ARTE, FEMMINISMO e CRITICA sociale In 2 parole Un’arte di PROTESTA per denunciare i PROBLEMI della società Dalla fine degli anni Sessanta del Novecento, sono emerse le di alcune correnti e di singoli artisti: i bersagli polemici sono la mentalità dominante, le scelte politiche, gli stereotipi di genere e i modelli sociali connessi, il mercato e i parametri dell’arte stessa. voci critiche Kruger e le battaglie delle donne Negli anni Ottanta del XX secolo, la graphic designer americana (Newark 1945) si avvicina all’arte d’impegno per far arrivare le al grande pubblico. Le sue opere rimandano a strumenti popolari come i manifesti, le riviste, i tabelloni pubblicitari e alla propaganda statunitense degli anni Quaranta-Cinquanta. I segni grafici sono di immediata efficacia e i testi e le fotografie si limitano tendenzialmente a due soli colori: su fondo bianco. In il messaggio, chiarissimo e ironico, è che il mondo non ha più bisogno di eroi maschi e muscolosi. Barbara Kruger tematiche femministe il rosso e il nero Untitled Barbara Kruger, ( ), 1987, serigrafia su vinile, 276,5x531,3x6,4 cm. New York, Whitney Museum of American Art. > Untitled We don’t need another hero L’ironia provocatoria delle Guerrilla Girls Negli anni Ottanta del Novecento si forma a New York un gruppo di artiste-attiviste che intreccia le tematiche femministe a quelle più ampie del e di tutte le forme di . Sono le , artiste che mantengono l’anonimato indossando maschere da gorilla per segnalare che i problemi affrontati sono di tutti, e non di singoli individui. Le Guerrilla Girls denunciano gli stereotipi sessisti diffusi con un , come in , in cui si domandano se per essere esposte al Metropolitan Museum di New York sia necessario, per le donne, essere nude, visto che i nudi femminili vi rappresentano il 76% del totale dei nudi mentre le opere di artiste donne sono meno del 4%. razzismo discriminazione Guerrilla Girls linguaggio visivo ironico e provocatorio Do women have to be naked to get into the Met. Museum? Guerrilla Girls, , 1985. > Do women have to be naked to get into the Met. Museum? >> pagina 507 Cattelan, il “disturbatore” (Padova 1960) è uno dei più conosciuti e provocatori artisti italiani contemporanei. Le sue opere, che spesso riproducono persone reali o includono oggetti, vogliono mettere in discussione i simboli della cultura occidentale. Il suo verso la società dei consumi e dei mass media colpisce profondamente l’osservatore. In l’artista appende al soffitto di una sala del Castello di Rivoli, in Piemonte, un cavallo morto per cause naturali e imbalsamato. L’animale, imbrigliato e sospeso a qualche metro da terra, sembra ancora e pare che con le lunghissime zampe voglia liberarsi dalle briglie e raggiungere il pavimento. Con gli occhi tristi e la postura abbandonata, l’animale diventa il , della frustrazione e del fallimento. Maurizio Cattelan approccio critico Novecento vivo simbolo dell’insicurezza Maurizio Cattelan, , 1997, cavallo in tassidermia, imbragatura in pelle, corda, 200x70x270 cm. Castello di Rivoli, Museo d’Arte Contemporanea. > Novecento La voce di protesta di Ai Weiwei Di tono più “serio” e drammatico sono le opere di (Pechino 1957). L’artista cinese spazia in , proponendo opere di design, architetture, ma anche installazioni e documentari sui temi che più ha a cuore: il passato, le contraddizioni della società cinese contemporanea, le migrazioni. La sua gli è valsa la prigione, il confino e il ritiro del passaporto da parte del governo cinese; nonostante ciò, l’artista continua a denunciare le storture della contemporaneità. Nell’installazione pensata per la facciata di Palazzo Strozzi a Firenze, dove si è tenuta una sua retrospettiva, l’artista appende come quelli usati per i salvataggi dei migranti: quello che da lontano può sembrare un semplice motivo decorativo, è in realtà un appello a non scordare i morti e le tragedie che avvengono nel Mediterraneo. Ai Weiwei diversi linguaggi contestazione Reframe , 22 gommoni arancioni Ai Weiwei, , 2016-2017, installazione realizzata con gommoni. Firenze, Palazzo Strozzi. > Reframe