Il contesto letterario La letteratura della crisi della repubblica Analisi del testo L utilità, quasi sacra, dell opera Questo brano costituisce la prima parte della lunga sezione proemiale che apre il De re rustica, trattato scritto a seguito dell acquisto, da parte della moglie Fundania, di un appezzamento agricolo (quoniam emisti fundum, r. 4). Varrone proseguirà la sua introduzione invocando le divinità, secondo il modello epico; non si rivolge, però, alle Muse di Omero ed Ennio, ma agli dèi Consenti, le dodici divinità agricole poste a protezione delle varie attività della vita campestre: un interessante riferimento al fondo più antico della civiltà romana, quello appartenente al sostrato italico, che dimostra quanto profonda sia la conoscenza che Varrone possiede degli usi e costumi della sua patria, anche di quelli più remoti. All invocazione agli dèi fa poi seguito un esteso elenco molto utile per gli studiosi moderni che si occupano di far luce sulla trattatistica antica in cui Varrone cita tutte le fonti di cui si è potuto avvalere per la stesura del trattato: si tratta per la maggior parte di autori greci che si sono occupati di tecnica agricola, le cui opere sono oggi perdute. In questa sezione di apertura, invece, Varrone motiva la sua scelta di scrivere di agricoltura tramite un curioso paragone con la Sibilla: come infatti la sacerdotessa continua a giovare agli uomini anche dopo la sua morte grazie alle sue profezie, egli vorrebbe essere utile ai suoi cari, perlomeno nché è ancora in vita e le forze glielo consentono (il fatto di avere ormai raggiunto gli ottant anni, infatti, gli impone, come ammette egli stesso, di far presto). L ovvio riferimento è ai Libri Sibyllini, una raccolta che conteneva i responsi della Sibilla di Cuma, custoditi da uno speciale collegio sacerdotale (i Quindecemviri sacris faciundis) e che venivano consultati, su indicazione del Senato, in momenti di particolare dif coltà per la città. Nobilitare l agricoltura Il passo ben rappresenta lo sforzo dell autore nell innalzare lo stile e nel donare al proemio dell opera una certa ricercatezza formale: la sintassi, in particolare, è notevolmente più complessa rispetto a quella adoperata nel resto dell opera e, ancor più, nel De lingua Latina, anche con il rischio, in alcuni casi, di rendere il dettato eccessivamente arti cioso (nota per esempio la complessità del periodo Quare, quoniam... quem... cum... meque ut... experiar, rr. 4-5). Anche il riferimento storico-mitologico al personaggio della Sibilla ha, del resto, una chiara nalità di abbellimento retorico. Emergono tuttavia delle aperture verso quella colloquialità informale che costituirà la caratteristica costante, a livello linguistico e stilistico, del corpo principale dell opera, dove il testo si presenta infatti sotto forma di un dialogo fra amici e conoscenti, in cui trovano spesso spazio battute, scherzi, espressioni della lingua quotidiana. Anche in un brano come questo, impostato a una certa sostenutezza formale, Varrone lascia dunque trapelare alcune locuzioni di chiara provenienza popolare: il paragone fra l uomo e la bolla (rr. 2-3), a signi care la precarietà della sua esistenza, che ha un sentore evidentemente proverbiale, e l esortazione fatta a sé stesso a raccogliere i bagagli (admo net me ut sarc nas conl gam, r. 3) prima di partire dalla vita. Laboratorio sul testo COMPRENSIONE 1. Perché Varrone dedica l opera alla moglie? 2. Quale scopo ha la citazione della figura della Sibilla? ANALISI 3. Quale artificio retorico riconosci nelle espressioni si est homo bulla (rr. 2-3) e ut sarc nas conl gam (r. 3)? A che cosa fanno riferimento? Come si ricollegano al significato di fondo del passo? 4. Che valore hanno le proposizioni quoniam emisti fundum (r. 4) e quem bene [ ] fructuosum cum face re velis (rr. 4-5)? 5. Indica il valore sintattico delle seguenti proposizioni: bene colendo (rr. 4-5); ipse quoad vivam (r. 6); quid faciendum sit nobis (r. 10). 351