I generi UNIT 1 La fiaba e la favola GUIDA ALLA LETTURA 88 Tra fiaba e realismo Pinocchio ha appena finito di fare il ragazzaccio, quando la fame lo sorprende con violenza: dapprima sente solo qualche brontolio allo stomaco, ma presto è in balia di un terribile appetito. Collodi parla addirittura di una fame da tagliarsi col coltello (rr. 10-11), come se la fame che in realtà è un vuoto, una mancanza si potesse mangiare con le posate. Il brano svela da subito una componente chiave di tutto il romanzo, che è un racconto fiabesco ma anche un resoconto spietato sulla durezza della vita. Le avventure di Pinocchio fonde in effetti elementi meravigliosi (come grilli parlanti, fate e metamorfosi) con un crudo realismo, fatto di lotta per il pane e per i vestiti, in una società ostile dove lo sfruttamento e la miseria regnano incontrastati. Pur contenendo molti elementi tipici della fiaba, nell ambientazione è facile riconoscere, grazie a numerosi indizi anche linguistici, la Toscana rurale del secondo Ottocento, afflitta da una grave povertà. A questo riguardo, il riferimento alla pentola finta (rr. 12-15) si carica di un amarezza tragicomica: Geppetto, poverissimo, l ha dipinta per sfamare almeno i suoi occhi, in mancanza di cibo reale. Bambino o burattino? La storia di Pinocchio riprende il motivo della creazione artificiale: un pezzo di legno, scolpito da un artigiano, prende miracolosamente vita. Tuttavia Collodi non insiste sull abilità del creatore, che non era intenzionato ad animare la materia, ma voleva solo costruire un burattino da usare come fonte di guadagno negli spettacoli di strada. Come esigono le regole della narrazione fantastica, Le avventure di Pinocchio coniuga realtà e immaginazione: per esempio, pur essendo fatto di legno, il protagonista vorrebbe mangiare. La cosa suona paradossale, ed è in linea con la forte umanizzazione del burattino, che mostra i suoi caratteri di bambino vero ben prima del lieto fine, in cui diventa umano a tutti gli effetti. Una vera testa di legno Dopo aver cercato invano qualche avanzo, Pinocchio si lascia prendere dalla disperazione e da un effimero ravvedimento: il Grillo parlante, che lo aveva rimproverato per il suo comportamento con il padre, non aveva tutti i torti (Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa... Se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di sbadigli!, rr. 27-29). Questa situazione ricorre in gran parte del romanzo, e fa capo a un meccanismo narrativo ciclico che all infrazione delle regole del buon senso, del modello comportamentale del bravo ragazzo fa seguire una dura punizione di Pinocchio, il suo amaro pentimento e la promessa di rigare dritto. Puntualmente però imprevisti, incontri sbagliati e tentazioni lo fanno deviare dai buoni propositi: Pinocchio finisce per prendere sempre la via sbagliata, e tutto riparte da capo, in un ciclo ininterrotto che si conclude soltanto nelle ultime pagine del romanzo. Il pulcino volante L uovo scorto per caso nella spazzatura riaccende la speranza di mettere qualcosa sotto i denti, e Pinocchio si accinge a cucinare una frittata, condita rigorosamente con acqua, perché il burro è un lusso assente dalla dieta dei poveri. Ma, una volta rotto l uovo, ne esce un pulcino parlante, che vola ringraziando e salutando cortesemente: oltre al danno, la beffa! Attraverso il motivo dell animale parlante, molto frequente nel libro (il Gatto e la Volpe, il Grillo parlante, il Tonno, il Colombo e così via), la scena mette in atto una tipica strategia della narrazione comica: il raggiungimento di un obiettivo, che pare ormai inevitabile e imminente, viene reso vano da una circostanza impensabile. Il disagio di Pinocchio risulta intensificato, e Collodi, per dare enfasi, gli fa ripetere la formula del pentimento: Eppure il Grillo parlante aveva ragione! (r. 53). Al burattino ravveduto (ma per quanto?) non resta che chiedere l elemosina.
T3 CARLO COLLODI, Pinocchio e l’uovo (da Le avventure di Pinocchio)