unità 1 • le origini e il duecento
un nuovo movimento poetico
Il movimento poetico dello Stilnovo nasce a Bologna e si sviluppa a Firenze alla fine del Duecento (1280-1310).
La produzione poetica dello Stilnovo si rivolge a un nuovo pubblico, la borghesia, che in quel periodo si sta sviluppando. È Dante, nel Purgatorio, a chiamare “dolce stil novo” questo movimento poetico di cui ha fatto parte.
I temi
In queste poesie il tema principale è soprattutto l’amore.
I poeti stilnovisti descrivono una donna simile a un angelo (la cosiddetta “donna angelicata”) come una creatura miracolosa che sta a metà tra l’essere umano e la divinità.
In realtà i poeti stilnovisti non descrivono esperienze vissute personalmente ma parlano dei sentimenti come di esperienze intellettuali. Rispetto alla scuola siculo-toscana viene abbandonato il tema politico e civile.
Inoltre nella poesia dello Stilnovo per poter accedere all’amore bisogna avere il “cor gentile”, cioè avere nobiltà d’animo. La nobiltà non dipende dalla ricchezza e dalla nascita, ma dalle qualità umane e intellettuali dell’individuo.
Queste nuove tematiche affrontate dai poeti stilnovisti sono più corrispondenti ai gusti e agli interessi del nuovo pubblico borghese. Naturalmente i lettori sono ancora pochi, però non sono più soltanto nelle corti ma anche nelle città.
Un altro tema importante dello Stilnovo è l’amicizia che unisce le persone che hanno nobiltà d’animo.
la lingua
I poeti stilnovisti rinnovano in parte anche il linguaggio della poesia, infatti abbandonano il linguaggio oscuro dei poeti siculo-toscani e
usano il “volgare illustre”, come lo chiama Dante.
Si tratta del volgare fiorentino, arricchito di espressioni adatte a
descrivere gli stati d’animo e di termini filosofici.
gli autori
Gli autori più importanti dello Stilnovo sono:
Guido Guinizzelli
È nato 20 anni prima degli altri poeti e per questo è considerato l’iniziatore del movimento.
Guido Cavalcanti
Fiorentino ed esiliato, è attivo nella vita politica del tempo come ghibellino.
Cino da Pistoia
Esiliato perché guelfo (sosteneva cioè il Papato), quando torna a Firenze viene accolto con tutti gli onori.
Dante Alighieri
Dante inizia il suo percorso poetico seguendo la poetica degli stilnovisti, in particolare di Guinizzelli e di Cavalcanti.
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Io voglio del ver la mia donna laudare
di Guido Guinizzelli
Io voglio del ver la mia donna laudare
ed asembrarli la rosa e lo giglio:
più che stella dïana splende e pare,
e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.
Verde river’a lei rasembro e l’âre,
tutti color di fior’, giano e vermiglio,
oro ed azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo Amor per lei rafina meglio.
Passa per via adorna, e sì gentile
ch’abassa orgoglio a cui dona salute,
e fa ’l de nostra fé se non la crede;
e no·lle pò apressare om che sia vile;
ancor ve dirò c’ha maggior vertute:
null’om pò mal pensar fin che la vede.
DENTRO IL TESTO
METRO: sonetto con rime ABAB ABAB CDE CDE
Sonetto dedicato alla bellezza della donna del poeta.
È una descrizione non realistica ma vaga e astratta,
che trasforma la donna in una immagine ideale e in una figura angelicata.
Nelle ultime due terzine la donna si muove e cammina in una strada.
Il poeta descrive gli effetti della sua bellezza sugli uomini che lei
saluta e l’effetto benefico che il saluto ha su di loro.
Per rendere l’apparizione della donna una visione, Guinizzelli usa nel sonetto un ritmo lento segnato da pause e frequenti similitudini che la paragonano a vari elementi della natura.
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Rispondi alle domande
1. La donna cantata da Guinizzelli è descritta in modo:
- astratto, attraverso paragoni.
- realistico, attraverso paragoni.
2. Cosa succede a chi incontra la donna?
3. Il potere più grande della donna è:
- far innamorare tutti di sé.
- ispirare pensieri nobili e degni.
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira
di Guido Cavalcanti
Audiolettura
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,
che fa tremar di chiaritate l’âre,
e mena seco Amor, sì che parlare
null’omo pote, ma ciascun sospira?
O Deo, che sembra quando li occhi gira!
dical’Amor, ch’i’ nol savria contare:
cotanto d’umiltà donna mi pare,
ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira.
Non si poria contar la sua piagenza,
ch’a le’ s’inchin’ogni gentil vertute,
e la beltate per sua dea la mostra.
Non fu sì alta già la mente nostra,
e non si pose ’n noi tanta salute
che propiamente n’aviàn canoscenza.
DENTRO IL TESTO
METRO: sonetto con schema di rime ABAB ABAB CDE EDC
Il sonetto si apre con una domanda che introduce l’apparizione di una donna straordinaria.
Anche questo, come il precedente, è un
sonetto in lode della donna, ma, a differenza di Guinizzelli, Cavalcanti introduce elementi suoi tipici: la
sofferenza e la frustrazione provocati dalla bellezza femminile.
Stilisticamente Cavalcanti qui usa molte negazioni (“null’omo” v. 4, “non savrìa contare” v. 6, “non si porìa contar“, v. 9, “non fu“ v. 12, “non si pose“ v. 13) per sottolineare l’impossibilità di descrivere l’amata.
Da notare anche che alla domanda iniziale non viene data risposta, creando così un clima di mistero.
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Rispondi alle domande
1. Questo sonetto è una poesia stilnovistica perché:
- usa termini che non esistevano prima.
- parla dell’amore di Dio.
- canta la donna amata.
2. Quando la donna passa, gli uomini:
- cercano di parlare con lei.
- non riescono a parlare.
3. La donna di Cavalcanti è:
- talmente bella che supera i limiti della comprensione umana.
- non bella ma dal cuore gentile.