T7 Ruggiero e Astolfo nell’isola di Alcina , canto VI, ott. 19-41 Orlando furioso Bradamante, dopo essersi impadronita dell’anello magico e aver vinto Atlante, può riabbracciare Ruggiero, ma questi, per un nuovo incantesimo del mago, è sollevato in aria dall’ippogrifo (canto IV), che infine lo depone nel meraviglioso giardino della maga Alcina (canto VI). Qui egli incontra Astolfo, trasformato in mirto dalla perfida maga. Anche Ruggiero – più avanti – resterà prigioniero di Alcina, dalla quale verrà liberato mediante l’anello fatato di Bradamante e l’intervento della maga Melissa. Ottave di endecasillabi con schema di rime ABABABCC. Metro Il colloquio tra un cavaliere e una pianta di mirto 19 Poi che l’augel trascorso ebbe gran spazio per linea dritta e senza mai piegarsi, con larghe ruote, omai de l’aria sazio, cominciò sopra una isola a calarsi, pari a quella ove, dopo lungo 5 ▶ strazio far del suo amante e lungo a lui celarsi, la vergine Aretusa passò invano di sotto il mar per camin cieco e strano. Termina il volo dell’ippogrifo TRECCANI ▶ Le parole valgono Ci sono parole terribili che finiscono per diventare scherzose. Prendiamo : il suo tremendo significato originario rimanda a un’atroce lacerazione o mutilazione di un corpo («L’esplosione fece delle sue membra») e, di conseguenza, allo spasimo e al dolore acuto causati da tale dilaniazione. Anche accezioni affini non sono meno dolorose: lo può essere l’uccisione violenta di molte persone, una strage o la sofferenza morale e l’afflizione profonda, magari provocata dal rimorso. Ma quando diciamo a un amico «Sei uno » è il caso di sorridere: ci avrà annoiato, è vero, ma questo è un dolore che si può sopportare… strazio strazio strazio strazio strazio ▶ Nelle seguenti frasi sostituisci la parola strazio con un’espressione corrispondente: «Quando finirà lo strazio di questa conferenza?»; «Quell’attore ha fatto strazio del dramma di Shakespeare»; «È uno strazio vederlo soffrire così». l’ippogrifo. 1 l’augel: giri circolari. 3 ruote: è l’isola di Ortigia (la parte più antica della città di Siracusa), alla quale Ariosto paragona l’isola incantata della maga Alcina. Secondo il racconto mitologico, Aretusa, ninfa sdegnosa dell’amore del dio fluviale Alfeo, riapparve sotto forma di fonte a Ortigia, ma fu raggiunta dall’innamorato, che, passando sotto il mar Ionio, mescolò con lei le sue acque. 5 quella: dopo aver fatto a lungo soffrire il suo amante ed essersi a lungo a lui nascosta. 5-6 dopo lungo strazio… e lungo a lui celarsi: buio (perché sotterraneo) e fuori dell’ordinario. 8 cieco e strano: 20 Non vide né ’l più bel né ’l più giocondo da tutta l’aria ove le penne stese; 10 né se tutto cercato avesse il mondo, vedria di questo il più gentil paese, ove, dopo un girarsi di gran tondo, con Ruggier seco il grande augel discese: culte pianure e delicati colli, 15 chiare acque, ombrose ripe e prati molli. 21 Vaghi boschetti di soavi allori, di palme e d’amenissime mortelle, cedri et aranci ch’avean frutti e fiori contesti in varie forme e tutte belle, 20 facean riparo ai fervidi calori de’ giorni estivi con lor spesse ombrelle; e tra quei rami con sicuri voli cantando se ne gìano i rosignuoli. 22 Tra le purpuree rose e i bianchi gigli, 25 che tiepida aura freschi ognora serba, sicuri si vedean lepri e conigli, e cervi con la fronte alta e superba, senza temer ch’alcun gli uccida o pigli, pascano o stiansi rominando l’erba; 30 saltano i daini e i capri isnelli e destri, che sono in copia in quei luoghi campestri. L’incanto della natura va sottinteso “paese” (che si ricava dal v. 12). 9 né ’l più bel né ’l più giocondo: per tutto il cammino da lui percorso. 