LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI O factum male! o miselle passer! Tua nunc opera meae puellae flendo turgiduli rubent ocelli. 16-18. O factum male ocelli O factum passer: le due proposizioni esclamative, introdotte entrambe dall interiezione o, sono separate nettamente dallo iato (male o). Factum è participio sostantivato. Con miselle inizia un cumulo di diminutivi (oltre a questo, vi sono infatti turgiduli e Che disgrazia, mio povero passero! Ora per causa tua sono rossi di pianto e gonfi gli occhi della mia donna. (trad. G. Paduano) ocelli dell ultimo verso), con cui il poeta sottolinea ancora una volta il legame affettivo tra Lesbia e il passero, la cui morte è causa del pianto dell amata. nunc: l attenzione si sposta ora nalmente su Lesbia (meae puellae, stesso nesso già ripetuto ai vv. 3 e 4), o meglio sui suoi oc- chi gon e arrossati (turgiduli rubent ocelli). flendo: l ablativo del gerundio ha funzione strumentale. La sinonimia con Lugete del primo verso suggerisce l associazione tra il dolore cosmico evocato dal poeta e quello personale della donna. Analisi dei testi Il ciclo del passero I due carmi formano un piccolo ciclo del passero e costituiscono la personalissima rielaborazione catulliana di un tipo di epigramma dedicato ad animali frequente nella poesia greca, soprattutto ellenistica ( p. 388). Essi costituiscono inoltre un esempio caratteristico della sensibilità poetica neoterica nella sua predilezione per le piccole cose e i sentimenti espressi in modo vago e inde nito (solacio lum sui doloris, T3, v. 7; tristis animi curas, T3, v. 10). Uno sguardo soggettivo Il carme 2 (T3) è caratterizzato dalla leggerezza del tema, predominante nella prima sezione (vv. 1-4) in cui sono descritte le azioni che Lesbia è solita compiere quando gioca con il passerotto. La leggerezza si accompagna allo sguardo soggettivo del poeta, che osserva l amata, splendente di bellezza, con desiderio misto a nostalgia (vv. 5-8), immaginando di alleviare le pene d amore con lo stesso gioco (ludere è ripetuto ai vv. 2 e 9) con cui forse (credo, v. 8) Lesbia allevia le sue. da notare come la situazione presupposta dal componimento rimanga, in effetti, inespressa: perché sia Lesbia (sui doloris, v. 7) sia Catullo (tristis animi curas, v. 10) stanno soffrendo? Si è pensato che i due amanti siano lontani e che la donna possa almeno consolarsi, a differenza di Catullo, con la compagnia del passero; ma forse è più probabile che il poeta intenda suggerire indirettamente la maggiore profondità del proprio sentimento, che, a differenza di quello di Lesbia, non trova conforto in un semplice trastullo come quello che basta invece a consolare lei. 386 Un epicedio per il passero di Lesbia La spensieratezza e la dimensione del ludus che troviamo nel carme 2 (T3) vengono meno nel carme successivo (T4): il passero con il quale Lesbia giocava è ora morto e il poeta compone per lui un piccolo epicedio. Il tema della morte di un animale d affezione era presente nella poesia funeraria alessandrina, ma a Roma doveva quasi certamente rappresentare una novità. Il componimento catulliano costituisce, in ogni caso, il più celebre e riuscito esempio di questo particolare tipo di poesia, tanto da essere de nito dal latinista Concetto Marchesi (1878-1957) «l epicedio più grazioso e famoso che una bestiola abbia avuto in dono dalle Muse . La struttura del lamento funebre Il carme in morte del passero (T4) segue da vicino la struttura del lamento funebre: ai vv. 1-2 si trova l invito a partecipare al lutto rivolto alle divinità e alla cerchia di coloro che condividono la passione per la bellezza (quantum est hominum venustiorum); ai vv. 3-4 è annunciata la morte, seguita ai vv. 5-10 dall elogio del defunto; ai vv. 11-12 il compianto è associato a elementi consolatori ( nessuno fa ritorno dall aldilà ); ai vv. 13-15 si trova l imprecazione contro le tenebre dell oltretomba; ai vv. 16-18, in ne, l attenzione si sposta sul dolore dei vivi, e diventa del tutto evidente la soggettiva partecipazione del poeta, che vede soffrire la sua amata (una soggettività già anticipata ai vv. 3-4 da meae puellae e al v. 15 da mihi).