intrecci ARTE Carlo V e la corona leggendaria Dopo i sanguinosi eventi del sacco di Roma e dell’assedio di Firenze, l’imperatore Carlo V d’Asburgo fu formalmente incoronato a Bologna, seconda città dello Stato pontificio, scelta anche perché l’Urbe devastata dai lanzichenecchi sarebbe stata per Carlo un luogo pericoloso. La corona ferrea Nella città emiliana, papa Clemente VII lo incoronò re d’Italia, servendosi, con gesto altamente simbolico, della corona ferrea dei re longobardi, che dall’Alto Medioevo cingeva il capo de sovrani italiani. Secondo un’antica leggenda, il cerchio di metallo all’interno della corona, composta da sei piastre d’oro decorate da rosette a rilievo, castoni di gemme e smalti, sarebbe stato ricavato da uno dei chiodi della croce di Cristo e inserito nel diadema dell’imperatore Costantino. Eseguita probabilmente intorno al V secolo, e modificata nel IX, la corona, forse ostrogota, attestava l’origine divina del potere di chi governava l’Italia e l’ideale collegamento dei sovrani con il primo imperatore cristiano. , V secolo. Monza, Tesoro del Duomo. Corona ferrea Le opere minori IN BREVE A esclusione dei e della , che vengono editi nel corso del XVI secolo, la produzione di Guicciardini diviene nota solo nella seconda metà dell’Ottocento, quando riemerge dalle carte di famiglia: relazioni, diari di viaggio, orazioni fittizie scritte dopo il sacco di Roma (testi di scarso interesse letterario, ricostruiti dai filologi), un vasto epistolario (circa 5000 lettere), opere politico-teoriche e testi storiografici. Ricordi Storia d’Italia Le opere politico-teoriche La produzione politico-teorica di Guicciardini si inserisce nell’intenso dibattito sull’assetto politico-costituzionale di Firenze fiorito a cavallo della Repubblica e del ritorno al potere dei Medici (1512). Nell’ambito di questa produzione segnaliamo le tre opere di maggiore rilievo. Nella prima, il (dal nome della città spagnola in cui viene scritta nel 1512), l’autore esprime le proprie : auspicando per Firenze un governo di «savi» e «prudenti», lo scrittore rivela già la lontananza da ogni prospettiva di governo democratico (il popolo, scriverà nei , è un «animale pazzo», istintivo e inaffidabile). Discorso di Logrogno Discorso di Logrogno simpatie per il regime aristocratico Ricordi Nelle opere politico-teoriche minori emerge la preferenza di Guicciardini per un . regime oligarchico >> pagina 946 Scritto tra il 1521 e il 1526 e diviso in due libri, il mette in scena una discussione immaginaria, avvenuta a Firenze nel 1494, fra alcuni repubblicani fiorentini e Bernardo del Nero, storico esponente del partito mediceo, condannato a morte nel 1497 per aver tramato contro la Repubblica. Quest’ultimo, dell’autore, rifiuta di operare un’astratta gerarchia delle diverse forme di governo e mette in luce gli aspetti negativi sia del sistema monarchico mediceo sia di quello repubblicano. A suo giudizio si rivela adatto alla particolare situazione di Firenze un , nel quale il potere di un gonfaloniere a vita sia temperato da un senato composto dai rappresentanti delle famiglie più agiate. Dialogo del reggimento di Firenze Dialogo del reggimento di Firenze alter ego governo oligarchico Rivestono, infine, un ruolo importante per cogliere il pensiero di Guicciardini le . In queste pagine, scritte probabilmente nel 1530, l’autore trae spunto dalle affermazioni contenute in 38 capitoli dei di Machiavelli, per contrapporvisi analiticamente. La confutazione nasce soprattutto dal di Guicciardini – come quelli di ogni altro popolo e di ogni altra epoca – alla stregua di . Considerazioni intorno ai “Discorsi” del Machiavelli Considerazioni intorno ai “Discorsi” del Machiavelli Discorsi rifiuto di considerare gli ordinamenti romani modelli per il presente Anche il , sostenuto da Machiavelli nell’esortazione finale del , viene e non condivisibile. Guicciardini infatti non è d’accordo con l’amico che l’unità politica sia da preferire alla frammentazione in tanti principati, visto che nella nostra penisola è sempre stato vivo il sentimento dell’autonomia cittadina e della libertà dei singoli comuni. Il è un’attitudine connaturata agli italiani: combatterla è inutile, anzi controproducente. progetto nazionale unitario Principe visto come un’ipotesi utopistica particolarismo Guicciardini sulla possibilità di considerare gli ordinamenti romani come un modello per il presente, e sul progetto nazionale unitario, che secondo Guicciardini è irrealizzabile. critica Machiavelli Le opere SToriche La passione per la produzione storiografica si manifesta sin dalla gioventù di Guicciardini e lo accompagna lungo l’arco di tutta la sua avventura politica. Oltre alla vanno menzionate altre due opere. La prima, risalente al 1509 e rimastra incompiuta, prende in esame gli eventi che vanno dal tumulto dei Ciompi (1378) fino al 1509 e mostra le caratteristiche tipiche del Guicciardini storico. L’analisi delle vicende l’idea di nella vita degli uomini, che viene indagata nelle sue più intime pieghe e sfaccettature. Lo studio delle fonti non è ancora minuzioso (essendo limitato per lo più ai documenti presenti nell’archivio familiare), ma appare già chiara la volontà dello storico di approfondire le cause delle azioni e la rappresentazione dei personaggi e degli ambienti. Storie fiorentine Storia d’Italia Storie fiorentine , esclude qualsiasi intervento trascendente Nelle , Guicciardini racconta il periodo dal 1378 al 1509; nella vita degli uomini. Storie fiorentine esclude il trascendente Porta il titolo di un’altra opera incompiuta, ritrovata tra le carte dell’autore solo negli anni Quaranta del Novecento. L’arco temporale che doveva coprire andava dal 1375 al 1441, ma gli ultimi anni ci sono pervenuti solo allo stadio di abbozzo. Interessante è però la narrazione, contenuta nel , delle origini di Firenze, che Guicciardini allestisce impiegando fonti eterogenee, da quelle d’archivio ai testi classici come lo scrittore latino Plinio il Vecchio (I secolo d.C.). Cose fiorentine Cose fiorentine Proemio Luigi Cartei, , XIX secolo. Firenze, Galleria degli Uffizi. Statua di Francesco Guicciardini