10 da tutta… stese: gradevole, ameno. 12 gentil: un ampio giro circolare. 13 un girarsi di gran tondo: portando con sé Ruggiero. 14 con Ruggier seco: coltivate. dal dolce pendio. 15 culte: delicati: sponde (di corsi d’acqua). 16 ripe: profumati. 17 soavi: mirti. 18 mortelle: intrecciati. 20 contesti: folte chiome. 22 spesse ombrelle: privi di paura, perché non turbati dalla presenza di cacciatori. 23 sicuri: se ne andavano, svolazzavano. usignoli. 24 se ne gìano: rosignuoli: che l’aria temperata conserva sempre ( ) freschi. 26 che tiepida… serba: ognora li. 29 gli: sia che vadano pascendo sia che se ne stiano fermi a ruminare l’erba. 30 pascano… l’erba: i caprioli snelli e agili. 31 i capri isnelli e destri: abbondanza. 32 copia: 23 Come sì presso è l’ippogrifo a terra, ch’esser ne può men periglioso il salto, Ruggier con fretta de l’arcion si sferra, 35 e si ritruova in su l’erboso smalto; tuttavia in man le redine si serra, che non vuol che ’l destrier più vada in alto: poi lo lega nel margine marino a un verde mirto in mezzo un lauro e un pino. 40 24 E quivi appresso ove surgea una fonte cinta di cedri e di feconde palme, pose lo scudo, e l’elmo da la fronte si trasse, e disarmossi ambe le palme; et ora alla marina et ora al monte 45 volgea la faccia all’aure fresche et alme, che l’alte cime con mormorii lieti fan tremolar dei faggi e degli abeti. 25 Bagna talor ne la chiara onda e fresca l’asciutte labra, e con le man diguazza, 50 acciò che de le vene il calore esca che gli ha acceso il portar de la corazza. Né maraviglia è già ch’ella gl’incresca; che non è stato un far vedersi in piazza: ma senza mai posar, d’arme guernito, 55 tremila miglia ognor correndo era ito. 26 Quivi stando, il destrier ch’avea lasciato tra le più dense frasche alla fresca ombra, per fuggir si rivolta, spaventato di non so che, che dentro al bosco adombra: 60 e fa crollar sì il mirto ove è legato, che de le frondi intorno il piè gli ingombra: crollar fa il mirto e fa cader la foglia; né succede però che se ne scioglia. 27 Come ceppo talor, che le medolle 65 rare e vote abbia, e posto al fuoco sia, poi che per gran calor quell’aria molle resta ch’in mezzo l’empìa, ▶ consunta dentro risuona, e con strepito bolle tanto che quel furor truovi la via; 70 così murmura e stride e si corruccia quel mirto offeso, e al fine apre la buccia. Ruggiero smonta dall’ippogrifo e lo lega TRECCANI ▶ Le parole valgono Per quanto possiamo apparire stanchi, non sarebbe certo il massimo sentirci dire che abbiamo «il viso ». L’etimologia latina, del resto, non tradisce: c’è in questo aggettivo il senso di qualcosa che è consumato (anche i vestiti possono esserlo) e logoro al punto di essere quasi irriconoscibile. consunto consunto ▶ Per esprimere il contrario di ciò che è emaciato e sfinito, basta aggiungere il prefisso negativo -in ed ecco l’elegante e un po’ letterario inconsunto , che non va confuso con l’apparentemente simile (ma dal significato diverso) inconsulto . Scrivi una frase con quest’ultimo aggettivo. pericoloso. 34 periglioso: si slancia. 35 si sferra: suolo erboso e lucido. 36 erboso smalto: stringe le redini. 37 in man le redine si serra: riva del mare. 39 margine marino: pianta di alloro. 40 lauro: sorgeva, si trovava. 41 surgea: ricche di datteri. 42 feconde: si levò dalle mani i guanti d’acciaio. 44 disarmossi ambe le palme: mare. 45 marina: confortanti, ricreatrici. 46 alme: agita l’acqua. 50 diguazza: affinché dal corpo. 51 acciò che de le vene: gli dia fastidio. 53 gl’incresca: giacché la sua impresa non è stata una semplice parata in piazza, una cosa di poca fatica. 54 che non è stato un far vedersi in piazza: fermarsi. ricoperto. 