Essere intellettuali oggi
→ Ludovico Ariosto, p. 68
→ Ludovico Ariosto, p. 68
Secondo Ariosto, gli intellettuali dovrebbero tenersi alla larga dalla politica e rifugiarsi nella semplice, ma calda dimensione privata. Al giorno d’oggi, invece, quale dovrebbe essere il loro posto? Il giurista Sabino Cassese (n. 1935) prova a dare una risposta a questo dilemma, che è di oggi come di ieri: per evitare il loro tramonto e inaugurare una nuova alba, gli uomini di cultura non possono rifiutarsi di partecipare attivamente al proprio tempo; per farlo, devono farsi carico di almeno cinque compiti…
In termini generali, il grande storico della filosofia e della cultura Eugenio Garin ha così definito la funzione dell’intellettuale come «coscienza critica»: egli è l’autore di una «riflessione teorica consapevole della situazione civile del Paese, capace di esercitare la sua forza nei confronti di ogni parte». Ma questa definizione generale non basta. Quali sono, in particolare, i suoi compiti?
Provo a elencarli. Deve, innanzitutto, definire il significato dei concetti e delle parole. […] Per quanto possa apparire strano, vi sono oggi nello spazio pubblico tante parole che vengono caricate di un sovrappiù di significati e che finiscono per creare aspettative, valori, ideologie: popolo, democrazia, rappresentanza sono solo tre esempi. Bisogna, quindi, liberare le persone dall’esclavage de l’esprit che discende da un cattivo uso del vocabolario.
Il secondo compito è quello di evitare che i morti si trasformino in antenati, cioè aiutare una società a ricostruire nel modo più corretto il proprio passato. Questo, come è noto, è ricostruito, reinventato nello spazio pubblico. […]
Il terzo compito dell’intellettuale è quello scolpito da Ernest Renan nei suoi Souvenirs d’enfance et de jeunesse: «L’essentiel dans l’éducation, ce n’est pas la doctrine enseignée, c’est l’eveil». Questo vale anche per il compito dell’intellettuale che si rivolge al pubblico. Bisogna far pensare, mettersi tra gli “anywhere”, coloro che guardano il mondo da tanti punti diversi, perché sono troppi i “somewhere”, quelli che guardano il mondo da un solo posto.
In una delle sue Lettere a Milena, Franz Kafka spiega perché non leggesse i giornali: perché illustrano le cose, senza far intendere il «senso delle cose». Ecco il quarto compito dell’intellettuale, fornire una prospettiva, spiegare quel che sta sullo sfondo, permettere di capire in quale direzione ci si muove, illustrare i significati, tradurre il linguaggio di una tradizione culturale nel linguaggio di altre tradizioni […].
Da ultimo, c’è la funzione internazionale o cosmopolita degli intellettuali, come la chiamava Antonio Gramsci, divenuta particolarmente importante a causa del progresso di quel complesso di fenomeni che chiamiamo riassuntivamente globalizzazione.
Nello svolgere questi compiti, possono esser molte le occasioni nelle quali l’intellettuale può esser tentato di giungere a compromessi, per i quali occorre ricordare l’insegnamento di Max Weber per cui «l’uomo politico può venire a compromessi, ma il dotto non li deve coprire». Ma questo non vuol dire che l’intellettuale non deve esser tentato di mettersi al servizio del potere, come fece Turgot accettando la nomina a ministro nel 1774, tanto da far evocare a d’Alembert, in una lettera a Federico II «la vertu au pouvoir».
(Sabino Cassese, Il tramonto degli intellettuali, “Il Foglio”, 16 marzo 2020)
3. Come abbiamo visto, Ariosto preferirebbe per sé un ruolo appartato. Il Novecento ha archiviato questa dimensione privata: spesso l’intellettuale ha svolto un compito civile, assumendo un impegno politico diretto. E oggi? Sabino Cassese elenca i doveri che dovrebbe assumere un intellettuale: concordi con il suo punto di vista? Esiste una figura della cultura – italiana ma non solo – che segui e che ispira la tua visione della vita e del mondo? Parlane in un testo argomentativo.