( , letteralmente “caproni”) e te ne sei tornato a casa, il che non ci è piaciuto per niente; ma certamente questa sarà l’ultima ( ) burla che ci farai. 177 a guisa... mai: becconi sezzaia adirate. 178 turbate: la faccenda sta diversamente da come pensate voi. 179 l’opera... pensate: per la prima volta. 180 primieramente: a cinque o sei metri. 181 a men di diece braccia: e vedendo che voi ve ne andavate e non mi vedevate più, vi ho preceduto, e continuando a stare poco davanti a voi me ne sono venuto a casa. 182 e veggendo... innanzi: dall’inizio. 183 dall’un de’ capi: la schiena. 184 il dosso: conciati. 185 conci: di San Gallo. 186 alla porta: del dazio. 187 guardiani: sono soliti parlarmi. 188 mi soglion far motto: proprio come se non mi vedessero. 189 sì come... mi vedeano: mi vide subito. 190 ebbemi veduto: fortunato. 191 avventurato: vene. 192 veni: quando la vidi per la prima volta. 193 che io prima la vidi: Buffalmacco e Bruno, queste cose udendo, facevan vista di maravigliarsi forte e spesso affermavano quello che Calandrino diceva, e avevano sì gran voglia di 220 194 ridere, che quasi scoppiavano; ma vedendolo furioso levare per battere un’altra 195 volta la moglie, levatiglisi allo ’ncontro il ritennero, dicendo di queste cose 196 niuna colpa aver la donna ma egli che sapeva che le femine facevano perdere la vertù alle cose e non le aveva detto che ella si guardasse d’apparirgli innanzi 197 quel giorno: il quale avvedimento Idio gli aveva tolto o per ciò che la ventura 225 198 199 non doveva esser sua, o perch’egli aveva in animo d’ingannare i suoi compagni, a’ quali, come s’avvedeva averla trovata, il doveva palesare. 200 201 E dopo molte parole, non senza gran fatica, la dolente donna riconciliata con essolui e lasciandol malinconoso con la casa piena di pietre, si partirono. 202 203 Bruno eBuffalmaccoconvinconoCalandrino a nonpicchiare più lamoglie confermavano. 194 affermavano: alzarsi (prima si era seduto). 195 levare: andatigli incontro, lo trattennero. 196 levatisigli... il ritennero: evitasse. 197 si guardasse: saggio pensiero. 198 avvedimento: fortuna. 199 ventura: non appena si era accorto. 200 come s’avvedeva: doveva riferirlo. 201 il doveva palesare: triste. 202 essolui: triste. 203 malinconoso: >> pagina 544 ANALISI ATTIVA I contenuti tematici Il testo si apre con la presentazione dei personaggi: Calandrino, Bruno, Buffalmacco e Maso del Saggio. Sono tutti pittori attivi a Firenze nel primo Trecento, ma mentre Calandrino è uom semplice e di nuovi costumi (r. 12), Bruno e Buffalmacco – oltre a essere uomini sollazzevoli molto (r. 13), che è la ragione per cui Calandrino ama frequentarli – sono avveduti e sagaci (r. 14). Essi, a loro volta, frequentano Calandrino per ciò che de’ suoi modi e della sua simplicità sovente gran festa prendevano (rr. 14-15). Dunque è da subito evidente una fondamentale asimmetria nei rapporti: mentre l’amicizia di Calandrino verso gli altri due è ingenua, Bruno e Buffalmacco hanno da tempo individuato in lui un oggetto di divertimento, senza che egli lo sospetti. Maso, a sua volta, si pone sullo stesso piano di Bruno e Buffalmacco. È lui, infatti, a innescare la prima beffa, incantando Calandrino con strani discorsi su paesi meravigliosi e pietre “virtuose”. Lo sciocco abbocca, ed ecco le premesse per la beffa successiva, su cui è incentrata la novella. Questa volta, però, è lo stesso Calandrino a mettersi da solo nel sacco, ovviamente senza accorgersene: nel momento in cui informa Bruno e Buffalmacco della notizia, comunicatagli da Maso, dell’esistenza di una pietra favolosa (l’elitropia) capace di rendere invisibile chi la porti su di sé, i due amici trovano subito, con un semplice scambio di sguardi ( , r. 92), l’intesa per beffare il collega credulone. guatando l’un verso l’altro La presentazione dei personaggi e la struttura della novella >> pagina 545 Suddividi tutto il testo in sequenze, attribuendo a ciascuna di esse un titolo adeguato. 1. Bruno consiglia di rinviare la ricerca della pietra alla domenica mattina. Perché? 2. Quali sono le fantasiose attrazioni del paese di Bengodi? 3. Il personaggio di Calandrino appare da subito come un sempliciotto piuttosto bizzarro. Non a caso, si beve tutte le storie strampalate raccontategli da Maso del Saggio, che, con il suo discorso sull’elitropia, prepara inconsapevolmente la beffa che poi sarà ordita da Bruno e Buffalmacco. Il suo principale punto di debolezza può essere forse individuato in «una capacità immaginativa superiore al comune, poiché è disposto a vedere cose che gli uomini normali riterrebbero inverosimili» (Asor Rosa). Ignorante com’è, il protagonista della novella è soprattutto sciocco, ma anche piuttosto presuntuoso, giacché è convinto di poter riconoscere facilmente l’elitropia. Come ha scritto il critico Natalino Sapegno, in lui «la sciocchezza si complica di avarizia e di stolida diffidenza, e di non so quale persuasione di furberia». All’origine della sua creduloneria c’è in effetti la cupidigia, che affiora nella frenesia dell’affannosa ricerca della pietra magica e nell’intenzione di recarsi alle tavole dei cambiavalute: diventare invisibile gli consentirebbe (questa è la sua intenzione) di arricchirsi illecitamente e quando si convince, per lo scherzo di Bruno e