55 posar: guernito: era andato ( ) sempre ( ) correndo per un’enorme distanza ( ). 56 tremila miglia… era ito: ito ognor tremila miglia fitte piante. 58 dense frasche: getta ombre paurose (e quindi fa adombrare, cioè spaventa, il cavallo). 60 adombra: scuote. 61 fa crollar: ma non per questo ( ) riesce a liberarsi. 64 né succede però che se ne scioglia: però il cui midollo sia consumato. 65-66 che le medolle… abbia: si consuma ( ) quel vapore acqueo ( ) che lo riempiva ( ) internamente ( ). 67-68 quell’aria… l’empìa: resta consunta aria molle empìa in mezzo esalazione bollente (di nuovo, cioè, vapore acqueo). 70 furor: si contorce oppure si corruga in superficie. 71 si corruccia: spezza la corteccia. 72 apre la buccia: 28 Onde con mesta e flebil voce uscìo espedita e chiarissima favella, e disse: «Se tu sei cortese e pio, 75 come dimostri alla presenza bella, lieva questo animal da l’arbor mio: basti che ’l mio mal proprio mi flagella, senza altra pena, senza altro dolore ch’a tormentarmi ancor venga di fuore». 80 29 Al primo suon di quella voce torse Ruggiero il viso, e subito levosse; e poi ch’uscir da l’arbore s’accorse, stupefatto restò più che mai fosse. A levarne il destrier subito corse; 85 e con le guancie di vergogna rosse: «Qual che tu sii, perdonami (dicea), o spirto umano, o boschereccia dea. 30 Il non aver saputo che s’asconda sotto ruvida scorza umano spirto, 90 m’ha lasciato turbar la bella fronda e far ingiuria al tuo vivace mirto: ma non restar però, che non risponda chi tu ti sia, ch’in corpo orrido et irto, con voce e razionale anima vivi; 95 se da grandine il ciel sempre ti schivi. 31 E s’ora o mai potrò questo dispetto con alcun beneficio compensarte, per quella bella donna ti prometto, quella che di me tien la miglior parte, 100 ch’io farò con parole e con effetto, ch’avrai giusta cagion di me lodarte». Come Ruggiero al suo parlar fin diede, tremò quel mirto da la cima al piede. Il mirto parlante e il colloquio con Astolfo sciolta. 74 espedita: pietoso. 75 pio: come rivela il tuo nobile aspetto. 76 come dimostri alla presenza bella: stacca, allontana. 77 lieva: può ben bastare che mi tormenti il mio proprio male (cioè la sventura di essere stato tramutato da uomo in pianta). 78 basti… mi flagella: si levò. 82 levosse: chiunque tu sia. 87 Qual che tu sii: ninfa. «Un’antica credenza considerava abitatrici delle piante le ninfe dei boschi: Driadi e Amadriadi» (Caretti). 88 boschereccia dea: guastare, maltrattare. 91 turbar: vivente. 92 vivace: ma non rifiutarti di dirmi. 93 ma non restar però, che non risponda: ispido e pungente (in quanto pieno di rami e di aculei). 94 orrido et irto: invece le piante hanno solo l’anima vegetativa. Per Aristotele (384-322 a.C.) esistevano tre tipi di anima: vegetativa (presente in tutti gli esseri viventi, animali e vegetali), sensitiva (presente solo negli animali) e razionale (propria solo dell’essere umano). 95 razionale anima: augurandoti che il cielo ti ripari sempre dalla grandine. Il ha valore deprecativo (o augurale), cioè equivale a un’espressione del tipo “voglia il cielo che”, “possa accadere che” o simili. 96 se da grandine il ciel sempre ti schivi: se l’offesa dolorosa che ti ho inferto (legando l’ippogrifo al mirto). 97 dispetto: Bradamante. 99 quella bella donna: il cuore. 100 la miglior parte: i fatti, le azioni. 101 effetto: di parlare bene di me. 102 di me lodarte: 32 Poi si vide sudar su per la scorza, 105 come legno dal bosco allora tratto, che del fuoco venir sente la forza, poscia ch’invano ogni ripar gli ha fatto; e cominciò: «Tua cortesia mi sforza a discoprirti in un medesmo tratto 110 ch’io fossi prima, e chi converso m’aggia in questo mirto in su l’amena spiaggia. 