Educazione civica – Pagine di realtà

L’italiano: una lingua in via d’estinzione?

→ La trattatistica rinascimentale, p. 64

Ogni lingua è portata a modificarsi seguendo le necessità comunicative di chi la utilizza. Ciò è avvenuto e continua ad avvenire anche alla lingua italiana. Si tratta di un processo inevitabile, ma, secondo il parere di Claudio Marazzini (n. 1949), presidente dell’Accademia della Crusca, le tendenze degli ultimi anni, ossia l’uso esagerato di termini stranieri (soprattutto inglesi) e di modalità espressive tipiche dei social rischia di impoverire l’italiano al punto di mettere a rischio la sua stessa sopravvivenza.

«Se procediamo di questo passo, nel 2300 l’italiano sarà sparito. Al suo posto si parlerà solo l’inglese». A lanciare – con un certo anticipo – l’allarme è il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini, professore di Storia della lingua italiana all’Università del Piemonte Orientale […]. 


Da buon scienziato della lingua, il professore spiega che si tratta di una previsione al limite della profezia, ma intanto disegna una tendenza, suffragata da cifre e indici tendenziali. […] Ma partiamo dal risultato: l’italiano che si parlerà fra trentatré anni sarà semplice, inglesizzato e molto meno colto.


«Già oggi – spiega il professore – i forestierismi sono in grande aumento e sicuramente cresceranno ancora i termini internazionali soprattutto inglesi». […] Altra certezza è l’eccesso di semplificazione: «Si andrà verso un linguaggio più scarno – spiega – e si attenuerà la tradizione umanistica greco-latina […]. Inoltre esiste un rischio concreto di banalizzazione: «Ricordiamo che una parola come “location”, che impazza su Tripadvisor, ne uccide almeno tre italiane: luogo, sito e posto».


Altra specie linguistica in via di estinzione (dai tempi di Io speriamo che me la cavo) è il congiuntivo. […]


Più sorprendente, invece, la previsione che anche il tempo futuro sarà in piena crisi. […] Altro «paziente lessicale» in pericolo di vita è il linguaggio scientifico: «Purtroppo i testi che si pubblicano sulle riviste scientifiche – fa notare il presidente dell’Accademia – sono sempre in inglese: e una lingua che non sa parlare di scienza perde una parte del suo status […]». Stessa prognosi per il sapere letterario, considerato il fatto che gli autori di oggi usano una lingua più colloquiale (che rispecchia quella corrente) e che i grandi classici si leggono sempre meno.


I nostri eredi, dunque, parleranno un italiano più povero, quasi ridotto all’osso. Qualche neologismo o modo di dire inediti, però, nasceranno: «Ci saranno certamente verbi e vocaboli nuovi – dice Marazzini – per quanto riguarda i primi, spesso legati al mondo di Internet, già oggi sono tutti della prima coniugazione, la più prolifica: vedi taggare, chattare, postare». Verso la sterilità, invece, la seconda e la terza coniugazione.


E la lingua scritta? Sparirà del tutto, come previsto già con l’arrivo del computer (in realtà email e sms hanno prodotto l’effetto contrario), o resisterà? «Questa è una previsione più difficile – conclude Marazzini – visto che con il debutto della telematica si è già sbagliato una volta. Certo è che con l’avvento dei messaggi vocali, sempre più usati dai giovani, e dei programmi di dettatura, un certo pericolo c’è. Di sicuro la dittatura degli emoticon andrà avanti imperterrita».


(Emanuela Minucci, L’italiano? Una lingua in via d’estinzione, “La Stampa”, 11 gennaio 2017)

LEGGI E COMPRENDI


1. In che cosa consiste il rischio di banalizzazione identificato da Marazzini nel linguaggio di oggi?

2. Come mai il linguaggio scientifico viene definito “in pericolo di vita”?

rifletti, scrivi, sostieni


3. Nel corso degli ultimi anni si è diffusa presso una parte dell’opinione pubblica la necessità di difendere la nostra lingua dalla prevaricazione dell’inglese. D’altra parte, la classe politica ha alcune responsabilità: i documenti governativi sono sempre più pieni di termini inglesi, anche quando l’italiano metterebbe a disposizione espressioni e parole del tutto adeguate. Nel 1975, in Francia, dove da sempre è presente un sentimento patriottico molto forte, una legge stabilì il divieto di utilizzare qualsiasi termine inglese nei documenti ufficiali e nella pubblica amministrazione.

A tuo giudizio, è questa la strada giusta per invertire la tendenza? Può bastare un intervento dall’alto per “salvare” la lingua italiana? Partendo dalla tua esperienza personale, rifletti sullo stato della lingua italiana ed esprimi in un testo argomentativo il tuo punto di vista sulla necessità o meno di difenderlo dalle contaminazioni.