Buffalmacco, di aver trovato la pietra che lo rende tale, non si palesa ai compagni che crede non lo stiano vedendo. La stupidità di Calandrino si manifesta anche, alla fine della novella, nella violenza che sfoga percuotendo la moglie, poiché crede che un suo malefico influsso, in quanto femmina, abbia posto fine al magico influsso della pietra. In ciò affiora un certo pregiudizio misogino, tipico, per molti aspetti, della cultura e della società medievali. Ma Boccaccio, che alle donne aveva dedicato il , non condivide tale visione, ed è evidente, se consideriamo il punto di vista da cui la vicenda è narrata (teso a mettere alla berlina Calandrino), la condanna – da parte dell’autore – della mentalità antifemminile del personaggio e del suo violento comportamento. Decameron Il protagonista: uno sciocco presuntuoso Trova nel testo altri riferimenti alla dabbenaggine del protagonista. 4. Nel sottolineare l’affannosa ricerca di Calandrino, Boccaccio usa più volte lo stesso verbo. Quale? 5. Da quali atti e parole del personaggio puoi ricavare la sua presunzione? 6. Rintraccia nel testo i passaggi in cui emerge la disonestà di Calandrino. 7. Individua le frasi in cui emerge la visione misogina di Calandrino e quelle in cui il narratore evidenzia la sua aggressività nei confronti della moglie. 8. Lo strumento attraverso cui Calandrino viene beffato è la parola. Boccaccio in questa e in altre novelle del celebra l’arte di parlare come segno di intelligenza e di distinzione culturale, ma anche – come in questo caso – quale mezzo per esercitare un potere sugli altri. Possiamo apprezzare questa capacità di utilizzare il linguaggio in maniera efficace ai fini della beffa innanzitutto nel discorso di Maso e poi anche nelle battute rivolte da Bruno e Buffalmacco a Calandrino. In fondo, è tramite la parola che i due amici “fanno sparire” Calandrino, fingendo di non vederlo più e parlando di lui come se non fosse presente. Decameron L’esaltazione del buon uso della parola >> pagina 546 In quali frasi ed espressioni trovi riscontro a questo abile utilizzo della parola? 9. Le scelte stilistiche Torniamo al discorso iniziale di Maso. Egli parla di luoghi favolosi dove avvengono cose meravigliose, utilizzando frasi equivoche e numeri immaginari. I suoi doppi sensi e giochi di parole non vengono percepiti come tali da Calandrino, il quale, sprovvisto di intelligenza ma anche di senso dell’umorismo, prende come oro colato quanto il suo interlocutore gli dice. L’anfibologia delle sue parole stabilisce un doppio livello di significati: Calandrino percepisce soltanto quello letterale, che non mette in discussione, ma che anzi, distratto (o meglio “astratto” dalla realtà) com’è, si fa scivolare addosso come se nulla fosse; il lettore, invece, intende un secondo livello di senso, basato sull’assurdità delle affermazioni e sulla loro comicità. In tal modo si stabilisce, tra Boccaccio (che possiamo intravedere dietro al personaggio di Maso del Saggio) e chi legge, un rapporto – anche in questo caso – di complicità: il narratore, per bocca di Maso del Saggio, sbeffeggia Calandrino, il quale non se ne accorge affatto; ce ne accorgiamo però noi che leggiamo la novella. L’autore può così riaffermare la propria simpatia verso coloro che sanno utilizzare il proprio ingegno con destrezza e, al tempo stesso, irridere chi si rivela sciocco e credulone. La complicità del narratore Individua, nelle battute di Maso del Saggio, esempi di anfibologia. 10. La narrazione in terza persona e i dialoghi tra i vari personaggi sono tra loro in perfetto equilibrio per conferire al testo un ritmo narrativo veloce ed efficace, al punto che la vicenda, per quanto possa sembrare paradossale, finisce per diventare credibile agli occhi del lettore man mano che se ne segue lo svolgimento. Qui Boccaccio si mostra infatti abilissimo nel passare da dialoghi realistici a momenti di pura invenzione verbale (il discorso di Maso del Saggio), da scene dalle caratteristiche quasi teatrali alla descrizione realistica dei personaggi, fino a momenti di comicità surreale. In particolare, lo studioso Mario Baratto ha parlato, a proposito di questa novella, di «un racconto che si traduce in esatta misura di commedia, a quadri successivi, dove notazione gestuale e dialogo si compenetrano felicemente a delineare la maschera di Calandrino». Il rapporto tra narrazione e dialoghi Distingui le parti diegetiche (diegesi) da quelle mimetiche (mimesi). Quale dei due livelli narrativi ti sembra prevalere? Con quali effetti, secondo te? 11. Sottolinea nel testo le frasi fatte e i frusti modi di dire che Boccaccio mette in bocca a Calandrino. 12. Educazione CIVICA – Spunti di realtà In fin dei conti, quella subita da Calandrino è una beffa inoffensiva: certo, si tratta di uno scherzo un po’ sadico ma non va oltre i limiti della burla. Purtroppo non è sempre così: il gioco della derisione può diventare vessazione e il divertimento tramutarsi in persecuzione e molestia , comportamenti sanzionati dall’ articolo 660 del Codice penale . • Questi atti di intimidazione non sempre si concretizzano in violenza fisica e oggi si verificano con sempre maggior frequenza in Rete: in tal caso si parla di cyberbullismo. Prova a definire il fenomeno e commentalo in un dibattito in classe.