33 Il nome mio fu Astolfo; e paladino era di Francia, assai temuto in guerra: d’Orlando e di Rinaldo era cugino, 115 la cui fama alcun termine non serra; e si spettava a me tutto il domìno, dopo il mio padre Oton, de l’Inghilterra. Leggiadro e bel fui sì, che di me accesi più d’una donna; e al fin me solo offesi. 120 34 Ritornando io da quelle isole estreme che da Levante il mar Indico lava, dove Rinaldo et alcun’altri insieme meco fur chiusi in parte oscura e cava, et onde liberate le supreme 125 forze n’avean del cavallier di Brava; vêr ponente io venìa lungo la sabbia che del settentrion sente la rabbia. 35 E come la via nostra e il duro e fello destin ci trasse, uscimmo una matina 130 sopra la bella spiaggia, ove un castello siede sul mar, de la possente Alcina. Trovammo lei ch’uscita era di quello, e stava sola in ripa alla marina; e senza rete e senza amo traea 135 tutti li pesci al lito, che volea. 36 Veloci vi correvano i delfini, vi venìa a bocca aperta il grosso tonno; i capidogli coi vecchi marini vengon turbati dal lor pigro sonno; 140 muli, salpe, salmoni e coracini nuotano a schiere in più fretta che ponno; pistrici, fisiteri, orche e balene escon del mar con monstruose schiene. 37 Veggiamo una balena, la maggiore 145 che mai per tutto il mar veduta fosse: undeci passi e più dimostra fuore de l’onde salse le spallaccie grosse. Caschiamo tutti insieme in uno errore, perch’era ferma e che mai non si scosse: 150 ch’ella sia una isoletta ci credemo, così distante ha l’un da l’altro estremo. 38 Alcina i pesci uscir facea de l’acque con semplici parole e puri incanti. Con la fata Morgana Alcina nacque, 155 io non so dir s’a un parto o dopo o inanti. Guardommi Alcina; e subito le piacque l’aspetto mio, come mostrò ai sembianti: e pensò con astuzia e con ingegno tormi ai compagni; e riuscì il disegno. 160 Il racconto di Astolfo appena tagliato, e dunque ancora verde. 106 allora tratto: dopo che gli ha opposto vana, inutile resistenza (non volendo accendersi). 108 poscia… gli ha fatto: chi mi abbia trasformato. 111 chi converso m’aggia: ero cugino. Ottone, Milone e Amone erano fratelli e avevano avuto per figli rispettivamente Astolfo, Orlando e Rinaldo. 115 era cugino: è senza limiti. 116 alcun termine non serra: dopo la morte di mio padre Ottone sarebbe spettato a me il trono ( ) d’Inghilterra. 117-118 si spettava… Inghilterra: tutto il domìno isole lontane (che segnavano l’estremo confine orientale del mondo). Astolfo e Rinaldo erano stati liberati da Orlando dalla prigionia di Monodante, re di Demogir, isola del mare Indiano ( ). 121 isole estreme: mar Indico in una prigione oscura e profonda. 124 in parte oscura e cava: e da dove ci avevano liberati le forze straordinarie di Orlando ( ). Brava è l’antica Blavia e la moderna Blaye, sulla riva destra della Gironda. 125-126 onde… cavallier di Brava: cavallier di Brava dal mare Indiano tornavo a occidente lungo la costa libica ( ) battuta dalla violenza ( ) dei venti di settentrione. 127-128 vêr ponente io venìa… sente la rabbia: sabbia rabbia non appena (congiunzione con valore temporale). avverso, traditore. 129 come: fello: sulla riva del mare. 134 in ripa alla marina: sulla spiaggia. 136 al lito: grossi cetacei. vitelli marini o foche. 139 capidogli: vecchi marini: triglie. sarpe (pesci piatti di colore argenteo). corvine (pesci detti così perché neri come corvi). 141 muli: salpe: coracini: possono. 142 ponno: pesci-sega (sorta di mostri marini). altro nome dei capidogli. cetacei della famiglia dei delfinidi. 143 pistrici: fisiteri: orche: mostra fuori. 147 dimostra fuore: salate. 148 salse: estremità (del corpo della balena). 152 estremo: era sorella di Alcina. 