La tragedia tragedie entrarono tardivamente, intorno al 430 a.C. la più rilevante occasione per la rappresentazione di drammi tragici era costituita dalle feste note come Grandi Dionisie. Istituite tradizionalmente dal tiranno Pisistrato nel 535 a.C., queste feste si svolgevano nel mese attico di Elafebolione, corrispondente ai mesi di marzo e aprile, in modo che, ripresa la navigazione con la bella stagione, anche coloro che vivevano nelle città più remote dell impero ateniese potessero giungere nella città capitale. Il festival teatrale veniva svolto grazie a nanziamenti privati, detti liturgie: erano i cittadini più ricchi a pagarne l organizzazione. Ad Atene le rappresentazioni si tenevano nel teatro di Dionìso, la cui forma attuale risale però alla seconda metà del IV secolo a.C. Il teatro era suddiviso in quattro principali settori: 1. nella proedrìa, la moderna prima la, sedevano gli altri magistrati e gli orfani di guerra; 2. il buleutico era riservato ai membri del Consiglio; 3. l efebico accoglieva gli efèbi, i giovani tra i diciotto e i vent anni circa; 4. la quarta sezione era per i cittadini comuni. Il giorno 8 del mese di Elafebolione si svolgeva il proagone: nell Odèon (un edi cio destinato alle audizioni e alle recite musicali fatto edi care da Pericle), autori di commedie e tragedie, assieme ad attori e cori, presentavano al pubblico i loro testi. Il giorno 10, una solenne processione segnava l inizio della festa. Il giorno successivo si rappresentavano cinque commedie, e nei tre seguenti le opere tragiche. LA STRUTTURA Le tragedie erano organizzate in tetralogie: ogni autore presentava una trilogia di tragedie (nei primi decenni erano legate , cioè riconducibili a un unico mito o ciclo mitico ben noto al pubblico) e un dramma satiresco, una rappresentazione a metà fra la tragedia e la commedia che serviva, secondo le testimonianze antiche, a rimarcare il legame con il culto dionisiaco. Nella sua forma canonica, la tragedia era strutturata secondo uno schema che è rimasto essenzialmente uguale nel corso dei secoli: il prologo, dove uno o due personaggi introduce- Satiro danzante, IV-II sec. a.C. Mazara del Vallo, Museo del Satiro danzante. Il teatro di Dionìso ad Atene. La tragedia secondo Aristotele Secondo quanto scrive il filosofo greco Aristotele (IV secolo a.C.) nella Poetica, la tragedia è una rappresentazione drammatica (cioè teatrale) di una vicenda esemplare, preferibilmente mitica, conclusa tragicamente, che induce gli spettatori a riflettere sul significato delle azioni e delle scelte umane, e sui valori etici, sociali e politici che il mito, rielaborato e riletto in modo sempre nuovo, esprime e simboleggia. Mentre il suo maestro Platone aveva condannato la poesia, soprattutto drammatica, in quanto rappresentazione ed esaltazione di passioni nocive e pericolose, Aristotele, che condivide con Platone la definizione dell arte come imitazione (mimèsi) della natura, sostiene che la tragedia, proprio attraverso la mimesi, induce negli spettatori una puri cazione (catarsi) delle passioni: immedesimandosi nei personaggi che agiscono sulla scena, gli spettatori ne provano infatti gli stessi sentimenti (in particolare paura e pietà) e, quando tali sentimenti raggiungono il culmine, chi assiste alla tragedia finisce, appunto, per liberarsene , uscendo, quindi, dallo spettacolo rasserenato e purificato dai sentimenti negativi. 115