Il riso e il carnevalesco T1 Il carnevalesco negli antichi culti Ovidio Fasti 3, 523-542 e 675-696 Nel terzo libro dei Fasti il poema che descrive le feste, le tradizioni e i riti del calendario romano Ovidio dedica un lungo brano (vv. 523-696) alla festa di Anna Perenna, celebrata il 15 marzo (giorno delle Idi del mese), in concomitanza con il primo plenilunio del nuovo anno, che nell antico calendario romano, istituito secondo la leggenda da Romolo, cominciava infatti il 1° marzo e durava dieci mesi: Anna Perenna era dunque la dea del perenne ritorno dell anno. La festa veniva celebrata in un bosco sacro lungo la via Flaminia, sulla riva del Tevere, e aveva un carattere marcatamente popolare, allegro e campagnolo, come si vede dalla descrizione che ne dà Ovidio all inizio del passo riportato (vv. 523-542). Uno degli elementi tradizionali della festa prevedeva che le ragazze cantassero dei versi licenziosi: ai versi 675-696 il poeta fornisce la spiegazione di questa usanza, raccontando un aneddoto che ha per protagonista la stessa dea. In questi due passi emerge con chiarezza l aspetto carnevalesco degli antichi culti e tradizioni popolari, che al tempo del poeta era stato ormai da tempo offuscato dalla religiosità istituzionale, espressione del potere politico. 525 530 535 540 675 Nelle Idi si celebra la gioiosa festa di Anna Perenna non lontano dalle tue rive, o Tevere che giungi qui forestiero.1 Viene la plebe, e sparsa qua e là per la verde erba s inebria di vino, e ognuno si sdraia con la propria compagna. Parte resistono sotto il nudo cielo; pochi piantano le tende; alcuni con rami fanno una capanna di frasche; parte, piantate canne invece di rigide colonne, vi pongono sopra le toghe dopo averle dispiegate. Ma si scaldano di sole e di vino, e si augurano tanti anni quante sono le coppe che tracannano, e le contano bevendo. Lì troverai chi beve gli anni di Nestore,2 e donne che per il numero delle bevute si sarebbero mutate in Sibille.3 Lì anche cantano tutto ciò che impararono a teatro, e accompagnano le parole con agili gesti delle mani; deposte le coppe intrecciano rozze danze, e l agghindata amica balla con la chioma scomposta. Al ritorno barcollano, dando spettacolo di sé a tutti, e la gente che li incontra li chiama fortunati. Io mi sono imbattuto di recente in un corteggio che mi sembra degno d essere ricordato: una vecchia ubriaca traeva un vecchio ubriaco. [ ] Ora mi resta da dire perché le fanciulle cantino versi licenziosi: si radunano infatti e intonano oscenità d un certo genere. 1. o Tevere che giungi qui forestiero: il Tevere è de nito forestiero (advena) perché nasceva in territorio etrusco. 2. Nestore: è il mitico re di Pilo, che nell Iliade è rappresentato come il più vecchio e il più saggio dei capi dell esercito greco. 3. Sibille: le Sibille erano delle veggenti; anche loro, come Nestore, erano un simbolo della vecchiaia (alla Sibilla cumana Ovidio attribuisce un età di sette secoli in Metamorfosi 14, 144). 211
T1 - Il carnevalesco negli antichi culti (Ovidio, Fasti)