155 fata Morgana: se nel medesimo parto (in tal caso Morgana e Alcina sarebbero gemelle) o dopo o prima ( ). 156 s’a un parto o dopo o inanti: inanti in apparenza, in base ai suoi atteggiamenti. 158 ai sembianti: inganno. 159 ingegno: togliermi, sottrarmi. 160 tormi: 39 Ci venne incontra con allegra faccia, con modi graziosi e riverenti, e disse: «Cavallier, quando vi piaccia far oggi meco i vostri alloggiamenti, io vi farò veder, ne la mia caccia, 165 di tutti i pesci sorti differenti: chi scaglioso, chi molle e chi col pelo; e saran più che non ha stelle il cielo. 40 E volendo vedere una sirena che col suo dolce canto acheta il mare, 170 passian di qui fin su quell’altra arena, dove a quest’ora suol sempre tornare». E ci mostrò quella maggior balena, che, come io dissi, una isoletta pare. Io che sempre fui troppo (e me n’incresce) 175 volonteroso, andai sopra quel pesce. 41 Rinaldo m’accennava, e similmente Dudon, ch’io non v’andassi: e poco valse. La fata Alcina con faccia ridente, lasciando gli altri dua, dietro mi salse. 180 La balena, all’ufficio diligente, nuotando se n’andò per l’onde salse. Di mia sciocchezza tosto fui pentito; ma troppo mi trovai lungi dal lito. L’inganno di Alcina prendere oggi stesso alloggio presso di me. 164 far oggi… alloggiamenti: pesca. 165 caccia: specie. 166 sorti: più numerosi delle stelle del cielo. 168 più che non ha stelle il cielo: se volete. 169 volendo: acquieta, placa. 170 acheta: passiamo (congiuntivo esortativo). spiaggia. 171 passian: arena: avventato e poco riflessivo. 176 volonteroso: un altro compagno. 178 Dudon: salì sulla balena. 180 salse: pronta a eseguire l’incarico ricevuto. 181 all’ufficio diligente: ben presto. 183 tosto: lontano dalla spiaggia. 184 lungi dal lito: Emanuele Lampardo (attribuito), (particolare), XVI-XVII secolo. Siracusa, Museo Bellomo. Storie della Genesi. La creazione degli animali, dei pesci e degli uccelli >> pagina 770 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Dopo un lunghissimo volo sull’ippogrifo, Ruggiero scende su un’isola meravigliosa. Il cavallo alato viene legato a un mirto, ma nel mirto si nasconde lo spirito di Astolfo, che racconta la sua dolorosa storia e le insidie della maga Alcina, la quale lo aveva attirato a sé con le proprie arti magiche. Alcina è il simbolo degli istinti cattivi e dei vizi che avvincono gli uomini e li trattengono dal seguire la via dell’onestà. In particolare, la maga sembra qui simboleggiare la lussuria, il fascino dei sensi e la promessa di un mondo magico di avventure, anche se non sembrano essere presenti, nello sguardo del poeta, considerazioni di tipo moralistico e dunque un giudizio di condanna nei suoi confronti. Invenzione di Boiardo, attraverso Ariosto Alcina ispirerà in Tasso il personaggio di Armida, ma è chiaro che essa è frutto di una fitta memoria letteraria: si ricordi per esempio la maga Circe dell’ (e sempre al poema di Omero riporta la figura della sirena, citata all’ottava 40) o anche la maga Panfile del romanzo intitolato (o ) dello scrittore latino Apuleio (II secolo d.C.), la quale trasformava in pietre, montoni o altri animali gli uomini restii a cedere alle sue profferte amorose. Odissea Metamorfosi L’asino d’oro Anche Ruggiero subirà la seduzione di Alcina, ma in fondo già qui tale seduzione ha inizio attraverso il paesaggio dell’isola: la pace paradisiaca che vi regna, allettandolo e gratificandolo, comincia a ottundere la resistenza del cavaliere, che così si trova predisposto all’incontro con la maga. Per questo a poco varranno gli ammonimenti di Astolfo, che già ha sperimentato la crudeltà di quest’ultima. Le lusinghe di Alcina >> pagina 771 Astolfo era un personaggio già presente nel poema di Boiardo, dove appariva come bizzarro e irriflessivo, ma anche bellissimo e assai corteggiato dalle donne. Noi facciamo la sua conoscenza qui, dove, trasformato in mirto, si lamenta di essere rimasto vittima dell’incostanza di una donna. Forse per questo, memore della lezione ricevuta, una volta recuperate le sembianze umane, non lo vedremo innamorarsi più, per tutto il corso del poema, mentre gli sarà affidata l’impresa della restituzione del senno a Orlando. Tra tutti i personaggi del , Astolfo è uno di quelli che più riscuotono le simpatie del poeta, e anche quelle dei lettori. Del resto, nei suoi rapporti con le altre creature del poema, egli sembra darsi pensiero più per loro che per sé stesso: «lui, il più sventurato dei cavalieri, […] scioglie i nodi più complicati, mentre possiede un libro magico, un cavallo volante, un corno incantato e una lancia miracolosa. Tutti hanno bisogno di lui, tutti si giovano di lui, tutti si rivolgono a lui» (Cesareo). Furioso Il personaggio di Astolfo Le scelte stilistiche Oltre a quelli che abbiamo già evidenziato, in questo brano sono presenti altri riferimenti letterari. L’ottava 27 riprende due passi celebri: Virgilio, , III, 19 e ss. e Dante, , XIII, 22 e ss. In entrambi, la trasformazione di un uomo in una pianta – rispettivamente Polidoro, assassinato in Tracia dal cugino Polimnestore, e Pier delle Vigne, nella tetra selva dei suicidi – dà luogo a espressioni di sgomento e meraviglia. Eneide Inferno In particolare, il paragone con il ceppo richiama quello simile dell’episodio dantesco di Pier delle Vigne (vv. 40-44): «Come d’un stizzo verde ch’arso sia / da l’un de’ capi, che da l’altro geme / e cigola per vento che va via, // sì de la scheggia rotta usciva insieme / parole e sangue» (Come da un ramo [ ] ancora verde che sia bruciato a una delle due estremità e che dall’altra gocciola [ ] e sibila [ ] a causa dell’aria che ne fuoriesce, così dal ramoscello [ ] spezzato uscivano insieme parole e sangue). stizzo geme cigola scheggia Analogo sentimento di paura e sgomento provano Dante-personaggio nella e Ruggiero nell’ : il cavaliere, infatti, (v. 84). E anche le prime parole che rivolge all’anima imprigionata di Astolfo ( / , vv. 87-88) ricordano il senso di smarrimento di Dante, inizialmente incerto su come interpretare le voci che provengono dalla foresta dei suicidi («per ch’io tutto smarrito m’arrestai», , XIII, 24). Divina Commedia Orlando furioso stupefatto restò più che mai fosse Qual che tu sii, perdonami (dicea), o spirto umano, o boschereccia dea Inferno Una dotta intertestualità VERSO LE COMPETENZE Comprendere In che modo Ruggiero reca danno ad Astolfo? 1 A che proposito viene menzionata Bradamante? 2 Che cosa sta facendo Alcina la prima volta che viene vista da Astolfo? 3 Analizzare Quali caratteristiche ha la descrizione della natura sull’isola di Alcina? A quali letterari rimanda? 4 topoi Nelle ottave 24-26 l’accaldato Ruggiero si rinfresca a una fonte all’ombra degli alberi: individua tutti i termini che rimandano al contrasto caldo/freddo e che lo sottolineano. 5 Caldo Freddo È possibile definire “cortese” il comportamento di Ruggiero? perché? 6 Quali armi usa Armida per portare via con sé Astolfo? 7 Interpretare Quali caratteristiche di Astolfo emergono nell’episodio da lui raccontato nelle ultime ottave del brano? 8 scrivere per... rielaborare Immagina di dover realizzare un film tratto dal brano antologizzato. Che genere di film faresti? Quale titolo sceglieresti? Quali attori sarebbero più adatti? Quale colonna sonora? Scrivi un testo di presentazione di circa 30 righe, illustrando e motivando le tue scelte. 9